Soundless

di Liz
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Soundless destiny’s fault

 

I see your lips are on fire
And life is wine
Now the windows are open the moon is so bright
There's no one can tell us what love brings, you and I

[No I in threesome – Interpol]

 

L’uomo è nato per cercare la felicità, ma non sempre questa è a portata di mano : se ogni cosa a questo mondo fosse facile non ci sarebbe gusto a vivere, no?

Basti pensare alla gioia che prova un bambino nel riuscire a prendere un biscotto che la madre aveva nascosto nella dispensa in alto, sopra i fornelli; di certo quel sorriso non è rivolto al biscotto, ma a sé stesso che è riuscito ad arrivare fin lì.

Ma spesso le cose non vanno come si vorrebbe, anzi; le si sente scivolare silenziose tra le dita come seta. E così ci si dispera, ci si affanna per ritrovare quel piccolo pezzo di felicità che sentiamo spettarci, nonostante tutto.

Si ripensa a ogni parola detta, ogni sguardo mancato, cosa si potrebbe aver sbagliato: si vive di “se”, di condizionali e del male della lingua italiana: i congiuntivi.

Se quel giorno fossi andata a quella festa l’avrei conosciuto.

         Se fossi come lei vivrei meglio.

Se avessi mangiato quel pasticcino, magari non si sarebbe allagata la casa.

Allo stesso modo, si dice che gli amori facili non abbiano mai fatto la storia del mondo.

Ma per questo ci vuole un discorso più ampio.

 

Mettiamo per ipotesi che vi chiamate Reila e che vi svegliate in una magnifica mattina di settembre riscaldata dai raggi ancora caldi del sole, immerso nell’azzurro più terso e profondo, mentre qualche uccellino cinguetta felice tra le chiome degli alberi sotto il vostro appartamento.

Per una volta la radiosveglia non trasmette i commenti insulsi e indesiderati del deejay o qualche assurda canzone truzza, ma una di quelle che credevate non avreste più sentito e che vi trasportano con malinconia ai tempi in cui la cantavate a squarciagola con persone avreste pensato esserci per sempre.

Prendete un respiro profondo e pensate alla brioche che vi aspetta calda e cioccolatosa in cucina, mentre stiracchiate braccia a gambe indolenzite.

Vi alzate barcollando, ma felici di poter godere di una giornata del genere, nella quale siete certi avrete anche la promozione sul lavoro. Aprite la finestra e sorridete ad occhi chiusi, mentre l’aria tiepida e le voci allegre delle persone nella strada vi riempiono l’anima di pace…

E mentre riaprite gli occhi vi accorgete che dall’altra parte della strada, nell’appartamento davanti al vostro, il vostro peggior nemico, che chiameremo Evan per comodità, vi sta augurando il buongiorno con sguardo assassino e un “vaffanculo” dipinto pesantemente sulle labbra; gli rispondete con un caloroso dito medio e chiudete sbattendo le ante della finestra.

Vi recate a passo frenetico in cucina e mettete sul fuoco la caraffa del caffè o la teiera piena d’acqua, mentre disponete sul tavolo la fantomatica brioche, o qualche biscotto dietetico o la marmellata di fragole, e vi rendete conto che riuscite vedere Evan fare le vostre stesse operazioni attraverso la porta finestra di fronte alla vostra.

Dopo altri simpatici saluti vi chiudete in bagno; per fortuna, almeno questo locale non è davanti a quello di Evan: rabbrividite disgustati al pensiero di lui di sotto la doccia mentre canta “Walking on sunshine”.

Dopo aver indossato la camicetta rossa che vi porta fortuna, il cellulare vibra improvvisamente dall’alto del comodino di fianco al vostro letto; vi buttate ad angelo sul materasso e lo prendete con fervore tra le mani, schiacciando ansiosamente i tasti illuminati: è lui.

Per voi lui non ha tangibilità, è un’esistenza che si fa chiamare Maverick sui forum e nelle chat, e il cui detto è “Sono troppo vecchio per queste stronzate!”.

Vi siete conosciuti per caso, non ne conoscete né l’aspetto né il nome, ma ci parlate da mesi e solo con lui riuscite a sentirvi bene. Suvvia, quella sensazione di totale abbandono, di completa appartenenza e dipendenza… com’era la vita prima di Maverick? Neanche lo ricordate. Ma riconoscete bene quella attesa, quella smania di parlargli e confidarsi, come conferma che lui, l’uomo dei vostri sogni, esiste davvero e non è svanito via nel vento dell’ignoranza.

Lo amate, ne siete sicuri e vi cullate nell’ovatta bianca e soffocante di questa sensazione mentre rispondete al consueto sms del risveglio.

- Buongiorno, mia stella! Anche oggi mi sono svegliato pensando a te… chissà, forse ti stavo sognando :)  Maverick-

- Buongiorno anche te! Devo confessare che anche io stanotte t’ho sognato… sarebbe bellissimo potersi incontrare un giorno… devo parlarti e devo farlo di persona. Apple-

- Dopodomani, alla festa. Ore 23 sul tetto. Maverick-

E come se vi avessero appena svegliato da un coma di trent’anni, rimanete stesi sul letto a metabolizzare la portata di questa novità, col cuore a mille e un’insicurezza che non v’appartiene.

Mangiate di fretta la colazione, siete in ritardo per il lavoro: ma non è il rischio di fare tardi o il fatto che state praticamente mangiando insieme ad Evan a farvi sudare freddo.

È quel dopodomani, alla festa. Ore 23 sul tetto. che vi dà la nausea.

Correte giù per le scale del condominio, infilandovi il cappotto leggero, e vi precipitate in macchina contemporaneamente ad Evan: non lo prendete come un buon segno.

Cercate di fare tutto il più velocemente possibile, ma alla fine vi trovate in coda all’auto nera di Evan, che avanza a 20 all’ora.

Stritolate tra le dita il volante, innocente vittima della vostra agitazione: quello lì sta facendo apposta ad andare così piano! Sa che siete in ritardo e vuole farvi dispetto…!!

Ringhiate e urlate parole poco carine contro di lui, che arrivato in prossimità del semaforo appena diventato arancione, accelera con una sgommata e riesce a passare, lasciandovi soddisfatto fermi al semaforo rosso che v’ha fatto guadagnare.

“Un giorno o l’altro lo ucciderò” vi appuntate al primo posto della wishlist del blog.

No, al secondo posto: al primo posto c’è dopodomani, alla festa. Ore 23 sul tetto. dove e quando vivrete finalmente il vostro sogno.

 

 

 

 

Note totalmente inutili

Uahahahahaha!! *w*

Sì, sono tornata, con vostro grande dispiacere, con un’altra storiella rosa da spazzatura. Ma che ci posso fare, che ci posso fare… sono un’anima romantica che cerca il vero amore anche se non ci crede.

Eeeh. Che ne pensate? Reila è ispirata al personaggio di un manga. Vediamo se capirete quale… ah, e il narratore cambierà: esterno, terza persona.

Il prologo è il prologo, dev’essere diverso… (?)

Ancora non so bene dove andrò a parare, ho in mente alcune cose abbastanza complicate (come al mio solito XD)… voi fatemi sapere che ne pensate <3

 

Comunque credo che questo capitolo lo cancellerò e lo riposterò quando avrò le idee più chiare su tutta la trama. È che sono troppo curiosa di sapere i pareri altrui… *_* non resisto!!

Ergo, non deludetemi.

 

Ah, e tanti auguri!

LisettaH vostra.

 





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