Dead End Road

di Son of Jericho
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Nel profondo della notte,
dove la quiete si arrende al ruggito, l’asfalto arde alle sue spalle.
Le mani sul volante, a stringere qualcosa che è andato perduto.
I cavalli del motore galoppano nella corsia adiacente, assetati di pace e gloria.
I demoni lo accompagnano sul sedile a fianco.
La città, vigile compagna, tenta di abbracciarlo e donargli conforto, ma lui continua a sfuggirle.
La strada invoca prudenza, si affida ai suoi riflessi, lucidamente annebbiati dal vino.
Scorre più del sangue nelle vene, regalandogli forza e adrenalina.
I fari sono la proiezione dei suoi pensieri, sinceri e inarrestabili.


 
 

- Dovresti essere felice, oggi. Hai vinto! -

- Hai ragione, dovrei. Ma non lo sono. -

- Per quale motivo? Non è questo che speravi di ottenere? -

- Una vittoria non risolve niente. Qualunque sia la posizione al termine della gara, all’alba di domani saremo comunque di nuovo qua. -

- Che vuoi dire? -

- Non dimenticherò mai le parole mio padre:
“Nella vita non sempre esistono strade laterali per scappare. A volte l’unica scelta è andare dritto, ed è lì che devi correre più veloce che puoi.”  -

- Anche tuo padre era un pilota? -

- No, mio padre correva perché doveva. Perché era l’unico modo che aveva per lasciarsi alle spalle i problemi che lo soffocavano, per seminare i tormenti che lo assalivano, per non dover pensare a ieri, a oggi o al domani. -

- E poi? -

- Ha smesso. -

- Perché? -

- E’ morto. In un incidente a 150 km/h. -

- E tu perché corri? -

- Per continuare a illudermi che esista un futuro migliore di questo. -


 





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