Questa ficcina
Ed
eccomi di nuovo qui, con un'altra fic di compleanno.
Di
recente ho fatto un meme sul mio LJ, offrendo a chi avesse indovinato una fic o
un disegno, a scelta.
Saya
ha richiesto una Blaise/Neville con prompt "A million kisses" e, dato
che il suo compleanno era vicino, non potevo mancare di festeggiarla con questa
storiella, sperando che le piaccia. Ne approfitto per augurare Buon Natale a
tutti coloro che leggeranno, sperando che gradiranno questo piccolo omaggio.
Un
ringraziamento speciale va a Lori che ha accettato di betarmi nonostante
le abbia fatto pervenire la fic in tempi brevissimi.
Ed
ora, come promesso, potrò finalmente dedicarmi a tempo pieno all'ultimo
capitolo di "Scuoti il mio mondo". ^__^
bbb
è aaa
La camera era sottosopra.
Su ognuno dei ripiani e dei mobili della stanza facevano bella mostra di sé
capi di vestiario di ogni tipo, dalle camice ai maglioni, dai guanti alle vesti
da mago.
Neville s’immerse fino
ai gomiti nell’ultimo cassetto del comò, quello della biancheria, gettandone
il contenuto sul letto, alla rinfusa.
Era alla ricerca disperata
della sua sciarpa Grifondoro, ma non riusciva a ricordare dove l’avesse
riposta quando, ormai parecchio tempo prima, aveva deciso di metterla via, e con
essa tutti i ricordi che gli riportava alla mente. Gli anni ad Hogwarts erano
stati importanti, era ovvio, e belli, e divertenti, ma anche dolorosi, e quando
la scuola era finita aveva deciso di mettere da parte quella vita, per poterne
finalmente iniziare una nuova.
La sciarpa rosso-oro e la
sua divisa erano stati quindi dimenticati, fino a che non aveva ricevuto quel
dannato invito. Seamus e Dean avevano deciso di organizzare una grande festa,
riunendo tutti i Grifondoro del loro anno e alcuni elementi scelti delle altre
Case, ed avevano imposto la regola che tutti gli ospiti dovessero indossare
l’uniforme dei tempi della scuola. Quella notizia aveva fatto precipitare
Neville nel panico. Per Merlino, non ricordava neppure dove l’aveva messa!
Dopo una lunga ricerca era
finalmente riuscito a trovarla nel suo vecchio baule, nascosto in un ripostiglio
polveroso, con il mantello che portava allora. Quando l’aveva presa in mano
aveva provato una strana sensazione, e si era domandato se indossarla lo avrebbe
fatto sentire di nuovo il ragazzino impacciato e un po’ insicuro che era
stato.
Con suo sommo dispiacere,
nel baule non c’era traccia della sciarpa, e Neville aveva dovuto rimettersi
alla ricerca.
Stava ancora rovistando
nel cassetto quando, all’improvviso, si ritrovò tra le mani una vecchia
scatolina di legno intagliato, un po' rovinata agli angoli, e si mise a fissarla
stupito. Aveva del tutto dimenticato di averla nascosta lì.
Spostò alcuni vestiti e si
sedette sul letto con la scatolina stretta tra le mani, mentre un sorriso
privato gli sorgeva sulle labbra. Quell’oggetto era un ricordo dei suoi
genitori, e per questo particolarmente prezioso. Quando era bambino nascondeva i
suoi “tesori” all’interno e la riponeva sotto al cuscino, con la
sensazione di avere tutto il mondo tra le mani, e quando era adolescente aveva
continuato a portarla con sé dovunque andasse, come un amuleto. Lo rasserenava
e lo faceva sentire meno solo.
In quegli ultimi anni,
invece, non aveva più sentito il bisogno di stringersela al petto; forse perché
ora aveva una vita soddisfacente e si sentiva davvero amato, o forse solo perché
era diventato più sicuro di sé.
