Celestial
Moonshine, un autrice di fanfic Yullen che non ho mai
letto ma che da oggi ammiro ha proposto l’idea di fare la
Yullen Week. Una serie di ff Yullen nella settimana prima di natale per
festeggiare questa pucciosissima coppia e naturalmente il compleanno
del mio tesoruccio Allen.
So perfettamente che molto probabilmente non riuscirò a fare
in tempo o fare un lavoro degno di essere letto ma dato che sono
costretta a casa con la febbre e che la mia ff PERFECTLY in TUNE va
talmente a rilento che è rimasta ai temi di Settembre ( e
dire che volevo fare in tempo con degli omake x Halloween e
Natale… -.-) che ho deciso di aderire per farmi perdonare.
(anche perché la coppia di quella ff non è +
Yullen, a mia insaputa, si è trasfigurata da sola in
Laven… bobeh…=)
[XMAS BATTLE]
PERSO NELL’ABBRACCIO
DEL NATALE
-ALLEEEEEEEEEEN!!!-
Una voce lo strattonò fuori dal mondo dei sogni.
Aprì gli occhi e l’albero di Natale più
grande che avesse mai visto, anche per gli standard dei sogni, si
dissolse.
Con un grugnito per la sparizione di quella visione fece pressione
sugli avambracci per alzare la testa e rilasciò la propria
forza lasciandola cadere nel morbido e caldo cuscino con
l’unica differenza che ora era rivolto al muro.
Ignorò il rumore di passi provenire dalle scale che
portavano alla sua stanza e cercò di tornare in quel sogno
quando si accorse che nemmeno se lo ricordava più la porta
si spalancò e una voce di bambino soprana e squillante
risuonò nella stanza buia.
-sveglia fratellone! Sono due ore che ti chiamo!-
-e dai, Tim altri cinque minuti. Oggi è il mio primo giorno
di vacanza, abbi pietà.- Mugugnò Allen alla
parete.
Quando non sentì la risposta si rilassò, pensando
di aver convinto il suo fratellino stranamente iperattivo di mattina
buon ora. E grazie tante, le elementari erano in vacanza già
da due giorni!
Ma poi sentì che le coperte venivano fatte volare via dal
suo corpo caldo e si volse quasi di scatto.
Timcampi, il suo fratellino di otto anni, i cui morbidi capelli
d’oro erano raccolti nella corta coda riflettevano la luce
solare proveniente dal piano e creavano un’aureola sopra di
lui facendo sembrare che un angelo fosse venuto a dargli la sveglia.
Ma non era esattamente un angelo. Non stava mai fermo, era sempre
allegro e spensierato ma con una certa tendenza a mordere quando
qualcosa non gli andava a genio, e soprattutto gli piacevano da matti
il fumo della sigaretta e il profumo dei super-alcolici!
Per forza, quando tuo padre è Cross Marian, non puoi
pretendere di crescere nel modo più puro e innocente
possibile, neanche nel modo più umano possibile.
Ogni volta che Allen guardava Tim così da vicino ( i loro
volti erano a neanche un centimetro di distanza) si chiedeva come
faceva ad essere così biondo da essere invidiato dal
più tedesco dei tedeschi con un padre con una chioma rosso
vivo e una madre con fluenti capelli corvini, più scuri
della notte d’inverno.
E per secondo si chiedeva che impressione doveva fare la loro famiglia
agli altri da quando Cross lo aveva adottato, fedele al testamento di
Mana, il suo vero padre. Infatti i suoi capelli bianchissimi non
passavano mai granchè inosservati, ma nonostante questo, da
quando si erano trasferiti lì, due anni prima si era fatto
molti amici e non smetteva mai di ringraziare la sua buona stella, o
dio, o qualunque altra cosa gli avesse concesso quel miracolo.
Tim gli diede un bacio sulla guancia come ogni mattina per augurargli
il buongiorno ed esclamò contento
-giù c’è Lavi che ti aspetta!-
Allen spalancò gli occhi imbevuti di argento vivo puntandoli
nei pezzi di cioccolato fondente del fratellino, unico tratto ereditato
dalla madre. Non stava mentendo.
