That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Habarcat - I.017
- Estate a Sherton Manor (2)
Sirius
Black
Herrengton Hill, Highlands - mar. 20 luglio 1971
Mi svegliai con notevole anticipo, mi lavai e mi
vestii rapidamente, avendo cura di non svegliare mio fratello. Scesi
nel chiostro e mi diressi secondo il tragitto già fatto un
paio di giorni prima con Mey in quella che era la zona destinata alle
attività personali di Alshain. Scesi due piani, mi avviai
per il lungo corridoio con le altissime volte di pietra, osservai la
pesante porta che Mey aveva aperto grazie alle rune e che celavano la
stanza in cui avevamo giocato per ore a scacchi, quindi presi un
corridoio secondario che l’altra volta nemmeno avevo notato,
lo percorsi fino in fondo, dove trovai una ripida scala a chiocciola,
anch'essa di pietra, che sembrava non terminare più. Infine
mi trovai di fronte a una piccola porticina come mi aveva detto
Alshain, l’aprii con qualche difficoltà e
m’incamminai nel bosco, diretto a un capanno da
guardiacaccia, dove Sherton mi aspettava. Così mi aveva
lasciato scritto su un foglio di pergamena, attaccato alla porta della
nostra stanza. Il bosco si stava appena risvegliando, ovunque era una
sinfonia di versi di uccelli ed altri animali che salutavano la
rinascita del sole; la terra era umida, sia per la pioggia pesante del
giorno precedente, sia per l’umidità del mattino.
Mentre camminavo, mi accorsi quasi del respiro della terra: si
manifestava in una specie di nebbia leggera e impalpabile, che, come un
tappeto, si affacciava tra ciuffi d’erba, radici di alberi,
sassi… All’improvviso sentii muoversi qualcosa
dietro di me, mi voltai e tra gli alberi vidi la schiena nuda di un
uomo: pensando fosse Alshain, tornai indietro e mi avventurai tra gli
alberi, ma non trovai nulla; temendo di perdermi, tornai al tragitto
originario, quello che mi era stato indicato, sperando di trovare
presto la capanna, perché c’era, evidentemente,
qualcosa di sinistro attorno a me, un respiro strano, una magia antica,
che mi stava facendo vedere cose che non esistevano. Come la notte di
Yule a Loch Achall. In quel momento non potevo saperlo, ma non ero solo
in quella zona del bosco, Alshain mi aspettava come concordato nella
radura dei tresthal, dove andava a nutrire quelle bestie e gli
ippogrifi tutte le mattine; ma c’era anche qualcun altro.
Quando vidi la scena rimasi a bocca aperta, cercai riparo dietro a un
folto cespuglio di erbe selvatiche, facendo in modo che nessuno si
accorgesse di me.
***
Abraxas
Malfoy (pov in 3^ persona)
Herrengton Hill, Highlands - mar. 20 luglio 1971
Abraxas Malfoy aveva pensato che fosse meglio muoversi già
dalla sera prima: conoscendo le abitudini di villa Sherton, sicuramente
avrebbe trovato Alshain nel bosco, di primo mattino, con qualcuno dei
suoi dannati animali esotici che riportava sempre dai suoi continui
viaggi in giro per il mondo. In questo modo non gli avrebbe dato il
tempo di nascondersi dietro la sua facciata di gentile ospite, non
avrebbe avuto Deidra, o i figli, o uno dei suoi dannati ospiti tra i
piedi. Era la cosa migliore, visto che ormai il tempo stringeva e i
discorsi erano troppo importanti per farsi distrarre da inutili
chiacchiere e da falsa cortesia. Si era materializzato, come sempre, a
metà della salita che portava alla tenuta, passando da
ovest, attraverso quei boschi che erano quasi una fissazione per
Sherton: non era possibile avvicinarsi alla casa senza essersi prima
annunciati. Di fatto, a dire il vero, in quel punto non era ancora
nella tenuta, ma al limitare. Per fortuna, col tempo, e dopo vari
tentativi falliti, aveva trovato il modo di
“tracciare” suo cugino: riusciva a vederlo, a
sentirlo; ma, senza la sua presenza, non sarebbe riuscito a penetrare
in quell’intrico arboreo. Abraxas Malfoy non sapeva quale
incanto avesse fatto suo cugino, ma quel bosco era una fortezza
inespugnabile per chiunque tentasse di entrare senza avvisare.
All’epoca di suo padre, le cose non erano così:
chiunque poteva introdursi e materializzarsi a pochi metri dal maniero,
ma da quando Alshain aveva trasferito lì la sua famiglia,
aveva protetto tutta la tenuta con una serie d’incanti
complicati, a dimostrazione di cosa fosse davvero importante per lui. E
quel dannato Sherton, benché sembrasse interessarsi solo di
cose inutili, era straordinariamente abile con certi trucchi di Magia
Oscura, di cui vanamente Abraxas aveva cercato di venire a capo, negli
ultimi nove anni.
Si preparò alla salita. Non pioveva più a
dirotto, com’era accaduto per tutta la giornata, il sole
stava mandando il suo ultimo bagliore da dietro le colline. Per un
attimo si fermò ad ammirare il paesaggio: in basso scorreva
un fiume, di solito sonnolento, ma ora, le prime piogge, che
annunciavano l’imminente fine dell’estate,
l’avevano ingrossato, era limaccioso e carico di forza. Tutto
attorno, le colline avevano perso i toni brillanti della primavera, gli
alberi avevano iniziato a spogliarsi, dalle poche case che
punteggiavano il paesaggio, di sera, filavano in alto timide scie di
fumo. L’aria si presentava umida e il respiro della terra si
manifestava in una sottile nebbia che avvolgeva Malfoy e gli dava
l’aspetto di uno spettro. Provò un moto di
disgusto per i suoi antenati: con maggiore abilità,
già nel passato, quella terra poteva essere dei Malfoy,
insieme a tutte le meraviglie che vi erano custodite.
Si diede una mossa: probabilmente, se non si fosse perso prima, avrebbe
impiegato ore a raggiungere suo cugino. Avanzava nella desolazione, con
la mente libera di rammentare il passato: anche la sua famiglia,
originaria della Francia, aveva vissuto nell’antico villaggio
magico di Herrengton, nella notte dei tempi, ma dopo le persecuzioni
subite dai babbani nella prima antichità cristiana i suoi se
ne erano andati e avevano creato una nuova magnifica vita altrove, a
sud, mentre della gloria del passato, lì, a Herrengton, non
era rimasto altro che la foresta, qualche rovina e la casa degli
Sherton, diventata nei secoli successivi una vera reggia, che
troneggiava sulla vallata, oltre che uno dei principali santuari di
Serpeverde. In un remoto passato Malfoy e Sherton si erano
già imparentati, ma per generazioni gli Sherton erano stati
solo una delle tante famiglie di maghi purosangue e di una certa
ricchezza, che si era legata con qualche matrimonio alla sua stirpe,
ben più ricca e antica. Le cose cambiarono solo quando
Hifrig Sherton salvò Salazar e fu accolto nella cerchia di
Serpeverde, dove manifestò le sue particolari doti di mago
oscuro, elevandosi al rango di prediletto di Salazar stesso. Da allora
le due famiglie si equivalsero, i rapporti tra loro divennero davvero
tra pari: la sua famiglia aveva complottato nell’ombra
durante il medioevo per rovesciarli, arrivando, insieme ad altri, a
gettare delle maledizioni per frenare l’ascesa degli Sherton,
anche se ufficialmente, nel corso dei secoli, erano sempre stati
alleati. Negli ultimi tre secoli c’erano stati cinque
matrimoni importanti che rinsaldarono tra loro i legami di sangue,
oltre che di amicizia, l’ultimo fu quello tra la sorella di
suo nonno ed Elija Sherton, nel 1893, da cui nacque il padre di
Alshain.
Da quando era ragazzino, Abraxas aveva fatto sempre ciò che
era richiesto alla sua famiglia: sostenere ufficialmente i cugini, e
lavorare nell’ombra per la loro caduta, per rimettere le mani
su Herrengton e tutto quello che vi era custodito. Si poteva dire
tranquillamente che l’incidente di caccia che era costato la
vita a Elladora Lestrange e suo marito Ronald Sherton,
vent’anni prima, fosse stato finora uno dei risultati
più proficui della sua attività personale.
