UNA
STREGA IN FAMIGLIA
Prologo
Era
in ritardo,
dannazione!
Per l'ennesima volta in ritardo. Si costrinse a restare calma, mentre
percorreva a fatica le banchine di King's Cross,
ignorando gli
sguardi incuriositi delle persone intorno a se. Del resto, poteva
comprendere il loro stupore. Non capita spesso di veder passare una
ragazza che si trascina dietro un enorme baule fuori foggia. Insieme
a una civetta in gabbia, per giunta. Riusciva a stento a indirizzare
correttamente il carrello, per via del peso del bagaglio. Aveva paura
che le sfuggisse di mano e andasse a sbattere contro qualcuno. Non
era davvero il caso che il baule si rovesciasse e rivelasse il suo
contenuto. Un manico di scopa e una bacchetta erano qualcosa di
difficile da spiegare a un controllore Babbano. Continuava a guardare
l'orologio, a rischio di sbandare, perché mancavano solo
dieci
minuti alla partenza del treno. Inutile provarci, la
puntualità non
sarebbe mai stata il suo forte. Era in ritardo anche la prima volta
che aveva preso l'espresso per Hogwarts, sei anni prima.
“Penny,
scendi a fare colazione!” gridò
sua madre dal piano di sotto.
“Altri
cinque minuti”
rispose la bambina. “Voglio
solo dormire un altro pochino”.
Cinque minuti dopo vide sua madre Anne
fare capolino dalla porta. In mano aveva un vassoio.
“Colazione
a letto!”, disse porgendole una tazza di latte caldo e dei
biscotti. Penny
sorrise.
“Hai
una faccia strana, mamma”. La ragazzina aggrottò
un la
fronte, senza capire. Anne rise.
“E'
il tuo compleanno!” esclamò.
“Mia figlia è davvero una ragazzina
smemorata”. Ad essere
onesti, Anne non mentiva. Penny aveva
sempre la testa fra le nuvole, o comunque non l'aveva mai dove
avrebbe dovuto essere. Aveva
dimenticato che era il 3 agosto.
“Il
mio compleanno?” esclamò stupefatta.
“Undici
anni fa ho dovuto faticare parecchio per tirarti fuori” disse
ridendo.
“Quindi
sono certa che sia oggi”.
Penny
fece colazione e si vestì in fretta. I suoi genitori avevano
promesso di portarla in giro per Londra a fare acquisti per il nuovo
anno scolastico. Aveva undici anni ora, e a settembre avrebbe
iniziato la scuola. Scese da basso e vide suo padre che lavava le
tazze sporche della colazione. Si asciugò le mani e corse a
prenderla in braccio.
“Buon
compleanno coniglietta!”esclamò scoccandole un
bacio sulla
guancia. “Non
posso credere che tu abbia già undici anni”
disse.
“Sto
diventando vecchio”.
Suo padre Jack
aveva
appena compiuto trentasei
anni.
Anne
aveva un anno in più. Erano giovani, entrambi. Secondo
Penny, suo
padre era l'uomo più bello del mondo.
Aveva profondi
occhi verdi, che lei aveva ereditato, e capelli biondo cenere. Anne
invece aveva occhi nocciola e capelli
neri
e
lunghi,
come
quelli di Penny. Suo padre la mise giù.
“Prima
di uscire devi scartare i regali” le ricordò.
Giusto, i regali! La
parte migliore dei compleanni, secondo
Penny. Non
vedeva cosa ci fosse da festeggiare. Perlomeno,
fino a quel giorno.
“Jack”
gridò
Anne dal corridoio.
“Ti
ho detto che prima di pranzo passerà mio padre?”
“No”
rispose il marito. Penny
si consolò: non era l'unica smemorata in casa.
“Viene
il nonno?” chiese,
allegra.
Adorava quel vecchio
stravagante.