Aprì la scatolina ed
estrasse un fascio di foglietti ormai ingialliti da tempo, spiegazzati, tenuti
insieme con un nastro verde. Accarezzò con tenerezza quel nastro, poi sciolse
il fiocco e liberò i foglietti. Prese l’ultimo e lo lesse. Diceva “Un
milione di baci”.
Un milione di baci.
A ripensarci adesso,
sembrava davvero assurdo. I ricordi gli ritornarono alla mente, appena sfocati
dal tempo ma non per questo meno commoventi.
Era il suo ultimo anno ad
Hogwarts e, a pensarci col senno di poi, era stato un anno talmente pieno, e
faticoso, e violento, a causa della guerra, che sembrava incredibile avere avuto
il tempo per qualcosa che non fosse l’organizzazione della resistenza, eppure
era stato così.
Era seduto sotto un albero,
a rimuginare, quando aveva ricevuto il primo biglietto.
Poco prima aveva avuto uno
scontro con Zabini, e stava ancora cercando di riprendersi. Ad essere sinceri,
non lo si poteva definire davvero uno scontro. Neville stava percorrendo
un corridoio, di ritorno da una lezione di Erbologia e, svoltando un angolo, se
lo era trovato davanti. Aveva sussultato, un po’ per la sorpresa, un po’
perché era proprio lui, ed il gesto brusco aveva gli fatto cadere a
terra i libri riposti in modo precario dentro la borsa
aperta.
Il Serpeverde era rimasto lì,
immobile, e lo aveva guardato cercare di raccogliere in fretta i propri averi e
rimetterli nella borsa.
Neville si era sentito come se quegli occhi potessero scavargli dentro, fino ad
arrivare all’anima.
Quando si era rialzato gli
aveva restituito lo sguardo, fingendo una sicurezza che non aveva, poi lo aveva
superato e se ne era andato, facendo un’enorme sforzo per impedirsi di correre
via come avrebbe voluto.
Per tutto il tempo aveva
avvertito i suoi occhi addosso, con la netta impressione che avrebbero potuto
trapassargli la schiena.
Si era sentito imbarazzato e
mortificato come mai gli era capitato prima di allora. Fino a quel momento aveva
collezionato tutta una serie di figuracce ma, per quanto fosse ormai abituato e
quasi rassegnato, l’aver fatto di nuovo la parte dello sciocco e
dell’imbranato di fronte a lui era stato orribile. Come se il fatto stesso che
Blaise fosse a conoscenza del debole che aveva per lui non fosse sgradevole a
sufficienza!
Neville aveva sentito alcuni
Serpeverde parlarne pochi giorni prima, e sulla loro bocca quel tenero
sentimento era apparso così disgustoso che era stato assalito dalla nausea e si
era dovuto appoggiare alla parete dietro di lui per riuscire a controllare il
tremito che aveva rischiato di farlo cadere a terra. Ma, sfortunatamente, non
era stata questa la cosa peggiore, quanto piuttosto la consapevolezza che se i
Serpeverde lo sapevano, era ovvio che anche Zabini ne fosse stato informato;
questo lo aveva fatto sentire nudo ed esposto in modo spaventoso. Non si faceva
illusioni, e sapeva bene che Blaise non era il tipo che potesse sentirsi
lusingato al pensiero che qualcuno come lui provasse un interesse nei suoi
confronti, tanto meno ricambiarlo.
Ogni volta che lo incontrava
si sentiva sotto esame, e quando vedeva quegli occhi neri su di sé aveva
l’impressione che lo accusassero. Non era una sensazione piacevole.
Per questo motivo, dopo
quell’incontro era andato a rifugiarsi fuori dell’edificio, vicino al lago.
Era sicuro che non avrebbe trovato nessuno, sia per il freddo che faceva sia per
le nuove regole della scuola, che comportavano anche dei coprifuoco proibitivi.
