Mortale
gelosia
Idea
di Arwen297 – Personaggi di Naoko
Takeuchi
Erano
ormai le sei di sera, il buio era calato ormai da circa due ore, come
sempre nei mesi invernali. E in quel momento erano nel pieno
dell'inverno, era la fine di Gennaio. Da li a pochi giorni sarebbe
iniziato quello che dalla maggior parte delle persone era definito il
mese dell'amore.
Ma
la verità era che la persona che amava, non ricambiava i
suoi
sentimenti. O almeno non più come una volta. Gli aveva
donato una
bellissima bambina, gli aveva dato la possibilità di creare
il
frutto del loro amore, e poi? Poi era cambiato tutto, aveva sentito
la sua amata sempre più lontana. Sempre più
diversa. Sempre con
quel cellulare in mano a scrivere a chissà chi.
Bunny,
aveva iniziato ormai da qualche tempo anche a truccarsi, atto che
ormai da anni non faceva più. La nascita della loro piccola
Ottavia
aveva compromesso ancora di più, forse il loro rapporto
già
manomesso: poco prima della scoperta della gravidanza, infatti,
avevano richiesto il divorzio non consesuale. O meglio, ad essere
precisi, lo aveva chiesto lei. Senza dargli nessuna
spiegazione, lasciandolo in preda dei suoi dubbi. In preda alle sue
domande, e sopratutto ad osservare i cambiamenti radicali nel suo
atteggiamento che fino a quel momento non erano affatto stati notati
dai suoi occhi.
Tutto
l'insieme lo aveva portato a pensare che lei avesse un'altro.
Proprio la ragazza che amava. Al solo pensiero una gelosia cieca, lo
rodeva dentro. Provocando in lui un moto di rabbia crescente. Non
voleva perderla, non voleva che qualcun'altro al di fuori di lui
potesse accarezzarle la candida e morbida pelle. Non voleva che
braccia sconosciute potessero stringerla a loro. Il solo pensiero che
lei potesse essere più felice di quanto lo fosse con lui,
crogiolandosi nella compagnia altrui lo mandava in bestia.
Se
solo avrebbe potuto scoprire in qualche modo il nome dell'uomo con
cui sua moglie si intratteneva facendosi scopare a letto, nel
frattempo che lui lavorava; lo avrebbe eliminato dalla faccia della
terra.
Quello
era poco ma sicuro, sua moglie non voleva ammettere la sua relazione
clandestina. E più volte l'aveva costretta alzando il tono
di voce,
e non solo quello, a consegnarli il telefono per qualche giorno. Il
risultato era che lei aveva ricevuto solamente messaggi dalle sue
amiche.
Probabilmente
tra di loro si nascondeva l'altro.
E
il fatto che le ragazze erano tutte un "amore" e "
tesoro" le era assai difficile capire dietro quale numero della
rubrica si celava l'amante di sua moglie.
Tirò
un pugno al volante della macchina, era fermo in coda mentre si
dirigeva a casa loro, o meglio nella casa che non appena si fossero
concluse le pratiche del divorzio sarebbe rimasta a Bunny in quanto
affidataria della bambina.
Bambina
che magari non era nemmeno sua, ma frutto del sesso sfrenato fatto da
lei nel loro letto.
Che
puttana. Così nella casa pagata anche da me potra scoparsi i
suoi
pupilli dal mattino alla sera.
Quello
era per lui un chiodo
fisso, anche al lavoro non riusciva a pensare ad altro sebbene
cercasse di tenere la vita privata al di fuori.
Ma
era inutile, ogni ragazzo
che vedeva sul posto di lavoro lo portava solamente a un pensiero:
nella sua mente qualsiasi persona tra loro poteva essere l'amante
della moglie.
Alla
notte non riusciva
nemmeno a dormire, i suoi sogni erano sempre popolati dalla stessa
immagine: due corpi nudi in un letto. E nessuno dei due era il suo.
Il
solo pensiero che lei
fosse di qualcun altro lo uccideva, lo stava logorando dentro e
fuori.
Da
qualche mese toccava
anche poco il cibo e aveva perso svariati chili. I suoi genitori e
Rea, sua sorella, gli avevano già proposto di rivolgersi a
uno
psicologo o se non addirittura allo psichiatra per farsi aiutare.
Ma
lui era consapevole:
Bunny doveva essere sua, sua e di nessun altro.
