- In pratica con il mio team abbiamo deciso di dimostrare scientificamente la relazione tra l’essere attraente e la simmetria, una caratteristica questa percepita in modo positivo da moltissime altre specie animali in quanto associata alla buona salute e, di conseguenza, all’essere un partner vantaggioso ai fini della riproduzione. –
Lascio che assimilino bene le parole che ho appena pronunciato e studio attentamente il pubblico rumoreggiante che ho di fronte, in quella sala sono riuniti i maggiori esponenti della ricerca scientifica, alcuni di essi sono i miei idoli da sempre, ma in questo momento non sembrano molto disposti ad accettare neanche una virgola del metodo innovativo proposto dal mio team. Siamo un gruppo di giovani scienziate convinte che la ricerca in alcuni ambiti, debba basarsi di più sulle persone che sulla teoria e sui calcoli. Neppure l’aver ottenuto la pubblicazione dei nostri studi e risultati sulle maggiori riviste scientifiche aveva scalpito quel alone di scetticismo con cui i nostri “colleghi” esaminavano le nostre attestazioni. Sembrano un branco di vecchi pinguini, constato con disappunto, quelle menti eccellenti sono soggiogate da preconcetti obsoleti. Sono stata invitata ad esporre le mie teorie e non ho intenzione di demordere, sono disposta ad usare metodi anche poco ortodossi se necessario per attirare la loro attenzione. Quindi con voce chiara e sicura concludo la mia enunciazione.
- Si lo so, è un compito arduo, al limite dell’impossibile, ma ….cari colleghi, guidati da una forte determinazione e innegabile senso del dovere, abbiamo deciso di accettare la sfida per il bene e il progresso di tutta l’umanità. Termino questa diatriba, augurandomi che accettare nuove prospettive nel campo della ricerca scientifica…. non infanghi i preziosi curriculum delle migliori menti del XXI secolo. Vi ringrazio. –
Li ho provocati e raggirati con parole prive di senso, ma attenendosi alla prassi applaudono la fine del mio intervento. Tranquillamente ritorno al mio posto, ignorando volutamente tutti gli sguardi atonici che seguono il mio passaggio. L’occhiata divertita e ammirata che invece mi rivolge Sir George Hown, mi lascia basita. Avevo collaborato per un breve periodo durante il mio stage post laura ad alcuni dei suoi progetti nel centro ricerche che dirige da parecchi anni, lo scienziato è un uomo ligio al dovere, severissimo, ma con il suo lavoro aveva contribuito alle maggiori scoperte recenti sul DNA, sorridendo gli tendo la mano.
- Buona sera Sir Hown, è un piacere rivederla, vedo che è riuscito ad abbandonare il Centro ricerche, allora posso arguire che tra breve vedrò svelato un importante segreto della Genetica. Come sta? – mormoro cordiale.
- Le auguro, Andrea, che il suo desiderio venga presto esaudito, sono qui solo perché ho lasciato il Centro in buone mani. Interessante il suo intervento, se non le spiace questa sera vorrei vederla, avrei una proposta da sottoporle. -
- Ma certo, le lascio il mio numero. A più tardi, buon proseguimento.-
Non me l’aspettavo questo invito, normalmente Sir Hown non concede confidenza a nessuno, umanamente non era possibile catalogarlo in un contesto soddisfacente, era una persona colta, educata ma sembrava assolutamente incapace di intrattenere rapporti interpersonali con chiunque. Aldilà della ricerca e dello studio, a cui aveva immolato tutta la sua vita, non aveva nulla altro ad arricchire le sua vita, lo ritenevo una persona molto sola.
Siamo seduti ad un tavolo appartato del bar dell’albergo in cui si tiene il congresso, mentre il mio ospite parla con il cameriere, mi concedo un attimo per osservarlo con attenzione. Sir George non dimostra di aver superato ampiamente la sessantina. E’ alto, leggermente brizzolato, occhi azzurri penetranti, una curatissima barba ben delineata e il suo incidere è naturalmente elegante e distinto. Mi sorprende la straordinaria similitudine somatica con un altro membro della famiglia Hown che conosco molto bene.
