Il blocco dello
scrittore
“…Sofia correva,
il respiro era affannato, la milza le doleva…eppure correva per sfuggire
alle grinfie del suo aggressore. L’ombra dell’uomo, illuminata a
tratti dai lampioni che davano un po’ di luce a quella sera novembrina, la
seguiva distante di molti passi da lei. Correva con lo stesso affanno, ma lui
riusciva a tenere il passo costante. In mano aveva un coltello affilato, il
medesimo col quale l’aveva ferita colpendola alla coscia, procurandole un
taglio.
Sofia svoltò verso un
vicolo, pensava di essere al sicuro, invece le sue speranze caddero quando vide
un muro di mattoni che le sbarrava la strada. Era spaventata, impaurita
terrorizzata quando dietro di lei apparve lui che avanzava con passo lento; lei
tentò di indietreggiare, la sua camminata da gambero finì quando
la sua schiena premeva contro l’altro ostacolo, lui avanzava sempre di
più, alzò il coltello, la lama luccicava colpito dalla luce di
uno dei lampioni. Lui avanzò ancora di più, alzò il
coltello e…”
L’uomo stava di fronte
al computer portatile. Le dita picchiettavano velocemente sulla tastiera; la
luce dello schermo illuminava la sua faccia: era un uomo sulla quarantina, una
leggera barba ricopriva il suo mento, gli occhiali gli stavano sul naso, ogni
tanto scivolavano fino alla punta e lui, con abilità, li riportava al
loro posto.
Alla sua sinistra, poggiato
sulla grande scrivania di legno dove lui lavorava, c’era un posacenere
pieno di cicche di sigarette; la stanza era completamente buia, la luce dello
schermo del computer era la sola che illuminasse l’ambiente, con
debolezza dato che la zona più colpita era la faccia dell’uomo.
L’uomo continuava il
suo lavoro al portatile senza stancarsi, nella sua testa vi erano tante idee
per quella storia, che attendevano solo di essere messe su quel foglio
virtuale; la Musa lo stava premiando, era ispirato per la sua nuova storia, il
suo editore ne sarebbe stato felice, anche perché lui come autore valeva
molto. Era stato premiato molte volte per i suoi racconti gialli, piacevano
alla gente perché pieni di suspance.
Ora stava lavorando ad un
nuovo capolavoro, una nuova storia; pareva un grande lavoro e di sicuro sarebbe
riuscito ancora meglio visto che la Musa oggi stava dalla sua parte,
l’ispirazione era tanta e forte.
Le dita scorrevano veloci sui
tasti, l’icona sulla pagina bianca scorreva anch’essa senza
fermarsi mai, era veloce e le lettere comparivano una ad una dalla
rapidità impiegata dal fenomenale artista.
Scrisse l’ultima
parte della frase “alzò il coltello e…” e
all’improvviso tutto finì.
Si era bloccato, non aveva
più ispirazione per andare avanti.
La Musa non gli stava
più vicino, un modo piacevole per dire che lo aveva abbandonato.
Si appoggiò allo
schienale della sedia, osservò ininterrottamente lo schermo luminoso del
computer, come se fosse rimasto incantato. Si passò una mano tra i
capelli, sbuffò. Allungò il braccio e con la mano afferrò
l’orologio da polso che aveva messo sulla scrivania vicino al portatile;
erano le sei in punto.
Sbuffò ancora. Si
portò davanti al computer e osservò l’ultima parola che
aveva digitato, l’icona lampeggiava in attesa di altre lettere.
Puntò i gomiti sul tavolo, si tolse gli occhiali e si stropicciò
il viso. Sospirò nuovamente.
Cominciò a giocare con
la bocca, emettendo dei suoni, sembrava un bambino alla scoperta, invece lui
stava solo pensando…continuò così, emetteva sospiri e sbuffi. Pensava che fosse passata
un’eternità, beh, non proprio un eternità, ma almeno
qualche ora, invece riguardando l’orologio nuovamente con grande
rammarico constatò che erano passati solo dieci minuti. Decise di uscire
da quell’angusta stanza di Hotel, si avvicinò alla poltroncina
dove aveva buttato la giacca a vento, notò la spessa e pesante tenda che
copriva la finestra facendo cadere la stanza nel buio più totale. La
discostò, una luce rosso fuoco inondò la stanza illuminandola
tutta.
Prese la giacca e si
avviò verso la porta. Giunto di fronte ad essa ebbe la sensazione che
non fosse solo nella stanza…si girò lentamente fino a quando non
vide una figura davanti alla finestra. Si spaventò.
La figura si girò e
mostrò il coltello che brillò alla luce rossa; lo riconobbe, era
l’assassino su cui stava scrivendo la sua storia…si spaventò
ancora di più andando a sbattere con la schiena contro la porta, il
quadro con le misure di sicurezza in caso di incendio cadde a terra e il vetro
si frantumò.
La figura lo guardava
passando il dito sulla lama che di certo doveva essere affilata.
“Cosa diavolo mi sta
accadendo?” pensò l’uomo respirando a fatica e guardando la
figura che stava sempre davanti a lui. Non emise alcun suono, cominciò
soltanto a camminare verso di lui alzando il coltello in modo da fargli capire
che voleva uccidere. Sapeva ora come la sua protagonista si sentiva, era
terrorizzato dall’idea che venisse trucidato da quella persona, almeno
nei modi che erano stati descritti nel libro.
