Autore: R
e d_ V a m p i r e
Titolo: I
wished the sky was blue
Personaggi: Fran,
Belphegor
Coppie: B26
Generi: Introspettivo,
Drammatico, Angst, Sentimentale, What if...?
Avvertimenti: Shonen-
ai, CD
Rating: Giallo
Credits: I
personaggi non sono miei ma di Akira Amano e tutto
ciò non è scritto a scopo di lucro e bla bla bla.
Note: Perché
questi due ispirano cose molto stupide. O molto angst. O molto oscene.
E questa volta ho scelto la seconda.
}I Wished the sky
was blue
- Ne, senpai...
- Che
c'è stupida rana?
- Il cielo
è rosso, senpai.
Silenzio.
- E' rosso,
proprio come il sangue che ti piace tanto. Non lo trovi affascinante?
- Taci
ranocchio.
Ma quello non
demorde. Non lo fa mai. Ha sempre avuto il brutto vizio di continuare a
parlare anche quando gli si intima il silenzio, incurante di tutto.
- Hai mai
pensato che per te sarebbe stato così? E' uno scenario
perfetto se ci rifletti. Un cielo di sangue come sipario per il principe
decaduto. E' quasi romantico, sai?
Il Genio dei
Varia appiattisce le labbra fino a farle diventare una linea
bianchissima. Ma non risponde.
Anche
l'Illusionista tace, ed il suo compagno si illude per un attimo che la
smetterà di dare aria alla bocca e sforzarsi per niente.
Ma, conoscendo
quella stupida ranocchia, sa bene quanto vane siano le sue speranze e
quasi non si stupisce nel sentirlo parlare di nuovo.
- Avrei voluto
che il cielo fosse azzurro mentre morivo,
senpai.
E' un
sussurro, quasi la confessione ingenua di un bambino. Perché
in fondo è quello che è, poco più di
un moccioso, solo che quando sei un assassino certe cose tendi a
dimenticarle.
Belphegor non
ne è sicuro, ma gli sembra di aver sentito una traccia di paura nella voce
del suo kohai. Lui che di paura non ne ha mai mostrata, qualsiasi fosse
il nemico che gli si parava di fronte. Fin troppo temprato dalle
tremende illusioni del suo maestro, forse, per poter provarne ancora
davvero davanti a qualcosa di così banale come la
realtà.
A Prince the
Ripper verrebbe da ridere al pensiero che, da quando è
arrivato nei Varia, qualsiasi tentativo per suscitare in lui
qualsivoglia tipo di reazione sia sempre stato vano. Che non sia mai
riuscito a far cambiare tonalità a quella voce incolore,
capace solo di prese in giro e far saltare a lui i nervi.
E' in qualche
modo ironico che lo possa sentire adesso che lo stringe fra le braccia,
ed oltremodo ingiusto che non sia per causa sua. Insomma, lui
è un principe ed è l'unico ad avere il diritto di
provocare terrore in quel misero anfibio plebeo.
Forse
è a causa di tutto quel sangue, però. Del rosso
che gli dipinge il viso e macchia il candore del pellicciotto della
divisa, che scorre lento ed inesorabile fra le dita della mano che
tiene premuta sulla profonda ferita al fianco. Lo sente accarezzargli
la pelle, ne avverte il calore e sa come sia troppo. Semplicemente
troppo.
E' quasi bello
quel volto perlaceo a contrasto con le chiazze cremisi che lo
macchiano, ha un che di affascinante. Gli macchia anche le labbra
sottili, come rossetto, e questo pensiero fa tremare il suo corpo di
una silenziosa, isterica, risatina divertita.
Però
non può vedere i suoi occhi. Perché li tiene
chiusi il ranocchio, e la cosa lo indispettisce. Dovrebbe guardarlo. E'
quello che gli ha ordinato - pregato
- di fare fino a quel momento, del resto.
Ma quello sta
disobbedendo e forse dovrebbe punirlo. Forse. Invece se lo stringe un
po' più forte contro, appoggia la guancia sul suo capo e
sente il solleticare dei lisci capelli verd'acqua contro la pelle e
l'odore intenso del sangue gli fa pizzicare il naso. Il cappello.