Soprattutto perché Alshain Sherton da sempre riteneva
responsabile Roland Lestrange di quanto era successo a suo fratello e
sua cognata, morti senza aver lasciato eredi alla famiglia. Abraxas e
Ronald erano coetanei, cinque anni più di Alshain, e i
“cugini” erano, di fatto, cresciuti insieme,
insieme avevano studiato a Hogwarts, naturalmente entrambi nella casata
di Salazar, dove mostrarono tutte le qualità che si
convenivano a degli slytherins: ambizione, forza, spregiudicatezza,
astuzia. Entrato a sua volta a Serpeverde, Alshain subì
invece il fascino e il carisma di Orion Black, più che
quello di suo cugino, diventandone presto il più caro
amico… Tra Abraxas e Orion non era invece mai nato nessun
rapporto di vera amicizia, soprattutto per il legame che Abraxas aveva
stretto con Tom Riddle, suo compagno di studi e personalità
sicuramente predominante. Col tempo Malfoy e Black si erano sempre
ignorati, tranne nelle occasioni in cui Alshain Sherton era riuscito a
organizzare imprese che potessero interessare a entrambi, o negli
ultimi anni, quando si erano interessati allo stesso tipo di affari.
Ora tutto questo era uno svantaggio, perché, purtroppo,
Orion continuava ad avere molto peso nelle decisioni di suo cugino, e
quello che doveva proporgli quel giorno non era il genere di cose che
piacessero a Black, uomo che preferiva farsi gli affari propri e tenere
sempre il piede in più scarpe. Malfoy strinse il pugno sul
manico del suo bastone: avrebbe volentieri dato una lezione a quel
Black, peccato fosse necessario tenerselo buono, per via di tutti i
soldi e le conoscenze utili che aveva. E soprattutto perché
Alshain non doveva avere motivi per sospettare di lui, di suo cugino.
Non ancora, almeno.
Abraxas aveva camminato tutta la notte per il bosco, aveva saltato
ruscelli, aveva superato rocce, si era ritrovato
all’improvviso su strapiombi che avrebbero potuto proiettarlo
in acqua molti metri più in basso, ponendo così
fine alla sua vita e alle sue macchinazioni. Poi si era buttato
nell’intrico arboreo più denso, quello che
sicuramente era possibile attraversare solo in volo sulle possenti ali
di un ippogrifo o di un tresthal: sapeva che suo cugino ne aveva
diversi… Avanzò per ore, senza avere nessun tipo
d’orientamento se non le rare stelle che riusciva a scorgere,
a volte, di là delle fronde, e soprattutto quella voce in
testa che gli diceva quale direzione tenere per raggiungere Alshain. Si
era reso conto che ormai stava per albeggiare e che probabilmente si
era perso, quando, all’improvviso, riconobbe nella nebbia
leggera del mattino le fattezze di Sherton: era nella radura a
occuparsi dei threstal, proprio come aveva immaginato. Salazar, come
poteva un mago della loro stirpe abbassarsi al livello di un
guardiacaccia? Lo squadrò da dietro gli alberi, non visto:
quando era nella quiete del suo bosco, Sherton restava per lo
più vestito come un volgare plebeo, con quella specie di
tunica da lavoro e i pantaloni macchiati di fango, mentre lui, Abraxas,
oltre a non porsi mai in certe situazioni, non si mostrava mai in
pubblico senza il suo mantello nero e il bastone da passeggio, sembrava
sempre pronto per un ricevimento, e soprattutto, anche dopo aver
affrontato una notte di delirio, come quella appena trascorsa nei
boschi di Herrengton, non aveva mai nemmeno un capello fuori posto. Era
però vero che anche con gli abiti da lavoro, Alshain aveva
sempre un aspetto attraente: aveva ereditato la bellezza di sua madre e
la forza e la determinazione di suo padre; aveva un’eleganza
innata, ulteriormente curata e sviluppata nel tempo dalla
volontà di conquistare il cuore di Deidra Llywelyn. Anche in
quello Sherton era stato diverso dagli altri: nelle loro famiglie per
lo più si celebravano matrimoni d’interesse, che
garantissero potere, purezza e ricchezza alle famiglie magiche, Sherton
invece si era ribellato, l’aveva spuntata ed era riuscito a
fare tutto quello che voleva, senza mai pagare pegno. Anche ora, che
era a capo della famiglia più influente tra quelle del Nord,
Alshain continuava a fare tutto quello che voleva, occupandosi solo dei
suoi divertimenti, della sua famiglia e disinteressandosi quasi
completamente di politica magica.
“Buongiorno Malfoy, sei venuto
a farti turbare dalle mie imbarazzanti abitudini, di prima
mattina?”
Alshain lo accolse con un sorriso cordiale e con la solita espressione
canzonatoria, l’aveva imparata da quel Black sicuramente, ma
Abraxas non aveva tempo per i giochetti, quello che aveva in mente era
più importante, lasciò perciò da parte
la sua maschera più cortese e ben disposta, e lo
affrontò di petto.
“Lo sai, mi lascia sempre
stupito il tempo e la pazienza che metti in questo genere di
attività inutili, potresti farle fare a qualcuno che lavora
per te, che abbia mani più adatte a tutto questo.”
Era piccoso e provocatorio al punto giusto, ma Alshain non sembrava
disposto a cedere subito, anzi continuò sulla scia
dell’ironia e della cordialità.
“Mio caro cugino, tu perdi di
vista il piacere delle piccole cose, la libertà, la natura,
l’odore del bosco in una mattina d’estate, sei
troppo preso dai tuoi intrighi ormai, che non vedi più
nulla… per questo hai bisogno di sensazioni sempre
più forti per entusiasmarti…”
Alshain si voltò e tornò a dare in pasto al suo
ippogrifo la carogna di una volpe.
“Pensavo che avessi
già fatto per molto tempo tutto quello che volevi nella tua
vita, e che a quarant'anni, ormai, ti saresti deciso a prendere in mano
il ruolo che ti compete.”
Era serio, la questione era seria.
“Allora sei venuto qua solo
per farmi la paternale! Non sapevo che mio padre si fosse reincarnato
in te…”
Tornò a guardarlo, gli occhi freddi e
l’espressione a sua volta seria, un cenno di sfida nella voce.
“Sentiamo, cosa dovrei fare
per ottenere il tuo rispetto, cugino, e farti dormire sereno, la notte,
invece di costringerti a un faticoso viaggio notturno, per essere qui
all’alba? Cosa non sto facendo che invece è mio
dovere fare?”
“Lo sai: ti occupi troppo poco
dei problemi delle nostre famiglie, anche se è un problema
anche tuo, non partecipi alle riunioni del consiglio, anche se sei
consigliere anche tu, ti si sente solo quando qualcosa non va a
Hogwarts, solo quando hai qualcosa da dire contro quel dannato
Dumbledore…”
“Naturale, quello è
l’unico ambito che suscita il mio interesse, cugino, visto
che ho un figlio là, e presto ci andrà anche
un’altra mia figlia. È questo che è
importante per me, non gli intrighi che tu e i tuoi amici ponete in
atto per avere più potere!”
“Dovresti avere più
a cuore la questione del potere, Alshain, perché
è qualcosa che si perde se non si cura, dovresti deciderti a
mettertelo in testa! I problemi di noi purosangue non si risolvono solo
occupandosi di quella dannata scuola, è evidente che il
Ministero è ormai alla deriva, bisogna fare qualcosa,
prendere decisioni importanti, e tu hai delle qualità tali
che potresti essere di notevole aiuto in tutto questo: incanti con le
parole almeno quanto incanti con la magia, il tuo passato da giocatore
di Quidditch fa di te un portavoce ideale anche tra più
giovani, poco interessati alla politica. Non scordiamoci poi il peso
del tuo nome, Alshain! Per la nostra causa la tua voce o il tuo
silenzio sono decisivi sia per vincere sia per restare
sconfitti!”
Abraxas si era preparato a lungo il discorso, sperava d essere stato
sufficientemente appassionato e aver solleticato le corde
dell’orgoglio e del compiacimento, non si aspettava una resa
immediata certo, suo cugino era estremamente orgoglioso e testardo, ma
sperava di strappargli almeno la promessa di una riflessione, la
promessa di un incontro.
“Nostra… Nostra
causa… Ti manda lui, giusto? E’ per lui che sei
qui, è per lui che affronti la notte, la pioggia e la
foresta…”
Alshain era straordinariamente sveglio e con quella domanda mise subito
fine a ogni speranza di poter ragionare sulla questione amichevolmente:
in tutta la vita era sempre andato diretto al sodo, e in Malfoy tutto
questo non poteva non accrescere ancora di più la rabbia.