- Arriverò subito al nocciolo della questione che mi sta a cuore. Ho lavorato, come lei sa, a lungo nel Centro ricerche e da qualche anno la mia salute non mi consente di conseguire dei risultati soddisfacenti nei tempi brevi che la Scienza, oggigiorno, richiede. Il mio successore alla direzione dovrà essere preparato ad affrontare parecchie difficoltà e il candidato ideale… Ho bisogno della sua collaborazione professionale. – afferma determinato tralasciando i giri di parole.
- Temo di non comprendere, Sir George. – mormoro basita.
- Mio nipote Stephen, lavora con noi da quando si è laureato, è il direttore del laboratorio ricerche ed io l’ho proposto, al consiglio d’amministrazione, come mio successore, è uno scienziato di indubbie qualità e capacità….ma… alcuni membri hanno opposto delle perplessità sulle sue …ehm…. capacità….di comprensione della natura umana. -
- Comprendo….ehm… come pensa che potrei aiutarla io? – mormoro assolutamente confusa.
- Ho cresciuto mio nipote , orfano dei genitori, con le migliori intenzioni… ma..-
- Sir George, le assicuro la mia discrezione , la prego soltanto di spiegarmi esattamente in che modo pensa possa esserle utile. – insisto .
- Vede ho trasformato mio nipote in un perfetto strumento per la ricerca scientifica e senza rendermene conto gli ho impedito di vivere la sua giovinezza. Insomma mio nipote non ha una vita privata, non ha amici, dedica tutte le sue energie alla ricerca. Vorrei che lei lo aiutasse con discrezione ad aprirsi a nuove esperienze, naturalmente siamo a conoscenza che non sono le dissolutezze che possono contribuire alla formazione di uno scienziato….ma….è indubbio che le esperienze della vita plasmano e fortificano l’essenza dell’uomo che c’è dietro lo studioso. – il suo sguardo esprime tutta la sofferenza che gli causa questa confessione.
- Lo prenda come un esperimento, se riesce a colmare ehm…. le “carenze” di mio nipote, raggiungerà un nuovo risultato che avvalorerà ulteriormente le teorie che ha esposto oggi. La farò entrare nel Centro ricerche quale assistente al nuovo progetto che Stephen sta seguendo e nel frattempo avrà il modo di studiarlo e di aiutarlo come ritiene più opportuno. La prego solo di agire con discrezione, Stephen non è una persona da sottovalutare, non prenderà bene la sua presenza in laboratorio, ma questo lei lo aveva intuito da sola, quindi dovrà conquistare la sua fiducia. Mio nipote ha lavorato duramente per ottenere quella promozione e se la merita, la prego di aiutarmi. -
- La voglio ringraziare della fiducia che ripone nel mio operato e le chiedo solo di valutare bene la sua proposta. Potremmo abbandonare per alcuni minuti, quello che auspico sia il suo più riuscito tentativo di esternare il classico british humor? Lei mi sta proponendo di collaborare con il mio ex marito? L’uomo da cui sono separata da ben quattro stupendi e mai abbastanza spensierati anni? – chiedo cautamente, sperando di aver frainteso le sue parole.
Avevo sposato Stephen appena dopo la laurea, eravamo pazzi l’uno dell’altro già dal primo anno di corso. La forte attrazione fisica, la comunione di gusti e opinioni mi avevano persuasa che fosse l’uomo giusto per me. Invece, dopo qualche anno, erano iniziati i problemi, che a causa di un’assoluta mancanza di comunicazione, comprensione e considerazione da parte di mio marito delle mie esigenze, diventarono insormontabili. La situazione tra noi era diventata così insostenibile che per preservare la mia sanità mentale, avevo deciso di lasciarlo ai suoi studi. Per mesi avevo atteso anche solo una telefonata, un tentativo qualsiasi di riappacificarsi, inutilmente, dopo tutto ero sua moglie, mi aveva detto più volte che mi amava, eppure in quel frangente non mi aveva lasciato scelta e così avviai l’iter della separazione che mi fu concessa senza alcuna difficoltà, a dimostrazione del fatto che la fine del nostro matrimonio era un evento di modesta rilevanza a confronto del progetto che seguiva in quel periodo.