Purtroppo non aveva mai conosciuto la nonna; era morta quando aveva
appena tre anni. Suo padre era rimasto orfano presto, quindi anche
gli altri nonni non aveva avuto la fortuna di conoscerli. L'unico
parente che
avesse,
all'infuori di Anne e Jack, era nonno Arnold. Portava
capi d'abbigliamento particolari,
era
eccentrico nei modi e diceva
sempre quello che pensava. Anne
pensava che fosse del tutto incapace di mantenere i segreti. Non
aveva idea di quanto si sbagliasse. Verso
le dieci il campanello suonò e la bambina corse ad aprire la
porta.
“Nonno!”
esclamò saltando in braccio ad un signore molto anziano, ma comunque
arzillo. Aveva una capigliatura canuta, ma ancora folta. Nel
suo aspetto c'era qualcosa di curioso: i
capelli gli arrivavano molto
oltre
le spalle e spesso li teneva raccolti in una coda,
come anche quel giorno. Indossava una casacca rosso rubino con degli
strani simboli, e pantaloni larghi, color prugna.
“Papà,
come ti sei conciato?” lo apostrofò Anne.
“Sembra
che tu abbia aperto l'armadio e scelto i vestiti a occhi
chiusi”.
Non riusciva ad abituarsi al modo di vestire di suo padre. Troppo
eccentrico,
per i suoi gusti.
“Non
ti piace?” si limitò a chiedere Arnold. Anne
sospirò, rassegnata.
“A
me piace!” rispose Penny. Il nonno si sciolse in un sorriso.
“Non
avevo dubbi, sei l'unica che mi capisce” le rispose dandole
un
pizzicotto sul naso. Mentre si svolgeva quella scenetta famigliare,
suo padre decise di andare a prendere la posta, che quel giorno non
aveva ancora controllato. C'erano
parecchie lettere, la maggioranza delle quali scartoffie.
Iniziò ad
elencare ad alta voce tutto quello che il postino aveva recapitato.
“Un'altra
lettera della mia prozia australiana” disse
annoiato.
“Ancora
viva, a
quanto pare”.
Al
rimprovero di sua moglie seguì la risata di Penny.
“Che
c'è? Ha
novantanove anni ed è più in forma di
me” si giustificò lui. Poi
continuò l'elenco con voce cantilenante. “Un
estratto conto della banca, bolletta della luce, quella dell'acqua
e...”
Si
interruppe.
Sua moglie si avvicinò ed esaminò la busta che
Jack continuava a rigirare tra le dita.
“Che
cos'è?” chiese Penny.
“Una
lettera per te” disse Anne. “Hai
idea di chi te l'abbia
spedita?”
Non le era mai capitato di ricevere qualcosa indirizzato a lei.
Riuscì,
dopo
qualche resistenza,
a strappare la busta dalle mani di suo
padre.
Tornò a sedersi sul divano, accanto al nonno. In effetti era
una
busta strana: carta
spessa, inchiostro verde, nessun
francobollo. Guardò il nonno negli occhi, e con sua sorpresa
si
accorse che la cosa lo lasciava indifferente. Non era curioso.
Interessato, ma era
come
se sapesse cosa aspettarsi. Più che altro guardava le
reazioni di
Penny. La
bambina sentiva
che quella lettera avrebbe significato qualcosa. Sulla busta erano
scritti il suo nome, il suo indirizzo e perfino Cameretta
al piano di sopra.
Ma come faceva, chi
l'aveva spedita,
a sapere
dove dormiva?
Voltò la busta e notò un sigillo particolare che
la chiudeva. Era
uno stemma con quattro simboli: un
serpente,
un tasso, un corvo e un leone. “Che
strano...” mormorò aprendo la busta. Quando lesse
il contenuto
della lettera sbiancò
e poi sorrise, raggiante.
Porse
la lettera al nonno, che non la lesse neppure. Rimase
impassibile a contemplare l'espressione esterrefatta della nipote.
“Oh
cavolo!”
Sembrava
essere tutto ciò
che Penny era in grado di dire in quel frangente.
