I wanna fall in love
with you,
I wanna say I do.
Placebo, "I do"
My lazy old boy
Uffici
della rivista “New Day”, Tokyo
Shikamaru guardò con una palpebra aperta il posto vuoto
della scrivania davanti a lui.
Il ventilatore continuava a vorticare nella grande stanza, asportando
il fumo della sigaretta che faceva ondeggiare nella bocca.
Mani incrociate dietro la testa, appoggiata allo schienale della
poltrona.
La redazione... affollata, piena di gente isterica che andava avanti e
indietro per riuscire a portare avanti il giornale prima che andasse in
stampa.
Un inutile spreco di energie insomma.
Dannazione,
perché te ne sei andato proprio adesso Choji?
Già... mancavano due settimane allo speciale sulle feste
tradizionali giapponesi e il suo collega lo abbandonava. Defezionava.
Spariva.
Per andare ad affiancare suo padre nella piccola impresa farmaceutica
che aveva messo su... pareva essere riuscito a creare rivoluzionarie
pillole per fortificare il corpo... un sacco di robe insignificanti.
Alzò le spalle, tanto gli sarebbe toccato comunque lavorare,
con o senza Choji.
La scrivania era desolatamente vuota senza il cumulo di patatine e
altri generi alimentari che prontamente la inondavano... sembrava
perfetta, anche troppo.
Chiuse ancora gli occhi, facendosi cullare dal brusio dell'ufficio,
finché non sentì un tonfo.
Non li aprì immediatamente, rimase immobile, sperando che le
sue orecchie bastassero senza dover fare l'ulteriore sforzo di usare la
vista.
“'Giorno” sentì dire.
Voce femminile, profonda, forse scazzata.
Donne... irascibili, presuntuose, vanitose... non ne valeva la pena.
“Ehi! - disse ancora la voce – Sto parlando con te
cafone!”
Smise di far ondeggiare la sigaretta, questa volta aprendo gli occhi.
Vide, piantata davanti all'ex-scrivania di Choji, una ragazza dai
capelli biondi raccolti in modo strano e dalle belle forme pronunciate.
“'Giorno.” rispose lui biascicando le parole.
Ma, prima che potesse richiudere gli occhi, questa sbottò:
“Ehi, non parlare troppo la lingua ti si potrebbe
sciogliere...”
La scrutò un istante limitandosi a un
“Tsk” molto profetico.
La vide gettare in un angolo una serie di carte, libri e riviste per
poi appoggiare di fianco al computer un ventaglio viola e una targhetta.
Si guardò attorno un istante per poi sedersi alla scrivania
appoggiando le mani su di essa e, sporgendosi in avanti col busto, non
smise di fissare Shikamaru.
Questi inarcò un sopracciglio:
“Che hai da guardarmi?”
“Hai intenzione di presentarti o devo mandare i servizi
segreti?” chiese lei apparentemente senza alcuna ironia, come
se davvero potesse farlo.
“Shikamaru Nara.” disse quasi in un soffio,
scrollando la sigaretta sul posacenere.
“Bene Nara, io sono Temari Sabaku. Vediamo di andare
d'accordo e non avremo problemi.”
Netta, decisa, sicura.
Shikamaru questa volta si fece più interessato o forse
preoccupato:
“Che vuol dire andare d'accordo?” un tono
sospettoso si insinuò nella sua voce.
“Vuol dire relazionarsi da collega a collega, presente? Ciao,
come stai... non è difficile.” disse con un
sorrisetto ironico.
Shikamaru alzò gli occhi al cielo, appoggiando una guancia
sulla mano, il gomito puntellato sulla scrivania: “Non dirmi
che sono in coppia con te per i servizi...”
Choji... posso
sinceramente odiarti.
“Beh, solo se riesci ad alzare il culo da
lì.” replicò secca.
“Se ci riesci tu, ci riescono tutti.”
sentenziò fissandola.