In un secondo scattò a sedere sul letto facendo sobbalzare
via Tim.
-perché non me lo hai detto subito?!!-
-te l’ho ripetuto un sacco di volte da giù ma non
rispondevi.-
Intanto Allen si svestì a tempo record, spalancò
i balconi di camera sua e si tuffò nell’armadio in
cerca di qualcosa di decente da mettere.
-perché è qui?-
-ha detto che lo avresti detto. Ti sei dimenticato che il primo giorno
di vacanza volevate andare a fare shopping per i regali di natale?-
-oh porc!!-
A quel punto Allen si ricordò di qualche giorno prima, nella
pausa pranzo.
-che ne dite se andassimo a fare shopping per Natale?-
trillò Linali così di buon umore che risplendeva
più del sole, ormai.
-sii! Bell’idea Lina!- esultò Lavi dalla sua sedia.
Nella pausa pranzo si sedevano attorno al tavolo di Kanda
perché era l’unico che aveva espressamente
decretato che non avrebbe portato la sua sedia in giro per tutta la
classe per ascoltare le loro idiozie quindi si ritrovavano sempre
all’ultimo posto dell’ultima fila, proprio di
fianco le finestre.
-Allen ci stai, vero?-
-mmh… non so, che giorno?-
-il primo, ovviamente. Ai saldi di Natale bisogna andare il prima
possibile altrimenti le cose carine spariscono subito.
Perché?-
-mi piacerebbe stare a letto fino a tardi e poi Tim vorrà
portarmi in giro anche lui per trovare i regali oppure addobbare
l’albero o altre cose. Non vede l’ora che sia
vacanza anche per me.-
-logico.- sbottò Kanda risalendo dalla sua soba. Gli altri
lo guardarono esterrefatti.
Kanda che prendeva parola a pranzo senza che nessuno gli avesse detto o
chiesto niente. E già era una impresa strappargli una mezza
risposta sempre, ma a pranzo!
-quel moccioso ti è appiccicato più di un
cerotto…-
Mentre Lina e Lavi erano scoppiati prontamente a ridere, Allen lo
rimproverò di non chiamare il suo fratellino così.
-in effetti sembra volere più bene a te che a sua
madre!-
-non ti ci mettere anche tu Linali!-
-tornando al discorso dello shopping natalizio, puoi portare anche Tim,
naturalmente.-
-assolutamente no!-
-perché no, Lavi? a te piace Tim, no?-
-certo che si, ma appena Komui saprà che è venuto
vorrà venire anche lui a tutti i costi.- e una goccia fredda
scivolò sulla fronte dei tre ragazzi. Komui era celeberrimo
per il suo “complesso della sorella minore”.
-non c’è problema. Mio fratello deve correggere
gli esami dei suoi corsi di chimica, fisica e matematica quantistica.
Ne avrà per qualche giorno.-
Un sospiro di sollievo percorse il gruppetto.
-qualcuno deve passare a prendermi. Altrimenti mi perdo prima ancora di
svoltare l’angolo di casa…-
Dopo aver finito di ridere, Lavi e Lina si scambiarono
un’occhiata indecifrabile e lei si sporse verso il giapponese
che guardava annoiato fuori dalla finestra.
-Kanda vai tu, vero?-
Allen non sentì più i battiti del suo cuore.
-a prendere moyashi-chan qui. Sei il più vicino.-
-Lavi, non...- scattò Allen a quel soprannome ma Kanda fu di
una velocità sorprendente.
-me ne frego se si perde. Uno che dopo due anni si perde ancora come il
primo giorno o è un cretino o lo fa apposta.- disse
fulminando il bianco con lo sguardo
Allen rimase interdetto a quella reazione così rabbiosa e
repentina. Strinse i pugni nella tentazione di urlargli a tono ma si
trattenne non seppe come e si alzò dal suo facendo volare
indietro la sedia con uno schianto.
-allora continua pure a credere che lo faccio apposta se non credi
nell’esistenza dei cretini!-
E si fiondò fuori dalla classe rosso di rabbia.