Suo
padre le prese la lettera dalle mani e la lesse, in preda allo
stupore.
“Chi è che si permette di fare scherzi
così stupidi a una
bambina?”
chiese.
Era una domanda a cui non si aspettava di ricevere risposta,
ovviamente. Appena si accorse dell'espressione irritata che sfoggiava
sua moglie – l'unica a non conoscere ancora il contenuto
della
busta – si affrettò a darle la lettera. Anne la
lesse ad alta
voce.
Scuola
di magia e stregoneria di Hogwarts
Direttore:
Minerva McGranitt.
Cara
Miss Shane, siamo lieti di informarla che Lei ha diritto a
frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso
troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle
attrezzature
necessarie. I corsi avranno inizio il 1o settembre. Restiamo in
attesa della Sua risposta via Gufo entro e non oltre il 31 luglio
p.v. Con ossequi,
Minerva
Mcgranitt
“E'
uno scherzo infantile” commentò restituendo la
lettera alla
figlia. “Vorrei tanto sapere chi la manda”. Penny
rimase delusa. I suoi genitori sembravano convinti fosse uno scherzo,
ma lei sperava tanto non lo fosse. Tutto avrebbe avuto senso. Era
sempre a disagio con gli altri, aveva sempre la testa tra le nuvole,
a immaginare un mondo magico che aspettava solo che lei lo scoprisse.
Inoltre, c'erano quei piccoli… incidenti. Le capitavano di
rado, ma
non poteva negare che fossero strani avvenimenti. L'unico a cui ne
aveva parlato era nonno Arnold, l'unico che potesse capirla. Il suo
confidente.
Gli aveva rivelato che una volta un'enorme
verruca era spuntata sulla fronte di un ragazzino che la
perseguitava, dopo che lei aveva espresso quel desiderio.
Non
l'aveva neppure detto ad alta voce, ma era successo. Un'altra
volta l'insegnante aveva maltrattato un bambino più piccolo
di
fronte a tutta la scuola. Aveva desiderato di vederla scivolare in
maniera ridicola e all'improvviso una buccia di banana era spuntata
per terra e lei ci era inciampata sopra. In
principio si era aspettata che il nonno le
desse della bugiarda o
la credesse troppo fantasiosa.
Invece il
nonno
rideva, le dava un buffetto sulla testa e ripeteva
che a suo tempo aveva fatto “di peggio”. Ovviamente
non si era
mai sognata di dire nulla ai suoi genitori.
A quel punto prese coraggio e parlò. “Io
non penso sia uno scherzo”. Lo
sguardo dei suoi era a dir poco esterrefatto.
“Ma
Penelope, non puoi davvero pensare di essere...”
“Una
strega” concluse il nonno, alzandosi dal divano.
“Papà,
ma capisci che non può...”
“E
perché? Perché non dovrebbe esserlo, Anne? Sei
sempre così
categorica, pensi di sapere ogni cosa, figliola”. Non c'era
traccia
di rimprovero nelle sue parole, solo desiderio di essere compreso.
“Nonno,
mi credi? Credi alla lettera?” chiese Penny.
“Sicuro!”
affermò risoluto.
“Arnold
ti prego, non incoraggiare queste fantasie, ne ha già
abbastanza per
conto suo.
E, scusa se lo dico, in parte è anche colpa tua” disse
Jack senza trattenersi.
“Non
incoraggio
fantasie, dico
le
cose come stanno. Per
come la vedo io, sono l'unico che sta parlando con un po' di
buonsenso. Ti
faccio una domanda, anche se so già la risposta”
disse. Penny
restò in attesa.
“Fai
mai capitare qualcosa? Qualcosa che non ti spieghi, intendo”.
“Nonno,
te
l'ho detto”
rispose.
“Non voglio dirlo davanti a loro” disse,
occhieggiando verso i
genitori. Era decisamente infastidita dalla loro presa di posizione.
“Detto
cosa?”, chiesero Anne e Jack, all'unisono.
