Buon pomeriggio a tutti!
Flashfic nata mentre cercavo
di
scrivere una storia d'amore normale, per una
volta... il
tentativo è miseramente fallito, ma il risultato mi
è piaciuto
parecchio, ed eccolo qui.
Nella mia mente non
c'è una specifica
ambientazione né temporale, né spaziale: suppongo
che il lettore
sia libero di immaginare lo svolgimento prima, durante o dopo la
trama dei videogiochi. Il titolo è ispirato a uno dei
romanzi di
Patrick O' Brian.
Non penso di aver altro da
dire, perciò
non posso che augurare buona lettura!
Afaneia
Fortune
of war.
[…]
avidamente fanno scontrare i loro corpi e congiungono le bocche umide
e
ansimano mordendosi a vicenda le labbra,
ma
invano, poiché niente possono strapparne,
e
neppure penetrare e perdersi completamente nell'altrui corpo;
dato
che essi sembrano talora voler questo e combattersi...
Lucrezio,
De rerum natura.
Ribellati,
vorrebbe urlargli Ivan mentre lo spinge affannosamente contro il
muro, serrandogli i polsi con una possessività che non
sapeva di
essere in grado di provare. Fa' qualcosa,
spingimi via. Non
puoi volere questo.
E
invece, forse, è
esattamente questo che Max vuole, e allora è proprio questo
a far
infuriare Ivan... perché, per l'ennesima volta, sta facendo
ciò che
Max si attende da lui. Ma la fame che lo dilania è troppo
grande e
possente per poterla contenere, è fiamma che divampa e che
brucia e
consuma, e Max è lì, davanti a lui, del tutto
incapace – o del
tutto incurante – di difendersi e di respingerlo.
Non
c'è tempo per i
baci, la fame non lo consente, Ivan sente che potrebbe morire
dell'attimo di tempo sottratto da un bacio alla sua grande brama;
eppure le labbra sottili di Max lo tentano troppo ed egli le morde,
le vuole, le cattura e le succhia e le avvince...
Ma
perché Max non gli
si oppone?
Questo
pensiero non gli
lascia tregua, lo domina eppure non lo vince, perché ormai
neppure
volendolo egli potrebbe fermarsi. Vuole Max, per l'ennesima volta,
vuole il suo corpo bianco, magro, attraente in quel certo suo modo
del tutto insospettabile e quasi indecente, e sa già che tra
un po'
cesserà completamente di pensare a tutte queste cose: la sua
mente
sarà piena, colma, satura del corpo di Max né
più né meno delle
sue mani che lo staranno percorrendo e graffiando, e allora deve
chiedere ora, se veramente vuole sapere.
Anche
trovare il tempo
per chiedere diventa drammaticamente difficile nell'intrico delle
loro membra allacciate, delle mani all'opera per rimuovere ogni
ostacolo dalle rispettive vie, delle labbra che si scontrano e si
mordono e raramente si baciano senza pietà; ma finalmente un
bisogno
d'aria più impellente di quello della sua bocca gli concede
l'attimo
di tregua di cui ha bisogno per domandare:
«Perché?»
La
cosa che gli piace,
no, che anzi detesta, oh insomma non lo sa, di Max
è che non
vi è modo alcuno di coglierlo impreparato: tutto nella sua
mente
pare accadere secondo un ordine ch'egli ha già in precedenza
preparato, studiato e approvato, e Ivan sa di essere solo una parte
di quell'ordine, di quella trafila di eventi inevitabili e
perfettamente prevedibili come un meccanismo. Vi sono volte in cui,
scrutando i suoi occhi che paiono osservare tutto con ironica
superiorità, una parte di lui vorrebbe sprofondare nella sua
mente
tanto precisa e calcolatrice, scoprire finalmente come sia il mondo
visto dalla posizione di qualcuno che abbia già previsto
tutto,
vedere anche che ruolo lui, Ivan, e la sua brama insaziabile assumano
nell'incomprensibile matrice dei suoi piani. Ma, per ora, quel
«Perché?» è
tutto ciò ch'egli possa fare per avvicinarsi
almeno un po' a tale superiore conoscenza del mondo.