Era il luogo ideale dove rintanarsi, e lui aveva un disperato bisogno di un
momento di solitudine per potersi ricomporre. Si era seduto a terra, tra le
radici di un albero, aveva poggiato la schiena contro il tronco e aveva chiuso
gli occhi, facendo dei profondi respiri per calmarsi. L’odore della terra
bagnata dalla pioggia, dell’erba e degli alberi non mancava mai di farlo
sentire più sereno, ed anche in quell’occasione era riuscito a calmare il suo
tumulto interiore.
All’improvviso, quel
silenzio era stato interrotto da un rumore strano, sottile, che lo aveva
riscosso e costretto ad aprire gli occhi. Si era trovato in grembo una gru di
carta, che continuava a muoversi per ottenere la sua attenzione.
L’aveva presa in mano e
l’aveva aperta, incuriosito.
“È assurdo, lo so, ma
quello che più detesto di te è anche quello che mi attrae di più.”
Neville aveva sbattuto le
palpebre perplesso, rileggendo più volte quelle parole scritte in una grafia
sicura ed elegante, senza riuscire a comprenderne il significato. Sembrava quasi
una dichiarazione, ma aveva scartato subito quell’ipotesi. Non aveva mai
notato che qualcuno avesse un particolare interesse nei suoi confronti, ed era
più propenso a credere che fosse uno scherzo.
Si era guardato
immediatamente intorno, alla ricerca dell’autore di quel messaggio, ma non
aveva visto nessuno. Lo aveva quindi ripiegato e messo in una tasca, deciso a
gettarlo nella spazzatura non appena fosse rientrato.
Non lo aveva mai fatto.
Il secondo era arrivato una
mattina a colazione, pochi giorni dopo. Un gufo della scuola era atterrato
davanti a lui ed era volato via non appena Neville aveva sciolto il nastro del
biglietto che teneva legato alla zampetta.
“Non penso che tu
sia bello. Non l’ho mai pensato. Per questo non riesco a capire perché, ogni
volta che sei nella mia stessa stanza, non riesco a toglierti gli occhi di
dosso.”
Come la prima volta, si era
guardato subito attorno alla ricerca di quegli occhi, ma nessuno in quel momento
lo stava osservando. O, almeno, non aveva visto nessuno osservarlo.
Certo, c’erano fin troppe persone per poterne essere sicuro, ma aveva pensato
di nuovo che, probabilmente, si trattava di uno scherzo.
Nonostante
questo, aveva tenuto quei primi bigliettini. Non sapeva perché, ma lo aveva
fatto. In qualche modo lo avevano incuriosito, tanto da spingerlo a parlarne con
Ginny che, quell’anno, era diventata un’amica importantissima. Tra un piano
e l’altro per riorganizzare l’Esercito di Silente, era riuscito anche a
trovare il coraggio di confessarle quella cosa, ed insieme avevano speso
parecchio tempo a cercare di capire chi ne fosse l’autore.
A
dispetto delle continue proteste di Neville, che continuava a pensare a
uno scherzo, Ginny fin da subito si era professata convinta che qualcuno avesse
un’infatuazione per lui, ed aveva iniziato senza indugio a snocciolare nomi di
possibili spasimanti, sia maschi che femmine.
Ogni volta che andavano in
giro insieme la ragazza non faceva altro che guardarsi attorno, e quando
sorprendeva qualcuno a fissarli cominciava all'istante a fare delle congetture,
coinvolgendolo. Era sicura che fosse un modo per catturare la sua attenzione e,
sottolineava, la persona che lo aveva fatto era pienamente riuscita nel suo
intento.
Neville sorrideva di
quell’entusiasmo infantile, così poco da lei, e l’assecondava
scherzosamente, pur rimanendo fermo nella propria posizione.
No, era certo che Ginny
sbagliasse. In fondo, se ci fosse davvero stato qualcuno interessato a lui,
pensava, con tutta probabilità si sarebbe fatto avanti senza troppi scrupoli;
in fondo, non era certo il tipo che potesse mettere in soggezione qualcuno,
vero?