Era
perfettamente
consapevole che la sua era possessione al limite della malattia, ma
era più forte di lui. Spesso avevano litigato
perchè era uscita con
le sue amiche, altrettanto spesso quando era tornata a casa la rabbia
si era impadronita di lui senza impedirgli di mollarle qualche
ceffone.
E
nonostante tutto, lei
aveva un altro.
Era
riuscita a fargliela
sotto il naso, era riuscita a trovarsi un altro a cui darla via.
Le
donne sono tutte uguali. Cercano solo chi ha il pene più
grosso.
E
lui lo sapeva bene: già
diverse sue ex lo avevano lasciato, dicevano che il loro era un
rapporto malato. Certo, lo era sicuramente: era un rapporto malato di
cazzo. Quello che sicuramente anche loro avevano cercato altrove non
appena si erano stufate di loro. Quando aveva sposato Bunny, con
quei capelli biondi e gli occhi sinceri e color del cielo non avrebbe
mai pensato che anche lei fosse come tutte le altre. Aveva sperato
che lei forse diversa, più pura. Più devota al
rapporto di coppia
rispetto a quelle che l'avevano precedetuta.
Invece
pochi giorni dopo il
matrimonio anche lei aveva iniziato a uscire con le sue amiche,
invece di stare in casa. Aveva anche preteso di andare a lavorare e
di cercarsi un lavoro. Ricordava bene quel giorno, l'aveva rimessa a
posto con un bel ceffone in viso. E il lavoro non era più
stato
cercato.
In
quel momento però, in
quei mesi sopratutto, sentiva che tutta la situazione in cui era
caduto gli stava sfuggendo dal controllo. E la realtà di
perderla
era sempre più vicina.
Parcheggiò
il meglio
possibile la macchina sotto il palazzo in cui abitavano, ben deciso a
riprendere nuovamente il discorso del divorzio non appena fosse
tornato in casa. Doveva sapere se lei lo tradiva, se lei si scopava
un altro.
Voleva
sapere anche il nome
di quest'altro.
Lo
avrebbe ammazzato di
botte, la sua donna era sua. Sua e di nessun altro. Fino alla morte.
Sceso
dalla macchina chiuse
forse con troppo forza lo sportello del mezzo, prima di schiacciare
il tasto sulla chiave e vedere le quattro frecce lampeggiare, segno
che l'auto si era correttamente chiusa.
Il
cuore gli batteva forte
in petto, quasi da fargli girare la testa. Il respiro era
visibilmente alterato dalla rabbia che sentiva ammontare dentro di
se.
L'ascensore
era già ad
attenderlo, abbandonato nel portone da qualche condomino che era
uscito di fretta diretto chissà dove.
Meno
male ci mancava solamente che dovevo attendere.
Non
appena entrato il tasto
del terzo piano fu schiacciato, e dopo pochi istanti l'uomo
sentì la
spinta familiare della cambina che iniziava il suo moto spingendolo
verso l'alto.
Lo
specchio rispecchiava un
giovane di una trentina di anni, dall'aria stanca e quasi malaticcia.
Il viso consumato dalle troppe ore insonne, vistose occhiaie intorno
agli occhi e i capelli spettinati. Il quadro che gli si presentava
davanti era ben lontano da ciò che era mesi addietro, non si
riconosceva nemmeno più.
Guarda
te come mi sono ridotto per una sgualdrina.
Scostò
i suoi occhi
profondi da quella visione e si girò per dare la schiena
allo
specchio della cabina in attesa che le porte si aprissero. Anche
quella giornata di lavoro era passata, e lui era ritornato nuovamente
in quella casa.
Aveva
smesso di avvisare la
ragazza quando usciva dal lavoro, nella speranza di trovarla
impegnata con un altro e ammazzare di botte lui, e anche lei.
Nonostante questa idea però, ancora non era riuscito nel suo
intento.
Girò
la chiave nella
serratura dell'appartamento, una piccola abitazione vicino alla
stazione, in un palazzo che si ergeva sopra a un negozio di
arredamento.
"Bunny
sono tornato"
esclamò cercando di essere il più tranquillo
possibile per non
farla allertare più del dovuto.
"Ciao
Marzio"
rispose la voce di lei, mentre la vide affacciarsi dalla porta della
cucina, con in braccio la bambina profondamente addormentata.
