CAPITOLO
23.
PRECIPITARE, INSIEME.
-Epilogo-
Pov Sana.
Dopo la nostra discussione non avevo più incrociato Akito
per i corridoi, e di colpo l'università mi sembrava
così vuota. Sapevo che, dopo un paio di giorni, mi sarebbe
sembrata ancora più vuota, perchè la sua laurea
era vicina e con lei anche la fine di tutto. Ero stata io a volerlo
allontanare e, quando avevo visto la sua espressione quel giorno, mi
ero rassegnata ad accettare ciò che era successo. Ero
libera. Ma, come dice una famosa frase, se nessuno ti aspetta, se
nessuno ti da attenzioni, se torni a casa e nessuno ti sorride, come la
chiami: libertà o solitudine?
*
Il giorno della laurea di Akito era vicino, e io non ero certa di cosa
avrei fatto. Beth mi aveva spiegato che, per l'evento, Akito e Tsu
avevano deciso di dare una festa e lei avrebbe voluto che io
partecipassi, ma non ne avevo alcuna intenzione. Temevo che non sarei
mai riuscita a lasciarlo andare. Fondamentalmente ero un'egoista,
perchè lo amavo così tanto da volerlo vicino ma,
allo stesso tempo, lo odiavo così tanto da non voler stare
con lui. Non riuscivo neanche o a capirmi, eppure nella mia testa avevo
tutto chiaro. Il problema, in realtà, non era la mia testa
perchè era facile zittirla, il problema stava poco
più in basso e il mio cuore, al contrario, non era capace di
tacere. Io avrei voluto solo che i miei pensieri fossero spariti, che
tutto si fosse spento perchè stavo per impazzire.
Mentre studiavo, poi, quei pensieri non erano di certo d'aiuto e, allo
stesso modo, non fu d'aiuto Beth che spalancò la porta della
nostra stanza urlando come se avesse appena visto un fantasma.
«Tu... hai... fatto...» aveva il fiatone, i capelli
totalmente scompigliati e il viso aveva preso un colore vicino al rosso
del suo maglione.
«Hei B, rilassati, che succede?». Ripresi a
guardare il mio libro di storia del teatro, avevo un esame da
lì a poco e, anche se ne avevo fin troppe, non potevo
permettermi distrazioni.
«Tu hai fatto... un grandissimo errore!»
urlò infine. Quale altro errore avevo fatto oltre agli
ultimi mille?
«Sentiamo...». Mi girai a guardarla e lei si
buttò sul mio letto, legandosi i capelli in una coda di
cavallo nel frattempo.
«Hayama...»
«No. Non voglio sentire un altro discoro sulla sua festa
d'addio.». Mi voltai di nuovo verso il mio libro e sperai che
Beth capisse l'antifona e accantonasse l'argomento ma, ovviamente, non
sarei stata così fortunata.
«Tu non capisci! Quella ragazza, quella per cui è
successo tutto questo casino... è un'attrice! E' stata
assunta per sedurre Hayama!».
Il mondo mi cadde addosso in un millesimo di secondo.
Tutto.
Avevo perso tutto per un'attricetta da quattro soldi.
Guardai Beth e mi sembrò di stare per svenire.
Cercai di calmarmi, mi ripetevo di inspirare ed espirare,
perchè il mio corpo non reagiva più ai miei
comandi.
«Che cosa vuol dire che è stata
assunta?». Ma soprattutto...
«Chi l'ha assunta?!». Provai ad analizzare ogni
possibilità, ogni ragazza che avrebbe voluto rovinarmi la
vita che avrebbe voluto distruggere Akito, ma nessuno mi sembrava
capace di una cosa del genere. Pensai ad Arimi, la ragazza che Akito
aveva allontanato quando eravamo diventati amici, ma era stata quasi
buttata fuori per una bravata all'interno del dormitorio, non avrebbe
fatto qualcos'altro per cacciarsi nei guai. Non mi veniva in mente
nessun altro.
«Sei sicura di volerlo sapere?». Mi preoccupai
immediatamente, perchè doveva essere qualcosa di molto
vicino a me. Annuii e feci un respiro profondo per prepararmi alla
notizia.
«Naozumi.»