Comunque fosse, quei
biglietti erano arrivati tutte le settimane e nei momenti più impensabili; alle
volte erano più gentili, altre più graffianti, altre ancora riflessivi. Ogni
volta, la persona che gli scriveva sembrava cercare di andare più a fondo,
analizzando la sua personalità, e Neville si era reso conto di essere osservato
con molta più attenzione di quanto non avesse pensato all’inizio. La cosa lo
aveva preoccupato un po’, dato che di nascosto stava addestrando l’Esercito
di Silente e che si stava occupando della resistenza nella scuola, ma, allo
stesso tempo, si era anche riscoperto ansioso di ricevere nuovi messaggi.
Era stata una rivelazione
tanto improvvisa quanto incomprensibile. Quando, dopo una settimana, non era
arrivato nessun biglietto, si era ritrovato contro la propria volontà a
guardarsi attorno con fare ansioso, come se aspettasse qualcosa.
Quando se n’era accorto
si era sentito uno stupido.
Non c’era un motivo logico
per cui quella situazione gli era diventata piacevolmente familiare. Le frasi
sembravano dei complimenti ma, allo stesso tempo, anche degli insulti. Potevano
essere entrambe le cose, in verità.
Forse, semplicemente, gli
avevano permesso di evadere, almeno un po’, di non pensare alla realtà
terribile che sia il mondo magico che gli studenti nella scuola stavano
affrontando e, molto meno importante ma altrettanto sentita per lui, a quella
con Zabini.
Il Serpeverde sembrava
sempre più vicino di quanto Neville non avrebbe gradito, e nelle più svariate
occasioni. Lo guardava con quell’immancabile aria di superiorità, e il
Grifondoro si era angosciato in più di un’occasione domandandosi se facesse
parte anche lui della schiera dei piccoli Mangiamorte in erba che popolavano
Hogwarts.
A differenza dei suoi
compagni di Casa, che spadroneggiavano come se Voldemort avesse già vinto la
guerra e che non perdevano occasione di esibire il loro tatuaggio, Blaise non
aveva mai lasciato davvero intendere di essere fedele al Signore Oscuro, ma, in
fondo, non era nemmeno il tipo da farlo. Il suo modo di fare dimostrava che si
riteneva ben al di sopra di chiunque altro, compresi i suoi compagni di Casa, e
di certo non era mai stato il genere di ragazzo che cercava di mettersi in
mostra a tutti i costi. Per lui era sufficiente passare di fronte agli altri
senza degnarli di uno sguardo o, nel caso contrario, riempiendo quegli sguardi
di tutto il disprezzo possibile ed immaginabile.
Neville aveva sperato che
non fosse un Mangiamorte.
Non che per lui sarebbe
cambiato qualcosa, alla resa dei conti; solo, al cuore non si comanda, ed il
pensiero che Zabini fosse davvero dall’altra parte della barricata lo aveva
fatto sentire come se la distanza tra loro fosse più di quanto non potesse
sopportare.
Poi, proprio quando aveva
iniziato a pensare che la persona che gli scriveva quei messaggi si fosse
stancata, ne era arrivato uno un po’ diverso dagli altri.
“Non riesco a
comprendere per quale motivo, ma ogni volta che vedo il tuo sorriso qualcosa si
muove nel mio stomaco, come un uccello in gabbia.”
Quello
era un messaggio che lasciava intendere qualcosa in più. Neville aveva iniziato
a pensare che, forse, c’era davvero qualcuno che era interessato a lui. Ma, si
domandava, chi era? E perché non gli parlava e basta?
Si
era fatto quelle domande un’infinità di volte, ed era sempre talmente preso
da quelle congetture che, un giorno, aveva corso il rischio di lanciare una
fattura a Zabini, che aveva avuto l’unica colpa di passargli abbastanza vicino
da sorprenderlo.
