“Stanotte dormi da noi, non
esiste che tu te ne stia tutta
sola dopo una giornata simile.” Aveva sentenziato Bill in
faccia a Vibeke in
tono perentorio (per quanto perentorio potesse essere uno che ruminava
gelatine
alla ciliegia a dieci alla volta) mentre uscivano assieme a tutta la
compagnia
dall’ospedale. Vibeke, da parte sua, aveva inizialmente
opposto resistenza, ma
non esisteva persona al mondo in grado di smuovere Bill da
un’idea, e se lui
aveva deciso che lei avrebbe passato la notte da loro, così
sarebbe stato, così
alla fine Vibeke si era arresa ed aveva finito per accettare,
benché con una
certa reticenza.
A Georg non era sfuggita la faccia
risollevata – ed anche
vagamente esultante – di Tom.
Checché ne dicesse lui,
era cotto e stracotto di Vibeke, e
continuare a negare l’evidenza non era che un atto di puerile
orgoglio.
Figurarsi se Tom Kaulitz avrebbe mai ammesso apertamente di aver perso
la testa
per una ragazza, soprattutto una come lei.
Alla fine avevano permesso a Vibeke
di andare a casa a riposare,
mentre loro sarebbero andati allo studio con Benjamin, facendole
promettere che
si sarebbe ripresentata da loro per cena, e a quanto pareva le minacce
avevano
funzionato, perché alle otto in punto Vibeke si era
burberamente presentata
alla loro porta con uno zaino buttato su una spalla e un vassoio di
pasticcini
nell’altra.
“Pronto?”
Georg abbandonò di colpo
le proprie riflessioni, richiamato
alla realtà da una voce aveva bramato di sentire fin da
quando aveva preso in
mano il cellulare e la linea aveva iniziato a suonare libera.
“Ciao, Sandberg.”
Salutò, con quella suadenza che gli veniva
spontanea, quando parlava con lei.
“Ciao, signor
Listing.” Gli rispose lei in tono allegro ed
ammiccante.
Dio, quanto gli mancava...
“Ho visto che stamattina mi
hai cercato. Scusa se ti chiamo
solo adesso, ma volevo aspettare di avere un momento
tranquillo.”
“Non era nulla di
urgente,” lo rassicurò Nicole. “Volevo
solo avvisarti che la ditta dei traslochi viene venerdì.
Abbiamo quasi finito
di impacchettare.”
Georg sorrise a quelle parole, il
cuore che fremeva emozionato
al pensiero che lei ed Emily si stessero preparando a trasferirsi nella
loro casa. Non avrebbe mai osato
sperare
che sarebbe successo, così presto ancor meno.
“Come sta la mia piccola
peste, a proposito?”
“Ha un po’ di
tosse,” rispose Nicole. “Ma questo non le
impedisce di fare il diavolo a quattro.”
Georg rise.
“Sente anche lei il
fermento per il trasloco,” commentò.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter essere là con loro, ma
gli impegni di
lavoro lo avrebbero bloccato ad Amburgo ancora per qualche giorno.
“Me la passi
un attimo?” la pregò poi. Aveva voglia di sentire
la voce sbarazzina di Emily.
Sentì Nicole che la
chiamava al telefono e uno scalpiccio di
sottofondo, che culminò con un fruscio.
“Georg!”
esclamò Emily concitata un secondo più tardi.
“Hey, terremoto!”
la accolse lui con affetto. “Come stai?”
Emily diede un colpetto di tosse e
gli disse mogia:
“Ho il freddo.”
Georg rise a labbra chiuse.
“Il raffreddore?”
la corresse intenerito.
“Sì,”
confermò lei. “La mamma mi ha dato una medicina
cattiva.”
“Però ti fa
bene, vedrai,” la rassicurò lui. “Stai
facendo
la brava, vero?”
“Qualche volta non
tanto,” ammise Emily, imbronciata. “La mamma non
vuole mai che io e Liesel la aiutiamo a mettere le cose nelle
scatole.”
Tipico di
Nicole,
pensò Georg, sempre a dimostrare
che può
fare tutto senza l’aiuto di nessuno.
“Sono sicuro che se le
chiedi se ti lascia mettere via i
tuoi giochi, ti dirà di sì.” La
incoraggiò.
Sentì un sorriso
rallegrare il tono di Emily:
“Va bene.”
“Me la ripassi,
adesso?”
Emily annuì, ma prima di
lasciare il telefono aggiunse:
“Quando vieni a
trovarci?”
Georg trattenne un sospiro. Era
dannatamente complicato ascoltare
la nostalgia di una bambina senza lasciarsi spezzare il cuore, e ancora
più
complicato era, ogni volta, spiegarle che non avrebbe potuto tornare da
lei per
un po’.
“Presto, tesoro,”
le promise. “Prestissimo.”
Dall’altra parte ci fu una
breve pausa silenziosa.
“Ti voglio bene.”
Pigolò poi Emily, sciogliendo definitivamente
i miseri resti della compostezza di Georg.
Emily. La sua piccola Emily. Chi
l’avrebbe mai detto che
Georg Listing, bassista di una delle band più giovani, amate
e premiate degli
ultimi anni, un giorno avrebbe aperto gli occhi e si sarebbe reso conto
che una
buona percentuale dell’amore messo a disposizione dalla
propria anima se l’era
portato via una buffa biondina di quattro anni?
Amava Nicole, con tutto se stesso, ma
altrettanto amava
Emily, e troppe volte si era sentito divorato dai sensi di colpa per
essere
troppo spesso costretto ad amarle da così lontano.
“Anch’io,
piccola.” Sussurrò contrito.
“Ti passo la
mamma.”
“Grazie.”
Una serie di rumori attutiti
comunicò a Georg che il
telefono era passato di mano in mano.
“Quanto siete teneri, voi
due.” Sospirò Nicole.
Georg si lasciò andare in
una piccola risata.
“Lo sai che sto con te solo
perché sono innamorato di lei.”
Scherzò.
Nicole, dall’altro capo
della linea, esitò.
“Georg,”
mormorò cauta. “È tutto a posto? Sembri
stanco…”
Nicole era fatta così:
anche a chilometri e chilometri di
distanza, sentiva sempre quando c’era qualcosa che non andava.
“Sì, in effetti
lo sono,” le confessò. Si passò una
mano tra
i capelli, spostandosi davanti alla finestra del salotto. Dalla cucina
sentiva il
vociare indistinto degli altri. “È che abbiamo
passato una nottataccia, qui.
Non so se hai sentito qualche notiziario…”
“Purtroppo no, il
televisore è imballato da due giorni.”
“Be’,”
Georg cercò di spiegarsi senza farlo sembrare il
dramma che in realtà era. “Ieri sera hanno sparato
a BJ durante una rissa,
fuori da una discoteca.”
Sentì Nicole che
tratteneva il respiro.
“Sta bene, vero?”
“Se
l’è vista brutta, ma sta benone,” esplicitò.
“Siamo stati a trovarlo stamattina,
ed era decisamente in forma.”
“Meno male,”
disse Nicole, con tangibile sollievo. “Mi fa
piacere.”
“Ospitiamo Vibeke, almeno
per stanotte,” proseguì Georg.
“Non vogliamo che resti sola.”
“Ottima idea,” approvò Nicole, che non
era mai stata gelosa nel senso ossessivo
del termine. “La sistemate nella stanza di Emily?”
Un sogghigno istintivo apparve sulla
bocca di Georg.
“In teoria sì. In pratica credo proprio che
dormirà altrove.”
“Cosa intendi?”
“Le cose tra lei e Tom sembrano svilupparsi, in qualche loro
bizzarro modo.” Le
confidò.
“Sono una bella coppia, quei due.”
Osservò lei, con una punta di soddisfazione.
Stranamente, lo erano veramente.
Nessuno aveva ancora capito
in quale inconcepibile modo un’appaiata male assortita come
una dark e un
patito dell’hip hop potessero in realtà risultare
una combinazione così
vincente, ma così stavano le cose: da che si erano
conosciuti, Tom e Vibeke non
avevano fatto altro che punzecchiarsi, irritarsi a vicenda ed urlarsi
contro,
ma, giorno dopo giorno, era diventato chiaro che avevano cominciato a
prenderci
gusto. Si divertivano a litigare, ed era impossibile, per uno che lo
conosceva
bene, non notare il cambiamento nel modo di sorridere di Tom, non
più come la
posa di una fotografia, ma come se avesse veramente qualcosa che lo
facesse
sorridere, e quel qualcosa era una nevrotica norvegese che adorava
chiamarlo
per cognome.