Si avvicinò
ancora di più e mentre alzava il coltello per colpirlo sorrise; lo
scrittore aveva più volte provato a gridare ma la voce gli moriva in
gola, il fianco gli doleva, come se avesse corso per troppo tempo.
“Co-cosa vuoi da
me?” chiese l’uomo con un filo di voce, la figura sorrise ancora di
più, “Stammi lontano per favore; io ti conosco, sei
l’assassino di cui sto scrivendo il libro” continuò lo
scrittore temendo il peggio per la sua vita.
“Stai scrivendo su di
me? Beh, io lo so…ma non ti farò continuare perché ti
ucciderò prima che tu possa porre la conclusione a quel racconto”
disse la figura alzando ancora di più il coltello e puntandolo verso la
sua vittima.
“M-Ma io mi sono
bloccato! Non so più cosa scrivere nella storia, non so come
continuarla!” urlò l’uomo cercando di trovare un modo per
risolvere a suo vantaggio la situazione.
“Ma stai tranquillo, ti
leverò io il pensiero. Ti ucciderò così non sarai più
bloccato” concluse in tono pacato la figura, l’uomo urlò di
no, ma prima la figura si avvicinò ancora di più; abbassò
il coltello e…l’uomo si svegliò di soprassalto respirando a
fatica.
Si accorse di essersi
assopito sulla tastiera e di aver fatto un brutto sogno, come se avesse vissuto
in prima persona ciò che aveva fatto vivere alla protagonista. Era stato
orribile.
Si rimise gli occhiali e
osservò lo schermo luminoso: una serie di lettere digitate a caso
avevano ricoperto decine di quei fogli virtuali; cancellò tutto.
Sospirò nuovamente,
quel sogno lo aveva terrorizzato e non gli piaceva affatto sentirsi
così, decise infine che una bella passeggiata lo avrebbe calmato e gli
avrebbe disteso i nervi, doveva scappare dalla stanza e dal suo lavoro.
Si alzò, prese la
giacca e si avviò verso la porta; diede uno sguardo fugace dietro di
lui: non vi era nessuno.
Fece un sospiro di sollievo e
afferrò la maniglia.
Nel farlo spalancò gli
occhi e rimase senza parole: sentiva ripensò alle parole che il suo assassino
gli aveva detto e poi capì che la soluzione per continuare stava proprio
lì.
Si precipitò davanti
al portatile, rischiando di farsi del male contro il tavolo e la sedia.
Cominciò a picchiettare nuovamente sui tasti, la sentiva…sentiva
che le idee erano tornate e con essa l’ispirazione.
Il sole tramontava e il cielo
divenne sempre più buio. La città cominciò ad illuminarsi
fino a mostrare la bellezza della vita notturna.
L’uomo continuava a
scrivere senza sosta…passarono i secondi, passarono i minuti, passarono
le ore…il cielo si fece buio e calò la sera.
Pose l’ultima parola
“Fine”, il racconto era concluso e lui era soddisfatto del suo
lavoro e soprattutto che fosse terminato. La storia era stata portata a termine
dopo vari giorni e notti che aveva passato a scriverla e poi quel blocco che lo
aveva frenato.
Ripensava alla fatica e la
soddisfazione crebbe. Salvò il lavoro e si stiracchiò mentre il
computer si spegneva. Diede un’occhiata all’orologio: le undici e
mezza.
Si alzò dalla sedia e
osservò la finestra: sorrise. Sbadigliò e pensò che
l’idea migliore era quella di mettersi a letto, anche perché era
distrutto.
Si buttò sul materasso
ma un pensiero tornò al suo editore: riattaccò il telefono,
nessun messaggio lasciato. Non ci credeva, solitamente lo tempestava di
telefonate per sapere a che punto era con l’opera. Prese il telefonino e
accese anche quello, inserì il pin e attese. Dieci chiamate perse.
“Ha fatto un passo
avanti” mormorò tra sé sorridendo “la scorsa volta
solo ventiquattro chiamate”.
“Ho sconfitto il mio
blocco. Conclusa la storia. Firmato lo scrittore” compose velocemente il
testo del messaggio e lo inviò. Si buttò nuovamente sul letto.
Ora non ebbe più alcun
pensiero, spense la luce e Morfeo lo accolse tra le sue forti braccia come se
lo stesse attendendo da giorni.
Commento
dell’autrice:
Ecco qui una One-Shot
molto veloce e spero che sia anche piaciuta.
Cosa dire di questa storia? Beh inizialmente doveva essere una storia per il
giornalino scolastico, ma poi ho pensato anche di pubblicarla qui. Il tema
è appunto il blocco dello scrittore, e l’idea mi è venuta
appunto perché desiderando tanto scrivere qualcosa per il giornalino non
avevo idee per buttare giù una storia, così mi è venuto in
mente di scrivere qualche cosa sul Blocco dello Scrittore, e così ecco
questa storia.
Vi ringrazio per la
lettura e per i commenti,
Cassandra14