E
Max sapeva
perfettamente che gli sarebbe giunta quella domanda: Ivan lo vede nel
suo sguardo per nulla sorpreso.
«Perché
cosa?»
Dio,
quanto lo fa
infuriare! Eppure sa benissimo qual è il senso della sua
domanda, lo
sa, lo deve sapere, allora perché glielo
chiede? Vuol forse
farlo impazzire? Ivan è tanto preso assieme dalla rabbia e
dal
desiderio che ora si avventa sulla sua gola scoperta, in un attacco
aperto di morsi e baci e succhiotti che si alternano accavallandosi
sulla sua pelle. È una sciocca vendetta infantile, ma ora la
gola di
Max e progressivamente la curva magra della sua spalla esile si
stanno arrossando e punteggiando di segni di morsi e lividi violacei,
e Ivan si sente come un amante geloso che stia marcando il
territorio. Ciascuno di quei morsi e di quei succhiotti pare urlare
in modo inequivocabile mio! mio! mio!, e non
importa il fatto
che domani saranno di nuovo ricoperti dall' odiosa divisa rivale e
invisibili a occhi esterni: essi continueranno a gettare le loro
grida inaudibili attraverso strati di vestiti e di schermi.
«Perché...
questo!
Tutto questo!»
Quel
poco che gli
rimane della sua razionalità, ormai in procinto di
dileguarsi dalla
stanza, non è in grado di formulare alcuna frase
più completa, ma
Ivan sa che non si potrebbe comunque essere più chiari di
così. Non
con Max, almeno.
S'egli
apertamente
avesse urlato: Perché mi lasci fare ciò
che voglio di te? Perché
ti arrendi a me come una preda di guerra, perché lasci che
io ti
domini e ti possieda come un nemico, quando invece sai benissimo
d'esser tu a voler tutto questo..., non avrebbe comunque
espresso
nulla di più di quanto ha già detto con quattro
parole solamente.
Max
non risponde,
ovviamente, e Ivan si arrabbierebbe, ma ormai è troppo
tardi: ora la
fame è veramente troppo impellente, e per l'ennesima volta
egli
dovrà rimanere inascoltato e ignaro, e accontentarsi di
abbattersi
al suolo in una battaglia d'amore violenta e carnale nella quale il
suo corpo è come sempre destinato a trionfare.
Ma
la verità è che la
risposta è già scritta nello sguardo di Max, e
che Ivan non sa
leggerla, o meglio ignora di conoscerla già,
perché il suo orgoglio
ferito è troppo bruciante e si dibatte dentro di lui con
urla che lo
assordano. Ivan lo sa il perché – il fatto
è che Max non si
ribella e non lo caccia perché egli gli sta dando
esattamente ciò
che vuole. È stata la volontà di Max, e
nient'altro, a condurli
entrambi su questo pavimento dove si consuma uno scontro che col mare
e colla terra ha ben poco a che fare, ed è proprio per
questo che
Ivan è arrabbiato. Se con Max, con se stesso o con entrambi,
neppure
lui saprebbe dirlo.
Ma
è certo che è
stato Max, in qualche modo che ancora egli non è riuscito a
comprendere, ad avvincerlo e a legarlo a sé, a dominare
subdolamente
la sua mente e a trascinarlo, o a farsene trascinare, al suolo. E
forse Ivan non vuole neppure veramente indagare e chiedere,
perché
in fondo ha troppa paura di scoprire se quelle loro infinite
battaglie non siano altro che un cieco meccanismo facente parte, allo
stesso pari di tanti altri, degli imperscrutabili piani di Max, o
piuttosto se non vi sia un qualche motivo diverso, meno freddo e
perciò molto più sconvolgente, per cui Max si sta
lasciando tanto
volontariamente possedere su questo pavimento gelido, e per cui egli
ha ceduto al suo volere tanto facilmente.
Quel
che è certo è
che anche se tutto, tutto attorno a loro parrebbe indicare che, della
loro sfida amorosa, l'unico e vero vincitore non potrà che
essere
lui, colui che possiede, colla sua superiore prestanza fisica e la
sua apparente posizione di dominio, Ivan sa anche troppo bene che
questa guerra dei loro corpi Max l'ha già vinta in partenza.
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