“Improbabile, ma bella, non c’è che
dire,” concordò Georg. “Senti,
sei ancora dell’idea di sbrigartela da
sola con la sistemazione nella casa nuova?”
Nicole emise un mormorio sommesso.
“Insomma… A dirti la verità, non
credevo di possedere tanta roba.”
Lui stroncò un
‘Te l’avevo detto’ prima che potesse
nascere.
“Porto i ragazzi a
sfacchinare un po’, che ne dici?”
suggerì
quindi.
“Non essere ridicolo, non
li voglio sfruttare!”
“A loro farà piacere, ci divertiremo!”
Omise la parte in cui Bill
probabilmente avrebbe detto che
gli si sarebbero rovinate le unghie, ma tanto non sarebbe comunque
riuscito ad
aiutarli con gli scatoloni, quindi era probabile che finisse in un
angolo a
giocare con Emily mentre loro mettevano a posto tutto quanto.
“Allora?”
“D’accordo, come vuoi,” si arrese Nicole,
senza riuscire a celare un gorgoglio
gioioso. Le mancavano i ragazzi, Georg lo sapeva.
“Vorrà dire che vi
ricompenserò con un lauto pranzetto.”
“Così mi
piaci,” esclamò soddisfatto. “A presto,
Sandberg.”
“Ciao,”
ridacchiò lei. “Salutami tutti, e tienimi
aggiornata
su BJ, mi raccomando.”
“Nessun problema. Ci
vediamo tra qualche giorno, allora.”
“Vi aspetto.”
Georg chiuse la chiamata e
lasciò il cordless sul divano. Si
sentiva un po’ meglio, dopo quella telefonata, e
tornò verso la cucina
decisamente rinvigorito.
“Dio santo, Vi, ci credo
che pesi una tonnellata! Mangi come
un bue e un Bill messi insieme!” stava esclamando Tom, mentre
Vibeke si leccava
avidamente qualche briciola dalle dita. Sul vassoio erano rimasti solo
una
mezza dozzina di bignè.
“Che differenza c’è tra i due?”
“Bill mangia di più.” Disse Tom con
ovvietà.
“Ma che vuoi?” mugugnò Bill offeso,
infilandosi in bocca un pasticcino al
cioccolato. “Devo crescere!”
“Principessa, senza offesa, ma dovresti cominciare a crescere
in larghezza,
visto che se cresci ancora un po’ in altezza, non passi
più dalle porte.”
“Ho un fisico slanciato,
non posso farci niente!” si impuntò
Bill, dopo aver deglutito.
“Lurido schifoso, non sbattermi in faccia la tua ignobile
fortuna!”
“Non odiatemi
perché sono bellissimo!” guaì lui.
“Non lo
faccio apposta!”
Tom grugnì.
“Bill, te lo dico con il cuore: vaffanculo!”
Bill, invece, lo circondò
con le sue lunghe braccia sottili,
stritolandoselo al petto.
“Grazie, Tomi, ti voglio bene anch’io.”
Gli disse amorevolmente, cercando di propinargli
un bacio, ma lui lo spinse via in malo modo.
Vibeke li guardava e rideva. Si
alzò in piedi e prese a
raccogliere le stoviglie dalla tavola, ammucchiando le posate in un
piatto. Non
fece in tempo ad impilare due piatti uno sull’altro, che Tom
era già in piedi
accanto a lei e le rubava le cose di mano.
“Vi, aspetta, ti
aiuto.”
Vibeke sorrise. Georg anche.
Di solito era Gustav ad aiutare; Bill
non si era mai scomodato
in vita propria a fare qualcosa che potesse anche lontanamente
ricordare delle
faccende domestiche, e Georg, personalmente, poteva senza problemi
definirsi un
disastro, in quel campo, ma Tom era il più refrattario di
tutti loro verso quel
genere di fatica: per lui era una noia, un tedio vero e proprio badare
a
sciocchezze come pulire il tavolo o mettere i piatti in lavastoviglie,
tanto
più che, come ricordava puntualmente, avevano assunto Vibeke
proprio per
risparmiarsi certe seccature.
Ma quella sera no. Quella sera
qualche alieno doveva essere
venuto a rapire Tom in assenza di Georg e lo aveva sostituito con un
suo
replicante fisicamente perfetto ma comportamentalmente del tutto
incoerente,
perché quello che raccoglieva i piatti senza fiatare, che
sottraeva i bicchieri
a Vibeke dicendole di stare seduta, non poteva essere il loro Tom.
Georg però notò
che non era solo lui ad essere strano. Sia
lui che Vibeke si guardavano a stento, e quando si parlavano lo
facevano con un
insolito imbarazzo mal dissimulato, come se non si conoscessero.
O come se
fossero due
adolescenti alla prima cotta.
“Posso dare una
mano?” si offrì Georg, varcando la porta con
nonchalance.
Tom e Vibeke si voltarono, ma Bill,
la cui bocca era
punteggiata da macchioline di cioccolato, li precedette:
“Lascia fare a Gertrud, per
oggi,” disse, dando un paio di
pacche sulla schiena del fratello.
Vibeke scoppiò a ridere,
ma Tom si limitò ad appioppargli
un’occhiata malevola, eppure con rara pazienza.
Cosa diavolo
sarà
successo la scorsa notte per scombussolare così il sano,
vecchio ordine delle
cose?
“Abbiamo quasi finito, non
ti preoccupare,” gli disse
Vibeke. “Come stanno Nicole ed Emily?”
“Bene,” le
rispose sorpreso. Aveva sempre avuto
l’impressione che Nicole non le piacesse. “Salutano
tutti quanti, soprattutto
BJ.”
Vibeke sorrise.
“Ringraziale da parte mia,
appena le senti.”
Georg non capiva se quella sua
apparente vena di gentilezza universale
fosse voluta, uno dei tanti metodi che lei aveva per prendere le
distanze dagli
altri, o se invece le venisse spontaneo, qualunque fosse la causa.
All’inizio
non gli era piaciuta molto proprio per quello: lui era abile a capire
la gente,
ed il fatto che lei fosse quanto di più incomprensibile gli
fosse mai capitato
davanti lo aveva innervosito, nei primi tempi, ma poi, conoscendola,
interpretare Vibeke era diventato più abile del previsto.
Era bastato applicare
la stessa chiave di lettura di Tom, con qualche debito adattamento, ed
estenderla alla più intricata complessità emotiva
di una ragazza. Ovviamente
Georg non aveva la presunzione di aver capito tutto di lei –
anzi, aveva ancora
parecchi interrogativi in sospeso, che forse solo avendo anni ed anni a
disposizione avrebbe potuto risolvere – ma una cosa che aveva
indubbiamente
capito era che gli piaceva il suo carattere coriaceo. Vibeke era
davvero come
Tom, a livelli di strutture psicologiche: aveva concentrato ogni sua
energia
nel costruirsi intorno una fortezza quasi inespugnabile, ma dentro era
rimasta
senza difese. Una volta penetrati i suoi solidi muri, sarebbe bastato
un
nonnulla per farla crollare completamente.
Da dentro, Vibeke non sapeva
proteggersi.
“La prossima settimana vado
a Lipsia,” comunicò Georg agli
altri, restando sul vago. Se li conosceva, sarebbero stati loro ad
offrire il
proprio aiuto. “Per aiutare Nicole con la roba.”
“Posso venire
anch’io, se vi fanno comodo un paio di braccia
in più.” Disse infatti Gustav, ancora seduto a
capotavola.
“Sì!” Bill batté
entusiasticamente le mani. “Vogliamo vedere il
superattico!”
“Non aspettarti
chissà cosa, Bill,” lo frenò Georg.
“È
spazioso, ma non è una reggia.”
“Sono curioso!”