Nel farlo poco mancò che andò a scontrarsi con
Deak, il gemello di Lavi che in quel momento entrava seguito da Road
Kamelot, la sua ragazza di un anno più piccola.
Ora che ci ripensava, la faccia indecifrabile di Kanda, tra la sorpresa
e la perplessità, gli era rimasta così impressa
che quel giorno non aveva pensato ad altro e fino alle vacanze aveva
fatto attenzione a non incrociarlo mai e con lui Lavi, Deak e Lina e il
tanto atteso riposo era iniziato nella depressione più
profonda. Odiava rimanere lontano dai primi amici della sua vita.
Quando ebbe finito di prepararsi andò in cucina con Tim che
gli trotterellava dietro.
Cross era seduto al tavolo da pranzo e scorreva concentrato il
giornale. La sua pistola Judgement brillava alla luce del sole
mattutino dal suo fodero appeso alla sedia, strumento indispensabile
per un investigatore privato. Secondo lui.
-Allen, finalmente!- disse una voce femminile.
Appoggiata alla mensola c’era la sua madre adottiva, Maria.
Lo guardava preoccupata dai suoi occhi marrone scuro.
-buongiorno Maria.- disse mentre Tim le saltava al collo per
abbracciarla.
-perché non mi hai detto che oggi dovevi uscire con i tuoi
amici? Ti avrei svegliato in tempo per la colazione.-
-me l’ero dimenticato…-
Lei scrutò attenta l’espressione del figlio e con
un cenno della mano gli disse di avvicinarsi, lui obbedì,
lei lo prese per le spalle e lo guidò fino
all’angolo più remoto della cucina, davanti la
finestra, accanto ai fornelli e soprattutto lontano da Cross.
-e ti eri dimenticato che avevi litigato con Yuu?-
-eh?!!? Come fai a…? No, cioè….-
Lei scosse la testa e i lunghi capelli si unirono a lei, sospirando
esasperata.
lo avvicinò alla finestra, puntò un dito e gli
fece cenno di guardare.
Dall’altra parte della strada, a una ventina di metri, Kanda
stava appoggiato a un lampione tenendo le mani nelle tasche del suo
cappotto lungo e nero. Il giapponese alzò lo sguardo al
cielo e il fiato del suo respiro formò una nuvoletta
biancastra. Poi premette la lunga coda corvina contro
l’acciaio e tornò a guardare il marciapiede.
Ad Allen venne un colpo al cuore.
Dopo quello che aveva detto in classe che cavolo ci faceva
lì? E perché Tim aveva detto che c’era
Lavi ad aspettarlo?
Maria intanto lo osservava sempre più attenta e gli
parlò dolcemente interpretando la sua espressione
sconcertata e incredula.
-è arrivato qui dieci minuti fa e si è subito
rivolto a me. Mi ha detto che i gemelli e Lina lo avrebbero picchiato a
morte se non ti fosse venuto a prendere oggi ma che ti aveva fatto
arrabbiare talmente tanto che lo hai ignorato per giorni
così ha detto a Timcampi di dirti che era Lavi e a me che
potevi fare colazione prima di uscire perché se avresti
saputo subito che era lui non saresti nemmeno sceso e non aveva voglia
di trascinare un morto di fame in pigiama per le strade.-
Si fermò per una risatina mentre Allen era senza parole,
completamente spiazzato.
-però dal suo sguardo mi è sembrato profondamente
dispiaciuto per quello che è successo, dico sul serio. Anche
se non so i fatti, Allen, cerca di perdonarlo. E tieni.-
gli mise tra le mani un sacchetto con la sua colazione, tre croissant,
bignè e kraften. E del caffèlatte da portar via.
-non farlo aspettare così, poveretto, si gela fuori.-
Mentre lei gli metteva cappotto e sciarpa e lo spingeva dolcemente
verso la porta quello cercava il più possibile di trovare
una scusa con cui stare a casa o almeno di rimandare. La sua ultima
risorsa fu la presenza del fratello.