"Devo
parlarti Bunny"
le disse con tono duro, che non ammeteva risposte discordanti dalla
sua.
"Porto
la bambina nel lettino che si è appena addormentata e poi
parliamo
quanto vuoi" si sentì rispondere dalla bionda, la
guardò
camminare verso la stanzetta della figlia. Si diresse in camera a
togliersi la giacca e stare così più comodo, poco
dopo andò in
cucina ad aspettarla.
Ne
sentì i passi dirigersi verso la sua stessa stanza.
"Dimmi
di cosa dovevi parlarmi?" gli disse lei.
"Siediti
pure Bunny" esclamò prima di iniziare il discorso, voleva
che
stesse comoda, e soprattutto volerla avere vicino a lui.
"Sto
bene qua grazie" rispose lei, il tremito nella sua voce non
sfuggì al bruno che rimase un pò spiazzato, aveva
forse paura di
lui? Per quale motivo? Probabilmente aveva la coda di paglia, e ogni
volta temeva di essere scoperta.
Si
deve essere così, avrà la coda di paglia.
"Volevo
parlarti della
richiesta di divorzio, ti volevo chiedere di tornare sui nostri passi
e annullarla" le disse cercando di rimanere il più calmo
possibile, anche se era difficile.
"Sai
già che io non
sono disposta ad annullarla, non ti amo più" le rispose lei
puntandogli gli occhi azzurri nei suoi. Lame affilate gli si
conficcavano in quel momento nel cuore. Il non amarlo più
era
sicuramente una scusa, in realtà c'era un'altra persona. Era
sicuramente così.
"Per
quale motivo?"
rispose lui alzandosi, non riusciva più a stare seduto.
"Non
c'è un motivo,
non ti amo più. E apparte questo che è
già abbastanza, non voglio
far crescere mia figlia con una persona che alza le mani per ogni
minima cosa, anche la più sciocca" rispose lei gelida.
"Quando
la smetterai di
mentirmi Bunny?" il tono della voce leggermente più alto di
qualche minuto prima "Ti scopi un altro vero?" l'aggredì
verbalmente " Sei una zoccola come tutte le altre che ho avuto"
Lei
si portò una mano alla
bocca sconvolta da quanto lui stava dicendo. Era un delirio puro,
probabilmente aveva bevuto. Era impossibile che l'accusasse di
tradirlo quando lei era sempre stata fedele. Sapeva benissimo che lei
era contro questo genere di meschinità contro il proprio
patner.
"Ma
stai scherzando
spero!! Sai benissimo che non sono il tipo!!!" gli esclamò
contro.
"
Ah si? Non sei il
tipo? E allora spiegami perché improvvisamente hai ripreso a
truccarti da qualche tempo, da poco prima dell'inizio della
gravidanza. Allora spiegami perché esci con le tue amiche,
quando
dovresti stare in casa a preparare da mangiare e a mettere in ordine.
Spiegami perché tutte le ragazze della tua rubrica ti
chiamano amore
e tesoro" la rabbia di lui era esplosa, si mosse velocemente
verso la bionda, improvvisamente. Arrivando ad afferarla per un
braccio, con una stretta forte e decisa.
"
Perché? Perchè come
ogni donna voglio sentirmi bella, per sentirmi bene con me stessa,
perchè le mie amiche sono le cose più importanti
che ho dopo la mia
famiglia. Non ti ho mai tradito Marzio" esclamò negli occhi
di
lui leggeva una cieca follia che non aveva mai visto, in tutte le
litigate che avevano avuto da un anno a quella parte.
"Stai
mentendo"
rispose lui feroce " Dimmi chi è"
"Non
c'è nessun altro
posso giurarlo" mormorò lei, un attimo dopo il suo volto fu
girato dall'altra parte dalla mano di lui che le colpiva il viso.
Senza darle la possibilità di scostarsi.
"Dimmi
chi è Bunny o
giuro che ti ammazzo questa volta" sibilò tra i denti
strattonandola verso la cucina, trovando una forte resistenza in lei.
"Lasciami
Marzio, mi
stai facendo male, per favore lasciami" grido lei dimenandosi,
inutilmente visto che la stazza del marito era molto più
grande
della sua che in confronto era un passerotto.
"
Dimmi chi è ...
dimmi chi ti scopi nel nostro letto" le urlò contro,
infuriato.
Una rabbia carica di disperazione, di possessione nei confronti di
lei. Possessione che con quella situazione stava venendo meno.