“Hey, Bee,” Georg
si rivolse a Vibeke. “Perché non vieni
anche tu? Non devi fare niente, vieni e basta, ti svaghi un
po’, passi una
giornata diversa…”
“Guarda che non mi crea
nessun problema darvi una mano,”
replicò lei con leggerezza. “Verrei volentieri, ma
BJ…”
“Andiamo via la mattina e torniamo la sera,”
tentò di convincerla. “Dai, non
fare l’asociale!”
“Non te ne pentirai,
vedrai.” Soggiunse Tom, intento ad
infilare rozzamente i piatti nella lavastoviglie.
E forse era un semplice caso, ma,
dopo quello, Vibeke si
ammorbidì.
“Ok,”
sospirò. “Vada per la scampagnata a
Lipsia.”
“Grande!” si
compiacque Bill, alzandosi dal proprio posto. “Film,
adesso?”
“Bill, sono le undici, domani ci dobbiamo svegliare
all’alba.” Gli fece notare
Gustav.
“Guardiamo Il Re Leone, che
è corto!”
“Bill…”
Ma era inutile, lo sapevano tutti.
Cercare di far ragionare
Bill quando si metteva in testa qualcosa era una perdita di tempo a cui
avevano
rinunciato da anni. Volenti o nolenti, avrebbero guardato Il Re Leone.
***
Vibeke si vergognava ad ammetterlo,
ma era commossa. Doveva
essere una delle poche persone al mondo a non aver mai visto quello che
tutti
decantavano come il più grande classico della Disney, ed ora
che i titoli di
coda scorrevano, pensò che non erano stati novanta minuti
proprio buttati. Le
era piaciuto, soprattutto per certe ambientazioni cupe e lugubri, e
doveva
ringraziare Bill, perché non si sarebbe mai messa a guardare
un film del genere
di propria volontà.
Era seduta sul divano tra Bill e
Gustav, Georg e Tom
sull’altro con due facce di sopportazione che avrebbero
meritato
l’immortalazione, e non le dispiaceva
quell’atmosfera quasi famigliare. Era
abituata a convivere con loro, anche per diverse ore al giorno,
però quella
specie di intimo raccoglimento le era del tutto nuovo, e la cosa
più strana era
che, per una volta, non si sentiva un pesce fuor d’acqua.
“D’accordo,
cuccioli, è ora della nanna,” esordì,
spegnendo
la TV. “Tutti a letto, da bravi.”
“Ma sentitela!”
borbottò Tom, stiracchiandosi con uno
sbadiglio. “Parla come se fosse lei la padrona di
casa!”
“Io obbedisco
volentieri,” dichiarò Gustav, mentre si alzava
in piedi. “Buonanotte, gente.”
“Il bagno grande è mio!”
strillò Bill, schizzando verso il corridoio prima che
qualcuno potesse aprir bocca.
Vibeke lo vide correre nel bagno e
salutarli allegramente
prima di chiudersi dentro.
“Deve farsi
bello.” Le spiegò Georg, intercettando il suo
sguardo perplesso.
Vibeke si accigliò.
“Si fa bello per andare a
dormire?”
“Si strucca, si pettina, si riempie di creme
idratanti…”
“Quindi è questo
il suo segreto di bellezza…” dedusse Vibeke
in tono ilare. “Adesso capisco dove sbagliavo io.”
I ragazzi risero.
Salirono tutti assieme al piano di
sopra e si sparpagliarono
nelle rispettive stanze. Vibeke entrò nella stanza degli
ospiti, dove già aveva
portato la propria roba. Stancamente, si lasciò cadere a
peso morto sul morbido
piumone blu e si guardò attorno: era una delle parti della
casa con cui aveva
meno familiarità, essendoci entrata solo un paio di volte.
Era una camera
bianca, piuttosto grande, arredata in modo molto semplice, rispetto
alle altre,
con mobili di quercia e un bel tappeto rosso davanti al letto,
l’unico ad una
piazza singola di tutto l’appartamento.
C’era profumo di gelsomino,
là dentro, e tutto era pulito ed
ordinato, evidente segno che i ragazzi non ci mettevano mai piede.
Vibeke
chiuse gli occhi e provò ad immaginare Emily sdraiata tra
quelle coperte, con
Nicole e Georg accanto che le leggevano una storia, o le cantavano una
canzone,
o semplicemente le rimboccavano le coperte augurandole la buonanotte.
Anche lei
era stata abbandonata da uno dei suoi genitori, ma per sua fortuna era
accaduto
prima che potesse avere modo di affezionarsi, e ora aveva Georg,
così come
Vibeke aveva Sissel, ma loro due sarebbero rimaste due casi totalmente
differenti.
Diversamente da Emily, Vibeke non
aveva più la meravigliosa
capacità infantile di vedere il mondo come se fosse
un’opportunità. Per Vibeke
il mondo era semplicemente un posto in cui cercare di sopravvivere, e
qualche
volta nemmeno quello.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per
credere ancora nelle favole
a lieto fine.
Si tirò su, sentendo un
principio di emicrania che
cominciava ad annoiarla, afferrò il proprio zaino e si
cambiò, poi prese lo
spazzolino da denti ed uscì scalza alla volta del bagno, che
però trovò chiuso.
Le luci delle stanze dei ragazzi
erano tutte accese, non
aveva idea di chi potesse esserci dentro, ma comunque bussò.
“Avanti!” le
rispose subito la voce di Georg.
Vibeke aprì senza indugi
ed entrò, ma si inchiodò immediatamente
sulla porta, la mascella che cedeva senza il minimo orgoglio davanti
allo
spettacolo abbacinante che le si era aperto davanti: Georg le dava le
spalle,
appostato davanti allo specchio a legarsi i capelli in una coda, con un
paio di
boxer neri addosso. Soltanto quelli
addosso.
Per i lussuriosi gusti di Vibeke, un paio
di boxer erano una
copertura già eccessiva per quei preziosi e numerosi
centimetri di pelle divinamente
nuda. Proprio di fronte a lei c’erano un paio di larghe
spalle contratte, ogni
muscolo ben evidenziato, le braccia sollevate a sistemare
l’elastico attorno ai
capelli. Seguì con gli occhi la linea netta della spina
dorsale, scivolando
sulle scapole, la bocca improvvisamente asciutta, e scese verso il
basso, sui
fianchi, sulle due piccole fossette simmetriche che si intravedevano
appena al
di sopra del tessuto, gustandosi ogni millimetro con appagante
attenzione,
pensando ai milioni di donne sparse in tutto il mondo che avrebbero
venduto
l’anima al diavolo per essere al suo posto. Personalmente,
ora come ora, Vibeke
avrebbe venduto anche il proprio fratello, per essere al proprio posto.
Dio
esisteva, non aveva più dubbi, e lei lo aveva incontrato nel
bagno di un
appartamento di Amburgo.
Quando arrivò alla curva
perfetta del fondoschiena, decise
che era troppo: o si fermava lì, o sarebbe svenuta su due
piedi.
“Dio mio!” esclamò, avvertendo la
salivazione che ricompariva, più abbondante
del solito.
Georg si voltò malizioso:
“Quante volte te lo devo
ripetere che per gli amici ‘Georg’
è più che sufficiente?”
Vibeke non fiatò. Era
abituata a vederli tutti quanti
aggirarsi mezzi nudi per casa, ma in genere almeno la parte inferiore
portava
dei pantaloni, e non un misero pezzo di biancheria intima.
“Che
c’è?” fece allora lui, gettandole uno
sguardo
interrogativo.
“Come sarebbe a dire
‘Che c’è?’?”
esclamò lei, la voce
leggermente strozzata. “Non ti sei mai domandato
perché le tue fans ti chiamano
Georgasm?”
“Cosa ne sai tu di come mi
chiamano le mie fans?”
“Lo sai che la principessa è una
pettegola.”
“Togliti
quell’espressione dalla faccia, però,”
le disse
Georg, divertito. “Mi metti in imbarazzo.”
“Tu ridi, ma sono una misera umana, devi avvertire se sei in
queste condizioni,
la prossima volta potrei non reggere!”
