Questa fic
ha partecipato al contest indetto da sherry90 sul Forum di EFP: scegliere una
frase tra quelle proposte ed ispirarsi ad essa per produrre la storia.
Io ho scelto “Portami dove
non serve sognare” di L. Ligabue.
Vorrei dedicarla a
ciascuno di voi,
Augurandovi un Natale
e un Nuovo Anno accanto a chi amate.
Come Edward e Bella.
<>O<>O<>O<>
Al di là dei sogni
“Sei sempre
così: il centro del mondo.
Il viaggio potente nel
cuore del tempo, andata e ritorno.”
(Ligabue – Il
centro del mondo)
L’aereo che li riportava a casa dall’Italia
atterrò dolcemente sulla pista, ma Bella non se ne accorse.
Abbracciata stretta a Edward, cercava con tutte le sue forze
di non cedere alla stanchezza.
Quelli potevano essere gli ultimi momenti che le erano stati
concessi di passare al suo fianco e, malgrado fosse stremata dalla tensione e
dagli eventi, non sarebbe caduta in un profondo sonno ristoratore. A nulla
servivano gli inviti del vampiro affinché riposasse.
Ma neanche lui l’avrebbe fatto, se fosse stato al suo
posto. No, non avrebbe dormito neppure se
avesse potuto.
Riaverla con sé - viva, sana e salva - era già
come stare in un meraviglioso sogno, oltre ogni più rosea aspettativa.
La rimirava col cuore traboccante di amore e gratitudine, e
incredulità, anche.
Un peccatore come lui non credeva di poter meritare una
seconda occasione. E invece…
Vedersela lì davanti, al centro della piazza di
Volterra, mentre i rintocchi di mezzogiorno scandivano la sua fine, - bella e
unica come la ricordava, se non anche di più - poteva essere solo
un’illusione, un’allucinazione, un bellissimo miraggio.
Sorrise al ricordo. Temeva di esser morto,
nell’istante esatto in cui lo sguardo di lei aveva incrociato il suo. Morto per davvero, stavolta. I Volturi l’avevano graziato, ponendo
fine al suo straziante male, si era detto.
E istintivamente aveva dato ragione a Carlisle,
il paradiso c’era. Esisteva. Dopotutto,
anche loro che erano mostri conservavano un’anima, perché Bella -
piccolo, delizioso, angelo goffo - non sarebbe mai finita all’inferno.
E invece non era stato giustiziato, anzi. Si erano tratti in
salvo da quella situazione spinosa in modo abbastanza indolore, anche se il
patto che avevano siglato prevedeva la trasformazione della sua amata in
vampiro.
D’altra parte, dovevano considerarsi fortunati se
erano usciti tutti interi dalla Torre, perché i Volturi non brillavano
certo in magnanimità.
Aveva letto nelle loro menti, conosceva le loro bramosie.
Ma non temeva per se stesso, malgrado il ricordo del dolore causatogli
da Jane fosse ancora vivido e forte. Aveva temuto per lei, la sua piccola umana
difettosa, così particolare da
incuriosire Aro, da essere immune a quasi tutti i poteri vampireschi.
Non smise di coccolarla, di sfiorarle con devozione le
tempie, il naso, la pelle calda e profumata.
Sentiva il suo sangue cantare per lui, solo per lui, ma questo era divenuto un fatto secondario.
La sua cantante,
l’aveva definita Aro, a ragione.
La gola gli bruciava, la sete dei tanti giorni trascorsi
dall’ultima caccia si faceva sentire, certo; ma nulla, nulla poteva competere con quello stato
di atarassia così perfetta da sembrare irreale.
Ed era per questo che non cessava neppure un secondo di
tenere un contatto con lei, - mani, dita, viso, capelli - perché
altrimenti temeva che tutto si sarebbe dissolto come la rugiada al mattino.
Atlanta si stava stiracchiando sonnolenta, pigra nel suo
risveglio. Dietro le nubi che nascondevano Seattle, il sole stava sorgendo.
L’inizio di un nuovo giorno. Un nuovo inizio per loro.
Non l’avrebbe abbandonata mai più. Mai più, giurò a se stesso.
Non adesso, che era consapevole di quanto avessero sofferto
entrambi per la sua decisione. Una decisione difficile, che aveva preso per il
bene di Bella. Una scelta che si era
rivelata sbagliata.