“Alshain!”
“Abraxas, sai che odio quando
giri intorno alle cose, ti ha mandato lui, è
così? Crede davvero che mandare avanti mio cugino mi renda
più malleabile?”
Distolse lo sguardo e si mise ad accarezzare la testa
dell’ippogrifo, gli occhi persi a frugare in un punto in
mezzo agli alberi, in silenzio. Quando si voltò di nuovo
verso d lui, gli occhi di acciaio erano seri e determinati, ogni
cellula del suo corpo rivelava tutta l’autorità
del suo carattere e del suo sangue, a contrastare
l’umiltà delle vesti.
“Lo ripeto anche a te,
Abraxas, visto che il tuo "padrone", per quanto sia eccezionalmente
potente, non pare dotato di un udito altrettanto eccezionale: non
m’interessano i suoi progetti, si faccia chiamare come vuole,
non m'importa. Per me resta sempre e soltanto Tom Riddle! Ti ho
già garantito che non mi schiererò contro di lui,
che se accadrà l’inevitabile, io
resterò neutrale, è il massimo che posso
promettervi.”
“Quando ti ha detto che il suo
nome era Tom Riddle?”
“Stolto, sei tu che me ne dai
conferma, adesso, con le tue parole…”
“Maledizione, Sherton!
D’accordo… d’accordo, poco importa,
avevo… avevo la facoltà di dirtelo, prima o
poi… e non è questo il punto… ti rendi
conto che solo lui può fare la differenza? Che solo unendoci
a lui, possiamo mettere fine alla deriva del Ministero? Fine alle
scorrerie dei babbani?”
Abraxas si avvicinò tanto da far innervosire
l’ippogrifo, ma Alshain riportò alla calma
l’animale con un semplice sguardo… poi
tornò a prestare attenzione al cugino, parlando con calma,
ogni parola era misurata, e aveva l’effetto d'un macigno.
“E tu ti rendi conto che stai
mettendo te e la tua famiglia nelle mani d'un Mezzosangue? Che stai
chiedendo a me, tuo cugino di mettere la mia vita e quella della mia
famiglia nelle mani d'un mezzosangue? Di un mezzosangue, capisci!
Abraxas, lo sai, non mi fido d lui, se parlassimo di un tuo progetto,
se fossi tu a capo di questa impresa, non ci penserei nemmeno un
istante. Avrei messo tutto da parte e sarei stato al tuo fianco
già da un pezzo… Ma con lui no: è
diverso, non è uno di noi, e... Per il sangue che ci lega,
Abraxas, ti consiglio di riflettere con molta attenzione prima di fare
azioni che mettano a rischio te e la tua famiglia…”
Malfoy era da sempre più che convinto della propria
posizione, ma quell’accenno all’essersi piegato a
un volgare Mezzosangue, per un attimo, gli fece rivoltare lo
stomaco… ma fu solo un attimo, perché subito
tornò in sé.
“Non gli dirò
quello che mi hai detto, ti voglio troppo bene…”
Gli diede le spalle, stanco e rassegnato, conosceva suo cugino: era la
persona più ostinata che conoscesse.
“Fai come credi Abraxas, io
non ho paura di lui, e la prossima volta che vuoi venire a trovarmi,
abbi la decenza di non intrufolarti più come un ladro, come
hai fatto oggi.”
Anche Alshain era stanco, stanco di affrontare da mesi in modi diversi
sempre la stessa questione, ogni volta che s'incontravano a Londra: era
un assedio continuo, che poneva in difficoltà anche il
rapporto con sua moglie, poco lieta, come lui, che sulla loro famiglia
si fosse concentrata l’attenzione di quel mago oscuro potente
e privo di qualsiasi scrupolo: soprattutto perché Alshain
Sherton sembrava tutt’altro che ben disposto persino ad
ascoltarlo.
“Credo dovresti, invece, avere
paura di lui, Alshain: non è una minaccia, bada bene.
È una semplice constatazione: lui sa sempre trovare i punti
in cui siamo più deboli, e sa usarli molto bene a suo
vantaggio!”
“Noi siamo purosangue, Malfoy,
noi non abbiamo paura di nessuno, la mia casa è sempre
aperta per te, sappilo… ma per favore, finiamola con questo
discorso. Deidra aspetta un bambino, non voglio che sia ancora turbata
da questi argomenti, tanto il mio pensiero lo conosci già e
conosci me.”
“Se qualcosa nel piano
cambiasse… non saresti disposto almeno ad ascoltare, senza
promettere nulla? Almeno riflettici! Per il tuo bene Alshain, e per
tutti quelli che ami, almeno ascoltalo…”
Alshain rimase turbato da quella specie di supplica, per un attimo gli
passò per la testa che Abraxas non fosse andato
lì all’alba, a sporcarsi i piedi nella terra umida
del bosco per perorare la causa di Riddle, ma per dare un consiglio a
lui, per metterlo in guardia su un qualche pericolo che forse stava
sottovalutando. Tom Riddle era di sicuro un pazzo, ma sarebbe stato
così pazzo da mettersi contro di lui, di affrontarlo
apertamente? I Malfoy e gli altri maghi così legati alla sua
famiglia, davvero avrebbero voltato le spalle a uno Sherton per volere
di un mezzosangue? Pensò a certi discorsi di suo padre e
capì che tutto era possibile, c’era talmente tanto
in gioco. Sherton sorrise a Malfoy e lo abbracciò.
“Abraxas, ti prometto che
cercherò d'impegnarmi di più nel consiglio, che
mi interesserò di più ai problemi di noi
purosangue, che farò pesare il mio nome per sostenerti,
perché è mia volontà, non solo mio
dovere farlo. Ma non sosterrò lui.”
Malfoy rispose all’abbraccio, guardando il cugino con
rispetto, gli diede un bacio e si allontanò lasciandosi
portar via dalla smaterializzazione che Alshain gli aveva
momentaneamente concesso. Sperava sinceramente che quella promessa
fosse sufficiente a prendere altro tempo, e trovare così un
modo definitivo per convincere Alshain Sherton ad aderire alla causa di
Lord Voldemort. In fondo quel pazzo di suo cugino gli piaceva, e non
aveva intenzione, non ancora almeno, di toglierlo di mezzo, anche
perchè era convinto che fosse sincero quando gli diceva che
se fosse stato lui a capo dell’impresa, gli avrebbe dato un
sostegno incondizionato… No… Alshain era un uomo
leale, poteva sempre tornargli utile, prima o poi.
***
Sirius
Black
Herrengton Hill, Highlands - mar. 20 luglio 1971
“Ora puoi
uscire da quel cespuglio!”
Alshain guardava di nuovo nella mia direzione: non immaginavo da quanto
tempo sapesse che ero lì, io mi sollevai timidamente, con
una faccia stralunata e carico di domande. Mi dava di nuovo le spalle,
intento a finire di dar da mangiare agli ippogrifi.
“Sia chiaro che quello che hai
visto e sentito lo terrai per te, non ne farai parola con nessuno dei
miei familiari e non voglio nemmeno che ne parli con i tuoi, prima che
l’abbia fatto io, siamo intesi? Non farmi ricorrere
all’Oblivion, non voglio usare il mio potere contro di te, lo
sai.”
Annuii, mi terrorizzava troppo Malfoy per avere la benché
minima voglia di parlare di lui con qualcuno. Alshain tirò
fuori le ultime volpi dal sacco, poi accarezzò la testa
degli ippogrifi e si allontanò per raggiungermi, prese la
bacchetta e fece scorrere acqua da una roccia, dove si lavò
accuratamente le mani.
“Come avrai capito non faremo
pozioni stamattina, al contrario, nella prossima ora, devi trovarmi
dieci tracce di animali e saper riconoscere di chi si tratta.”
Ero felice, quel genere di cose non poteva certo chiamarsi punizione:
avevo Alshain tutto per me, senza nessuno che mi rompesse le scatole, e
potevo godermi il bosco solo con lui… peccato soltanto che
ancora mi tremavano le gambe per quello che avevo appena visto e
sentito. Nemmeno Alshain aveva voglia di parlare: si mise seduto su una
roccia, impegnato a giochicchiare con la bacchetta, ogni tanto guardava
nella mia direzione, rispondeva a monosillabi alle mie domande su
quello che mi aveva detto di fare, e per lo più guardava
davanti a sé, in un punto in cui non c’era nulla.
Probabilmente stava riflettendo su quanto era successo quella mattina.