-Tim mi aiuterà a tirare fuori tutti gli addobbi, vero
tesoro?-
-siiiiiiiii! Quest’anno mettiamo anche le lampadine
all’albero, vero?-
Evidentemente sua madre lo aveva gasato così tanto con gli
addobbi che la prospettiva di una giornata in giro per negozi con degli
studenti delle superiori e dell’università aveva
perso clamorosamente interesse.
Camminavano piano e in silenzio.
Piano perché Allen stava mangiando e camminare veloci mentre
si mangia fa male alla pancia e Kanda si era adeguato con una frase del
tipo “sai che strazio sentire le tue lamentele per il resto
della giornata” e in silenzio perché a parte i
saluti e il primo scambio di frasi sull’andatura e la
colazione, l’incomprensibile incoerenza nel comportamento di
Kanda lo aveva lasciato senza pensieri ne parole.
In realtà di pensieri ne aveva fin troppi che non riusciva a
mettere insieme una frase di senso logico.
Quando furono in centro il bianco si avvicinò al giapponese
che non reagì in alcun modo.
Ormai era abituato alla fobia di Allen che lo faceva entrare nel panico
se si trovava solo in mezzo ad una folla. (demofobia)
In aggiunta alla paura di perdersi, Allen non andava per le strade
senza qualcuno a cui stare vicino.
E quel qualcuno era sempre Kanda perché i gemelli lo
mandavano con la scusa che era il più vicino.
-se ti da fastidio venirmi a prendere ogni volta, basta dirlo ai
gemelli o a Lina, perfino a Road o Tyki.-
-non è per quello.-
-e allora… perché?-
-fammi soltanto il favore di non perderti in giro oggi, è un
enorme rottura di scatole cercarti in mezzo a questa folla di scemi e
pacchi.-
Allen conosceva Kanda abbastanza da sapere che detestava lo shopping e
la gente che prima delle feste aveva in mente solo quello. -Il singolo
si mescola ad altri singoli e diventa folla, un unico grande corpo
senza cervello.- aveva detto una volta.
A quel ricordo sorrise.
-che cavolo sorridi? Pensi di perderti apposta per farmi incazzare?
Giuro che se lo fai ti taglio a fettine con la mia Mugen, moyashi!-
-è Allen! A-l-l-e-n! quante volte devo ripetertelo? Uno che
in due anni non impara un nome tanto semplice o è un cretino
o lo fa apposta!-
Subito dopo averlo detto se ne pentì. Non voleva far
incavolare Kanda come si era incavolato lui, non oggi che lo era venuto
a prendere tradendo ciò che aveva già detto.
Ma quello si limitò a guardarlo negli occhi per una manciata
di secondi. Oceano profondo in argento vivo.
Poi si voltò e sorrise nella sciarpa con un
“tsk” indispettito.
Il bianco si portò una mano al cuore e sospirò
rilassandosi.
Dopo pranzo decisero di dividersi. Anche se si erano riuniti tutti per
la tradizionale giornata di shopping, (Allen, Kanda, Lavi, Linali,
Deak, Road, Tyki (fratello maggiore di Road) e i due gemelli Jusdero e
Devit nel gruppo delle superiori e Lulubell, Skin, Miranda e Crowley
nel gruppo degli universitari) si ricordarono che se compravano i
regali per i loro amici con tutti quanti lì a guardare, a
consigliare e a scegliere, la sorpresa andava a farsi friggere.
Ad Allen mancava qualcosa di dark o simile da regalare Road e Tyki e
quando i gemelli scattarono sull’attenti quando chiese se
qualcuno voleva accompagnarlo notò che Road
sussurrò qualcosa a Deak e quello dopo avergli lanciato un
occhiata preoccupata, si rivolse prontamente a Kanda ma non
riuscì a scoprire la sua reazione perché Road si
era lanciata su di lui abbracciandolo al collo.
Dato che il fratello del suo vero padre era loro padre, le due
precedenti famiglie erano imparentate, ma non dal sangue
perché comunque Allen era stato adottato anche da Mana ma
Allen, Tyki e Road si erano conosciuti da bambini e ora erano come
fratelli.