“Che stai insinuando Nara?” chiese piccata.
“Nulla. Stai facendo tutto da sola.” rispose
alzando le spalle.
Ma, prima che la bionda potesse ribattere, videro arrivare il direttore
della rivista... un uomo dai capelli bianchi che, a vederlo, non
darebbe mai l'idea di essere arrivato tanto in alto da poter condurre
un settimanale di attualità.
“Ehilà – salutò allegramente
– Sabaku ben arrivata! Vedo che hai già conosciuto
Nara, vero? Un grande lavoratore non c'è dubbio.”
Una risata sfuggì a Temari, guardando dubbiosa il grande
lavoratore citato, con la scrivania vuota e il computer spento.
Shikamaru alzò gli occhi al cielo: “Capo, posso
anche fare da solo...”
Ma lo ignorò continuando a parlare con Temari.
“Una bella fanciulla come te può semplicemente
chiamarmi Jiraiya, lascia che siano questi zotici – Shikamaru
sbottò qualcosa al sentirsi far rientrare nella categoria di
zotici – a definirmi come Grande Capo o... Redattore Supremo
Altresì Leggendario. Spero che lavorerai al meglio e... per
le donne un aumento di stipendio!”
Scoppiò a ridere.
Temari fece un accenno di risata per poi commentare:
“Evitiamo di fare sessismo. Donne o uomini che differenza
fa?”
Shikamaru la guardò allibito. L'intero ufficio, la
guardò allibito.
Calò il silenzio.
Jiraiya deglutì un istante, cercando di superare l'imbarazzo
di quella affermazione detta con una spontanea e velenosa
onestà. Si grattò distrattamente la testa per poi
cambiare discorso e lanciare un plico di fogli a Shikamaru dicendo:
“Bene! Dicevamo... Nara e Sabaku, visto che abbiamo un
elemento femminile voglio che andiate in un okiya di geishe col quale
ho preso appuntamento e le intervistiate, niente di più
facile!”
Shikamaru obiettò, dando un'occhiata svogliata ai fogli con
le varie indicazioni per poi posarli davanti a sé:
“Scordatelo! Se già le donne sono difficili quelle
lo sono ancora di più!”
Ma Temari replicò: “Sei tu che non riesci ad
afferrarle... dacci un paio di giorni Jiraiya e io
– sottolineò l'io con forza evidente –
ti porterò un servizio memorabile per lo speciale sulle
feste tradizionali.”
Dicendo questo fece per afferrare i fogli ma, con inaspettata
velocità, Shikamaru ci sbatté la mano sopra
così che tutti e due rimasero a contendersi quel plico,
lanciandosi occhiate di sfida.
“Non dimenticarti che lavoro qui da prima di te Sabaku. Non
mi soffierai il servizio.”
Improvvisamente Jiraiya dette una pacca sulla spalla del ragazzo
esclamando:
“E brava Temari che risveglia lo spirito ardente di
giornalista in questo valente collaboratore! Mi raccomando allora, mi
aspetto tanto da un duo così affiatato come il vostro
– poi fece per allontanarsi, finché non si
girò dicendo cercando di apparire casuale – ah...
portate tante belle foto delle geishe in kimono, ci tengo!”
Si allontanò fischiettando non smettendo di fare complimenti
a un gruppetto di segretarie.
Temari commentò: “Che razza di maniaco fissato con
le donne.”
Shikamaru, non mollando i fogli visto che nemmeno lei lo aveva fatto,
replicò sarcastico:
“Che problema ti fa? Mica rientri nella categoria,
no?”
“Io infatti sono una donna con la D maiuscola... non come
quelle mezze sciaquette che hai incontrato tu – rispose
scandendo le parole – e ora lascia la presa.”
“Lascia prima tu.” disse semplicemente lui
“Mai.”
Shikamaru sospirò. Perché, fra tutte le
giornaliste del mondo, doveva proprio avere a che fare con una
orgogliosa, competitiva e assurdamente maschile?