“Devi
ripeterlo per loro” disse indicandoli con fare superiore,
come se
stesse parlando di due idioti. Non
che lo fossero realmente. Erano solo… Babbani. Penny stava
ancora
cercando le parole giuste per raccontare loro gli episodi a cui si
riferiva il nonno.
“Incidenti”
rispose. Raccontò tutte le volte in cui, negli anni, aveva
ardentemente desiderato qualcosa che si era avverato.
“Casualità”
disse Anne, poco
convinta dalle sue stesse parole. Era evidentemente turbata da quelle
rivelazioni e dalla tranquillità di suo padre, soprattutto.
“No
mia cara, la bambina ha talento. Sei
tu ad avere pregiudizi Babbani. Tua madre non era così, per
fortuna”
concluse.
Sorrise. Lo faceva sempre quando parlava della moglie. Penny sapeva
che era stato un grande amore, e riusciva a vederlo nello sguardo di
Arnold, quando nominava la nonna.
“Papà
temo che tu non sia in te oggi” concluse Anne, confusa.
“La
magia non esiste”, disse Jack.
“Buffo
che lui
dica esattamente quello
che disse mio padre, quando mi venne recapitata la lettera” rispose
Arnold divertito.
Aveva
sussurrato quelle parole all'orecchio della nipote, senza permettere
agli altri di udirle. Penny
rimase paralizzata dalla sorpresa. Suo nonno… era un mago!
“Prego?”
disse Anne, che
non era riuscita a sentire cosa il padre avesse detto.
“Nulla
di rilevante, ogni cosa a suo tempo. Parleremo anche di questo. Sono
più di trent'anni che te ne devo parlare”. Sembrò
rabbuiarsi per un attimo, ma poi tornò sereno. Perlomeno,
all'apparenza. Stava cercando di aiutare sua nipote.
“Ma
insomma che sta succedendo?!” Suo
padre aveva alzato la voce: cattivo segnale, pensò Penny.
“Mi
sembra chiaro, tua figlia è una strega” disse
rivolto al genero.
“Ma
non è possibile, non abbiamo nemmeno precedenti in famiglia.
Li ho
persi presto, ma so per certo che i miei non erano stregoni”.
“Infatti,
che esempi abbiamo in famiglia?” disse Anne, sicura. Ma il
sorrisetto che sfoggiò le morì sulle labbra
quando vide quello del
padre. Un sorriso a trentadue denti, che stava indirizzando a Penny.
“Non
ci posso credere!”, disse Anne. “Tu
saresti, tu sei un...”
“Si.
Quando avevo undici anni la reazione di mio padre Babbano
fu la stessa che hai avuto tu” disse.
“Visto
che non sospettava minimamente che mia madre, tua nonna, fosse una
strega. La faccenda fu scioccante per lui” disse ridendo al
ricordo. Poi iniziò il racconto senza curarsi delle
espressioni
basite dei genitori di Penny.
La bambina, dal canto suo, era più affascinata che basita.
Voleva
sapere tutto di quel mondo magico di cui il nonno non aveva mai
parlato. Un mondo del quale un giorno avrebbe fatto parte anche lei.
“Ricevetti
la mia lettera il giorno del mio undicesimo
compleanno
e frequentai Hogwarts per i sette anni previsti dalla legge magica,
sotto il grande
preside Dippet. Bei tempi! Quanto mi sono divertito a scuola. Ma
torniamo a noi... quando la lettera arrivò tua nonna mi
portò a
comprare ciò che serviva per la scuola e io rimasi
elettrizzato dal
mondo magico. Ti
piacerà, Penny” disse, strizzandole l'occhio.
“Adoravo farne parte, ne faccio parte tutt'oggi. La
maggioranza dei
miei amici sono maghi e streghe che frequentavano la mia scuola.
Anche la tua madrina, mia cara”, disse lasciando la figlia di
stucco.