"
Non mi scopo
nessuno!!!! Abbassa la voce la bambina dorme!!" urlò lei col
cuore a mille per la paura, la situazione stava degenerando. E
confessare una cosa che non aveva fatto non era la soluzione.
Fu
una questione di pochi
secondi e l'uomo le fu addosso, sentì le mani che tante
volte
l'avevano accarezzata e coccolata abbattersi con una furia cieca su
di lei. Quelle stesse mani che avevano accarezzato la sua pelle
tutte le volte che si erano amati nell'intimità della loro
stanza,
prima di abbandonarsi ai loro sogni. Abbracciati. Potè solo
rannicchiarsi in terra per cercare di limitare i danni dei colpi che
lui le stava infliggendo.
"
Marzio fermati!!"
urlò nel tentativo di fargli recuperare la
lucidità che aveva perso
nei meandri della sua mente. " Ti prego Marzio fermati"
continuò a urlare. Per qualche secondo i colpi cessarono di
colpire
il suo corpo dolorante, mentre ad un certo punto un rumore di metallo
sfilato raggiunse le sue orecchie.
Alzò
la testa quel poco che
servì per vedere il coltello che brandiva nella mano destra.
Il
cuore le batteva a mille, mentre decise di provare una fuga cercando
di alzarsi, anche se lui la sovrastava. "che cosa vuoi fare col
coltello? Posalo, Marzio ti prego smettila, smettila. Ottavia
è di
la... ti prego farlo per nostra figlia"
"Dimmi
chi è o ti
ammazzo, se non posso averti io non deve averti nessuno" fu
l'urlo dell'uomo.
"Non
c'è nessuno..non
ti ho tradito" ripetè lei per l'ennessima volta prima di
tentare una fuga verso l'entrata dell'abitazione. Doveva provarci,
doveva farlo per sua figlia.
"Dove
scappi puttana"
sentì lui muoversi dietro, sapendo che era tutto inutile. Lo
sentì
piombare addosso a lei facendola cadere in terra di schiena, lo
sentì
sendersi a livello del bacino per bloccarla. La costrinse a girarsi a
pancia in su sotto di lui per guardarla negli occhi, azzurri come il
cielo, impauriti, spaventati pieni della consapevolezza che quella
volta non aveva via di scampo alcuna. " Dimmi chi è"
"
Ti sto dicendo che
non c'è nessun altro al di fuori di nostra figlia"
mormorò lei
con il viso rigato dalle lacrime " Smettila" esclamò
senza troppa convinzione senza smettere di tentare di liberarsi da
quella morsa mortale in cui stava ricandendo. Lo fissò negli
occhi,
consapevole che nonostante la sua lotta quelli sarebbero stati gli
ultimi attimi della sua esistenza.
Ripensò
agli occhi neri,
quasi violacei, di sua figlia che la guardavano sorridente, il dolore
di lasciarla, abbandonarla in così tenera età la
devestava. Il
dolore di lasciarla nelle mani di una persona violenta come quella
che aveva sopra di lei che la guardava in preda alla furia
più pura. I suoi occhi videro la lama calare,
sentì il metallo trafiggerle la
carne, una, due, tre volte. Il sangue le stava macchiando i vestiti.
Non riusciva più a tenere gli occhi aperti sotto la furia
dei
fedenti inferti.
Dopo
un irrigimento iniziale
aveva sentito il corpo sotto se stesso abbandonarsi al suo destino:
piano piano qualsiasi movimento che gli suggeriva una resistenza era
venuto meno.
Il
battito accelerato pian
piano si stava calmando, accompagnato dal respiro sempre più
regolare. Improvvisamente si reso conto che la lucidità era
tornata
a impadronirsi del suo corpo. I suoi occhi caddero sulla mano
insanguinata che brandiva il coltello. Il colore cremisi tingeva
anche la parte bassa del muro, oltre a colorare parte dei suoi
vestiti.
Che
cosa ho fatto? La
gravità di
ciò che aveva commesso era chiara, la sua Bunny non c'era
più. Era
seduto sul suo corpo inerme, come mai lo aveva visto fino ad ora. Sul
viso ancora i segni delle lacrime che le aveva provocato.
Sono
un mostro. Fu
il suo pensiero,
aveva ucciso l'unica che era riuscita a rubargli il cuore, facendolo
suo. Aveva ucciso la ragazza che aveva incontrato per caso, sulla
passeggiata in riva al mare, mentre scherzava con le sue amiche.