Impugnò un bastone e iniziò a tracciare dei
simboli a terra, ogni tanto si fermava, li guardava e li cancellava con
la punta, poi ricominciava, come se cercasse di ricordare a memoria
qualcosa, che però gli sfuggiva nella sua interezza. Io
intanto avevo finito di cerchiare con i sassi le ultime due impronte
che avevo trovato, mi avvicinai a lui e gli dissi che avevo finito.
Sherton si alzò, mi circondò le spalle con il
braccio e mi seguì in quel breve tratto di boscaglia,
ascoltando attento le mie spiegazioni.
“Hai fatto un buon lavoro,
Sirius, a quanto pare, per lo meno quando andiamo in giro per i boschi,
mi ascolti!”
Sorrideva ma aveva il sorriso tirato, lo sguardo un po’
stanco: quel giorno non sembrava un ragazzo come il solito, potevo
persino vedere qualcuna delle rughe che iniziavano a segnargli il viso.
Mi chiesi se non stesse male.
“Che
cos’è successo stamattina?”
Alshain non mi guardava e, dall’espressione, capii che non
aveva assolutamente l’intenzione di rispondermi, era
però costretto dalla nostra amicizia a darmi una qualche
soddisfazione, così era alla ricerca delle parole
più semplici e definitive, per dirmi quello che gli sembrava
la cosa migliore, e chiudere la questione in fretta.
“A quanto pare mio cugino ha
trovato un modo per non perdersi nella foresta, magari è
stata solo fortuna, ma devo verificare: finché si tratta di
lui, non c’è problema, ma... Devo trovare un
rimedio, non posso permettere che entrino facilmente anche altre
persone.”
“Come Riddle?”
Alshain sospirò e mi guardò a fondo.
“Non adesso Sirius, per
favore!”
Era stanco come mai l’avevo visto, mi morsi il labbro,
rabbioso con me stesso per averlo messo in difficoltà: lo
vedevo vulnerabile e sapevo che non era il tipo di situazione che gli
piacesse. Mi diede le spalle, fece alcuni passi tra gli alberi,
appoggiandosi ai tronchi e guardandoli con amore, come fossero persone
di famiglia, probabilmente quel contatto gli serviva per ritrovare la
calma e il suo solito autocontrollo, perché quando si
voltò, di nuovo, verso di me, aveva la solita espressione
sicura e serena.
“Hai già sentito
parlare di Voldemort prima d’ora, vero Sirius? Da un
po’ alcuni lo chiamano addirittura Lord...
Sorrise, un riso privo di gioia e carico di disprezzo e sarcasmo. Un
brivido mi percorse la schiena: le rare volte che avevo sentito i miei
parlare di lui quando eravamo ancora svegli, ascoltando di nascosto i
loro discorsi, poi non ero riuscito a dormire per diverse notti di
seguito. Anche mio padre lo temeva, benché fosse simile a
lui per alcuni modi di ragionare, Orion Black era spaventato e confuso
quando leggeva i fatti riportati sulla “Gazzetta del
Profeta” che lo riguardavano, perdeva baldanza e il suo
sguardo urlava terrore. Mi avvicinai, abbassando la voce, come se quel
mostro potesse essere nascosto lì, in mezzo a quegli alberi.
“Che vuole da te "Tu sai
Chi"?”
Alshain mi accarezzò con lo sguardo, mi cinse le spalle con
suo braccio e mi portò fino a un tronco riverso a terra,
dove ci sedemmo, da quel momento non mi staccò
più gli occhi da dosso, la sua faccia divenne seria e
composta, lo sguardo tranquillo e altero, come suo solito.
“Avere il mio sostegno
significa poter accedere alla grotta di Salazar e di fatto avere ai
suoi piedi tutta la Confraternita dei Maghi del Nord; inoltre, dove
sono io, c’è anche tuo padre.”
“Mio padre? Che può
volere da lui? Noi, noi… non siamo…”
“Sirius, come fai a non
renderti conto di quanto potere ha tuo padre? Quanto conta la sua
parola? Cosa recita il vostro stemma? TOUJOURS PUR! Così
perfetti, così puri: poche famiglie sono al vostro livello,
anche tra i purosangue c’è una gerarchia, pochi
sono al livello di Malfoy, Black, Lestrange… questo fa
sì che, come me, tuo padre possa muovere le opinioni degli
altri anche stando in silenzio. Voldemort ci vuole per dire che anche
gli Sherton e i Black lo sostengono: se così fosse, tutti
gli altri, gli indecisi, si legherebbero subito a lui. Avere il
sostegno di due delle famiglie purosangue più potenti della
Gran Bretagna significa avere il Ministero, e non solo quello, ai suoi
piedi. Ma finché io e tuo padre non accetteremo... molti
rimarranno cauti nelle loro scelte."
“Quindi gli avete detto
chiaramente di no? Ma lui vi darà la caccia per questo! Ci
darà la caccia a tutti quanti!”
Ero allarmato, spaventato a morte, non avevo mai immaginato che quel
mostro potesse costituire una minaccia anche per noi, che eravamo puri
e non plebaglia babbana.
“Sono uno Sherton, Sirius, non
intendo piegarmi, a meno che non abbia altra scelta. Però
capisco che uno scontro diretto… personalmente ….
Merlino! mi faccio schifo anche solo a dire questo…. Forse
verrà il giorno in cui dovremo essere possibilisti, prendere
tempo e... concedere solo il minimo indispensabile, trovare in questo
modo la maniera di usare Voldemort, invece di farci usare da
lui.”
“Tu e mio padre avete
intenzione di …?”
“Oh no, Sirius, non voglio
coinvolgere Orion in tutto questo! Anche perché, se davvero
un giorno facessi quello che ho in mente, è bene che uno dei
due resti fuori per tirar via l’altro, se le cose si
mettessero male…”
Capivo. Sapevo bene chi dei due sarebbe rimasto fuori, a orchestrare
nell’ombra. Era la prima volta che sentivo qualcuno parlare
di Voldemort non in preda alla paura o all’eccitazione, ma
facendo piani che vedevano una fine al suo periodo di saccheggi e
incursioni: non era difficile immaginare che Sherton avesse un piano
anche per questa situazione, e la mia ammirazione per lui non smetteva
mai di aumentare. Mi sentivo orgoglioso ancora di più di
averlo al mio fianco, nella mia vita. All’epoca non mi ponevo
nemmeno la questione che potesse non avere forza e fortuna a
sufficienza per combatterlo, tanto ero convinto della sua
invincibilità.
***
Sirius
Black
Herrengton Hill, Highlands - ven. 23 luglio 1971
Avevamo giocato a Quidditch tutto il giorno, a
Cape Ham. Dopo la visita inattesa di Malfoy, quel mattino nel bosco,
c’era stata un po’ di agitazione al Manor, Sherton
e Mirzam avevano discusso a lungo insieme, poi erano spariti per un
giorno intero: non ne sapevo il motivo, ma ero certo che fossero andati
a gettare dei nuovi incantesimi tutto intorno ai boschi di Herrengton,
per impedire che qualcuno potesse di nuovo entrare nella tenuta di
nascosto. Il sorriso era poi tornato rapidamente e quel giorno era
stato davvero eccezionale: ero riuscito a volare come non mai,
sentendomi nel mio elemento, avevo passato il mio tempo con le persone
che ammiravo di più, con la ragazzina che mi faceva battere
il cuore più velocemente e anche mio fratello, cosa che
avveniva davvero raramente, quel giorno aveva riso di cuore ed io ero
davvero felice anche per lui. Non tornammo a casa, quella sera, avevo
capito fin dalla metà del pomeriggio che Sherton aveva
qualcosa in mente per noi: ci spingemmo fino alla spiaggia, dove
Alshain si preoccupò di allestire la tenda e accendere i
falò.
“E’ ancora presto
per la cena, abbiamo tutto il tempo per rilassarci un po’, io
mi faccio una bella nuotata…”
Reg ed io ci guardammo, anche per mio fratello l’idea era
allettante, così tirammo fuori i pantaloncini che avevamo
portato nelle nostre bisacce e andammo di corsa a cambiarci nella
tenda, io appena un po’ indeciso all’idea del
freddo che ci attendeva, Regulus invece completamente entusiasta. Al
ritorno scoprimmo che Alshain e Rigel non ci avevano aspettato, avevano
lasciato appena le camicie sulla spiaggia e si erano tuffati, erano
arrivati già quasi alle secche, coprendo la distanza con
l’agilità dei delfini. Mirzam e Meissa erano
invece ai margini meridionali della spiaggia, chiaramente occupati a
complottare qualcosa come loro solito. Arrivati alla zona bassa, Rigel
e suo padre emersero dalle acque baciate dal sole quasi al tramonto,
sembravano quei guerrieri antichi di cui Sherton ci raccontava le gesta
attorno al fuoco, il ragazzo ci salutò con un caloroso cenno
della mano, sorridente e radioso, con l’entusiasmo contagioso
che lo caratterizzava sempre.