Non avevo parole. Non riuscivo a trovare una frase che racchiudesse il
mio stato d'animo. Non potevo crederci. Come aveva potuto farmi una
cosa del genere?
«Lo devi uccidere, lo sai vero? Lo devi
distruggere.»
Non prestavo attenzione alle parole di Beth, stavo cercando
di collegare ogni frase incompresa durante le riprese del film, ed
improvvisamente fu tutto chiaro.
Aveva organizzato tutto non solo per farmi soffrire ma soprattutto
perchè, senza la mia partecipazione, il film non sarebbe
stato finanziato, quindi avrebbe di certo perso il lavoro. Mi veniva la
nausea a pensare che mi aveva ripetuto mille volte quanto avesse avuto
ragione su Akito e spesso gli avevo anche creduto. Che stupida che ero
stata, ero caduta nella sua trappola senza neanche accorgermene. Quante
volte Akito aveva provato a spiegarmi, quante volte io l'avevo respinto
senza neppure dargli la possibilità di parlare.
«Akito lo sa?».
«Si, era lì quando Ashley lo ha confessato. Sono
mesi che cerco di diventare sua amica per capire cosa l'ha spinta a
fare una cosa del genere e anche perchè volevo vendicarmi al
posto tuo. Solo oggi lei mi ha spiegato, pensava di confidarsi con la
sua più cara amica, quando Akito è sbucato fuori
dalla sua stanza stava per svenire. Lui voleva ucciderla, ma credo
abbia spostato il suo obiettivo su un ragazzo con gli occhi
azzurri.»
Akito lo avrebbe ammazzato davvero, e tutto per colpa mia. Scattai in
piedi e cominciai a correre verso la mia auto, non avrei perso tutto
senza neppure aver provato a rimediare.
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Pov Akito.
«Tsu, hai finito di chiamare gente? E' la festa per la mia
laurea, non il mio funerale.». Erano giorni che Tsuyoshi non
si staccava dal telefono, aveva invitato almeno cento persone alla mia
festa, mentre io ero quasi indeciso sul cancellarla totalmente.
Non avevo voglia di festeggiare, nonostante avessi sudato veramente per
quella laurea; per di più aveva appena scoperto di aver
perso Sana senza un motivo reale e solo per colpa di quel coglione di
Naozumi Kamura. Lo avrei ucciso, avevo anche pensato ad un modo per far
sparire il cadavere. Mi venne quasi da ridere, mi dispiaceva per lui,
non avrebbe dovuto mettersi in mezzo. Mi buttai a letto, con
l'intenzione di rivedere la tesi dopo aver riposato un po', ma un
ciclone vero e proprio piombò nella mia camera nel momento
stesso in cui avevo chiuso gli occhi. Li riaprii immediatamente,
perchè il suo profumo di vaniglia invase la stanza.
Sana era in piedi, proprio davanti alla porta della mia camera. Il
petto le si alzava ed abbassava con un ritmo velocissimo, e la vena del
collo le pulsava in un modo che non avevo mai visto prima.
«Ciao..» sussurrò. Beth le aveva
sicuramente detto cosa avevamo scoperto. Mi guardò come se
fosse stupita e io le feci un cenno per ricambiare il saluto.
«Pensavo di trovare casa tua distrutta.»
«Ho superato quella fase quando mi hai lasciato, non
preoccuparti.». Volevo ferirla, non perchè volessi
vederla soffrire ma semplicemente perchè volevo farla
sentire come mi ero sentito io.
«Beth mi ha raccontato tutto...»
«E ora sei venuta qui a fare cosa?». Lei
sgranò gli occhi, non si aspettava di certo di trovare il
vecchio Akito ad aspettarla.
«Sono venuta qui per scusarmi, tutto qui. Mi dispiace di non
averti creduto, mi dispiace di non essermi fidata di te.».
Cominciai a battere le mani, consapevole che si sarebbe infuriata.
«Un'interpretazione da Oscar, veramente. Mi dispiace, non ho
una statuetta d'oro per premiarti, prova a vedere se Kamura
è più fortunato.»
Non avrei voluto dirle quella frase ma, per un attimo, il filtro
cervello-bocca era andato a farsi fottere. L'avevo pensato e,
immediatamente, l'avevo detto.