Quella
volta il Serpeverde gli aveva addirittura parlato.
«Con una bacchetta in mano sei un pericolo»
aveva detto, piegando le belle labbra in una smorfia che era parsa la pallida
imitazione di un sorriso.
Neville era arrossito in modo pietoso e non
era stato in grado di spiccicare parola, mentre dentro di sé aveva continuato a
darsi dello stupido.
Un attimo dopo Zabini se n’era andato.
Il biglietto successivo era stato ancora più strano.
“Non
riesco ancora a capire come, ma mi hai ridotto l’ombra di me stesso. Per
questo motivo, credo che tu debba
pagare. Troverò un modo per pareggiare i conti. Mi devi qualcosa.”
Neville
aveva letto quel biglietto con gli occhi sgranati, mentre una sensazione di
pericolo si spandeva nel suo stomaco, mista ad un’incomprensibile eccitazione.
Si
trattava di un ragazzo, ormai non c’erano più dubbi, e il tono di quel
biglietto lasciava intendere che Ginny avesse ragione, e che la persona che gli
aveva mandato quei biglietti fosse davvero
interessata a lui. Era l’unica spiegazione possibile. E poi, c’era scritto
che lui “gli doveva” qualcosa. Cosa mai avrebbe potuto essere?
Neville
avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere chi era l’autore!
Per
giorni la sua mente aveva vagato inquieta, prendendo in considerazione tutti i
possibili candidati, ma nessuno di essi sembrava essere la persona giusta, e la
sensazione di panico continuava a crescere di pari passo con il desiderio di
sapere chi fosse il mittente.
Poi,
il mistero era stato svelato.
L’ultimo
biglietto era stato portato a mano.
Quel
giorno Neville si era attardato in una delle serre per completare un lavoro che
la professoressa Sprite gli aveva affidato, ed era così concentrato nella cura
della pianta che non si era accorto di non essere solo, almeno fino a che la
luce calda del tramonto non aveva fatto cadere una lunga ombra proprio davanti
ai suoi occhi. Un’ombra con una forma stranamente umana.
Aveva
sussultato quando, all’improvviso, si era reso conto di avere compagnia, e
ancora di più quando si era voltato ed aveva visto Blaise Zabini in piedi,
immobile, che lo fissava.
Si
era domandato per quanto tempo fosse stato lì a guardarlo, e quel pensiero lo
aveva fatto sentire accaldato e a disagio.
Il
Serpeverde non aveva detto una parola, e Neville non aveva avuto il coraggio di
chiedergli cosa voleva, non in quel momento, consapevole dell’aspetto
scarmigliato che doveva avere. Aveva finito di occuparsi della piantina con
gesti rapidi e si era alzato per lavarsi le mani e rimettersi addosso il
maglione, che aveva tolto quando il lavoro manuale gli aveva fatto venir caldo,
senza mai perdere di vista Zabini.
Si
era allacciato il mantello e aveva indossato la sciarpa, poi si era finalmente
voltato a fronteggiarlo.
Per
tutto il tempo nessuno dei due aveva aperto bocca.
Era
stato allora che Zabini si era avvicinato e aveva allungato una mano per
consegnargli un biglietto.
Neville
lo aveva preso meccanicamente, lo sguardo stupefatto che correva dal foglio al
ragazzo e viceversa più e più volte. Era così sbalordito che ci aveva messo
un po’ prima di decidersi ad aprire il foglietto ed a leggerne il contenuto,
ma Blaise non aveva dato alcun segno di insofferenza. Per tutto il tempo si era
limitato ad aspettare, immobile, sicuro, per niente disturbato dal silenzio.
Il
biglietto diceva soltanto “Un milione di baci.”
Un milione di baci. Gli doveva
un milione di baci?
Neville aveva battuto le
palpebre scioccato, ed aveva aperto la bocca, ma non ne era uscito nessun suono.