Anche se a quei tempi i due fratelli incutevano terrore al piccolo
Allen come nient’altro al mondo…
-tieni d’occhio quei due emo pazzoidi al posto mio, mi
raccomando.-
-ok, starò attento Road.-
E uscì con i due squilibrati e un sacco di domande che gli
ronzavano nella mente.
Un’ora dopo scoprì perché.
Stavano iniziando ad attraversare le strisce pedonali e i due gridarono
all’unisono –figo quel giubbotto!-
E sparirono nella folla. Allen li chiamò e corse loro
dietro, arrivato alla vetrina del negozio davanti la strada, gremita di
cappotti e giubbotti non li vide.
Il suo battito iniziò ad accelerare.
Entrò ma non erano mai entrati lì. Chiunque
avrebbe ricordato due emo punk come loro. Jusdero con la sua chioma
dorata, le bende alle braccia e la bocca cucita e Devit con il trucco
nero e gli abiti trasandati.
Allen sondò quella strada a destra e a sinistra, la piazza
di fronte, i negozi, le viuzze secondarie e con il cuore in gola
imboccò quella più grande.
Ad ogni angolo, ad ogni piazza in cui sbucava, ad ogni via che
imboccava il cuore si faceva sempre più pesante e veloce, i
passi rimbombavano come fosse in uno stanzone vuoto. Magari.
Lì c’era talmente tanta gente. Non era strano che
ce ne fosse così tanta? Quel che era peggio
iniziò a immaginare cose. Un’occhiata minacciosa,
un’espressione maligna, un sorriso maniacale.
Sapeva che stava immaginando tutto ma non riusciva a non sentire il
terrore crescere a ogni metro.
Voleva fermarsi alla panchina più vicina, riprendere fiato
con calma ma erano tutte occupate e anche le pareti delle case, le
colonne che separavano le vetrine rappresentavano un pericolo.
Non voleva sedersi di fianco a nessuno, ne fermarsi ai margini di quel
fiume di gente, aveva troppa paura di quello che gli avrebbero fatto
nel momento in cui si fosse fermato da qualche parte. sapeva anche che
era stupido pensare così ma non poteva farne a meno, il
terrore lo spingeva sempre più velocemente lontano dalla
massa. La massa….
Rabbrividì e percorse quella viuzza gremita quasi di corsa.
Sbucò all’entrata secondaria di un parco e dato
che gruppi di persone si fermavano nei pressi delle bancarelle di
dolcetti di natale continuò nel parco.
La neve caduta per tutta la settimana prima risplendeva sotto il sole
timido di dicembre.
Era uno spettacolo talmente bello che Allen si sentì un
po’ meglio.
Spinto inconsciamente via da tutti gli agglomerati di persone si
ritrovò nella parte più nascosta e
deserta e lì, in mezzo a quasi venti centimetri di
neve , dove gli addetti del parco non aveva tolto la neve dalle
panchine e dal sentiero tutti i giorni, si lasciò cadere
nella panchina più remota respirando a fondo cercando di
scacciare la fobia.
-quando vi siete separati?- chiese agitatissimo Tyki.
--all’una e mezza, più o meno.--
-più o meno….- fece eco Deak guardando i gemelli
sprezzante.
E tornò a cullare Road tra le sue braccia. La quindicenne
era talmente in pensiero per Allen che si era avventata sui gemelli
quando erano tornati senza di lui al punto di ritrovo e Deak aveva
dovuto strattonarla via per calmarla.
-tre ore fa.- sussurrò Lavi accanto a lui.
Linali si portò le mani alla bocca per nascondere la sua
paura e il rosso le prese le spalle con il braccio destro,
rassicurandola.
-c-come avete potuto? P-p-povero Allen…- balbettò
Miranda da dietro Tyki.
-ha! Non l’abbiamo mica fatto apposta eh! E poi in tre ore
non credete che non abbia trovato la via di casa?- sbraitò
Devit
Quella domanda con quel tono sarcastico provocò
un’ondata di occhiate di fuoco.