«So che perdonarmi sarà difficile, e so anche che
non è colpa tua... ma non è nemmeno
mia.»
«Tu non ti sei fidata! Tu non hai avuto fiducia in me. Hai
lasciato che i tuoi dubbi rovinassero tutto.»
Anche solo guardarla in quel momento mi dava la nausea,
perchè non riuscivo a concepire come avesse potuto lasciarsi
condizionare dal passato, quando le avevo sempre dimostrato quanto le
cose fossero diverse con lei.
«Hai ragione, non mi sono fidata. Ma non posso tornare
indietro e cambiare le cose... posso solo chiederti scusa, e aspettare
che ti passi.»
«Allora credo che dovrai aspettare molto.».
Il suo sguardo si posò prima sulla nostra fotografia sul mio
comodino e, immediatamente dopo, sulle mie mani. Non capivo cosa stava
provando, sicuramente neanche la sua era una posizione facile, ma di
certo non poteva pretendere che io dimenticassi da un momento
all'altro. L'avrei perdonata, l'amavo fin troppo per poter immaginare
una vita senza di lei, ma non riuscivo a farlo in quel momento.
«Aspetterò... non ho alcuna fretta, non
sarà di certo il tempo a spaventarmi.». Mi
sorrise, aprii la porta e, dopo aver salutato Tsuyoshi,
lasciò casa mia.
Quanto era difficile amare qualcuno?!
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Pov Sana.
Non avevo più sentito Akito dal giorno in cui mi ero
presentata a casa sua, avevo saputo da Beth che non aveva intenzione di
uccidere Naozumi, ma io non ero altrettanto magnanima. Avevo chiamato
Rei, chiedendogli di procurarmi anche il peggiore dei giornalisti per
un'intervista, in cui avrei rivelato tutti i casini orditi da Naozumi.
Molti fan l'avrebbero presa come una ripicca per l'essere stata
mollata, ma non mi importava, chi mi amava avrebbe saputo che
ciò che dicevo era la verità.
L'articolo era appena uscito e, stranamente, nulla era stato distorto o
modificato e la storia della rottura tra me e Akito era finita in prima
pagina. Probabilmente si sarebbe innervosito, odiava mettersi al centro
dell'attenzione ma, superata la fase iniziale, avrebbe capito che era
un gesto come un altro per farmi perdonare.
Beth era preoccupata per me, era piena di dubbi, mentre io ero
relativamente tranquilla. Akito mi avrebbe perdonata, ne ero certa, non
sapevo ne quando ne come, ma l'avrebbe fatto. E io avrei aspettato,
avrei aspettato tutto il tempo possibile per lui, perchè era
l'unico per cui ne valesse la pena.
Mancavano tre ore alla festa di laurea e Beth continuava ad insistere
perchè io andassi con loro. Ma come potevo? Presentarmi
lì, a quale titolo? Io e Akito avevamo spesso persino di
essere amici, non avevo alcun diritto di festeggiare con lui. E poi,
cosa avrei dovuto festeggiare? Avrebbe abbandonato l'unico luogo che
ancora ci teneva legati, che mi permetteva di averlo ancora vicino. Non
riuscivo a sopportare l'idea di perderlo e guardare Beth andare alla
festa sarebbe stata una tortura, quindi presi le chiavi della macchina
e decisi di andare a fare un giro. Guidare mi avrebbe calmato e speravo
che mi avrebbe anche schiarito le idee, altrimenti la serata si
preannunciava disastrosa.
*
«Una birra, per favore.». Il barista continuava a
chiedermi cosa ci facesse una ragazza come me in un locale come quello,
di venerdì sera.
Non avevo voglia di parlare, ne di ricevere alcun consiglio dallo
sconosciuto di turno, ma quel ragazzo continuava ad insistere.
«Allora» cominciò allungandomi la birra.
«Di quale esemplare maschile stiamo parlando?».
Sorrisi. Perchè era così chiaro che si trattasse
di un uomo?
«Nessun esemplare maschile, cosa te lo fa pensare?».
Presi il bicchierino, ma lui posò la mano sul mio polso e mi
bloccò per un secondo.