Chissà dov'è finito il suo cappello.
Dovrà
punirlo anche per quello, dopo. Perché non può
mica toglierlo se non è il principe ad ordinarlo, insomma!
- Apri gli
occhi, idiota. Chi ti ha detto che puoi dormire?
La sua voce
è ferma. Deve essere ferma, non può permettersi
di lasciare trapelare niente. Neppure quando sente qualcosa di umido
contro il collo e quando abbassa lo sguardo nota le lacrime che
scivolano piano sul viso del suo compagno e portano via un po' di
rosso, ma non riescono a cancellarlo comunque del tutto.
Sta piangendo?
- E' che sei
comodo, senpai. E poi sono stanco. Tanto stanco. Penso proprio che
farò un pisolino.
- Ehi, stupida
ranocchia, vedi di aprire quei cazzo di occhi! Non ti azzardare a
morire adesso e a lasciarmi nei casini, inutile anfibio!
Lo scuote
appena, premendo più forte la mano sulla sua ferita e
maledicendo che l'attributo delle sue Fiamme non sia il Sole.
Dov'è quel deviato di Lussuria, quando serve?
Il nemico si
sta avvicinando e lui non può alzarsi. Non può
farlo perché non può spostare l'Illusionista, sta
perdendo troppo sangue ed è troppo debole. E questo lo rende
pesante e di certo non può muoversi con una zavorra del
genere.
E non
può - non
vuole - lasciarlo lì. Da solo. Non riesce a
contemplare neppure il pensiero di farlo, e non importa se questo
vuol dire che non potrà muoversi.
Combatterà anche così, dopotutto è un
principe, è un genio, può farlo. Non
c'è niente che non possa fare.
Il respiro del
ragazzino contro il suo collo è flebile, appena accennato.
Affaticato. Ed il sangue continua a scorrere fra le sue dita e macchia
anche i suoi abiti.
- Senpai.
Belphegor
deglutisce, gli occhi azzurri dietro la frangetta bionda che saettano
a seguire i movimenti del nemico. Vicino. Sempre più vicino.
Che fine ha fatto la sua Box Arma? Se solo potesse evocare Mink...
-
C'è... c'è un'altra cosa che avrei voluto, sai?
E' solo un
mormorio, ma l'assassino lo sente comunque. Eppure non abbassa lo
sguardo sull'altro, non può distrarsi in un momento come
questo. Stringe in un pugno la mano con l'anello dei Varia, sentendo il
freddo del metallo contro la pelle, facendo fluire da esso una debole
Fiamma della Tempesta. Troppo debole.
- Shishishi...
me lo dici dopo, ranocchia. Adesso vediamo di far fuori questa feccia
plebea e tornarcene alla villa, prima che il Boss si incazzi per il
ritardo. Il Principe si è stufato.
Ma non riceve
risposta.
- Ehi,
stupido, non volevi vedere di nuovo il cielo azzurro? O quale era
l'ultima fandonia che hai detto, non ti ho ascoltato. Ecco, comunque,
resisti. Perché qui il cielo è ancora
fottutamente rosso.
L'allievo di
Mukuro sorride mentre solleva con sforzo il viso. Sorride, mentre le
labbra si poggiano sulla guancia del biondo, poco sotto l'orecchio.
Sorride, mentre mormora qualcosa e lascia una scia scarlatta sulla
pelle che la sua bocca sfiora mentre il capo ricade sulla spalla del
Genio.
E Belphegor
urla, urla mentre punta il braccio contro il nemico e la sua Fiamma
divampa e arde, ed illumina il suo viso rendendo rosso l'occhio
lucido di folle odio - non possono, no quelle non possono assolutamente
essere lacrime.
Ed il nemico
quella è l'ultima cosa che vede. Quel ''Fran'' gridato al
cielo l'ultima cosa che sente. E non c'è pietà,
non c'è alcuna pietà per chi ha osato portare via
al Principe il suo prezioso giocattolo.
- Non è che
avrei proprio voluto morire, sai. Mi sarebbe piaciuto vedere ancora
quel cielo con te, Bel-senpai.
|