- Andrea, la reputo una donna intelligente, l’ho sempre stimata per la sua sagacia. Lei conosce, meglio di chiunque altro, mio nipote e sono sicuro che i vostri “trascorsi” personali non influenzeranno in alcun modo.. la vostra futura collaborazione. Consideri tutti gli aspetti di portare a termine con successo il suo compito. Se lei accetta questo incarico, avvallerò le sue teorie davanti ai miei colleghi, da cui oggi non sono state… “apprezzate”. Le lascio questa notte per riflettere bene sulla mia proposta e domani mattina mi farà avere la sua risposta. –
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Il centro ricerche era situato in una zona prealpina e Stephen ogni mattina correva per la valle circostante, godendosi l’aria fredda e pulita delle montagne. L’imminente arrivo della sua “nuova” assistente lo irritava immensamente, aveva provato svariate volte a convincere suo zio che non aveva bisogno di nessun aiuto esterno e soprattutto una donna ed in special modo di “quella donna” . Non si reputava un maschilista, semplicemente le scienziate, anche se altamente qualificate come la sua ex moglie, lavoravano seguendo i loro “umori” e il progetto che seguiva era troppo importante per affrontare dei ritardi dovuti a collaborazioni poco redditizie. Si ricordava ancora perfettamente il giorno in cui Andrea aveva deciso di uscire definitamente dalla sua vita, rivedeva con chiarezza, la porta chiusa violentemente dietro le sue spalle.
Quindi, non gli restava altro modo per liberarsi di questo problema “fastidioso”, di far comprendere alla ex signora Hown, che la sua presenza non era gradita ed eventualmente convincerla a prendere in considerazione l’opportunità di rinunciare a partecipare al progetto. Non sarebbe stato facile, ma non impossibile. In compagnia di queste liete considerazioni continuò la sua corsa mattutina.
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Mi presento nell’istituto, con un serio tailleur pantalone nero, capelli domati da uno chignon sulla nuca e occhiali di tartaruga neri, con un filo di trucco. Mentre seguo un addetto alla vigilanza lungo il corridoio immacolato che porta ai laboratori, ripenso per l’ennesima volta alle parole di Sir George - Dovrà….analizzare quel topo di laboratorio.. e aiutarlo a ricordarsi che è anche un “essere umano”, avvalorando così le sue teorie per cui ha tanto lavorato, senza distrarlo dai suoi calcoli e dai suoi esperimenti…….Ovvio. - Sarà un piacere dimostrare a Stephen quale desolante livello di inconcludenza avesse raggiunto come uomo e marito! A noi due … Dottor Hown! Dopo aver bussato brevemente, l’agente si sposta per farmi passare e nonostante sia nascosto dietro allo schermo del suo computer, finalmente posso esaminare la mia “cavia” in carne ed ossa.
Sollevo con calma lo sguardo e la studio attentamente nei pochi secondi che impiego ad alzarmi dalla poltrona per accogliere la mia nuova “collega”. Il suo viso ha perso l’espressione dolce quasi fanciullesca, che ricordavo, davanti ai miei occhi c’è una donna sicura di sé con i capelli castano scuro prigionieri di una elaborata acconciatura, i cui occhi d’ambra, di un colore veramente insolito, quasi gialli, che avevo sempre trovato estremamente attraenti, con mi squadrano quietamente. Non mi stupisce il suo atteggiamento sostenuto, la rigidità delle spalle e lo sguardo cauto, che denotano una certa tensione, molto probabilmente mio zio l’avrà avvertita delle mie rimostranze riguardo la sua presenza nel progetto e soprattutto accanto a me. Avevo preteso che mantenesse il più assoluto riserbo sui nostri precedenti rapporti, mi sarei comportato con lei, come avrei trattato una qualsiasi collega.
Mentre fisso sgomenta l’uomo che ho di fronte, cerco di ricordare quali erano state le parole che Sir George aveva adottato per descrivere il nipote, che mi avevano indotta a credere che avrei ritrovato un ometto rachitico, pallido e magari disperatamente depresso senza di me. Stephen invece, non solo aveva sviluppato una corporatura atletica, che non gli riconosco, ma è il suo viso a colpirmi maggiormente, i lineamenti erano più marcati e gli donano un’espressione seria, quasi corrucciata, ma dietro le lenti dei suoi occhiali neri risplende lo stesso straordinario sguardo trasparente che in passato m’incantava.
- Benvenuta Dottoressa Stolen, sono Stephen Hown. – mormora tendendomi una bellissima mano affusolata.
