Kyoko si gettò tra le braccia di Ryuji, in preda ad una
crisi di pianto.
“E ora che tu hai confessato” sussurrò Ryuji all’orecchio
dell’amata, baciandole dolcemente l’orecchio “Tocca a me confessare”.
Spaventata Kyoko si staccò dall’abbraccio “che…che cosa?”
“Kyoko devo dirti delle cose che avresti dovuto sapere prima”
“Che cosa?”
“Sai chi sono?”
“…” Kyoko rimase in silenzio, basita e scioccata, con
sguardo completamente perso
“Sai chi sono? Sono il fratello di Tomoro. Ho scritto io
quelle lettere e ti ho fatto credere che Katsuya, che ti aveva lasciata ti
volesse ancora
“C-c-che cosa?”
“Sì…devo ucciderti, Kyoko”
Kyoko cominciò a gridare “No…no…è impossibile se sei tu che
mi perseguiti allora chi ha ucciso Katsuya e chi mi ha colpita quando ero in
cucina? Chi è stato?”
“Sono stato io ad uccidere Katsuya…riguardo a chi ti ha
colpita in cucina, resta a te scoprirlo”
Ryuji uscì dalla stanza, mentre Kyoko veniva presa da diversi brividi, che la
facevano tremare di paura. Si tolse una scarpa e la strinse tra le mani.
“Ryuji” cominciò a piangere “dimmi che non è vero”
Il ragazzo tornò poco dopo con un coltello nella mano destra. Si avvicinò
lentamente, mentre i sospiri di Kyoko si facevano sempre più feroci.
“Devo farlo per mio fratello” sospirò Ryuji, con un lampo di
nostalgia: come se non volesse realmente uccidere quella donna che aveva amato
per due mesi.
“Non Farlo!” gridò Kyoko, ma più la lama si avvicinava al
suo viso e più cresceva in lei il terrore, così scattò in piedi e con una mossa
veloce infilò il tacco della scarpa che reggeva tra le mani, nell’occhio del
ragazzo. Il sangue cominciò a sgorgare, mentre Ryuji si dimenava e imprecava
dal dolore.
“Stronzo!” gridò Kyoko, togliendogli dalle mani il coltello e cominciando a
pugnalarlo su tutto il corpo. Il sangue schizzò a fiotti “Credevo che tu mi
amassi! Bastardo! Bastardo!”
l’arma trafisse la gola dell’uomo, che dopo qualche spasmo enalò l’ultimo
respiro.
Kyoko si guardò : era coperta letteralmente di sangue, dalla
testa ai piedi.
Pose il coltello per terra e cominciò a piangere, seduta sul
pavimento a braccia conserte, quando vide una videocassetta sotto il mobile del
computer. Si avvicinò a carponi, rischiando di inciampare nel piede del
cadavere di Ryuji. Allungò la mano sotto la fessura del tavolo e la guardò: era
coperta di polvere e sull’etichetta impressa sul videotape si leggeva in
ideogrammi tremolanti: “I Miei Peccati”.
Era quella videocassetta.
Andò in soggiorno e la inserì nel videoregistratore.
Play.