«Sono un maschio, capisco quando una ragazza ha problemi con
uno stronzo.».
Quella discussione mi sembrava surreale, come se stessi intepretando un
personaggio di un film che si ubriaca perchè il suo ragazzo
l'ha lasciata, anche se di solito quella parte veniva lasciata agli
uomini. Ubriacarsi per un ragazzo non era di certo la cosa
più femminile del mondo.
«Avanti... non c'è bisogno di negare, so
già che parlerai.».
Guardai il suo cartellino, si chiamava Toshio e la sua foto di
riconoscimento rivelava il suo cambio di look. Nella foto aveva dei
semplicissimi capelli neri, mentre davanti a me c'era un ragazzo con la
cresta verde e con un enorme tatuaggio sul braccio.
«Toshio... allora... ho combinato un disastro.».
Alzai la testa e lasciai che un sorso di birra mi scivolasse lungo la
gola.
«Ho lasciato che il mio ex ragazzo pazzo si intromettesse
nella storia col mio ragazzo, facendomi credere che lui mi avesse
tradito.»
«E ti ha tradito davvero?»
«Ovviamente no. Ma io ci ho creduto, e l'ho lasciato, e pochi
giorni fa ho avuto la prova che era stato tutto un malinteso e sono
tornata da lui...»
«E lui, ovviamente, non ti ha perdonata...».
«Esatto... stasera c'è la sua festa di laurea e io
sono qui, a parlare con un barista sconosciuto.»
Buttai giù un altro sorso e cominciai a riflettere
sul fatto che la sensazione che ti invade la gola quando bevi, che sia
birra o un superalcolico, fosse come il sentimento che provi quando
perdi qualcuno. Inizialmente il dolore è pungente, ti sembra
di non poterlo controllare ma dopo comincia ad affievolirsi, fino a
diventare quasi indifferenza. Non era il mio caso, pensai. Se avessi
veramente perso Akito per sempre, l'indifferenza non avrebbe mai fatto
parte di me, avrei dovuto combattere ogni giorno con un perenne groppo
in gola, che non mi avrebbe lasciato scampo.
«Posso darti un consiglio?». Toshio prese a pulire
i bicchieri che gli ultimi clienti gli avevano lasciato sul bancone.
«Vai alla festa. Se davvero ti ama come dici e se davvero tu
lo ami come dici, non ci metterà molto a perdonarti sul
serio.»
Mi sorrise e mi incitò ad alzarmi. «E tu sei un
esperto dei meccanismi del perdono, vero?».
«Puoi scommetterci, Sana Kurata.». Lo guardai
incredula, era la prima persona che mi riconosceva e che non mi
chiedeva un autografo, che mi stava ad ascoltare senza mettere
l'attrice prima della ragazza.
«Certo che so chi sei, se è questo che ti stai
chiedendo. So tutto anche della tua storia con Akito
Hayama.».
«E pensi che mi perdonerà?»
«Penso che siete la coppia più strana che abbia
mai visto. Che posso dire? Sono un appassionato di gossip!».
Scoppiai a ridere e mi alzai di colpo dallo sgabello del bar, prendendo
alla lettera il consiglio del barista.
In un modo o nell'altro, Akito mi avrebbe ascoltato. Oppure lo avrei
perseguitato per il resto della sua vita.
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Pov Akito.
La festa per la mia laurea non era di certo come me l'ero
immaginata mesi prima, quando Sana era entrata prepotentemente nella
mia vita, costringendomi a cambiare ogni opinione che avevo sulle cose.
Il locale che Tsuyoshi aveva affittato per la festa era strapieno, e
quasi tutti quelli che mi incrociavano mi facevano mille complimenti e
terminavano la frase con qualche allusione al fatto che Sana non fosse
presente. Si, lo sapevo anch'io. Ero perfettamente consapevole di
essere solo alla mia festa, e il fatto che tutti me lo facessero notare
non aiutava per niente.
Mi avvicinai al bancone, ordinai qualcosa da bere, mentre Tsuyoshi e
Beth cercavano di tenere a bada i ragazzi delle confraternite che non
facevano altro che combinare casini.