- Buongiorno Dottor Hown, piacere di conoscerla. – ribatto pacata, il lieve tepore che emana la sua mano, mi distrae e devo sforzarmi per non abbassare lo sguardo per ammirarla di nuovo.
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Il laboratorio è strutturato in modo tale che ogni postazione abbia gli strumenti necessari per lavorare autonomamente pur essendo collegati tra loro, dopo essere stata presentata a tutti i colleghi, mi viene assegnata una scrivania. Iniziamo così una tranquilla ruotine, io collaboro con i miei colleghi, tutti uomini, mentre Stephen lavora da solo nel suo ufficio ed è raro che lo veda più di due volte al giorno e cioè quando entra e quando esce dal laboratorio. In realtà non mi aspettavo nulla di diverso anzi pensavo addirittura che mi relegasse ad effettuare solo compiti marginali, Sir George mi aveva avvertita che suo nipote non avrebbe gradito la mia presenza, avevo intenzione di lasciargli credere che poteva gestire il mio lavoro come voleva, ma al momento opportuno avrei fatto valere le mie ragioni.
Per caso una mattina scoprii che Stephen puntualmente dedicava un’ora alla corsa prima di entrare in laboratorio e decisi di seguire il suo esempio, partivo molto tempo dopo averlo visto sparire tra i cespugli per evitare di dargli noia. I percorsi erano ben tenuti e la strada su cui correvo nonostante la pendenza era facile da seguire, all’improvviso il trillo del cellulare disturba le mie meditazioni.
- Ciao Andrea, allora com’è questa cavia? – mormora ilare la mia coinquilina, Joan, biologa e veterinaria, lavora in uno zoo ed era felicemente e segretamente innamorata del suo direttore.
- Ciao sei già sveglia? E’ presto. … -
- Sono appena rientrata in casa, questa notte abbiamo assistito al parto di una giraffa! Meraviglioso !! Allora come stai, tutto bene? –
- Si, per il momento tutto normale, la mia cavia non è cambiata molto, è sempre un aitante nerd, occhi chiari, corporatura atletica e stupende mani affusolate. Freddo e rigido come un palo della luce. Da quando si è presentato il primo giorno, praticamente non l’ho più visto, educatamente m’ignora. – ipotizzo ironicamente.
- Perfetto! Non ti preoccupare, fanno tutti così, è più probabile che ti osservi da lontano per capire da come ti comporti con gli altri se sei cambiata, adesso ti lascio, vado a dormire, ci sentiamo presto. – mi saluta sbadigliando.
In effetti Stephen aveva assegnato ad Andrea proprio la scrivania che per uno strano gioco di riflessi di vetri e schermi riusciva a vedere dalla sua. Ormai era diventata un’abitudine, anche senza volere si ritrovava ad osservarla. A poco a poco aveva riscoperto alcune sfumature nell’ espressione del suo viso che pensava di aver dimenticato. Come la piega in cui si curvava il suo sopracciglio quando era infastidita da qualcosa e quella ironica che ostentava raramente, di fronte a situazioni od errori grotteschi commessi da colleghi incauti. La dottoressa Stolen era sempre cordiale e sorridente, tutti in laboratorio non perdevano l’occasione di fermarsi a scambiare qualche parola con lei, durante le pause, tranne lui.
Aveva notato anche che difficilmente la incrociava, la mattina, durante il jogging, sembrava che evitasse accuratamente sia il percorso che l’orario in cui iniziava la sua corsa. Era stato informato dalla vigilanza che usciva dal Centro per allenarsi in succinte tenute che avevano traumatizzato le guardie. In effetti oltre alle segretarie ultra cinquantenni e al personale di servizio, non avevano visto molte donne degne di nota tra quelle mura e le guardie non avevano torto ad ammirare le deliziose curve che lui si ricordava ancora molto bene. C’era ancora qualcosa che gli sfuggiva sulla vera ragione della sua presenza nel suo laboratorio e si era ripromesso di scoprire quale fosse. L’ultima volta che si erano visti, Andrea gli aveva espresso chiaramente quali fossero i suoi sentimenti verso di lui e gli pareva estremamente improbabile che avesse deciso improvvisamente di accantonare i loro dissapori per collaborare al progetto che stavano seguendo, per quanto fosse importante raggiungere un risultato, era sicuro che solo una motivazione più che valida l’aveva persuasa a tollerare una collaborazione a così stretto contatto con lui.