“Non avrete mica paura,
no?”
Tornò a tuffarsi ancora. Reg si avviò verso le
secche, era bravo a nuotare; anche a me piaceva, avrei volentieri
passato tutta la vacanza nella piscina del patio, ma in quel momento,
poco convinto del calore dell’acqua, mi facevo alcuni
scrupoli, più che altro per pigrizia. A dire il vero avrei
preferito raggiungere Mei e Mirzam, ma il fatto di essere in
pantaloncini mi metteva un po’ in imbarazzo.
“Sirius, dai, non fare il
guastafeste, è bellissimo qui!”
La voce di Reg, così piena di entusiasmo, finì
col convincermi: avrei preferito rimandare a un’altra
occasione, certo, ero stanco e mi facevano male le gambe, vero, e
soprattutto non ero completamente presente a me stesso, però
non volevo tirarmi indietro. Al contrario di quanto accadeva quando ero
a Londra con mio padre, a Herrengton cercavo sempre di affrontare tutto
quello che mi veniva proposto.
“Fa’ come
preferisci, Sir, se sei stanco, resta a riposarti, se ci ripensi, noi
siamo sempre qua.”
Alshain mi diede le spalle e si occupò di Regulus, appena
arrivò alle secche, lo vidi dargli la mano per aiutarlo a
uscire dall’acqua, lo spettinò, lo cinse con un
braccio all’altezza delle spalle e iniziarono a passeggiare
tra le acque parlottando, osservando il fondale e ridendo.
M’ingelosii subito: anche se era stupido, da parte mia, non
mi piaceva quando Alshain mostrava verso mio fratello lo stesso
atteggiamento paterno che riservava spesso a me. Quello mi diede la
scossa finale, mi avventurai nelle acque anch’io, non potevo
rimanere sulla spiaggia, seduto a disegnare stupide greche sulla sabbia
bagnata, a guardarli giocare, con Alshain che insegnava a Reg a
prendere dei pesci a mani nude o a migliorare il suo stile di nuoto. Mi
sarei sentito solo, e benché a Grimmauld Place ci fossi
abituato, a Herrengton non riuscivo proprio a sopportarlo. Alshain mi
aiutò a rimettermi in piedi, dandomi la mano come aveva
appena fatto con Reg: fu il sorriso con cui mi accolse, che
gettò lontano la fatica che mi sentivo dentro. Ritornammo
circa un’ora più tardi, con un bel bottino di
pesci, pescati da Alshain e Rigel, un po’ con la magia un
po’ con l’abilità, e di straordinarie
conchiglie variopinte, che avrei conservato a ricordo di quella
magnifica estate. Rigel mi salutò ridendo e andò
di corsa nella tenda a cambiarsi, insieme a mio fratello: non mi ero
mai reso davvero conto di quanto Regulus si fosse affezionato a quel
ragazzo, all’inizio dell’estate ero convinto che
sarei stato io a passare tutto il tempo con il figlio più
giovane di Sherton. Alshain prese un asciugamano e si avvolse con
quello, mi turbava sempre vederlo usare così poco la magia
nei piccoli gesti quotidiani, a quanto pareva non si era accorto che
non ero nella tenda con mio fratello. Ero rimasto indietro a
perlustrare la spiaggia, ancora fradicio, trattenevo a stento i
brividi, ma non volevo cedere, per insano orgoglio e sfida con me
stesso: avevo raccolto un paio di stelle marine, altre conchiglie
variopinte, dei sassi strani, e ora li stavo osservando estasiato dalla
complessità e dalla precisione di quelle forme.
“Non devi rimanere sulla
spiaggia così, prenderai freddo!”
Mi si parò di fronte, mi avvolse in un asciugamano e
finì di asciugarmi i capelli con la bacchetta,
costringendomi ad alzare la faccia e guardarlo in viso: mi
fissò a lungo diritto negli occhi, indagatore.
“Che cosa ti turba,
Sirius?”
Non capivo come avesse indovinato il mio stato d’animo.
Protestai, a metà tra l’annoiato e lo scocciato.
“Non ho nulla”
“Non sei molto bravo a
mentire, Sir, dovrai metterci un impegno maggiore nelle prossime
settimane, o avrai qualche problema a Hogwarts.”
Mi diede le spalle, diretto a sua volta nella tenda, non appena Reg ne
fu uscito vestito.
“Non dovresti usare la
legilimanzia con noi! Non è giusto!”.
Alshain si voltò, mi guardò sorpreso da
quell’accusa che, me ne rendevo conto da solo, era
un’idiozia: con tre figli, non era necessario usare
un’Arte Oscura per capire un ragazzino della mia
età, ma ormai avevo fatto la mia brava figuraccia. Eppure
Sherton non rise della mia accusa, anzi la sua risposta fu dannatamente
seria.
“E’ vero, sono un
legilimens, Sirius, ma ho giurato alla vostra nascita che vi avrei
sempre rispettato come se foste figli miei. Non ve lo farei mai,
nemmeno se me lo chiedesse vostro padre in persona. Merlino mi
è testimone, non tradirei mai la parola data.“
Entrò nella tenda, tutto d’un pezzo, senza
lasciarmi il tempo né di replicare né di
scusarmi. Passai quasi tutta la serata in silenzio, mentre gli altri
continuavano a parlare di quanto avevamo visto sul fondale o di
com’erano andati gli allenamenti quel giorno, Alshain non
raccontò nemmeno la classica storia intorno al fuoco, preso
nei suoi pensieri. Da parte mia, mi sentivo talmente un idiota, che non
vedevo l’ora di andarmene avvilito nella tenda, a dormire,
rabbioso con me stesso per la mia stupidità e soddisfatto
solo della prelibata cena di pesce che avevamo consumato. Come mi alzai
per dileguarmi, però, Alshain mi afferrò per un
braccio e mi trattenne.
“È presto per
dormire, Sirius, stasera ho ancora qualcosa in programmaper tutti
voi.”
Lo guardai interrogativo, anche Regulus si mise attento ad ascoltare,
incerto su quanto sarebbe accaduto, si era accorto da solo che era
calato uno strano silenzio tra me e il nostro ospite. I figli di
Alshain invece sembravano a conoscenza di quale fosse il misterioso
programma. Alshain e Mirzam presero dalla bisaccia senza fondo dei
piccoli mantelli per noi più piccoli e li distribuirono,
sistemarono dei caldi plaid sulla sabbia, coprirono il fuoco
così che non irradiasse la sua luce in giro e sistemarono
dei cuscini presi dalla tenda, così che potessimo sdraiarci
comodamente. Ci ritrovammo immersi nell’oscurità e
nel silenzio, rotto solo dal suono della risacca.
“Sono giorni che attendo una
serata limpida come questa…”
Alshain fece segno a me e Reg di accomodarci, ci porse una calda
coperta con cui ci avvolse e si sdraiò supino a sua volta,
poco distante, alle nostre spalle, a guardare le stelle; Mirzam fece lo
stesso con i suoi fratelli. Nonostante i vari strati di tessuto e la
distanza, potevo chiaramente percepire il profumo e il calore di
Sherton, mi pervase lo stesso senso di appartenenza e protezione che
avevo già provato la notte del solstizio. In un lampo tutto
il gelo che avevo provato a cena si dissolse e mi tornò il
sorriso. Alshain indicava le varie costellazioni polari,
l’Orsa Minore e la Maggiore, il Dragone, il triangolo estivo
e di ognuna di esse raccontò alcuni miti, travolgendoci con
la straordinaria vitalità e passionalità della
mitologia greca: non avevo ancora mai ascoltato quelle storie, quindi
fui profondamente impressionato da leggende piene di avventura,
eroismo, brutalità ed esaltazione. Mio fratello guardava il
cielo con occhi sognanti, e capii che, come me, difficilmente avrebbe
scordato quella notte a Cape Ham.
“Perché nelle
nostre famiglie abbiamo tutti i nomi presi dalle stelle?”
Vidi Mirzam e Rigel sorridere, poco distante da me, Meissa rivolgermi
un’occhiata incuriosita, mentre suo padre mi rispondeva.