“Papà,
dimmi che è uno scherzo...” biascicò
lasciandosi cadere su una
sedia, lo sguardo perso nel vuoto.
“Niente
affatto, figliola. Io e la tua amata madre decidemmo che sarebbe
stato meglio non parlartene. Te lo avrei detto solo e soltanto se
fosse arrivata la lettera da Hogwarts, ma
non
accadde ed entrambi ritenemmo più saggio lasciarti
nell'ignoranza,
per
così dire” spiegò.
“La
mamma?” chiese sorpresa. “La mamma era una
strega?” Non
sembrava affatto pronta ad assorbire tutte quelle informazioni, che
Penny bramava con tutta se stessa.
“Oh
no! Era Babbana.
Per
amor suo
sono
sempre vissuto in questo quartiere babbano, porto vestiti babbani e
ho avuto un'esistenza apparentemente babbana, ma
tua madre l'ha sempre saputo. Conosceva
la mia natura da prima che ci sposassimo. Non
nego che inizialmente ne fu sorpresa,
ma la prese meglio di quanto mi aspettassi. Non solo mi
sposò, ma
era ben lieta di vedermi usare la magia in casa e di accompagnarmi
spesso nei quartieri magici, a casa di amici o in altre occasioni.
Era consapevole del fatto che nostro figlio avrebbe potuto ereditare
i miei poteri, ma così non fu. Per questo non hai mai saputo
nulla e
per questo ho continuato a vivere come un babbano. Non volevo ti
sentissi in difetto. Non mi è costato poi tanto, ero
cresciuto
normalmente, avendo un padre Babbano”.
Dopo
tutta quella spiegazione Anne non riuscì a dire nulla se
non: “In
difetto?” E
Arnold
la guardò con aria stanca,
per la prima volta. Tentò
di spiegarle il proprio punto di vista. “Anne,
proverò a farti comprendere. Tu avresti potuto essere una
non-strega.
Vivere
in un posto pieno di magia senza poterla esercitare non è
bello.
Saresti stata considerata una Magonò
e chissà quanti traumi ti avrebbero procurato le prese in
giro dei
coetanei”.
“Mago-che?”,
domandò Jack con espressione confusa. Era
decisamente sopraffatto, pensò Penny.
“Un
Magonò
è qualcuno che, pur essendo figlio di un mago o di
una
strega, non ha ereditato alcun potere magico. Spesso queste persone
tendono a sentirsi frustrate, e io non volevo che accadesse a mia
figlia” spiegò. “Non hai nulla da
invidiare a nessuno” disse,
stavolta
rivolgendosi alla figlia. Anne
sembrò colpita dal
gesto del padre e gli
rivolse un sorriso.
“Naturalmente
ora entrambi ci sarete dentro con tutte le scarpe” riprese Arnold,
con più leggerezza.
“A
quanto
pare la magia ha saltato una generazione. Ne ero quasi sicuro che
sarebbe toccato a lei, me lo sentivo fin dalla sua nascita”
disse
strizzando l'occhio a
Penny. Lei non stava più nella pelle. Suo nonno era un mago.
Era
arrivata una lettera. Era una strega. Fin troppe cose per essere
apprese nell'arco di venti minuti. Intanto il nonno spiegava cosa
avrebbero dovuto fare, dove andare a comprare il materiale per la
scuola, parlava di bacchette e calderoni in peltro. Ma lei non lo
stava più ascoltando. Sarebbe andata alla Scuola
di Magia
e Stregoneria
di Hogwarts, e
tanto
le bastava per scoppiare di gioia. I suoi genitori sembravano
più
tranquilli man
mano che il nonno parlava, anche se Penny era sicura che stesse
omettendo molte informazioni, a beneficio del loro equilibrio
psicologico.
Passato lo stordimento iniziale la abbracciarono e la rassicurarono:
avrebbe avuto tutto il loro sostegno, poiché non l'avevano
mai vista
più felice. “Congratulazioni” disse il
nonno a suo padre,
“abbiamo una strega in famiglia”.
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