Aveva
ucciso la gioia e l'amore fatto persona. Non avrebbe mai più
visto i
suoi occhi blu guardarlo innamorati, presi, adoranti Persi come solo
quando ami perdutamente una persona è possibile.
Non
avrebbe più potuto stringerla tra le sue braccia per ore,
sotto le
lenzuola in attesa che si addormentasse prima di fare altrettanto.
Sono
un mostro, ho ucciso la mia vita. Le ho strappato la sua.
Il dolore che sentiva ammontargli dentro era di gran lunga maggiore
della rabbia che lo aveva spinto a quel gesto. Preso dalla paura di
essere tradito, in quel modo nessuno avrebbe potuto avere la sua
testolina buffa, ma non avrebbe più potuto averla nemmeno
lui. Aveva strappato una madre alla loro bambina, e probabilmente lui
sarebbe andato a marcire in galera fino alla fine dei suoi giorni.
Ma
che giorni sarebbero stati senza la sua amata? Non avrebbero
più
avuto un senso logico. La sua vita non aveva più senso di
andare
avanti da quel momento in poi. Aveva rovinato la vita anche alla loro
bambina.
Si
alzò da terra lasciando cadere il coltello, e si diresse
verso la
stanza dove Ottavia ancora stava dormendo tranquilla. Si
avvicinò al
letto della piccola, e la osservò per qualche istante.
Così
indifesa, come avrebbe potuto affrontare la vita senza i suoi
genitori? Come avrebbe potuto?
Le
lacrime gli rigavano il volto, le aveva cancellato ogni speranza di
avere una famiglia. Chissà poi tra quanto tempo la avrebbero
trovata, affammata e col pannolino sporco. Chissà a chi
sarebbe
stata affidata, a uno degli zii.. o ai nonni? Ma i nonni erano
già
anziani, sarebbero stati in grado?
Verrai
con me piccola, così nessuno potrà mai separarci
a noi tre. Fu
il suo pensiero prendendola in braccio senza svegliarla. Continua
a dormire amore, vedrai..sarà indolore. Pensò
mentre si
dirigeva dalla
finestra del loro terrazzo, fuori l'aria era gelida. Il loro terrazzo
si affacciava su una piazzetta della strada principale su cui aveva
lasciato la macchina circa un'ora prima.
Accostò
la sedia che avevano sulla terrazza alla ringhiera per poterci salire
comodamente sopra, i suoi occhi profondi che guardavano la piccola
che dormiva seneramente tra le braccia incurante di tutto
ciò che
era accaduto in quella casa dal momento in cui si era addormentata.
Avrebbe voluto svegliarla per guardarla per una volta ancora negli
occhi, e vedere il suo sorriso. Ma sapeva che non era la cosa giusta.
Sapeva che sarebbe stato meglio così, che non si fosse
accorta di
nulla.
Da
li a pochi istanti la loro famiglia sarebbe stata nuovamente unita,
questa volta per sempre. Nessuno avrebbe potuto interporsi tra di
loro, nessun uomo, nessun amica. Sarebbero stati solamente loro tre,
come una famiglia vera.
La
famiglia che lui e la sua Bunny avevano sempre sognato, costruita da
quelle stesse mani che l'avevano distrutta. Da quella stessa mente
che l'aveva pensata, e che qualche attimo prima l'aveva
diabolicamente spazzata via.
Chiuse
gli occhi mentre il suo piede destro salì sulla ringhiera
del
palazzo, seguito dall'altro.
Poi
l'aria, e la consapevolezza di aver messo fine alla sua esistenza, ma
che nessuno avrebbe potuto avere la persona che aveva amato fino alla
follia.
Note
dell'autrice: Questa
one-shot
così come tutte le altre della serie a cui appartiene
è stata
ispirata da un fatto reale accaduto in Italia o nel mondo e, nello
specifico, da un omicidio-suicidio accaduto nella cittadina dove
abito mesi fa. E che mi ha toccata abbastanza da vicino in quanto un
parente
delle persone coinvolte in questa tragedia è un collega di
lavoro di
mio padre.
La
tematica trattata è abbastanza delicata. Spero di averla
trattata
con le corde e le note giuste, senza banalizzare troppo l'accaduto.
Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate.
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