Finché non disse conciliante: “Senti, facciamo
così. Io conto. Al mio tre lo lasciamo tutti e due, per poi
visionarlo ciascuno con calma. D'accordo?”
“D'accordo. Niente inganni.” sentenziò
decisa.
Al tre entrambi sollevarono la mano, lasciando il foglio tra le due
scrivanie, per poi sedersi fissandolo scambiandosi un'occhiata.
“Prima le signore?” chiese Shikamaru lasciando
intendere il suo dubbio.
“Accomodati allora.” rispose lei con un sorriso
finto.
“Sei tremendamente stronza e insopportabile –
sbottò lasciando la sigaretta sul posacenere –
leggilo tu e basta.”
Soddisfatta e non nascondendo un ghigno compiaciuto Temari
afferrò quanto dato da Jiraiya, sfogliando il contenuto con
le varie richieste e i punti da evidenziare.
Sarebbe stato un lavoro interessante, cercare di portare un ulteriore
spiraglio su quel mondo chiuso ad occhi estranei che era quello delle
geishe.
Le piaceva quella rivista... il “New Day” anche se
riteneva il nome troppo stupido e banale, visto e considerato che era
un settimanale, senza parlare del vano tentativo di dare un nome
inglese ad una rivista tipicamente giapponese.
Idiozia nel pieno stile del direttore.
Ma il punto forte erano gli argomenti trattati, ogni volta
così vari, così interessanti, in grado di
spaziare praticamente in ogni campo senza cadere nel banale.
Diventare giornalista, o meglio, inviata speciale era il sogno della
sua vita.
Agire, mostrare la propria intraprendenza, gestire al meglio tutte le
proprie possibilità.
Ogni giorno una sfida, che lei avrebbe vinto.
Era così che voleva vivere.
Improvvisamente Shikamaru si alzò con uno sbadiglio,
stirandosi la schiena.
“Andiamo. Il quartiere è a più di
mezz'ora da qui.”
“Che dici? Ma se in macchina ci si impiega un quarto
d'ora...” disse accumulando le carte per poi farle scivolare
sulla scrivania del collega, che le prese distrattamente.
“Chi ha detto che voglio andare in macchina?”
“Non dirmi che hai intenzione di andare a piedi...”
mormorò incredula, non senza una punta di ironia mentre si
metteva la giacca.
“Se vuoi non te lo dico, comunque si, voglio andare a piedi.
Non ho voglia di prendere la macchina, cercare parcheggio e tutte
quelle altre stronzate.” disse infilandosi a sua volta il
cappotto smanicato.
“Arrangiati.” si limitò a rispondere
afferrando la sua borsa con dentro il blocco degli appunti e un
registratore.
Shikamaru invece era a mani nude, senza nulla al seguito. Di fronte
allo sguardo perplesso della collega rispose laconico: “Si
chiama memoria. Non devo portamela dietro.”
Sorrise incamminandosi verso l'uscita.
Temari lo scorse salutarla con un gesto debole della mano per poi
sparire dietro l'angolo.
Si morse un labbro, dirigendosi a passi decisi anche lei verso il
percorso di scale e ascensori che portava alla strada.
Quando uscì fuori venne colpita dalla pungente aria
autunnale e sollevò lo sguardo, scrutando il cielo nuvolo.
Si chiese per quale arcano motivo quel decerebrato del direttore
continuasse a tenere in funzione il ventilatore nonostante fossero
ormai in pieno autunno.
Aprì la macchina, parcheggiata per pura fortuna a qualche
metro di distanza, e una volta al volante gettò la borsa sul
sedile sbottando:
“Quell'idiota presuntuoso...”
Ingranò il motore avviandosi in strada, suonando senza
troppa noncuranza il clacson per invogliare quei mezzi troppo lenti e
indecisi per lei a cambiare corsia.