Tanto per farmi sprofondare ancora di più nella
disperazione, il dj decise che fosse ora che le coppie avessero il loro
momento di gloria, quindi mise un lento e, non appena tutti
cominciarono ad abbracciarsi, il senso di nausea mi pervase
completamente.
Dissi al barista di passarmi una bottiglia di Jimmy Bean e mi diressi
verso l'uscita, sperando che nessuno notasse la mia assenza. Alla mia
festa. Come potevo anche solo pensare di mancare per cinque minuti
senza che il comitato anti depressione, con unici membri Beth e
Tsuyoshi, non venissero a cercarmi?
Andai fuori, mi accesi una sigaretta, ma non la fumai, mi piaceva solo
guardarla mentre si consumava.
Mi sembrava di vedere la mia vita in quella sigaretta, che lentamente
si era consumata a causa di una bugia. Rientrai, cercando di nascondere
i miei pensieri bui e mi misi a parlare con alcuni giocatori della
squadra di calcio dell'università.
Mentre discutevamo su una delle ultime partite del campionato la voce
di Sana risuonò in tutta la stanza.
Il mio cuore perse un battito, mi voltai e la vidi sul palco che
cercava di prendere in mano il microfono.
La musica si fermò e cominciarono le lamentele delle
coppiette che stavano perdendo il loro momento romantico. Tutti
continuavano a darmi pacche sulle spalle e a sorridermi, convinti che
Sana stesse per fare chissà quale discorso epico che avrebbe
risolto le cose tra di noi. Io non ne ero certo, non riuscivo neanche a
pensare in quel momento.
«Scusate... scusate ragazzi. Mi dispiace interrompere il
vostro ballo, ma ho bisogno della vostra attenzione per qualche
minuto.»
Tremava come una foglia, si sosteneva grazie all'asta del microfono, mi
venne quasi da ridere vedendo che un'attrice di fama mondiale non
riusciva a stare su un palco, davanti a tutti, senza imbarazzarsi. Mi
venne d'istinto avvicinarmi al palco, nel caso avesse avuto bisogno di
me, ma dopo averci riflettuto mi bloccai a metà strada,
aspettando che dicesse qualcosa.
Si avvicinò al dj, gli disse qualcosa all'orecchio e poi
riprese il microfono.
«Akito...».
Quando disse il mio nome mi mancò il fiato. Nessuno
all'università mi chiamava in quel modo e il fatto che lo
facesse lei, davanti a tutti, mi fece sentire strano.
"Non c'è niente che io possa dire... però ecco
qui, questa è per te."
La musica iniziò e le gambe cominciarono a tremarmi. Nessuno
aveva mai cantato per me. Nessuno aveva mai fatto nulla per me, prima
di lei.
Rimasi fermo ad ascoltarla, a sentire quelle parole che mi entravano
nelle vene, e mi sentii morire capendo che l'unica cosa che avrei
potuto fare fosse perdonarla.
I used to cry myself to sleep at
night
But that was all before he came.
I thought love had to hurt to
turn out right
But now he's here, it's not the
same, it's not the same.
Mi
addormentavo sempre piangendo la notte,
ma
questo era prima che arrivasse lui.
Pensavo
che per esser giusto, l'Amore dovesse far soffrire
ma
ora lui è qui, e non è più lo stesso,
no, non è lo stesso...
He
fills me up, he gives me love
More
love than I've ever seen
He's
all I've got, he's all I've got in this world
But
he's all the man that I need!
Lui
mi riempie, lui mi da Amore,
Mi
da più Amore di quello che io abbia mai visto.
Lui
è tutto ciò che ho, è tutto quello che
ho avuto in questo mondo,
Ma
lui è proprio l'uomo di cui io ho bisogno...
Ero ipnotizzato dalle sue parole, non riuscivo a credere che stesse
facendo tutto quello, che si fosse esposta così, per me.
Quel gesto mi ricordò la canzone che le avevo cantato io la
sera del karaoke e capii che la sua scelta non era stata casuale.
Si stava scusando, di non aver capito prima.
Quando finì di cantare si avviò verso le scale
per scendere dal palco, ma io non mi mossi. Tutti attorno a me mi
fissavano in attesa di una mia mossa, ma io non riuscivo a far nulla.