“Scusa la
puntigliosità, ma anche tu non sei esattamente
coperta…”
“È il mio pigiama.” Si
giustificò lei, tirandosi lungo le cosce nude la maglia
nera extralarge dei Joy Division. ‘Love Will Tear Us
Apart’, recitava lo slogan
al di sotto del nome.
“Molto succinto, come
pigiama.”
Vibeke sgranò gli occhi
spazientita:
“Tu dormi in boxer!”
“Ok, non parlo
più,” Ridendo, Georg si voltò di nuovo
verso
lo specchio e si sistemò la coda. “Ti serviva
qualcosa?”
Ah, bella
domanda,
pensò Vibeke, il cui sistema nervoso sembrava essersi fuso
per la vampata di
calore improvvisa derivata dalla generosa esposizione delle grazie di
Georg.
“Non so, non ricordo… Al momento ho seri problemi
di concentrazione, per colpa
tua.”
Lui rise ancora ed abbassò
lo sguardo sulla mano destra di
lei.
“Forse volevi lavarti i
denti?” le suggerì.
Vibeke guardò in basso e
si ricordò di avere in mano lo
spazzolino.
“Oh, sì, bravo!”
Georg si appoggiò
all’indietro contro il piano di marmo,
incrociò le braccia e da lì la scrutò.
“Mi fa piacere vederti di
nuovo carica e spumeggiante,” Le
sorrise. “Non eri tu, con quell’aria
abbacchiata.”
Vibeke fu pervasa da un forte senso
di gratitudine, non solo
verso di lui, ma anche verso i tre assenti. Era sinceramente commossa
dalla
premurosità che avevano dimostrato nei suoi confronti, solo
che non sapeva come
dirglielo senza sembrare una patetica sentimentalista.
“Devo ringraziare te e
quegli altri tre di là, lo ammetto,” si
decise, alla fine. “Non fosse stato per voi, ora sarei a casa
ad ingozzarmi di
patatine davanti ad un film splatter, morendo dalla voglia di correre
in
ospedale ad importunare mio fratello.”
Georg scrollò le spalle,
incurante dei devastanti effetti
che i suoi muscoli in bella mostra potevano avere su un soggetto di
sesso
femminile troppo estasiato per collassare miseramente al suo cospetto.
“Gli amici servono a
questo, no?”
Vibeke ordinò alla propria
testa di volgersi altrove e
trovare un nuovo obiettivo da rimirare che non fossero i pettorali di
Georg, o
i suoi addominali, o altre invitanti parti anatomiche più
meridionali, finendo
così per concentrarsi sulle lucide piastrelle nere del
pavimento. Qualunque
cosa avesse provato per lui in passato ormai era irreversibilmente
mutata in
un’amicizia del tutto priva di slanci passionali, ma
c’erano cose davanti alle
quali nessuna donna – etero, lesbica o bisex che fosse
– non poteva non farsi
venire pensieri impuri, e si dava il caso che il peccaminoso corpo di
Georg
fosse una di quelle.
“È che non sono abituata ad avere degli
amici,” blaterò, mentre le proprie
cellule cerebrali si riprendevano dal surriscaldamento. “Non
così… Amici.”
“Be’, dovrai
abituarti,” ribatté lui. “Avrai bisogno
di noi,
mentre BJ è ricoverato.”
Vibeke emise un risolino svagato,
portandosi la mano libera
alla fronte.
“Tutto questo ha dell’assurdo…”
Georg inclinò interrogativamente
il capo di lato.
“Perché dici così?”
Vibeke stava graffiando con
l’unghia del pollice la
superficie del manico dello spazzolino, ancora in contemplazione del
pavimento.
Nonostante tutto, le venne da sorridere.
“Soltanto qualche mese fa cambiavo canale solo a sentire
pronunciare il vostro
nome,” disse. “E adesso lavoro per voi, esco con
voi, dormo a casa vostra e
sono…” Si morse il labbro inferiore tra gli
incisivi, smorzando un sorriso
colpevole. “Disastrosamente innamorata di voi.”
Sul volto di Georg si
spalancò un sorriso radioso, che parve
illuminarlo da capo a piedi. Era bellissimo – era perfetto – ma Vibeke non era
mai stata così consapevole di avere di
fronte una metà che non combaciava affatto con lei.
“Anche di Tom?”
Prima Vibeke cessò di
respirare, poi i suoi occhi si
dilatarono, ed infine li sollevò di scatto verso Georg, che
la osservava con
un’espressione saccente.
Che cosa avrebbe potuto rispondergli?
‘Ma cosa ti viene in
mente?! Non potrei mai e poi mai
innamorarmi di Kaulitz!’
Bugia
spudorata.
‘No, Tom no, sai che lo
detesto.’
Bugia e basta.
‘Diciamo che non lo
odio.’
Quasi
verità.
Era un domanda difficile,
più di quanto sembrasse.
Tom era antipatico. Ed egocentrico. E
vanitoso. E anche
insopportabilmente presuntuoso. Senza contare poi le sue irritanti
manie di
esibizionismo, peraltro accompagnate da una spocchia degna di un dio
sceso in
terra.
Ma Tom era anche dolce, se si
scordava di essere Tom. E
sapeva essere generoso, qualche volta, e persino sensibile. E aveva
quel modo
particolare di sorridere, quando lo faceva davvero, che comunicava una
timidezza che normalmente finiva obliata dalle molte tonnellate di
pecche che
aveva. Tom non era un ragazzo maturo, e nemmeno disponibile, e neanche
troppo
sicuro di sé come gli piaceva che la gente credesse. Tom
Kaulitz dei Tokio
Hotel era quanto di più banale, elementare e superficiale si
potesse trovare,
eppure, quando deponeva le armi e calava il sipario, Tom non era altro
che Tom,
confuso ed intricato, contorto, ed era una delle cose più
belle che lei avesse
mai visto.
Che senso aveva mentire ancora a se
stessa, quando ormai lo
sentiva così forte dentro da temere che da fuori glielo si
potesse leggere in
faccia?
Sì, era innamorata. Anche
di Tom.
Soprattutto di
Tom.
Anche se ammetterlo faceva paura.
“Era una domanda retorica,
per inciso,” la avvertì Georg. “E
anche un pochino bastarda.”
Vibeke si soffiò via dalla
fronte un ciuffo di capelli con
indifferenza, che sperò risultasse credibile, nei limiti del
possibile,
considerato che lei era ancora una donna, lui era ancora seminudo, e
l’argomento appena toccato era probabilmente il
più scottante che si potesse
trovare.
“Posso lavarmi i denti,
adesso, o hai intenzione di farmi
sbavare senza dignità finché ti cadrò
ai piedi disidratata?”
Lui si decise finalmente a
disincrociare le braccia da
quella posa provocante e si incamminò verso di lei, puntando
la porta.
“Andrò a
vestirmi, contenta?”
“Ciò che resta dei miei neuroni te ne è
immensamente grato.”
“Non
c’è di che.”
Vibeke lo lasciò passare,
ma quando lui fece per aprire, lei
lo chiamò:
“Hagen?”
Lui si voltò.
“Mmh?”
Di tutte le cose che avrebbe voluto
dirgli, scelse la più
sciocca e scontata, forse, ma anche la più vera.
“Le tue Sandberg sono
ragazze fortunate.”
Georg ammiccò.
“Lo dico sempre
anch’io.”
Vibeke gli fece capire con
un’occhiata ciò che pensava di
quella sviolinata alla Kaulitz e poi, scherzosamente, lo spinse fuori.
“Buonanotte.” Gli
augurò sbrigativa.
“Anche a te,” ricambiò lui.
“Dormi bene.”
Ci
proverò.
Rimasta sola, Vibeke si
portò di fronte allo specchio ed
appoggiò lo spazzolino accanto al lavandino.
Cercò di guardarsi da fuori, con
gli occhi di un estraneo, per capire che cosa vedessero gli altri
quando la
guardavano, ma tutto ciò che vedeva era la solita ragazza
alta e smunta, con
dei brutti aloni scuri intorno agli occhi e le unghie mangiucchiate.
Odiava non
potersi vedere oggettivamente, perché si era sempre chiesta
quanto fosse
diversa, da fuori, rispetto a ciò che percepiva lei.
Possedeva qualche cosa che potesse
piacere ad un uomo?