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Anche Andrea aveva avuto modo di studiare Stephen ed era arrivata alla conclusione che di sua spontanea volontà rifuggiva e limitava allo stretto necessario i rapporti umani. Il dottor Hown non aveva una vita privata perché non gli interessava averne una. Decisamente quell’uomo rappresentava per lei una sfida molto attraente…..scientificamente, ovvio. Per un puro caso fortuito una mattina aveva incrociato lo sguardo con il suo ex marito, uno sguardo che grazie alle strane angolazioni degli schermi dei suoi colleghi le giungeva di riflesso. Si rese conto così che da quando era arrivata Stephen aveva avuto l’opportunità di “tenerla d’occhio”. Quindi aveva deciso di giocare d’astuzia, approfittando di quella casualità, di ignorarlo quanto bastava per attirare la sua attenzione.
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Raramente lavoravo fino a tardi, ma quel pomeriggio mi sono attardata a finire una serie di calcoli e non mi ero resa conto di essere rimasta da sola nel laboratorio. Il dottor Hown esce dal suo ufficio leggendo alcuni documenti e non si accorge della mia presenza finché non lo saluto.
- Buonasera …. Ehm… ancora qui? – chiede sorpreso.
- Ho appena terminato una sessione di calcoli che non volevo lasciare in sospeso. – gli spiego e spero capisca che non ho tardato apposta per aspettarlo.
- La prossima volta che decidi di fermarti, avverti la vigilanza, il laboratorio e tutto il sotterraneo vengono sigillati ad orari prestabiliti e non è possibile aprire le porte fino al mattino successivo. –
- Non lo sapevo, grazie per l’informazione, buona sera. – lo saluto cercando di mantenere un tono cordiale dirigendomi verso la porta blindata….che non si apre.
Esito una frazione di secondo e riprovo ad abbassare la maniglia…ma non riesco a muoverla. Mentre mi volto verso di lui, temo di scorgere la stessa espressione sgomenta che sicuramente esprimono i miei occhi.
- Dimmi che è uno scherzo…… - mormoro ansiosa.
- Ho avvisato la sicurezza che sarei rimasto fino alle dieci….. e come puoi verificare tu stessa, sono le dieci e cinque minuti. Siamo chiusi dentro. – constata pacato.
- Ma non è possibile! Prova a chiamare la vigilanza! – esclamo irritata dalla sua flemma.
Con piglio deciso alzo la cornetta del telefono, ma la linea è muta e noto solo in quel momento che anche il computer è spento. Non faccio in tempo a domandare se è previsto anche lo spegnimento di tutte le luci che all’improvviso rimaniamo al buio. Stranamente Stephen non esterna nessuna particolare reazione alla situazione in cui ci troviamo, presumo che stia invece studiando tranquillamente la mia.
- Tanto per essere informata…spegneranno anche l’aria condizionata e quindi potremmo rischiare di morire soffocati? –
- Non ti preoccupare, il ricambio d’aria non viene interrotto. Vieni nel mio ufficio, l’ambiente è più raccolto, almeno non soffriremo il freddo. – risponde accendendo la luce del suo cellulare.
Con un sospiro rassegnato lo seguo e mi lascio cadere sulla poltrona davanti alla sua scrivania. Con noncuranza tolgo gli occhiali, sciolgo i capelli e mi massaggio le tempie per scacciare il mal di testa che minaccia di sopraffarmi.
- Non ti senti bene…. dottoressa? –
- Sto benissimo grazie, mi da noia una leggera emicrania, nulla di grave. Visto che siamo fuori orario lavorativo, da soli e costretti a passare insieme tutta la notte, ti spiace se abbandoniamo le formalità? – chiedo sardonica.
- Mi sembra che tu l’abbia già fatto, comunque non ho nulla in contrario….. fuori dall’orario lavorativo. – risponde ironico.
- Bene. Non ho ancora avuto l’occasione di visitare i dintorni, pensi che in paese potrei trovare un appartamento da affittare? – chiedo cercando di intavolare una qualsiasi conversazione.