Nella mia testa la confusione regnava sovrana, come potevo fidarmi di
lei, quando lei aveva pensato che io avrei potuto non amarla?
Non avevo scelta, dovevo prendere una decisione, quindi vagliai tutte
le possibilità. Avrei potuto lasciarla andare, decidere di
andare avanti nella mia vita, senza di lei.
Ma, d'altra parte, avrei potuto rischiare, mettermi in gioco e
scegliere di essere felice.
Tra tutti i dubbi che avevo in testa, l'unica cosa certa che avevo e
che rischiarava ogni indecisione era il mio amore per lei.
Le mie gambe cominciarono a muoversi da sole, finchè non mi
ritrovai davanti al palco e la vidi. Le corsi incontro e la presi tra
le braccia. Quando toccai la sua guancia, notai che stava piangendo,
quindi le asciugai le lacrime e la baciai.
Sembrò che tutto si fosse fermato. La festa, la musica, in
quel momento tutto sparì e c'eravamo solo io e lei.
«Tutto è iniziato esattamente così, con
un ballo del genere e con mille persone che ci fissavano... pensi che
sia un segno del destino?».
«Penso che tu sia la persona più pazza che io
abbia mai conosciuto, Sana. Andiamo a casa». Le sorrisi e
poi, vedendo che non riusciva a stare in piedi senza un appoggio, le
misi le mani sotto le ginocchia e la presi in braccio.
«Casa mia o casa tua?». Dissi la prima
cosa che mi venne in mente.
«Casa nostra.».
Se mi avessero detto che sarei finito con l'innamorarmi di un'attrice
di Hollywood e che lei mi avrebbe amato a sua volta, probabilmente
avrei preso per pazzo chiunque lo avesse fatto.
Sana era entrata nella mia vita come un ciclone, aveva scombussolato
tutto e aveva reso le cose migliori.
Molti mi avevano detto che a volare troppo in alto si rischia di farsi
male cadendo... probabilmente era vero. Ma quello che avevo visto
lassù, valeva il rischio di soffrire, di mettersi in gioco,
valeva ogni dolore ricevuto quando, per un momento, ero precipitato a
terra.
Quando arrivammo a casa mia, riflettei sul fatto che le cose erano
andate un po' troppo velocemente, non avevamo parlato, non avevamo
chiarito assolutamente nulla. Non avrei potuto non abbracciarla, non
stringerla, dopo ciò che aveva fatto. Sapevo quanto le
costasse, sapevo quanto aveva sofferto in passato perchè la
sua vita era stata continuamente messa ai quattro venti. Stavolta aveva
fatto lei qualcosa per mostrarsi, non si era nascosta più
dietro ad uno dei suoi personaggi. Aveva smesso di essere un'attrice ed
era stata Sana Kurata, la donna.
La stessa donna che mi aveva fatto innamorare, che non avrei cambiato
per nessuna, con le sue paure e insicurezze, con la sua infinita mania
del controllo, con il suo essere assillante e petulante. Io l'amavo,
anche se mi aveva fatto soffrire, anzi forse l'amavo soprattutto
perchè mi aveva fatto soffrire. Mi aveva fatto capire che
anche io potevo tenere a qualcuno tanto da star male, tanto da sentirmi
morire se lei non c'è. Mi aveva insegnato ad amare.
Lei continuava a fissarmi dal divano, mentre io mi nascondevo in
cucina, cercando di evitare l'argomento. Avevo paura di un confronto,
temevo che le parole avrebbero potuto rovinare tutto, come avevano
sempre fatto. Sana, però, non era dello stesso parere.
«Mi hai chiesto perchè ho creduto a quella storia,
no?»
Io alzai lo sguardo e incrociai i suoi occhi, annuii e lei si
alzò, avvicinandosi a me.
«Io ti amo... non lo vedi? Non lo capisci? Tu pensi che io
abbia creduto a quella storia perchè non mi fidavo di te. Ti
sbagli.»
Una lacrima le rigò il viso e io allungai la mano per
asciugargliela. Odiavo vederla piangere, detestavo anche solo il
pensiero che potesse soffrire per qualcosa. Lei prese la mia mano tra
le sue e la trattenne sulla sua guancia, come se l'avessi accarezzata.