Pensò a come Tom
l’aveva rincorsa per giorni, riuscendo
sempre, alla fine, ad intrappolarla con un bacio possessivo. Se si era
comportato così, doveva essere perché in lei
c’era qualcosa che lui
desiderasse, qualcosa che ancora
desiderava, visto che non aveva smesso di cercarla, anche dopo aver
ottenuto
ciò che Vibeke aveva sempre ritenuto essere il suo scopo
ultimale. Invece, a
quanto pareva, non era solo il sesso che Tom voleva da lei, e questa
era una
presa di coscienza pericolosa, per i suoi gusti, perché
sapere che chi volevi
ti voleva a sua volta poteva facilmente dare alla testa, e quello era
esattamente ciò che lei cercava di vietarsi da una vita.
Sarebbe stato tutto molto
più difficile, nelle settimane a
venire, senza BJ a portata di mano che la costringesse a confessargli
ogni
minima cosa.
Senza barcamenarsi oltre, si
sbarazzò di tutti quei
rimuginamenti con una spruzzata di acqua gelata sul viso,
dopodiché spremette
un po’ di dentifricio dal tubetto che trovò
nell’armadietto e finalmente si
lavò i denti.
Quando fu di ritorno nella propria
stanza era così stanca
che temeva che non sarebbe mai riuscita a prendere sonno.
Gettò lo spazzolino alla
cieca sul comò, spense la luce, tirò
indietro il piumone e si sdraiò, inspirando il profumo di
bucato delle
lenzuola. Dalle altre stanze non giungeva più alcun rumore.
Si rigirò più
volte nel letto, protendendo le braccia verso
qualcosa che non c’era. Come poteva un letto grande come la
metà del suo
sembrarle così immenso, freddo e vuoto?
Si sarebbe preoccupata
un’altra volta di dormire bene. Per
ora le sarebbe bastato riuscire semplicemente a dormire.
***
Bill sperava di non cadere dalla
scale mentre scendeva in punta
di piedi al piano inferiore, trascinandosi dietro una coperta di lana
che
doveva pesare quanto lui.
Erano le tre del mattino: era
intontito dal sonno e dalla
voglia di ributtarsi a letto dopo essersi trascinato fino al bagno per
prendersi un goccio d’acqua, ma aveva notato una luce accesa
nel salotto e non
aveva saputo resistere. Non poteva trattarsi di Georg, visto che i
sassi
avevano un sonno più leggero del suo, e Gustav, se si fosse
svegliato a notte
fonda, non si sarebbe certo sprecato a lasciare la propria stanza, ed
anche Tom
in genere dormiva tranquillamente fino ad orari impensabili. Tuttavia,
quella
volta c’era un’anomalia nella loro routine che
poteva avergli causato qualche
difficoltà ad addormentarsi: Vibeke non aveva mai passato la
notte da loro,
prima. Non poteva che esserci uno dei due, di sotto.
Non appena fu sceso abbastanza da
avere una buona panoramica
della sala, individuò Vibeke sul divano, sotto alla luce
della lampada a stelo
lì accanto, che teneva qualcosa in grembo.
Imbacuccato
come una crisalide nella sua coperta,
Bill barcollò silenziosamente verso di lei nella penombra.
Ignara, Vibeke se ne stava
raggomitolata nel piumone che
doveva essersi portata via dal letto, e sfogliava un grosso volume con
aria
piuttosto assorta, i capelli raccolti su una spalla. Si riusciva quasi
a vedere
la stanchezza che la appesantiva, ma sembrava rilassata, pacifica.
Senza il suo
trucco scuro e i vestiti neri, faceva tutta un’altra
impressione, e dimostrava
qualche anno in meno della sua effettiva età.
“Wolner…”
Vibeke trasalì,
accostandosi una mano al petto, e guardò in
su..
“Principessa,” lo
salutò stupita, mentre lui le si
avvicinava. “Che ci fai in piedi?”
Bill si creò un
po’ di spazio tra la massa voluminosa del
piumone e le si accoccolò accanto con uno sbadiglio.
“Non avevo
sonno.” Rispose, appoggiandosi con la guancia
alla sua spalla. “Che cosa leggi?”
“Oh, non sto
leggendo,” disse lei, mostrandogli quello che
stava sfogliando. “Non volevo ficcare il naso, ma
l’ho trovato nella libreria e…”
Bill riconobbe subito il rivestimento
di lucida plastica
nera: era uno degli album che raccoglievano le fotografie scattate
durante i
tour. Stando a qualcuna delle foto che intravide, doveva essere di un
paio di
anni prima.
“Sei venuto benissimo,
qui.” si complimentò Vibeke,
indicandogli una delle fotografie in cui lui indossava la sua
affezionata felpa
arancione e sorrideva, guardando chissà dove. Non portava un
filo di trucco ed
aveva i denti ancora storti: non capiva come qualcuno potesse pensare
che fosse
venuto bene.
“Fatti revisionare il
cervello, faccio schifo in quella!”
“Ma no, sciocco,”
insisté lei, dandogli una piccola
spallata. “Se io fossi bella come te, consumerei gli specchi
a furia di rimirarmi.”
Bill le strappò
l’album di mano, sbuffando.
“Non riuscirai mai a farti
venire sonno se guardi questa
roba,” le disse, lasciandolo cadere a terra. “Poi
ti sogni le nostre occhiaie.”
Vibeke si lasciò andare
contro alla morbida imbottitura
dello schienale, sghignazzando, anche se quella di Bill non aveva
voluto essere
una battuta.
“Wolner?” Bill si
accucciò affianco a lei, rispondendo al
suo sguardo seccato con uno angelico.
“Cosa
c’è?” rantolò lei
arrendevolmente.
Bill non si lasciò
scoraggiare dai suoi modi scostanti.
C’era abituato, e ormai non ci badava più.
“Ci vuoi un po’
di bene?” le chiese, puntandole addosso il
suo migliore sguardo da cucciolo.
Vibeke lo fissava come per cercare di
capire le la stesse
prendendo in giro o meno, ma Bill era serio. Poteva sembrare una
domanda
stupida, però ci teneva davvero a saperlo. Lui le voleva
bene.
“Sì che vi
voglio bene, scemo,” Lo canzonò Vibeke,
arruffandogli i capelli già ben poco ordinati.
“Siete ancora vivi, no?”
Bill arricciò le labbra.
“E a Tom?” le
chiese a tradimento.
Vibeke divenne subito rigida.
‘Tom cosa?’, si aspettava
Bill, ma questa volta lei non si nascose dietro nessuna risposta
evasiva.
“A Tom anche. In modo un
po’ diverso.”
Bill era stato pronto a una gamma
abbastanza ampia di
responsi, fuorché ad uno così diretto. Forse
Vibeke non era poi così simile a
Tom come aveva creduto lui.
Si diceva che quando una persona era
innamorata glielo si
vedeva negli occhi. Bill aveva cominciato a sospettare che Tom provasse
qualcosa per Vibeke quando aveva notato che il fratello non lo guardava
più in
faccia. Per loro due era normale saltare le parole e passare
direttamente a
livelli di comunicazione superiore – sguardi, gesti, e anche
silenzi – ma se
Tom aveva smesso di permettergli di guardarlo negli occhi, doveva
essere
conscio che ci fosse qualcosa, dentro di essi, che non doveva essere
visto.
“È stato carino
con te, la scorsa notte?”
Vibeke s voltò pagina,
soffermandosi su una serie di foto
che erano state scartate per la diffusione, perché troppo
personali: Bill e
Natalie che sonnecchiavano l’uno contro l’altra in
un camerino, Gustav incazzato
nero con Tom dopo un pessimo concerto, Bill che stirava i capelli a
Georg…
“Molto.” Gli
rispose, annuendo.
Lo sapevo!,
pensò
Bill, trionfante. Sempre a fare tutto di
nascosto,
quel cretino. Figurarsi se si mette a fare il carino con lei in
presenza di
testimoni… No, non sia mai, guai se qualcuno dovesse
scoprire che Tom Kaulitz
non è l’inutile essere materialista che vuole dare
a bere lui.