“Per i Black è
tradizione ormai da generazioni usare nomi di Stelle e di Fiori, ma non
ho mai chiesto a Orion com’è nata
quest’abitudine. Nella famiglia Sherton non c’era
quest’uso, il nome Alshain è stato scelto da mia
madre perché amava la Persia e la sua cultura. I miei figli,
invece, hanno tutti i nomi delle stelle di Orione e del Cane proprio
per onorare l’amicizia che mi lega a vostro padre: spero di
tramandare ai miei discendenti anche così il legame
d'amicizia che esiste tra le nostre famiglie.”
Le stelle continuavano il loro movimento perenne, inseguendosi e
alternandosi: i fratelli Sherton si alzarono e ci augurarono la buona
notte, per loro una serata come quella non era una novità,
io e Regulus invece insistemmo per rimanere fuori ancora e Alshain non
si negò. A poco a poco iniziò a parlare con un
tono di voce via via più basso, mentre sentivo che il
respiro di Reg accanto a me si faceva estremamente regolare e ormai
scivolava nel sonno.
“Tuo fratello si è
addormentato, credo sia meglio non disturbarlo oltre e provare a
dormire anche noi.”
“Ora lo sveglio e lo porto
dentro: rotolandosi ti ha bloccato un braccio con la testa, non
può dormire usandoti come un materasso!”
Alshain rise di gusto.
“Sir, quando vuoi sei davvero
comico, sai? Lascialo stare, io ci sono abituato, finiva sempre
così con i miei figli, nelle serate come questa, e tra poco
con Wezen e col nuovo bambino, si ricomincerà da capo,
stasera tuo fratello mi aiuterà a ripassare
l’argomento.”
Aveva gli occhi luminosi, e questo mi provocò
un’invidia terribile, mai avevo visto mio padre
così compiaciuto al pensiero di stare con noi,
già immaginavo le urla se uno di noi due si fosse comportato
con lui prendendosi tutte le libertà che ci stava concedendo
Alshain. Mi morsi un labbro e cercai di cacciare l’immagine
di mio padre inferocito, chiedendogli qualcosa del bambino.
“Quando
nascerà?”
“Tra la fine di agosto e i
primi di settembre.”
“Immagino già che
sarà straordinario come Rigel o Mirzam, un altro figlio di
cui sarai orgoglioso.”
Sorrisi, con una punta di amarezza, dovuta al fatto che mai mio padre
mi avrebbe guardato con gli occhi che aveva Alshain per i suoi figli.
“Già, invece io
vorrei tanto che fosse un’altra bambina...”
Mi voltai, mi aveva stupito quella risposta appena sussurrata, sembrava
che il tradizionale autocontrollo avesse ceduto per un istante
all’emotività che, avevo notato, a volte sgorgava
libera dal profondo del suo essere. Volevo chiedergli il
perché, tanti enigmi erano legati a quella risposta, ma
finii solo col guardarlo interrogativo: aveva già tre figli,
vero, ma non conoscevo una sola famiglia magica che nella medesima
situazione non si augurasse e si esaltasse al pensiero
dell’ennesimo maschio.
“Dormi, Sirius, domani mattina
partiremo presto.”
Presi sonno con difficoltà, anche perché
lentamente Reg si mosse usandomi come cuscino, esattamente come aveva
fatto fino a quel momento con Alshain. Fu un sonno irregolare, senza
sogni, estremamente agitato, al punto che molto prima del sorgere del
sole, mi svegliai definitivamente. Uscii piano dal bozzolo di coperte
con cui ci aveva avvolto Alshain, facendo in modo di non svegliare Reg
e m’immersi nel fresco della notte. Notai che Sherton non era
più accanto a noi, né vicino al fuoco, mi guardai
attorno e non lo vidi da nessuna parte: la cosa mi stupì non
poco, ma non mi misi a cercarlo, perché volevo godermi da
solo quel silenzio. C’era un cielo oscuro, punteggiato da
meravigliose stelle, quelle miriadi di stelle che ora conoscevo un
po’ meglio e che sembravano quasi cadermi addosso. Mi sedetti
vicino alla riva, l’acqua ritmicamente mi solleticava i piedi
e rifluiva via. Ero attonito per quella meraviglia, per quella
comunione con l’universo, da quando ero a Herrengton mi
capitava spesso di sentire quella specie di vibrazione, avevo come la
sensazione che il mondo mi parlasse attraverso il soffio della brezza,
lo sciabordio della risacca, quasi portandomi in una specie di trance.
Ero sul punto di perdere coscienza, cullato da quei suoni, quando per
la prima volta mi accorsi di Sherton che, silenzioso come suo solito,
si muoveva alle mie spalle, simile a un’ombra: lo percepii
chiaramente e mi voltai stupito verso di lui. Il suo sguardo era non
meno sbalordito.
“Non immaginavo che fossi
già entrato così in sintonia con questa terra da
riuscire a sentirmi nonostante un incanto di silenzio.”
Alshain mi sorrise e si sedette accanto a me, guardava al largo, dove
spuntava alto sull’orizzonte il triangolo estivo, sembrava
stranamente compiaciuto, come se avesse scoperto qualcosa di prezioso e
inaspettato, qualcosa che desiderava ma che non osava sperare.
“Non riesco a dormire, mi
sento inquieto, senza un motivo apparente.”
Mi voltai di nuovo verso di lui, Alshain stava con gli occhi socchiusi,
con il viso rivolto ora all’Aquila e alla sua stella,
lasciandosi accarezzare dalla leggera brezza della notte. Annuiva
leggermente, apprezzando la mia sincerità, seppur tardiva.
“Stai crescendo Sirius. Non
è facile il periodo che hai davanti, ma non per questo devi
temerlo, a volte ti sembrerà terribile, inutile negarlo, ma
sarà anche meraviglioso, e come tutti noi che ci siamo
già passati, lo apprezzerai appieno solo quando
l’avrai alle spalle. Cerca di goderne, nel bene e nel male,
in questo modo non ti troverai a rimpiangerlo per tutta la
vita.”
Mi guardava ora, c’era una malinconia nuova in quegli occhi,
come se invece di vedere me, stesse guardando qualcos’altro,
un’ombra del passato. Mi chiedevo di cosa potesse avere
nostalgia un uomo così, che apparentemente aveva tutto
quello che si poteva desiderare. I miei occhi si persero sul suo viso,
come facevo di solito, appena ne avevo la possibilità,
facendo poi scivolare lo sguardo sul suo corpo vestito solo da un paio
di pantaloni, nonostante la frescura della notte; mi lasciai catturare
come sempre dal tatuaggio che gli decorava il petto, ne rimasi quasi
ipnotizzato, senza rendermi conto che ormai lo fissavo. Alshain
sorrise, allungò un braccio verso di me e mi
arruffò i capelli con affetto.
“Sei più simile a
tuo padre di quanto entrambi vogliate o possiate immaginare, lo
sai?”
Rosso di vergogna per la mia indelicatezza e sfacciataggine, cercai di
togliergli gli occhi da dosso.
“Che c’entra mio
padre adesso?”
“Anche lui era ipnotizzato da
questi tatuaggi, anzi, a volte gli capita ancora adesso.”
“Mi spiace, io non
volevo…”
“Smettila di vergognarti della
tua curiosità, Sirius! Non sei a Londra, qui nessuno ti
chiede di essere qualcosa di diverso da quello che sei! Dovete
ritrovare la spontaneità e la fiducia in voi stessi, tu e
tuo fratello! Tutte le panzane londinesi sulla convenienza e
l’etichetta vi danneggiano. Devi ricordartene con gli
estranei soltanto, e solo nelle occasioni in cui è davvero
necessario comportarsi in un certo modo. Per il resto del tempo devi
essere solo te stesso, sempre.”
Mi osservava con occhi fermi e seri, ed io mi meravigliavo che mi
stesse chiaramente dicendo di disobbedire ai miei genitori, che con il
loro insegnamento non facevano che istigarmi a mentire e a fingere di
essere qualcosa di diverso da quello che mi sentivo nel cuore e
nell’anima. Ascoltare quello che diceva Alshain era qualcosa
di assurdo e impensabile. Forse avevo capito male.
“Qualsiasi cosa tu voglia
chiedermi, Sirius, non devi avere timore di offendermi o di apparire
impiccione, la curiosità è una virtù,
qui a Herrengton...”
Feci un sospiro fondo, stavo stringendo della sabbia in mano e la
facevo fluire via, un gesto stupido che però un poco mi
calmava, guardavo le onde che s’infrangevano ai miei piedi,
poi i piedi di Alshain, ora nascosti tra acqua e sabbia.