- Perché hai intenzione di fermarti per lungo tempo qui in zona? – chiede sorpreso alzando lo sguardo su di me e noto che i suoi occhi scivolano involontariamente lungo le morbide onde formate dai miei capelli sparsi sulle spalle e sul seno.
Nascondo un sorriso soddisfatto mentre realizzo che il mio caro collega non ha ancora digerito la mia presenza nel suo laboratorio – Beh …resterò qui, almeno finché non chiudiamo il progetto immagino..- ribatto tranquilla sapendo che questa risposta lo preoccuperà non poco.
- Potrebbe passare parecchio tempo, non hai qualcuno che ti aspetta? ……Se posso chiedere. –
- No, non ho nessuno che mi aspetta, tranne la mia coinquilina, che però non penso senta la mia mancanza, visto che ha la casa tutta per sé. E’ libera di invitare chi vuole. E tu non hai nessuno che ti aspetta? ….Se posso chiedere…– mormoro adagio ripetendo le sue stesse parole.
- No, non ho nessuno che mi aspetta, vivo qui al Centro per comodità. –
- Beh sicuramente è una soluzione molto pratica, ma deprimente. Insomma non esci mai da queste mura? -
- Qui ho tutto ciò che mi occorre.. – replica pacato.
- Certo…immagino….ehm…. domani vorrei cenare fuori di qui, ti andrebbe di accompagnarmi? .. Se non hai impegni naturalmente. – preciso sorridendo.
- Non è mia consuetudine cenare con i colleghi, la familiarità raggiunta potrebbe compromettere la resa durante il lavoro. – replica saccente.
- Non è consuetudine di alcuno, raggiungere un grado sufficiente di familiarità durante un lasso di tempo impiegato quasi totalmente per ordinare, deglutire il bolo alimentare prodotto, sorbire dei liquidi necessari al fabbisogno giornaliero e calorie utili alla sopravvivenza umana! Non ti ho chiesto un appuntamento! Odio mangiare da sola e tu sei l’unico single che conosco qui dentro! – preciso stizzita.
- Questo non è corretto, nella squadra della sicurezza vi sono almeno tre uomini senza evidenti impegni sentimentali. – spiega paziente fissando il display del suo telefono.
- Non mi sono espressa nel modo corretto, intendevo un essere vivente qualsiasi a cui il livello di testosterone non abbia raggiunto la massa cerebrale! ….. Se volessi farmi sbavare addosso… mi comprerei un cane! Sono stata chiara?! - sibilo irritata di fronte alla sua presunta ottusità, sono sicura che risponde in questa maniera per infastidirmi.
Forse questa volta ho esagerato, Sir Hown mi aveva avvertito di non sottovalutarlo ma forse è stato proprio lui a concedere un credito esorbitante a questo baciapile dalle mutande inamidate! Lo sguardo accigliato con cui lo scruto, molto probabilmente lo esaspera abbastanza da fargli decidere di uscire subito dal suo ufficio per andarsi a sistemare sulla prima scrivania di fronte alla porta. Senza commentare l’accaduto mi sposto tranquilla al suo posto, tolgo le scarpe e inizio una partita ad un nuovo gioco virtuale che usavo come test di base per analizzare i pazienti affetti da sociopatia, ha una grafica molto colorata ed è “camuffato” da puzzle, voglio vedere se il mio caro “mutanda rigida” si lascia attirare…..
- Oh no! Non è possibile! Ma questo aggeggio infernale non funziona! – esclamo al culmine dell’irritazione.
Tempo un nano secondo, Stephen fa la sua comparsa in ufficio con un’espressione falsamente preoccupata . – Qualcosa ti disturba? – chiede pacato.
- E’ un’ora che sto tentando di finire quest’applicazione virtuale ma inutilmente, mi spiace averti tediato con i miei tramesti. –
- A dir il vero sembravano più che altro urla demoniache, se non sei in grado di eseguire ….. – s’interrompe quando mi vede tendergli il cellulare con aria strafottente.
- Se riesci a finirlo, non discuterò le tue future disposizioni e dimostrerai…. la tua superiorità intellettiva…….ma… se dovessi fallire….. decido l’orario e il giorno in cui mi accompagnerai in un qualsiasi ristorante decente della zona, ci stai? – chiedo sicura che non resisterà alla tentazione di comprovare la mia inadeguatezza.
- Molto bene. Ti prendo in parola. -
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