-la demofobia insieme alla completa mancanza di orientamento rende una
persona incapace di riconoscere perfino casa sua.- sibilò
Deak.
Voleva tirare loro un cazzotto ma aveva le braccia occupate da Road
quindi scoccò un’occhiata al fratello.
-già. Non si ricorda neanche che ha il cellulare in tasca o
nella borsa dei regali.- disse calma Lulubell chiudendo il suo.
-e poi con tutta la gente dello shopping di natale… e tutti
gli studenti che, come noi, ne approfittano il prima
possibile…- sussurrò Lina impietrita
così anche Lavi non riuscì nell’intento
di sfogarsi sui due emo.
Ma si sentì lo stesso il tonfo di un cazzotto ben assestato
e Devit a terra due metri più indietro.
Davanti a lui c’era Kanda, a massaggiarsi piano le nocche e a
sorridere più compiaciuto che mai.
Nella sua mente risuonavano all’infinito le parole di Road
riferite da Deak:
(-la famiglia dei gemelli ha accumulato una montagna di debiti per
colpa di Cross e non vedono l’ora di vendicarsi. Io e Deak li
terremo d’occhio a distanza.-
-no. Lo farò io.-)
E infatti il samurai li aveva seguiti da lontano finchè ad
un certo punto non erano rimasti solo i due gemelli ad uscire a
velocità supersonica da una via.
Kanda aveva iniziato a cercare Allen ma nel giro di due ore si era reso
conto che era impossibile così e aveva anticipo il ritrovo
di mezz’ora per poterlo cercare con gli altri.
Ma i gemelli avevano ritardato guardacaso di mezz’ora e il
suo bel piano era andato a farsi fottere e ora tutto ciò che
voleva era pestarli a sangue. (dato che la sua fida Mugen era rimasta a
casa come al solito)
Promemoria: portarsi sempre dietro Mugen. Non si sa mai,
viene sempre buona per uccidere due emo rincoglioniti
anziché spaccarsi le nocche che non centrano niente e non
sono abituate.
Finito di stendere anche Jusdero sotto lo sguardo concorde dei
presenti, arrivò un calcio di Devit diretto agli stinchi che
schivò con un saltino. Niente di più facile.
Ma quando anche Jusdero si riprese dal colpo e diede manforte al
fratello diventando quasi un unico corpo pensante, quello che loro
amavano definire “Jasdevi” e Kanda sentì
scattare qualcuno alle sue spalle.
In un secondo Jasdevi era con la faccia a terra. Tyki da una parte e i
gemelli dall’altra parte.
-non c’è bisogno di contraccambiare. Il samurai ha
fatto più che bene, ve lo siete meritato un bel pugno in
faccia, gemelli. Senza rancore eh.- disse calmo il primo con la
sigaretta in bocca.
-avremmo voluto farlo noi, bastardi. Vero fratello?-
-verissimo. E altro che rancore. Questa è la prima e ultima
volta che vi lasciamo soli con il nostro moyashi-chan.-
Kanda si chinò su di loro per trattenere la rabbia e non
mostrare che era ai limiti della preoccupazione umana.
-dove vi siete separati di preciso?-
-e pensi che ti risponderemo dopo quello che ci hai fatto, demente!-
-e tu pensi che puoi ancora fare lo spaccone così dopo
quello che hai fatto, Devit?- ribattè Tyki
-non fa niente. Se ci dividiamo abbastanza da setacciare tutta la zona
intorno al centro più frequentato ce la faremo entro sera.-
sbottò Kanda.
-entro notte se siamo anche fortunati.- fece eco Deak.
-io chiamo Cross, non si sa mai.-
-no, aspettiamo ancora mezz’oretta.-
-giusto. quello ci taglia la testa a tutti.-
-io abito qui vicino, chiedo se i miei lo hanno visto passare?-
-è vero! mio fratello!-
-buona idea!-
-la mia gatta forse…- (<-Lulubell)
-mia sorella invece è in giro con i nonni, magari lo hanno
visto passare.-
Ci fu un tumulto di azioni contemporanee.