“Mi fa piacere che si stia
interessando a te,” le rivelò
Bill. Lei non batté ciglio. “Tu
capisci…” proseguì lui, timoroso. Erano
corde
delicate, quelle tra lui e Tom, e non erano in molti ad essere in grado
di
inserirvisi in mezzo senza farle stonare. Lei, pur inavvertitamente,
ci era
riuscita. “Capiresti. Non
cercheresti
di allontanarci per gelosia. Mi piacerebbe se tra voi due
funzionasse.”
***
Funzionare. Vibeke aveva sempre
disapprovato l’uso di quel
termine in relazione ai rapporti interpersonali.
Perché
‘funzionare’? Perché non qualcosa di
più umano come
‘andare bene’ o ‘procedere
positivamente’, invece? ‘Funzionare’,
come un
elettrodomestico o una macchina? E se per caso la storia non funzionava? Dove lo si prendeva il
libretto di istruzioni multilingue per capire dove si sbagliava e
risolvere i
problemi? E c’erano delle garanzie comprese? Tipo, due anni
minimi di idillio
assicurato ed eventuale ritiro dell’usato con agevolazioni
per l’acquisto di un
nuovo articolo? O anche una tempestiva sostituzione, in caso. E poi,
magari, se
qualcosa continuava a non ‘funzionare’, ti
restituivano il tuo tempo e ti
fornivano un ricambio per il cuore in pezzi?
Sarebbe stato un affare piuttosto
vantaggioso. Se davvero
fosse stato così, Vibeke avrebbe volentieri trascorso i suoi
ventidue anni a
passare da un ragazzo all’altro, o da una ragazza
all’altra, godendosela un
mondo, senza preoccuparsi di sentimenti calpestati e delusioni cocenti.
Invece no. Dopo nove anni, stava
ancora aspettando che
qualcuno le portasse una nuova fiducia nel prossimo, dopo che sua madre
aveva
premurosamente pensato di assassinare quella originale, abbandonando la
propria
famiglia per darsi alla bella vita con un giovane imprenditore
americano.
“Bill, perché
questo discorso?”
“Perché voi due state bene insieme, vi siete
trovati… Forse stai insegnando a
Tom a conoscere se stesso.”
“Cosa sono, una
cavia?”
Bill soffocò una risatina
nella coperta.
“Sì,
più o meno sì. È che tu gli hai dato
un bello scossone,
non riesce ad ignorarti… È un po’ come
se la cocaina si rendesse conto di essere
dipendente dall’astinenza, secondo me.”
“Metafora contorta, ma
credo di avere afferrato.”
“Deve ancora imparare a
gestire questa novità, penso.”
Rifletté Bill.
Lei gli diede una gomitata spiritosa.
“Sei una principessina
saggia, eh?”
“Conosco mio
fratello.” affermò lui, serio.
“Nessuno meglio di
te.” Convenne Vibeke.
***
Rimasero un momento a fissarsi, e
Bill provò quasi pena per
lei.
“Hai avuto paura,
vero?” sussurrò timidamente.
Vibeke non parve molto toccata da
quella domanda, non fosse
che le sue dita erano bianche dalla forza con cui stringeva
l’album. Bill non
sapeva quello che si provava a temere per la vita del proprio fratello,
ed,
egoisticamente, era ben felice così. Non capiva e non ci
teneva a capire, aveva
troppa paura di quel particolare tipo di dolore, ma sentiva
un’empatia naturale
verso di lei e le sue ansie.
“Sì,” riconobbe Vibeke, la voce
incrinata da un filo di emozione. “Tanta.”
“Anch’io,” le confidò Bill.
“E so che ne aveva anche Tom.”
“È stato
gentile, con me. Gli devo un favore.”
Bill dovette rettificare: lei e Tom
non erano propriamente
identici in tutto e per tutto, ma in certe cose sembravano cloni. Ogni
volta che
facevano un piccolo progresso, dovevano necessariamente ritrarsi di un
passo,
giusto per essere certi di non affrettare troppo le cose, e quindi,
dopo aver
ammesso di volere a Tom un bene diverso da quello che voleva a Bill e
agli
altri, Vibeke aveva prontamente sminuito tutto quando attribuendo
quello che
Tom aveva fatto ad un semplice ‘favore’ fatto per
‘gentilezza’.
Ma quale
gentilezza,
genio?!, avrebbe voluto sbottare. Quando
mai
Tom fa
qualcosa per altruismo? Lui pensa a se stesso, e se ha fatto quello che
ha
fatto, è solo perché era esattamente quello che
voleva lui.
“No, Wolner, non gli devi niente. Lui è corso da
te perché lo voleva. Ha fatto
stare in pensiero me e gli altri
per
venire da te,” Una minuscola pausa prima del colpo finale.
“Tomi ci tiene a
te.”
L’assenza completa di
qualsiasi suono era innaturale. Niente
scricchiolii di mobili, niente macchine in strada, niente parole o
respiri
pesanti. Niente di niente. C’erano solo loro due, accoccolati
lì sotto ad una
montagna di coperte a parlare di cose nuove per entrambi, ad aiutarsi a
scoprire lati di Tom finora rimasti ignoti. E Bill aveva la sensazione
che Vibeke,
congelata in quella posa un po’ goffa, con l’album
sulle gambe incrociate e il
viso rivolto verso di lui, ce la stesse mettendo tutta per non
chiedergli di
ripetere quello che le aveva appena detto.
“Sei un bravo Kaulitz anche
tu.” Gli disse infine, lisciandogli
i capelli con una carezza che lo fece sorridere.
“Posso avere un
abbraccio?” azzardò, allargando le braccia,
con tanto di coperta sopra.
Vibeke finse di scostarsi un
po’ da parte.
“Io sono quella provata e tu chiedi un abbraccio?”
“Tu me lo avresti chiesto?”
“Troppo tardi per scoprirlo.”
“Uno solo,”
persisté lui, spalancando ulteriormente le
braccia. “Piccolo piccolo!”
“Poi ti devo portare a
nanna in braccio, rimboccarti le
coperte e darti il bacio della buonanotte?”
Bill si allungò verso di
lei, a quattro zampe.
“Lo faresti?”
Lei gli mise una mano sul viso per
tenerlo lontano, ma
rideva.
“Hey, non sono tua madre!”
“Va bene, ho
capito,” Arresosi, Bill cercò di tirarsi su.
“Ti
lascio in pace. Buonanotte, testona.”
“Bill…
Dai,” Approfittando del fatto che si era incastrato
su se stesso, Vibeke gli cinse il collo e lo costrinse a restare.
“Non fare
l’offeso, vieni qui!” E senza preamboli gli
schioccò un bacio sul viso.
“Mi hai dato un
bacio!” pigolò Bill, toccandosi esterrefatto
la pelle umida.
“Non è stato
bello,” commentò lei, lasciandolo andare.
“Sei
praticamente senza guance.”
“Ora capisco
perché stai sempre a sbaciucchiarti Gustav.”
“Tu l’hai mai baciato?”
Bill si rizzò in piedi con
una smorfia indignata.
“Ma per chi mi hai preso?!”
“Be’, dovresti provarci, non riusciresti
più a farne a meno.”
Lui si accostò
pensosamente un dito alle labbra.
“Mi chiedo se Fiona sia a conoscenza di questo piccolo
particolare.”
“Basta tergiversare,” gli ordinò lei.
“Fila a letto, altrimenti le tue occhiaie
non me le sognerò soltanto.”
“E tu?”
“Io finisco l’album, poi mi obbligherò a
dormire, o almeno a provarci.”
Tanto non ci
riuscirai,
si disse Bill, poi si aggiustò la coperta addosso e si
congedò:
“Buonanotte, allora.”
“’Notte, principessa.”
Tornando a letto, Bill si
sentì soddisfatto di quella
chiacchierata notturna, primo perché lui e Vibeke non
avevano mai avuto
occasione di parlarsi a quattr’occhi in una simile
intimità, secondo perché
aveva avuto la conferma che esistevano delle buone
possibilità che Tom, per una
volta, avesse trovato una ragazza da affrontare ad armi pari.
***
Erano le quattro. Le quattro e un
quarto, anzi, stando alla
radiosveglia, e Vibeke se ne stava distesa a letto ad ascoltare il
silenzio.