Percorse qualche incrocio finché, quando dovette svoltare,
non iniziò a piovere... delle gocce fastidiose che andarono
a posarsi incessanti sul suo parabrezza.
Schioccò la lingua infastidita, azionando il tergicristalli,
finché come per istinto non guardò fuori dal
finestrino, aspettandosi di vedere Shikamaru a piedi zuppo d'acqua.
Starà bene?
Si dette della scema. Cosa le doveva importare di quello stupido
misogino?
Eppure non poté fare a meno di sentirsi in colpa. Non le
piaceva l'idea di lasciare qualcuno sotto l'acqua, anche se si trattava
di Shikamaru.
Cambiò corsia, cercando di individuarlo tra la gente che
tentava malamente di proteggersi con il cappotto, ma non
riuscì a scorgerlo.
Finché, per caso, non lo intravide camminare sotto un
porticato, la sigaretta accesa, con il passo lento e ponderato di un
anziano.
Accostò, tirando giù il finestrino, per poi
suonare il clacson.
Lo vide alzare lo sguardo, non mascherando una certa sorpresa, ma non
accennò a muoversi.
“Lo vuoi un passaggio?” chiese lei.
“No grazie, devo finire di fumare. Come ti ho già
detto preferisco andare a piedi.” rispose lui aspirando una
boccata di fumo.
“Ma davvero? Non credevo desiderassi tanto ardentemente
inzupparti.” disse ironica.
Quella dannata Sabaku. Aveva
ragione, camminare sotto la pioggia senza nemmeno un ombrello era da
stupidi. Ma non poteva accettare un passaggio in auto proprio da una
donna, non esisteva affatto.
Quando borbottò qualcosa di incomprensibile, con evidente
aria seccata, Temari fece una smorfia dicendogli:
“Senti Nara, qui le cose sono due: uno, ti offro un passaggio
per pura gentilezza; due, se arrivi bagnato all'okiya col quale abbiamo
appuntamento ti sbattono fuori e io perdo il servizio. Quindi vedi di
farmi il favore di muovere quelle gambe e appoggiare il culo su questo
benedetto sedile prima che mi incazzi sul serio.”
Dicendo questo si sporse aprendogli senza troppi complimenti la
portiera che oscillò pericolosamente. Shikamaru la
fissò un istante, silenzioso, solo lo scrosciare della
pioggia, delle macchine, del vociare della gente che li accompagnavano.
Infine gettò con aria seccata la sigaretta a terra e, messo
irrimediabilmente alle strette, dovette accettare.
Prima di salire però appoggiò una mano sul
tettuccio, abbassandosi e dicendo guardando Temari dritta negli occhi:
“Tu sei completamente fuori. Devi aver avuto qualche serio
trauma infantile, dovrei studiarti, sul serio.”
Lei fece un sorrisetto provocatorio: “Ti
piacerebbe...”
Alla fine, nonostante tutte le reticenze, salì richiudendo
la portiera dietro di sé e allacciandosi le cinture.
“Che uomo prudente.” commentò lei
pungente.
“No. Con te non si è mai prudenti
abbastanza.” rispose tirando giù il finestrino per
togliere l'appanno.
“Immagino di sì.” rispose con una certa
soddisfatta malizia.
Involontariamente Shikamaru si lasciò sfuggire un sorriso.
Pazza, violenta... che
altro desiderare di più da una collega?
Quando si rimise in moto Temari accese la radio, impostandola su una
frequenza di musica tipicamente rock... una di quelle stazioni che
trasmetteva solo canzoni conosciute ai veri cultori di una cacofonia
fatta di chitarre, batterie e voci isteriche che Shikamaru non voleva
nemmeno contemplare.
Sbuffò annoiato e si sporse leggermente in avanti
spegnendogliela.
Temari gli lanciò un'occhiataccia:
“Che diamine stai facendo Nara?”