Se l’unico a patire fosse stato lui, lo avrebbe accettato
di buon grado. Avrebbe convissuto per il resto della sua esistenza con quel
vuoto incolmabile - l’assenza di
lei. Ma, se questa logorante tortura coinvolgeva Bella, non era disposto a
perpetrarla un istante di più.
Aveva sperato ardentemente che lei l’avesse
dimenticato, che avesse ripreso a vivere come una ragazza qualunque, senza un
costante pericolo mortale ad alitarle sul collo. Ma così non era stato.
Poteva capirla, se in quel momento lo odiava, lo biasimava.
Forse non voleva più aver nulla a che fare con lui e la famiglia Cullen. Non aveva,
forse, appena rischiato la vita a Volterra, a causa loro?
Ma stavolta avrebbe lasciato a Isabella la scelta. Le
avrebbe affidato il suo futuro, la sua eternità. Se lei lo avesse voluto.
Bella era un’anima generosa oltre misura, persino
eccessivamente, talvolta. Ma avrebbe
perdonato lui?
Nell’auto che li riaccompagnava a Forks,
aveva scusato Rose, intercedendo addirittura per lei.
Edward non sarebbe stato così bendisposto nei
confronti della sorella, se Bella non avesse insistito.
Ma avrebbe detto e fatto qualunque cosa per lei. Qualunque cosa, si ripeté.
Arrivati a Casa Swan, aveva appena
avuto il tempo di accompagnarla dentro, prima che Charlie lo cacciasse in malo
modo; poi si era ricongiunto a lei, vegliando il suo riposo, incapace di
staccarsi da quel corpo tiepido, fosse anche solo per un battito di ciglia.
Non sapeva cosa dirle, come scusarsi. Logorato dal senso di
colpa, ignaro dei rischi che lei aveva corso: chi avrebbe immaginato la
testardaggine di Victoria? Come avrebbe mai potuto prevedere che un branco di cuccioli aveva dovuto proteggerla da
quella pazza?
Forse davvero, andandosene, aveva innescato nelle loro vite
più disastri che restando.
Si sentiva misero e meschino, indegno della felicità
che sentiva pulsare dentro di sé.
E poi finalmente lei s’era destata, nel cuore della
notte. Gli occhi cioccolato confusi e increduli.
Vagheggiava e vaneggiava, incapace di intendere che quella
era la realtà.
Ci mise un po’ a convincerla che non stava sognando. Che lei era sveglia, che lui era lì.
Non era neanche riuscito a scusarsi come voleva, come si
sentiva in dovere di fare; Isabella l’aveva preceduto, con le sue domande
e gli inevitabili chiarimenti che avevano rimandato sino a quel momento.
Le confessò la verità, le sue intenzioni, le
sue colpe, il suo amore eterno e immutabile per lei.
E l’incredulità che aveva provato, nel vederla
cedere così facilmente alle sue menzogne. Non se lo era aspettato,
ammise.
L’aveva cullata, mentre lei sfogava la disperazione
accumulata in quei mesi, le calde lacrime che bagnavano il suo infinito senso
di inadeguatezza, d’inferiorità. Era stato questo a farle credere
tanto in fretta alle bugie che le aveva intessuto.
“Se non è troppo tardi… Se tu mi vuoi…”
tentennò, insicuro. “Ti starò vicino. Per sempre.” Le promise solennemente.
“Solo fino a quando non mi accadrà qualcosa, e
tu riterrai nuovamente che sia meglio per me separarmi da te?!”
obiettò Bella, ferita e arrabbiata. “Non puoi addossarti tutte le
responsabilità del mondo!” inveì, “E poi? Cosa farai?!
Tornerai dai Volturi per farti uccidere, perché ti sentirai in
colpa?”
Edward scosse la testa, l’agonia riflessa nello
sguardo d’onice. “Non sono andato da loro perché mi sentivo
colpevole per non esser riuscito a salvarti - benché lo fossi, e tu non
puoi nemmeno immaginare quanto - ma semplicemente
perché non potrei restare anche un solo giorno senza saperti viva,
amore mio. Morirei per raggiungerti, ovunque tu fossi.”
“Non dirlo neanche per scherzo!” Lo
redarguì, con orrore.
“Mi dispiace, ma è ciò che farò.
Quanto prima.” Precisò, risoluto. “Ma, ti prego, non
parliamo di cose spiacevoli, non ora.”
“Edward?”
“Nh?”
Isabella si pizzicò il braccio per verificare lo
stato dei fatti. Mugugnò di dolore. “Edward… è tutto
vero? Tutto questo?”