Non era riuscito a pensare nulla, tranne “non è possibile”. Doveva
essere uno scherzo, non c’era altra spiegazione, eppure lo sguardo
dell’altro non era ironico, né beffardo, né nient’altro che giustificasse
quell'idea.
Poi, Blaise lo aveva
afferrato per la sciarpa e se lo era tirato addosso, poggiando quelle labbra
meravigliose sulle sue e baciandolo con foga, e nessun pensiero
gli era più passato per la mente, se non quello che il suo sapore era meglio di quanto
avesse mai immaginato.
Quando si erano separati,
Neville lo aveva visto sorridere. Un sorriso vero, che non aveva niente a
che fare con le smorfie che faceva di solito. Era stato il momento più bello
della sua vita.
Con un sospiro, Neville si
costrinse a tornare nel mondo reale. Accarezzò per un’ultima volta quei
foglietti, prima di riprendere in mano il nastro e legarlo con cura attorno alla
piccola risma. Li ripose di nuovo dentro la scatolina, poi si alzò in piedi e
si avvicinò al mobiletto, indeciso se rimetterli dove li aveva trovati o
scegliere un altro posto.
Fu in quel momento che sentì
due braccia scivolargli attorno alla vita, ed un corpo caldo premersi contro la
sua schiena.
«È
scoppiata una bomba?» chiese Blaise con un tono dolcemente divertito.
Neville
ridacchiò, pensando distratto a quanto erano cambiate le cose dall’inizio
della loro relazione, quando la sua tendenza al disordine causava delle crisi
isteriche al compagno.
«Certo
che no.»
«E
allora cosa stai facendo?» gli chiese Blaise incuriosito, il naso affondato nei
suoi capelli.
«Stavo
cercando la mia sciarpa Grifondoro, ma non sono riuscito a trovarla» rispose
con un sospiro, ricordando il motivo di quella baraonda.
«Forse
non stai cercando nel posto giusto» mormorò Blaise con un tono particolare,
che colpì Neville.
«Sai
qualcosa che io non so?» gli chiese, voltandosi un poco per guardarlo in volto.
Il
compagno sorrise. «Potresti provare nei miei cassetti» disse con voce
falsamente noncurante.
«E
perché mai la mia vecchia sciarpa dovrebbe essere nei tuoi cassetti?»
«Forse
perché mi piace stringerla tra mani quando non ci sei.»
Neville
ammiccò confuso mentre la sua mente processava quell’informazione. Blaise…
oh, santo Merlino! Questo era davvero fuori di ogni logica, ma ormai era ovvio
che per loro le cose logiche non funzionavano. Sentì una bolla di calore
espandersi nel petto al pensiero di una cosa così romantica.
Blaise posò le labbra sulla
pelle calda del suo collo in un morbido bacio.
«Mentre
cercavo la sciarpa ho trovato qualcos’altro» sussurrò Neville, cercando di
non lasciarsi distrarre dalle carezze dell’amante.
«Sì?
Cosa?» chiese Blaise, distratto. Evidentemente era troppo concentrato
sull’esplorazione del corpo del compagno per poter prestare attenzione a
quelle piccolezze.
«I
tuoi bigliettini, quelli che mi hai mandato durante il settimo anno.»
Questa
frase sembrò colpire l’attenzione dell’ex Serpeverde, che interruppe le
proprie attività. Si allontanò un poco e guardò Neville negli occhi con una
tenerezza infinita.
«Aspetto
ancora di riscuotere il mio premio» disse, con voce carezzevole.
«Un
milione di baci?»
«Proprio
quello.»
Neville
ridacchiò.
«A
quanti siamo?» gli chiese, sapendo già quale sarebbe stata la sua risposta.
«Troppo
pochi.»
Neville
si rigirò tra le sue braccia e gli allacciò le mani dietro la nuca.
«Allora
dobbiamo assolutamente rimediare» disse con un sussurro, avvicinando la bocca a
quella di Blaise.
«Assolutamente.»
bbb
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