“Ho spento. Devo farti un disegno Sabaku?” Dicendo
questo appoggiò la testa sul sedile socchiudendo gli occhi.
Senza attendere oltre Temari la riaccese, alzando per ripicca il volume.
“Qui siamo nella mia macchina e ascolto la musica che
voglio.”
Shikamaru si portò una mano dietro la testa, scrutando un
istante il soffitto di un blu scuro della macchina per poi osservare
ironico: “Ah si? E tu la chiami musica questa?”
Fermandosi al semaforo rosso Temari si voltò verso di lui
chiedendo a sua volta:
“E per te quale sarebbe la musica? Sentiamo, sono proprio
curiosa.” E lo era davvero. Ma non l'avrebbe mai dato a
vedere apertamente.
“Quella classica per esempio. Anche se non ho mai voglia di
comprenderla a fondo. Le canzoni popolari giapponesi e, in alternativa,
il silenzio.”
La ragazza ammutolì. Il silenzio. Se lo immaginava... seduto
sotto un portico di una casa in campagna ad ascoltare il nulla.
Poi scoppiò a ridere commentando, ingranando la prima:
“Nara, sei strano... davvero. Canzoni popolari giapponesi...
neanche fossi un pensionato!”
Scattò il verde e avanzò ignorando le repliche
secche di Shikamaru.
Finché non gli disse quasi con fare casuale:
“Dovrei avere una vecchia cassetta buttata da qualche parte
nel vano del cruscotto. Mettila.”
“Quanto sei noiosa... non basta spegnere ed evitarci tante
fatiche inutili? Qualche minuto e arriviamo...”
“Se io sono noiosa tu sei maledettamente svogliato. Allunga
le braccia, non ti costa nulla.” rispose guardando la strada
davanti a sé.
Con uno sbuffo Shikamaru si decise ad assecondarla aprendo lo scomparto
davanti a sé e tirando fuori, oltre ad un mucchio di
cartacce, agende e due ventagli dei quali non aveva ancora capito il
perché della loro esistenza, riuscì a scorgere
una vecchia musicassetta senza nemmeno la custodia.
“E' questa?”
chiese mostrandogliela.
Temari annuì: “Si. Mettila e sentiamo queste nenie
da vecchi, proprio come piace a te.”
“Se tu sei troppo rozza per capire questa musica non
è colpa mia.”
E, più per provocazione che perché ci tenesse
davvero, mise la cassetta così che in breve un suono
melodico, nonostante all'inizio fosse un po' gracidante per via della
registrazione vecchia, si riprodusse nella macchina.
Anche la macchina, di seconda mano, tutto sommato aveva qualcosa di
vecchio... basti pensare alla radio con ancora il mangianastri, ma nel
complesso sapeva di Temari.
C'era tutta la sua essenza lì dentro... semplice ma al tempo
stesso aggressiva, un insieme di metallo che si reggeva con orgoglio.
Shikamaru sorrise scuotendo la testa... quella tipa lo stava
influenzando negativamente.
Le parole della canzone vibrarono nella macchina, con
intensità, mentre i due stranamente rimasero in silenzio.
Al di fuori il ticchettio armonioso della pioggia.
§ §
§ § § § § §
§ § § § § §
§ § § § § §
§ § § § § §
§ § § §
Sto finendo una fiction di genere totalmente diverso ma volevo provare
a postare questa, che mi frullava in testa già da un po' di
tempo, e vedere cosa ne esce fuori.
Mi piace scrivere ogni volta su personaggi diversi ma Shikamaru e
Temari insieme li adoro, mi diverte farli dialogare! Inutile dire che
il titolo della fiction è preso da una canzone dei Placebo,
che in questo periodo sono un po' la mia musa ispiratrice, e in quelle
poche righe c'é un po' il pensiero dei due protagonisti
riguardo lo svolgersi della loro relazione...
Se vi sembra pessima non esitate a dirmelo!
Auguri di Buon Natale e alla prossima. ^_^
|