Il numeroso gruppo di amici si accordò al meglio in un piano
veloce ed efficace.
Controllarono la batteria e l’antenna dei cellulari, si
spartirono le zone di ricerca, chiamarono quanti loro parenti erano
liberi, se conoscevano Allen.
Kanda si defilò per primo, non gli importava nulla di nulla,
se non di ritrovare Allen…
Un’ora dopo Kanda entrò nel parco più
grande della città.
Si ricordava che ad Allen piaceva molto ma era sicuro che non ci
avrebbe fatto alcun caso in un momento come quello.
Rabbrividì al pensiero di come si dovesse sentire
l’altro ora.
Non era la prima volta che demofobia e disorientamento si incontravano
ma non era mai successo in un giorno così affollato,
così freddo e così in centro.
Era già buio pesto e dovette perlustrare il parco panchina
per panchina, albero per albero, spiazzo per spiazzo, cespuglio per
cespuglio e si sporse perfino per controllare che nel ghiaccio del
laghetto non ci fosse un buco… non si sa mai…
Arrivato alla parte più remota, rallentò. Si
ricordò che le altre poche volte a cui aveva assistito a un
vero attacco di demofobia, Allen aveva continuato ad allontanarsi dai
gruppi di persone, anche i più come le coppie. E quello era
un angolo angusto persino per le coppie.
Anche gli addetti lasciavano che la neve rimanesse intatt….
Solo in quel momento rivolse uno sguardo più attento al
terreno.
Sulla neve c’era una sola scia di impronte. Kanda si
acquattò.
Non c’erano altri strati di neve sopra quella. Erano di quel
giorno perché era l’unico dopo un intera settimana
a non aver mandato neve.
Col cuore in iperventilazione le seguì fino alla curva che
faceva il sentiero per tornare nella zona più frequentata.
“l’ultima panchina” definita
così da tutti perché la più lontana
era circondata da alberi dai folti rami secchi privi di foglie,
affiancata dall’”ultimo lampione”,
intermittente nelle notti più fredde o più
torride, quasi anche lui soffrisse, sulla quale stava
seduto… Allen!
I suoi capelli candidi inconfondibili, la cicatrice sul lato destro del
volto, gli occhi argentei ora chiusi…. Kanda
ringraziò qualcuno lassù per aver inflitto ad
Allen quei segni indelebili di riconoscimento.
Il suo cuore si rilassò, capendo che il peggio era passato e
le gambe di Kanda rifiutarono di fare qualunque altra cosa che non
fosse andare da lui.
Anche quando gli fu davanti l’altro non reagì, non
lo aveva sentito.
Il respiro regolare del bianco formava nuvolette sferiche, al contrario
di quelle di Kanda che erano di forma indeterminata e del tutto
scoordinate. Il cuore del giapponese aveva ricominciato a galoppare
senza ragione apparente.
Kanda la intuì solo quando si ritrovò a osservare
rapito i lineamenti del viso pallidissimo di Allen…
decisamente troppo bello per essere naturale… un momento!!!
Non aveva pensato che la pelle del moyashi era bella, che il suo viso
era bello, che lui era b… e basta!!!
Si girò, cercando di ricomporre la sua
personalità di etero e un improvvisa fitta allo sterno lo
costrinse a portarsi la mano al cuore e a sentire a che
velocità galoppava, a rendersi conto del perché.
Si rigirò tornando davanti alla figura immobile e bellissima
di Allen e il suo cuore si rilassò di nuovo, come quando
aveva visto le impronte. Tanto da tornare normale.
Come quando stavano camminando fianco a fianco quella mattina
stessa…
A quei ricordi Kanda mandò ufficiosamente la sua
personalità etero a farsi fottere e tese una mano verso
Allen.
Sfiorò delicatamente una ciocca candida e dato che il
proprietario non si era ancora risvegliato (Kanda iniziò a
temere che fosse svenuto dal terrore) gli appoggiò una mano
sulla testa.