Il vampiro roteò gli occhi, sbuffando.
“Sono qui, Bella. Non me ne vado, non ti lascio. A
meno che non sia tu a cacciarmi.” Sorrise sghembo, accarezzandole una gota
con le dita da pianista.
Il cuore di lei accelerò, sbattendo contro il torace,
come il frullio di un uccellino in gabbia.
“Quindi… sono sveglia?”
“Sì, amore. Lo sei.” La rassicurò,
scostandole dolcemente una ciocca dalla fronte.
“Sono così… confusa. Ti cercavo ogni notte, ti immaginavo sempre, sentivo la
tua voce. Sopravvivevo aggrappata al tuo ricordo. E ora…”
L’espressione di lui si fece contrita. “Ti
chiedo perdono.”
“No, non è questo che intendo
dire…”
Edward la fissò, interdetto. Ma lei sorrise,
raggiante.
“Se tu sei reale, non devo più rifugiarmi
nella mia fantasia, giusto?”
“Giusto.” Ne convenne.
“…Non mi servirà sognare finché tu
sarai al mio fianco.”
“Notte e giorno. Ogni secondo.” Le giurò.
“E se… se i Cullen
dovessero lasciare Forks?”
“Verrai con noi, Bella. Dovunque. Ma solo se vorrai. Ogni tuo desiderio, ogni tuo…”
Isabella gli pose un dito sulle labbra di marmo, zittendolo.
“Non voglio desideri. Non voglio più sogni.” Scandì,
sicura. “So che voglio te, te e
nessun altro. Null’altro.” Gli incorniciò il viso perfetto
con le piccole mani. “Il mio
sogno si è già realizzato. E’ qui, in carne ed ossa davanti
a me.
Niente più cammini alla ricerca della
felicità. Niente luoghi fantasiosi. Lasciamo spazio ad altri sognatori.
Tu invece puoi portarmi dove vuoi…” gli sorrise, colma d’amore.
“Portami dove non serve sognare.”
Fine
Disclaimers: I personaggi e la canzone citati in
questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi
diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da
parte mia.
Idem per il titolo ‘Al di là dei sogni’,
ispirato ad un film del 1998 e al suo omonimo
romanzo.
Mi azzardo a dire che nella trama
di quest’opera trovo delle connessioni con la saga di Twilight.
Qui si può leggere il
riassunto del film.
http://it.wikipedia.org/wiki/Al_di_l%C3%A0_dei_sogni
Note: La
citazione che ho scelto “Portami dove non serve
sognare” è la frase cardine della canzone “Il
centro del mondo” di Luciano Ligabue ed è un inno ad
un viaggio virtuale dentro noi stessi, dentro al nostro cuore.
Non a caso, la copertina del CD
è un primo piano del cuore, disegnato nel sistema cardiocircolatorio:
vene e arterie, come se fossero le strade di un grande raccordo anulare.
Riflettendoci su, mi sono accorta che una frase così
si può interpretare in diversi modi, a seconda delle chiavi di lettura,
fino quasi a snaturarla dal suo sottotesto implicito.
“Portami dove non serve sognare” (se letta in
chiave arrogante) può significare ‘portami in un posto in cui la
fragilità del sognare è superflua’.
Oppure: ‘dove non si può sognare, dove non
c’è più illusione’.
Io invece ho dato questa interpretazione (personale e
opinabilissima): “Portami dove non serve sognare” nel senso di
‘portami dove vuoi, perché ho già tutto ciò che ho
sognato e sono contenta. Perciò non mi serve sognare per stare
meglio.’
Ci tengo a
sottolineare che i dialoghi fra loro sono stati da me rifatti, conservandone lo
spirito originale voluto dalla Meyer, non è
una mera copiatura.
Nota di servizio: a
causa dell’ammutinamento del mio pc, in queste
settimane non sono stata molto presente nel fandom e
fra qualche giorno dovrò separarmi nuovamente da esso.
Ma, appena sarà tornato a casa, recupererò tutte
le cosette deliziose che avete postato o posterete.
Ringrazio anche quanti hanno
letto e commentato le mie ultime fatiche:
‘Sinners, Lovers. [In Joy and Sorrow]’ nel fandom di Fullmetal Alchemist e ‘Life’ (il secondo capitolo) di Twilight.
Se vi va, leggete e commentate. Grazie.
E un grazie di cuore alle 141 persone che mi hanno messa tra i loro
autori preferiti. Ne sono onorata. *___*
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elyxyz