“Non riesco a non osservare i
tuoi tatuaggi, soprattutto quello che porti al centro del
petto.”
Lo fissai di nuovo in viso, ma lui guardava sempre lontano, come se si
stesse preparando a raccontarmi una favola di cui cercava la trama tra
le stelle.
“È giusto che sia
così, Sirius, è la sua funzione, deve mandare un
messaggio, e tu a quanto pare l’hai compreso. Di tutti i
tatuaggi del Cammino del Nord, è quello più
importante, è il primo che si prende una volta raggiunta la
maggiore età, quando si è ormai pienamente
consapevoli.”
“Quindi ogni tatuaggio ha un
valore diverso?”
“Certamente. Questo al collo
decreta a quale famiglia del Nord appartieni. Con le rune delle mani
consacri le tue opere materiali al Cammino, tutto quello che farai,
sarà eseguito secondo il principio della Conoscenza, le rune
ai piedi invece servono a muovere il tuo corpo secondo i principi del
Nord. A sedici è tatuata la spina dorsale, per impegnare la
tua forza e la tua solidità. Il tatuaggio sul petto infine
si prende a ventuno anni e consacra il tuo cuore: t’impegni a
realizzare un tutt’uno tra la ragione e
l’emotività. Questo è il fine cui tutti
dovremmo aspirare, perché non esiste razionalità
giusta se non mediata dal sentire, né sentimenti giusti che
non siano indirizzati dalla ragione.”
“Tu hai molti altri tatuaggi,
eppure mi sembra che gli impegni più importanti siano stati
tutti presi... ”
“In effetti, quelli che si
prendono dopo i trenta anni sono conferme o promesse di carattere
più specifico, sono importanti, certo, ma non concorrono a
formare il carattere come gli altri. L’ultimo impegno
fondamentale si prende a venticinque anni, quando prometti di educare
la tua discendenza al Cammino: io dovetti farlo a ventuno insieme con
quello del petto perché già era nato Mirzam, ed
anche per noi selvaggi uomini del Nord…”.
Rise, avevo sentito mio padre dargli più volte quel titolo.
“… la cosa
all’epoca era abbastanza scandalosa, soprattutto per il ruolo
che mio padre ricopriva nel Consiglio dei Saggi...”
Era di nuovo tornato cupo, con l’espressione che a volte gli
associavo quando parlava di qualcuno della sua famiglia che non fossero
sua moglie o i suoi figli: iniziai a pensare che forse, anche tra gli
Sherton, non ci fosse tutta quell’amorevolezza che
immaginavo, che lui fosse l’eccezione a regole simili a
quelle in uso presso i Black.
“…ma di quello che
succede a venticinque anni, te ne parlerò quando sarai
cresciuto, sei troppo piccolo ancora, non voglio che tua madre mi tagli
la testa!”
Rise, mentre io rimanevo a guardarlo attonito, spaventato all'idea che
presto sarei dovuto tornare nelle grinfie di mia madre.
“Gli altri tatuaggi sono su
gambe, spalle, base della nuca, braccia, i più vecchi
arrivano a prenderli sulle palpebre, ma in genere siamo uccisi prima,
difficile che un mago del Nord muoia di vecchiaia o malattia e riesca a
superare tranquillamente i cinquant'anni. Dovresti tenere conto anche
di quest’aspetto, prima di decidere di aderire al Cammino,
oltre al fatto che dovresti imparare a non vergognarti a restare nudo
davanti agli estranei.”
Lo guardai con gli occhi sbarrati, mentre a poco a poco un sorriso
leggero gli andava a increspare le labbra: non avevo capito subito che
mi stava prendendo in giro, visto che ormai da qualche minuto, le mie
orecchie erano diventate di un persistente color porpora, talmente
acceso che probabilmente rischiaravo la notte più di un
fuoco di bivacco.
“Come lo sai?”
“Che da giorni ti stai
struggendo perché vorresti chiedermi di aderire al cammino
anche tu?”
Sherton mi guardò a lungo senza parlare, continuando a
pulire un pezzo di legno raccolto sulla spiaggia, ottenendo un bel
bastone levigato, come se volesse sincerarsi delle mie intenzioni, poi
tracciò col ramo un segno per terra. Guardai la forma
disegnata, aveva realizzato un cerchio perfetto.
“Perché non riesci
ad andare d’accordo con tuo padre, Sirius?”
Non mi aspettavo quel repentino cambio di argomento e mi colse
impreparato, balbettai confusamente che non mi capiva e che si
arrabbiava con me per nulla, che non m’interessavano le cose
importanti per mio padre, e mi odiai, per come la mia voce era uscita
da me lamentosa e puerile. Capii che non mi avrebbe mai preso sul
serio, che mi stavo dimostrando un viziato rammollito come diceva mio
padre, capace solo di lamentarsi.
“E cosa t’interessa
Sirius?”
Gli occhi azzurri di Sherton sembravano scandagliarmi l’anima
ed erano così insistenti che mi costrinsero rapidamente a
guardarmi la punta dei piedi. Questa domanda mi gettò ancor
più nel panico della precedente, perché, per
quanto mi sforzassi, non ero capace di mettere a fuoco qualcosa di
serio con cui contrastare le argomentazioni che immaginavo passassero
per la testa di Alshain, e che poi erano le stesse di mio padre: non
c’ero riuscito mai, e ora questa incapacità mi
mostrava anche presso il mio eroe per quello che ero, un insignificante
bambino lamentoso. Rabbioso con me stesso cercai di combattere questo
mio annientamento e mi uscirono parole vere, sincere, che mi stupii di
avere dentro di me.
“Prima di venire qua, non
avrei saputo rispondere, perché non c’era nulla
che mi agitasse l’anima, mi rifugiavo solo in sogni e
fantasie, nulla di più, ma in questi giorni mi sveglio con
la fame di sapere, e mi addormento entusiasta per quello che ho visto e
imparato. Non credo ci sia qualcosa di preciso che
m’interessi, vorrei semplicemente conoscere quante
più cose possibili..."
Alshain non aveva tolto gli occhi dai miei per tutto il tempo ed era
rimasto sempre in silenzio, pensieroso, poi sospirò, e capii
che aveva molto da dirmi, molto di più di quello che alla
fine si decise a concedermi.
“Quando tornerai a casa,
dirò a tuo padre che intendo ospitarvi ancora, ora che vi ho
davanti, mi rendo conto che ne avete più bisogno di quanto
immaginassi. Dovevate venire prima, con te ora purtroppo ho poco tempo,
ma resteremo comunque in contatto e faremo questo discorso di nuovo tra
un anno: se avrai ancora interesse per il Cammino del Nord, dalla
prossima estate t’insegnerò quello che serve,
così potrai prendere le tue prime rune a sedici anni insieme
a mia figlia. ”
Era incredibile, mi stava dicendo di sì...
“Signore?”
“Sei qui da oltre un mese
Sirius, ormai avrai capito che non mi piacciono i cerimoniali inutili,
puoi chiamarmi Alshain e darmi del tu.”
“Scusa. Lo dirai tu a mio
padre?”
Sherton mi squadrò di nuovo, stavolta con uno sguardo duro.
"Il Cammino del Nord non è un
gioco, Sirius, non richiede solo impegno e costanza, ma
volontà, determinazione e sicurezza. Se mi chiedi di
affrontarlo per stare lontano da tuo padre, non lo farai,
perché non ne hai bisogno, se vuoi passare del tempo qui o
ad Amesbury, puoi farlo anche senza il Cammino, la mia casa
è sempre aperta per te e per tuo fratello. Se invece sei
certo di voler affrontare il mio mondo, per te stesso, non
perché stai fuggendo dai tuoi fantasmi, devi essere
consapevole, fin da ora, che le difficoltà che hai oggi con
tuo padre sono niente rispetto quello che ti attende. E che se prendi
un impegno con me, avrai di fronte una persona molto più
severa ed esigente di quanto tu possa immaginare, anche se io ti
vorrò sempre bene come se fossi mio figlio. La fermezza di
tuo padre sarà niente, perché qui, in questa
terra, se sbagli o ti distrai, muori, ed io dovrò essere
persino crudele con te, per impedirti di sbagliare e di
morire.”