Dopo l’improvvisata di
Bill, che aveva gradito più di quanto
avesse mai potuto immaginare, aveva finito di sfogliare
l’album, poi ne aveva
preso un altro, ed un altro ancora, fino a che, persa ogni speranza,
aveva
deciso che se magari fosse tornata in camera, un po’ di sonno
le sarebbe
venuto, ma il problema non era il sonno, perché di quello ne
aveva fin troppo.
Il problema era che proprio non c’era verso di addormentarsi.
Dopo aver passato venti minuti a
disegnare con gli occhi
forme astratte sul soffitto, si chiese se non fosse il caso di andare a
farsi
una camomilla, sempre ammesso che in dispensa ce ne fosse. Non era
più in ansia
per BJ, ormai sapeva che stava bene, quindi la causa della sua insonnia
non
poteva essere quello. Ma cosa, allora?
Come faccio?
Chiuse gli occhi, sentendoli bruciare
da quanto erano stanchi,
e qualcosa si risvegliò dentro di lei. Un profumo, un
respiro, un corpo caldo,
e due mani che le stringevano le spalle.
Fu breve, ma abbastanza lungo da
farle venire un ragionevole
dubbio.
Non si fermò nemmeno a
valutare i se, i pro e i contro. Calciò
di lato le coperte e si alzò, uscendo in punta di piedi.
Anche al buio, sapeva
perfettamente dove andare.
Le bastò attraversare il
corridoio per trovarsi davanti alla
porta chiusa. Tutti dormivano, l’unica cosa che riusciva a
sentire era il
proprio battito che accelerava di secondo in secondo.
Abbassò lentamente la
maniglia, senza fare rumore, sgusciò all’interno
della stanza, per poi
richiudere la porta con altrettanta attenzione.
Le persiane non erano state chiuse,
la luce della luna quasi
piena entrava a fiotti dalla finestra, la cui tenda bianca era stata
tirata da
parte. In quel bagliore opalescente, Tom giaceva addormentato su un
fianco, a torso nudo, i
rasta sciolti sul cuscino che avvolgeva con un braccio, la testa
leggermente
chinata verso il petto, ed era così bello che Vibeke avrebbe
potuto passare il
resto della notte lì, in piedi, a guardarlo dormire.
Mosse un passo dopo l’altro
con le ginocchia che le tremavano.
Facendo piano, si appoggiò con una mano al materasso e
scostò di poco il
piumone; fece per strisciarvi sotto, ma all’improvviso le
sembrò una cosa
stupida ed infantile, e si sentì patetica.
No, non poteva farlo. Era tremendamente sciocco. Non poteva insinuarsi alla chetichella tra le lenzuola di Tom e mettersi a dormire con lui a sua insaputa. Cosa sarebbe successo, poi? Lui si sarebbe svegliato e se la sarebbe ritrovata accanto, e con ogni probabilità l'avrebbe sfottuta a vita.
Non poteva farlo e basta. Non lo avrebbe fatto.
Lasciò
andare il piumone e cercò di
risollevarsi, ma qualcosa la bloccò. Lì per
lì non capì, ma poi guardò in
giù e
si accorse che cinque lunghe dita le avevano afferrato il polso, ed un
paio di
occhi nocciola la stavano osservando nell’oscurità
opalescente. Due occhi
intensi ed imperscrutabili, che però sembravano sorridenti.
Senza ben comprendere quello che
stava succedendo, Vibeke,
il cuore che le palpitava violentemente in gola, si lasciò
attirare verso il
basso, fino a che non si ritrovò sdraiata, proprio davanti a
quegli occhi.
Nessuno disse niente. Il braccio di
Tom lasciò il cuscino e
le scivolò sulla guancia, sfiorandola, poi scese sul collo,
sulla nuca, e
percorse tutta la schiena, per fermarsi poi sul fianco, prendendone
possesso per
avvicinarsela ancora di più.
Le sorrise, uno di quei sorrisi a cui
non ci si poteva
abituare, semplicemente perché troppo speciali e rari, e poi
chiuse gli occhi.
Vibeke avrebbe creduto che, dopo la
soverchiante carica
emotiva di quel momento, non sarebbe mai più riuscita a
dormire per il resto
della vita, eppure, mentre chiudeva gli occhi, si rendeva conto che un
piacevole senso di quiete la stava pervadendo, come una ninnananna
fatta di
sensazioni, ma per un attimo, un solo, unico attimo, era stata felice.
Ed era incredibile quanto, certe
volte, potesse essere bella
e sorprendente la lunghezza interminabile di un semplice attimo.
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Note:
capitolo lungo e sofferto, ma stavolta mi tratterrò dal
lamentarmi, visto che
le mie lagne non sono apprezzate tra i miei lettori. XD Il capitolo, come avrete notato, è venuto lunghissimo... Spero non troppo! ^^ Comunque, non so come
l’avete
presa voi, ma a me quest’ultima scena ha fatto un
po’ emozionare. Sono affezionata
a questi due scemi, che ci devo fare? ^^ Il titolo del capitolo
è tratto dall'omonima canzone dei Nightwish. In secondo
luogo, devo un grazie grosso così alla mia cara Lady Vibeke,
che mi ha fatto un miniwallpaper stupendo con Vi e Tom per questa storia: The Truth Beneath The Rose
Ringrazio come sempre tutti voi per
la smisurata pazienza
che dimostrate ogni volta nei miei confronti, siete da santificare
subito. XD
Passiamo ora all’angolo
delle risposte alle vostre stupende
recensioni:
Yukiko_chan:
la tua
non è una recensione, è un
colpo al cuore! Ovviamente mi fa sempre piacere quando una fan dei TH
apprezza
le mie storie, ma quando sono delle non fan a dirmi certe cose, non
posso
negare di sentirmi realizzata. Per di più hai letto una
storia che riguardava
qualcuno che non conosci e mi rendo conto che possa essere impegnativo,
ma se
addirittura ti sei fatta prendere, io non potrei essere più
felice! Ho
aggiornato pensando soprattutto a te, quindi spero gradirai il
pensiero. ;)
RubyChubb:
liebe!
Spero di non aver gettato
troppo sale su qualche piaga delicata. Chiedi venia, sei giustificata
se hai
saltato quelle righe. ^^ Presto o tardi che sia, io ti aspetto sempre
fiduciosa, così come tu aspetti me (vero?! XD). Hai ragione
su tutta la linea,
come sempre, soprattutto su BJ: lui è molto più
forte di Vibeke, anche se può
sembrare il contrario. Non ci fosse lui, questa inetta
chissà dove sarebbe!
_Ellie_:
caVa!
devo ribadire tutto?
Devo ripetere qui quanto sia acuto il tuo acume
nell’individuare i caratteri
dei miei personaggi e quelle sfumature di lettura non così
immediate? Mi mandi
sempre in brodo di giuggiole con le tue recensioni apocalittiche, e
stavolta
hai anche fatto relativamente presto! XD Grazie, sempre semprissimo!
valux91:
bentornata
tra noi! ^^ Spero sia
passata l’influenza, malanno che io odio ed aborro con tutta
me stessa!
Aspetterò tue notizie. ;)
loryherm:
oh,
cara! Come al solito, anche
tu arrivi a carpire pezzettini minuscoli che sembrano niente, ma poi
sono
tutto! Grazie, non manchi mai!
ninacri:
sappi
che aspetto un tuo parere,
perché mi piace il tuo modo diretto di dire le cose, e
soprattutto si nota che
hai una certa razionalità di giudizio, qualità da
me molto apprezzata. È vero,
si può sempre migliorare, ed è per questo che amo
così tanto scrivere. Più
scrivi, più vorresti scrivere, e meno male che ho trovato
una droga così
positiva ed apprezzata! XD Grazie mille, anche per avermi avvisato dell'invesriome tra i capitoli 13 e 14. ^^ Non so come sia successo, ma ho corretto, grazie a te. ;)
erichina94:
eheheh,
come avrai notato i
sentimenti che hanno iniziato a fare capolino nello scorso capitolo,
qui sono
decisamente usciti allo scoperto. Non tutti, e non del tutto, ma siamo
a buon
punto. Grazie per la recensione, spero ne arrivi una anche per questo
aggiornamento!