«Io ci ho creduto perchè non ha alcun senso che tu
sia innamorato di me. Io sono una ragazza maldestra, distratta, troppo
loquace, una ragazza che non ha nulla di perfetto... tu, invece, sei la
persona migliore che io abbia mai conosciuto. Io ci ho creduto
perchè era più semplice pensare che tu volessi
lasciarmi, che io non fossi adatta a te, piuttosto che rendermi conto
del tuo amore per me.
Non posso obbligarti a credermi... posso solo dirti ciò che
provo, e io non ti lascerò mai andare. Tu sei l'amore della
mia vita. Non perderò la mia unica occasione di
felicità.»
Le sue parole mi lasciarono interdetto.
Io, perfetto?
Non lo ero affatto. E forse, proprio perchè non lo ero,
potevo capire come si sentisse.
Era stata semplicemente insicura. Insicura di se stessa, non di me.
«Io non sono perfetto, neanche un po'. Non perderai la tua
unica occasione di felicità, Sana, perchè io non
ho intenzione di perdere la mia..»
La avvicinai a me e la baciai, e quel bacio mi sembrò quello
più intenso che avessi mai dato.
Prima di incontrare Sana perdevo tempo a chiedermi cosa fosse l'amore,
cosa fosse la felicità. Li avevo conosciuti solamente
quando, quella sera al bar, avevo incrociato i suoi occhi.
Mi voltai a guardarla, lei mi sorrise.
Non avevo bisogno di nient'altro.
Questa
storia nasce su un aereo, il 4 febbraio di un anno fa. Mi trovavo su un
volo che mi avrebbe portato a Bruxelles e, mentre scrivevo pensieri
sconnessi sul mio cellulare, questa storia mi ha colpito. Ho iniziato
tutto così, per caso, per un momento di noia che non avrei
mai pensato mi avrebbe portato a questo. 23 capitoli. 23 capitoli di
vita, soprattutto mia, che non pensavo di poter tirare fuori. Questa
storia mi ha accompagnato per un anno e cinque giorni, è
stata un po' accantonata a causa dei miei esami di maturità,
ma l'ho sempre tenuta nel mio cuore. Holiday è il mio primo
amore, quello che non si scorda mai(come lo Stelena), ma cavolo....
questa storia è un po' come il Delena (chi è
appassionato di The vampire diaries capirà le allusione), un
amore che non ti aspetti ma che ti colpisce.
Avrei
mille persone da ringraziare, mille parole da usare, mille momenti in
cui ho scritto che vorrei raccontarvi, ma vi annoierei a morte, quindi
mi limito a ringraziarvi tutti. Nessuno escluso, ringrazio tutti quelli
che hanno recensito la mia storia, sopportando il fatto che non
avrebbero ricevuto una risposta a causa dei miei miliardi di impegni e
il mio pochissimo tempo. Mi dispiace, vi chiedo scusa,
risponderò a tutti coloro che vorranno commentare questo
finale che spero vi sia piaciuto.
C'è,
però, una persona che devo ringraziare. Questa persona
è stata così gentile da esserci sempre quando ne
ho avuto bisogno, quando il blocco che mi è preso
così tante volte si presentava puntuale alla mia porta.
Questa persona è la mia Beta, che sul sito si chiama
Dalmata. Bè... di lei so molto poco, ma credo di sapere le
cose più basilari. E' sempre stata disponibile, sempre
pronta ad aiutarmi, a consigliarmi, anche su qualcosa che non
riguardava esattamente la storia, è stata la persona che mi
ha aiutato a comprendere quale facoltà avrei dovuto
scegliere e a darmi il coraggio di decidere che si, a settembre
andrò lì senza alcun rimorso o rimpianto.
Quindi
grazie, mia carissima Beta, sei stata preziosa, per tutto!
Bene....
credo che i ringraziamenti siano terminati qui. Ringrazio tutti voi,
tutti... e vi dico già da adesso di non sedervi sugli
allori, credendo che mancherò per molto in questo sito o in
questa sezione. Miei cari ragazzi... ho già qualcosa nel
cassetto, quindi è solamente un Arrivederci.
Un
bacio enorme,
Akura.
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