Le parole che m stava dicendo erano pesanti come macigni, la mia
riservatezza di solito mi portava a non espormi nel manifestare i miei
desideri, eppure in quel momento sentivo che dovevo giocarmi tutto,
difendere come un leone i miei sogni, perché ero convinto di
quello che dicevo. Volevo dimostrare a me stesso che non ero come mi
dipingeva mio padre, e soprattutto sentivo che Herrengton e tutto
ciò che rappresentava erano nel mio destino.
“E' ciò che davvero
desidero, lo voglio davvero, Sig... Alshain.”
“Allora, se davvero lo vuoi,
troverai il modo di dirlo a tuo padre con parole tue, io mi
limiterò a sostenere la tua richiesta e aiutarti a
convincerlo.”
“Tu credi che io abbia...che
io possa riuscirci?"
“E perché non
dovresti? Non devi farti condizionare, Sir. Le stelle che hanno accolto
la tua nascita parlavano di te come di un bambino destinato alla
grandezza, sia come persona sia come mago, se è davvero
quello che vuoi, il Cammino non ti è precluso...”
"E' per questo che siamo stati invitati
qui quest’anno? Era per far avvicinare uno di noi due a
…”
Alshain mi guardò come se avessi scoperto il suo gioco,
sorridendomi con un’aria complice.
“Ho provato a invitarvi varie
volte in questi anni, ma vostra madre si è sempre opposta ed
anche quest’anno l’ha fatto, solo che stavolta,
alla fine, tuo padre l’ha convinta: ora che vi ho vicino
penso che forse avrei dovuto insistere di più, in passato,
serve davvero che stiate qui. Ma serve a voi due, non a me.
L’altra ragione è che voglio molto bene a tuo
padre: quando, tra poco, troverai un amico che ti sarà caro
come Orion è per me, allora potrai capire meglio una delle
ragioni per cui vi ho invitati."
“Questo significa che tu
conosci il futuro?”
Da lui mi aspettavo di tutto, anche che mi prendesse la mano e si
mettesse a leggermi la linea della vita, cosa che mio padre aborriva in
tutti i modi, dicendo che i maghi che lo facevano erano indegni di
essere chiamati tali. Ma se l’avesse fatto Alshain,
l’avrei considerata la cosa più razionale del
mondo.
“Nessun lo conosce davvero
Sir, perché non esiste un futuro prestabilito, ci sono
indizi, e quelli so leggerli, certo, ma poi dipende da noi far evolvere
quegli spunti in fatti, e indirizzarli poi dove vogliamo. Tu hai grandi
talenti e devi svilupparli, magari con l’aiuto di persone che
ti vogliono bene e sappiano indirizzarti, ma poi starà
sempre e solo a te scegliere, la vita è piena di bivi, solo
tu puoi determinare la direzione da prendere.”
“Vorrei riuscire a parlare con
mio padre di queste cose come ne parlo con te...”
“Lo so Sir, ma ci hai mai
provato seriamente con lui?”
“Riesco sempre a farlo
infuriare prima di arrivare al punto...”
“Conoscendo Orion, non stento
a crederlo, a volte non brilla per pazienza...”
Mi sorrise, mentre io stavo facendo una faccia sconsolata.
“Possiamo fare in modo che le
cose siano un po’ meno difficili, che ne pensi? So come
prenderlo. Sai… eri nato da pochi mesi, e Orion era qui,
esattamente dove siedi tu in questo momento, anche il periodo era
questo, e mi osservava con gli stessi occhi curiosi e pieni d'angoscia
che hai tu. Non so con sicurezza per cosa tu sia inquieto, Sirius,
forse davvero è solo l’inizio
dell’adolescenza, o forse è per il rapporto con
tuo padre... nel suo caso era l’amore per te: temeva di non
essere all’altezza del compito che aveva davanti. Era qui per
chiedermi cosa doveva fare, perché, benché fossi
più giovane di lui, avevo già vissuto molto
più di lui...”
Smisi subito di vagheggiare con la mente e lo ascoltai con attenzione,
era ormai chiaro che avrei imparato a conoscere mio padre
più in quei giorni a Herregton che in tutta la mia vita a
Grimmauld Place.
“Se gli hai dato dei consigli,
non credo che li abbia seguiti sai?”
Non riuscii a trattenermi, mi morsi la lingua troppo tardi, ormai la
mia insolenza era uscita e per l’ennesima volta, abituato
alle tempeste che ero capace di scatenare in mio padre, mi meravigliai
di non subire l’ira di quell’uomo.
“Non riuscire a dimostrare un
sentimento, non significa non provarlo, Sirius. Nel corso della tua
vita, ti troverai davanti a situazioni in cui vorresti esprimere
davvero quello che hai nel cuore, e ti accorgerai di come siamo
intrappolati in mille convenzioni da seguire. Per questo vorrei
aiutarvi a liberarvi di quelle catene, a sottomettervi a esse solo
quando è davvero necessario...”
“Tu non le segui le
convenzioni, tu sei stato con noi la notte del solstizio, invece di
occuparti di persone più importanti, tu...”
“Io…Tu mi conosci
ora, Sirius, ma un tempo ero proprio come te, ho avuto un rapporto
davvero burrascoso con mio padre, per questo mi è abbastanza
facile capirti. In realtà sono semplicemente stato
fortunato, perché mia madre mi ha insegnato a mediare tra
l’irruenza della mia indole e la rigidità del mio
vecchio. Se vorrai, sarà questo il mio insegnamento per voi:
i tuoi genitori, la società e la scuola
v’insegneranno come dovete comportarvi, io, se vorrete,
v’insegnerò a non mortificare voi stessi, pur nel
rispetto delle regole, o eludendo in maniera elegante e indolore i
cappi troppo stretti...”
Lo guardai stupefatto, non potevo credere che dicesse sul serio.
Alshain sorrise di nuovo, mi guardava come se fossi particolarmente
buffo, capendo la mia riluttanza e il mio stupore.
“Ma è
immorale!”
“Secondo la morale di chi,
Sirius? La tua, quella della tua famiglia, quella della
società?”
“Ma….”.
“Sirius, non sono io a dirti
che devi disubbidire, sia chiaro, ti sto solo facendo notare che ti
trovi spesso in punizione a casa, il che significa che non sei portato,
come tuo fratello, per ricacciare indietro i tuoi desideri. A questo
punto, non sarebbe meglio per te conoscere dei trucchi per evitare i
guai che derivano dalla tua inevitabile disobbedienza?”
“Io… io non lo so,
se poi venissi scoperto sarebbe anche peggio, non credi?”
“Oh no, ragazzo, stai pur
certo che non saresti scoperto, tranquillo…”
Il grido di Hermes squarciò il silenzio del primo mattino,
ci voltammo entrambi; Alshain lesse il messaggio e si alzò,
aiutandomi a mettermi in piedi a mia volta.
"Sirius, ora dobbiamo prepararci a
partire, ma questo discorso non è finito, per quanto
bizzarro ti possa sembrare quello che ti sto dicendo, è
più importante di quanto tu possa immaginare. E non
c’entra nulla con la moralità.”
Si avvicinò a mio fratello, chiamandolo dolcemente, Reg
emerse dalle coperte, insonnolito e con i capelli arruffati dal sonno,
la bocca impastata e i grandi occhi che si guardavano attorno per
cercare di capire cosa stesse accadendo. Poco dopo anche Rigel e Meissa
uscirono dalla tenda.
“Vestitevi e radunate le
vostre cose, appena siete tutti pronti ce ne torniamo a casa.”
Alshain prese la pergamena, estrasse dalla sua bisaccia una strana
penna, sicuramente babbana, e tracciò la sua risposta in
coda al messaggio, poi liberò nuovamente il gufo. Mi
sconvolgeva vedere, e in quelle settimane l'avevo visto spesso, quanto
a volte preferisse usare mezzi e oggetti babbani ottenuti con o senza
la magia, indice di quanto Sherton non si preoccupasse di piegare la
legge magica a proprio piacimento. Mentre riflettevo su
quest’ennesima stranezza, chiedendomi se non fosse da
traditori del sangue puro apprezzare e usare i manufatti babbani, e
ridendo tra me al pensiero di come sarebbe stato incredibile e buffo se
il miglior amico di nostro padre fosse stato in realtà
filobabbano, dissolse la tenda, cancellò le tracce del
bivacco, ripose tutto quello che non serviva nella sua famosa bisaccia
e facendosi aiutare da Mirzam, riemerso improvvisamente da non si sa
dove, ci smaterializzammo tutti nuovamente al maniero di Herrengton.
*continua*
NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc,
hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui
migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010).
La località di Cape Ham è inventata.
Valeria
Scheda
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