Debry91:
parlando
di capitoli poco
entusiasmanti e ricchi di avvenimenti… Questo era uno di
quelli. Almeno fino
alla scena finale. ^^ Tom con la testa sul collo e non fra le gambe la
vedo
ancora come una cosa lontana, ma ci stiamo lavorando. Tu abbi fede. ;)
Lady
Vibeke: basta,
sono stanca di sentirti!
XD La mail era esauriente, non serve che ti dica altro. Solo grazie,
per le
sopportazioni e soprattutto per la fanart! *__*
NeraLuna:
ah, ne
so qualcosa di internet
che va e viene e so che non è bello. So anche,
però, quanto invece sia bello
riaverlo e scoprire che qualcuna delle tue storie preferite sia stata
aggiornata. ^^ Come vedi, BJ ha in effetti smosso un po’
Vibeke, ma lei ha
ancora paura a nuotare in alto mare senza salvagente,
quindi… Aspettiamo e
spariamo!
kikka_tokietta:
BJ ha
scelto quel momento così
delicato per dire a Vibeke quelle cose perché sapeva che lei
in quel preciso
frangente era sì vulnerabile, ma anche più
ricettiva verso certi tipi di
emozioni. Lei è fragile, ma è rimasta in piedi, e
BJ ha perfettamente capito
perché. Ora sta a lei capire. Mi spiace se anche tu hai
vissuto una cosa
affine, ma mi fa piacere sapere che è andato tutto bene. ^^
hyena_:
Tom te
lo sei immaginata proprio
bene! XD Non smetterà mai e poi mai di essere uno sbruffone,
perché in fondo è
quello che è, maschera o non, però deve ancora
crescere, e ci sono tante altre
caratteristiche in lui che si devono sviluppare. Vibeke invece
è più rilassata,
è vero, e pian piano sta ammettendo tutto, un pezzetto per
volta. Tu continua a
tifare per loro, qualunque cosa succeda. ;)
Muny_4Ever:
bentornata!
È vero, mi sei
proprio mancata, ti davo per dispersa! ;) tornerai ancora? Spero tanto
di sì!
growlitha:
che
combinazione, il capitolo è
arrivato proprio in corrispondenza dell’inizio delle vacanze
di Natale! Se un
po’ ti sei sentita come Vibeke, forse capirai meglio di altri
certe situazioni
future. Per adesso, grazie infinte! ^^
LadyCassandra:
che
bella questa tua recensione.
Bella e molto soddisfacente, per un’autrice. Ti ringrazio
davvero tanto per le
tue belle parole. Ah, ti posso assicurare che in questa storia non
accadrà mai
e poi mai alcunché tra Bill e BJ, puoi stare tranquilla. ;)
_no
sense_: va
bene anche sentire il parere
di una sola metà rappresentativa del nick, tranquilla. Mi
accontento di poco,
io. ;) Comunque grazie, spero di aver aggiornato in tempi
più o meno
accettabili. ^^
_ToMSiMo_:
non ti
preoccupare per
l’alternanza tra la Vi
fredda e quella dolce, quella non se ne andrà mai. Forse
capirai meglio a
storia finita quello che voglio dire, ma per ora ti chiedo di avere
pazienza,
abbiamo ancora diversi capitoli da affrontare, e questa altalenanza non
mancherà, te lo prometto. ;)
Camilla85:
ah,
luce dei miei occhi! *__*
Come faccio a dirti grazie, se mi hai tolto tutte le parole? Non vedo
l’ora di
risentirti in MSN, e soprattutto si trovare la tua recensione per
questo
capitolo, perché ho la vaga sensazione che ci siano
particolari che tu potresti
aver trovato interessanti. XD
Vitto_LF:
rispondo
per l’ultima volta, sperando
che tu non fraintenda le mie parole. Sì, sono una delle
più estreme antitwincest
che esistano, ma ho letto molto su questa particolare categoria, e sono
perfettamente consapevole che ci siano delle buone opere. In ogni caso,
quelli
che tu definisci “tipi”sono per me personaggi
costruiti per adattarsi ad un
altro determinato personaggio, ed il fatto che abbiano determinate
caratteristiche è dovuto al fatto che io ho ritenuto quelle
caratteristiche le
più adatte ad associarsi a quelle di un secondo personaggio.
Si tratta
ovviamente di pareri soggettivi, quindi non pretendo che siano
universalmente
condivisi, ancora meno da qualcuno che a prescindere non prova
interesse verso
il genere. Sottolineo che comunque lo stereotipo è ovunque,
e il twincest,
soprattutto il Kaulitzcest, così come qualunque altro
genere, non ne è immune,
ma anzi, forse ne è anche più affetto. I gusti
personali sono inopinabili, non
mi permetterei mai di metterli in discussione, ma proprio per questa
ragione ho
trovato insensata tutta la parte centrale della tua recensione, che in
effetti
recensione non era. Se hai altre osservazioni da fare in merito a
questa
storia, sono le benvenute, ma la prossima volta ti prego di attenerti
ad esse.
Se vuoi chiarirmi altre cose, sentiti libera di contattarmi tramite
messaggio
privato.
kit2007:
sì,
hai capito bene, intendeva
proprio Gud. Infatti, dopo che quella parte resta in sospeso, attacca
subito
con Gud. ^^ Forse ho dato per scontato che fosse chiaro, ma se
così non è
stato, mi scuso, farò più attenzione. ;) Grazie!
MarissaOssessionata:
mi
auguro che tu
non abbia sclerato anche per questo capitolo come per il precedente,
visto che
ci ho messo settimane ad aggiornare. ^^ A parte questo, grazie per
tutti i
complimenti, il mio ego adesso mi va un pelino più largo. XD
_Kaay:
grazie!
Anche tu, così come le
altre, sarai santificata per la pazienza dimostrata. Spero ti sia
piaciuto
anche questo capitolo!
pIkKoLa_EmO:
eheheh,
be’, io dico la mia, voi
dite la vostra… Il bello è anche questo! Ti ho
dato un assaggino di petto nudo
di Tom… Se hai sbavato nel pensarlo che arrossiva,
chissà qui! XD
CowgirlSara:
la mia
compagna di filmini
stupendi! *__* Sì, qualche suggerimento è stato
ascoltato, ma non in modo
letterale… Diciamo che ho preferito restare
sull’indiretto, perché mi sembrava
presto per fare dire a Vi certe cose in modo esplicito. ^^ Tu continua
a
suggerire, però, che siete voi MS sezione TH le mie fonti di
idee! XD
Purple
Bullet: figliola!
XD hai visto che brava,
mammina? Sono riuscita ad aggiornare entro l’anno! XD Mi fa
piacere che ti sia
piaciuto il concentrato di gemellosità dello scorso
capitolo, e hai proprio
ragione, quei quattro sono adorabili. ^^ ti aspetto al varco anche
stavolta! ;)
mask92:
mi sono
sorpresa perfino io di
aver postato, non credere. XD Vedo che sei una fan di Tom…
Avrai molte rivali,
mi sa. XD Comunque, grazie!
picchia:
oh,
come siete magnanima, mia
signora! Posso punirmi in eterno? Magari chiusa in bagno. XD
Però non puoi
dirmi che Vi non ti è piaciuta e poi non spiegarmi
perché! Io poi come faccio a
capire? Meriti una punizione anche tu! XD
Ladynotorius:
milady!
Che bello, mi è piaciuto
leggere finalmente una recensione entusiastica! Ultimamente mi sembrava
che tu
le lasciassi tanto per fare… Meglio così! Grazie!
<3
layla
the punkprincess:
eh, BJ
è un tipo
molto terra terra, non gli importa poi tanto se gli hanno sparato, gli
basta
essere vivo. ^^ Però non sarà mai troppo provato
per occuparsi della sua
sorellina, quindi lo fa, perché lei ne ha bisogno, anche se
in modo tutto suo.
XD Grazie anche a te!
Detto
questo, un grazie enorme e generico alle 194 e 87 persone che hanno
rispettivamente la storia e me tra i loro preferiti, e anche a tutti
coloro che
leggono e basta. Buon Natale e Buon Anno a tutti! Ci si risente con un
nuovo
capitolo nel 2009! XD
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