A quel contatto caldo Allen riaprì piano gli occhi e non
appena mise a fuoco un preoccupatissimo Kanda. Le sue preghiere erano
state esaudite!
Per tutto il pomeriggio non aveva fatto altro che sperare e pregare che
uno dei suoi amici lo trovasse perché ad ogni passo
rinunciava alla speranza di trovare lui qualcuno.
Ma in segreto voleva essere trovato solo da Kanda e non
riuscì a trovarne la ragione.
Anche perché era il più riluttante di tutti a
trovarlo quando si perdeva, a venirlo a prendere quando usciva, a
passargli i compiti quand’era malato, ad aiutarlo negli studi
quando non aveva capito un argomento, a parlargli quando sembrava che
tutta la sfortuna del mondo si fosse riversata su di lui.
Ma in realtà Kanda, anche se brontolando imprecazioni a lui
e a tutta la loro compagnia, faceva sempre quello che diceva non voleva
assolutamente fare.
Lo passava a prendere tutte le mattine per andare a scuola, ci litigava
furiosamente quando non si impegnava nello studio o quando stava
ammalato ma poi andava a casa sua per litigare di nuovo tra un
esercizio di ripasso e l’altro e soprattutto litigavano
quando lui era giù e non aveva voglia di fingere di essere
un gentiluomo con tutti e poi si sentiva sempre più leggero,
libero da un peso e infine lo trovava sempre e solo lui, puntualmente.
Come se avesse stretto un patto col mondo, che solo lui aveva il
diritto di trovarlo quando si perdeva.
Allen si lasciò investire dall’ondata di
gratitudine, sollievo e soprattutto pura gioia sospinto da quelle si
slanciò in avanti e gli circondò il collo
abbracciandolo.
-Kanda! Mi hai trovato! Finalmente!-
E quello, inondato dalla gioia che sprizzava Allen non seppe resistere
e allacciò le braccia dietro la schiena
dell’altro, abbracciandolo a sua volta.
Allen, rassicurato dalla reazione del giapponese appoggio il mento alla
sua sciarpa e le ciocche alla sua guancia, avvicinando tutto il corpo.
Kanda si stupì di quanto fosse gelido, e lo strinse
più forte per scaldarlo.
-ci hai fatto preoccupare a morte. Tutti quanti.- usando il plurale di
proposito per sondare la reazione.
-tu invece eri arrabbiatissimo vero?- chiese l’altro
debolmente, col timore di scatenare l’inferno. Ma non
arrivò.
-anche.- ammise calmo.
Allen sorrise. In quel momento era la persona più felice
sulla terra. E anche la più congelata, ma chi se ne
importava. Si stava scaldando in fretta.
A malincuore però, si staccò dal giapponese,
corrucciato.
-allora andiamo dagli altri, su.- e gli sorrise.
Kanda lo fulminò con uno sguardo della serie
“sei deficiente di tuo o fai dei corsi?”.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca e compose il numero che
sapeva fin troppo bene. Non dovette aspettare neanche uno squillo
intero.
-Kanda!- gridò all’altro capo Linali.
–l’hai trovato vero?-
Senza dire niente il giapponese tese il cellulare davanti il viso
dell’inglese, tornando a fulminarlo.
-ciao Linali. Tranquilla sto bene, soltanto molto freddo.
Adesso….-
Ma l’altro gli impedì di finire la frase.
-ve lo porto tra un po’.- (tra un po’= lasso di
tempo indeterminato e volutamente imprecisato)
Ascoltò quello che gli disse Linali con calma, tanta calma
che Allen non riuscì più a sentire da quella
distanza, mentre Kanda continuava a non togliergli gli occhi di dosso,
come se si fosse perso di nuovo se l’avesse fatto.
Sorrise soddisfatto di quello che Linali gli disse.
-ci penso io.- e riattaccò immediatamente.
-che ti ha detto Linali?- chiese timidamente Allen ricominciando a
tremare.
Kanda sorrise più soddisfatto che mai.
-che ti devo scaldare prima del loro arrivo.-
E ricominciò da dove era stato interrotto.
THE END ?
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