Questa
è, con qualche modifica, la storia che prima si intitolava “La
Dea, i supereroi e gli assassini”. È stata rivista e
resa un po' più sensata e ora è una storia a quattro
mani scritta da me e l'amore mio, Lawrence Victory.
Speriamo
quindi che la rivisitazione vi piaccia e per quelle di voi che
avevano preso in simpatia la cara Artemide, niente paura, la
rivedremo presto.
Come
sempre, buona lettura.
CAPITOLO
1
In cui Stark è senza
parole e Barton rompe una finestra
Erano
lì in piedi già da venti minuti. Tony Stark aveva lo
sguardo vacuo e non aveva detto una parola, ma d'altronde Pepper
sapeva che, per il suo fidanzato, neanche indossando la sua armatura
sarebbe stato più facile. Quel giorno ricorreva l'anniversario
della morte dei coniugi Stark e la signorina Potts aveva pensato che
fosse giusto andare a rendere omaggio al loro capezzale, ma ora non
sapeva che dire, qualsiasi parola sembrava inappropriata. Si limitava
a fissare Tony senza capire se stesse pregando o cercando di far
esplodere la tomba del padre con lo sguardo.
Il
suono di passi vicini infranse il silenzio e Pepper si voltò,
sollevata, per vedere chi fosse il suo salvatore. Si ritrovò a
fissare un paio di pettorali scolpiti nascosti da un completo
elegante e da una camicia a strisce. Imbarazzata, alzò
(parecchio) lo sguardo per riuscire a guardare negli occhi azzurri il
leader dei vendicatori.
-Capitano
Rogers, come mai qui?-domandò Pepper, grata di aver trovato un
pretesto per rompere il silenzio.
-Signorina
Potts-esclamò l'uomo facendo un elegante inchino-Sono passato
per rendere omaggio ai signori Stark. Ci ho messo un po' per trovare
questo posto: non riesco ad orientami in questa metropoli-
-Oh,
è molto gentile da parte sua-rispose la donna-So che non ha
avuto molto tempo per conoscere Howard Stark-
-Purtroppo,
ma il merito è anche suo se oggi sono l'uomo che ha
davanti-rispose il capitano, poi spostò lo sguardo su Tony
Stark che nel frattempo non si era mosso di un centimetro.
-Da
quanto tempo è così?-chiese lui.
-Ormai
da quasi mezz'ora-rispose la donna, laconica.
-Beh,
deve essere un record per lui-lo provocò il capitano.
Tony
grugnì seccato.
-Non
tutti hanno avuto mezzo secolo di tempo per esercitarsi nel gioco del
silenzio, Mr. Calippo- esclamò risvegliandosi dal suo
torpore-Io sono un uomo d'azione-
I
due si scambiarono una vigorosa stretta di mano e Pepper sorrise. Non
avrebbe mai creduto che Tony potesse un giorno avere dei veri amici.
-Mi
hanno detto che è stato un terribile incidente d'auto-disse
Cap, indicando la tomba.
-Sì.
Organizzato dall'Hydra. La macchina è esplosa. Nessuno è
sopravvissuto-rispose Tony-Un gran bel botto.
Steve
annuì in silenzio.
Pepper
guardò tristemente il fidanzato.
Tony
si guardò il polso, fingendo di avere un orologio.
-Bene,
possiamo terminare la fase contemplativa, andiamo al “campo
base” per un aperitivo, Capitano?.
Rogers
sorrise.
-Mi
spiace, ma non posso bere in servizio-rispose lui.
-Pensavo
che la Sua fosse una visita di piacere-disse Tony, perplesso.
-Lo
era infatti, ma ora abbiamo un impegno: c'è una missione-
-Per
chi?-
-Per
tutti-rispose fiero il paladino a stelle e strisce.
-Bene,
riuniamo le Giovani Marmotte...qui solo i morti hanno il diritto di
riposare...- e tutti insieme si avviarono verso la Avengers Tower.
Appoggiata
alla ringhiera che dava sull'immensa sala da ballo sottostante,
Natasha Romanoff sembrava annoiata e distratta, ma in realtà
stava memorizzando ogni singolo movimento del suo bersaglio.
L'apparenza era un'arte per la bionda, ex rossa, dall'abito
scarlatto. Un passo falso e se ne sarebbe accorto. Un passo falso e
poteva cadere in un baratro senza fine.
L'uomo
in elegante smoking nero passeggiava tra gli invitati con
disinvoltura, ballava con le ragazze più belle, non così
belle secondo lei, e beveva chiacchierando con i diplomatici presenti
alla festa. Ad un occhio comune sarebbe sembrato un perfetto damerino
pomposo, ma lei, anche da lontano, notava tanti, troppi particolari
che lo tradivano.
Lo
conosceva troppo bene.
-Come
procede, Vedova Nera?-chiese la secca voce di Hill nel suo orecchio.
-Nel
complesso bene, Maria. Ma c'è qualcosa che non va. Sembra un
novellino-rispose, senza perderlo di vista.
-Sta
lasciando la sala, credo sia il momento-aggiunse, andando con
nonchalance nella direzione presa dall'uomo.
Rimase
distante, mentre lui si intrufolava negli appartamenti privati del
padrone di casa, Armand Lijbishe,un sospetto contrabbandiere di armi
chitauriane rubate da New York.
-Sta
entrando. Ora viene il difficile-sussurrò nel comunicatore.
-Non
perderlo, mi raccomando Vedova. Conosci i rischi.
Lo
vide imboccare il corridoio che portava al caveau, senza guardarsi
attorno.
Primo
errore.
Poi
si mise ad hakerare con un dispositivo la serratura elettronica,
senza accorgersi videocamera sul soffitto.
Secondo
errore.
-Hill,
fermalo! Sta aprendo la porta senza staccare l'allarme!-sussurrò
rapidamente all'auricolare.
Lo
vide fermarsi e ascoltare ciò che gli veniva comunicato,
Vedova Nera poté tirare un sospiro di sollievo. Purtroppo il
suo bersaglio non era l'unico ad aver commesso errori quella sera:
Natasha era tanto concentrata su di lui, non si era accorta di una
ronda di guardie nel corridoio dietro di lei.
-Ferma!
Mani in alto!-gridarono, attirando anche l'attenzione del soggetto.
Per
la vendicatrice non sarebbero un problema mezza dozzina di guardie di
sicurezza armate, il guaio era che il soggetto non doveva
assolutamente vederla. Lanciò delle piastrine elettriche ai
due più vicini e rapidamente prese la porta che portava alle
scale di servizio, tallonata da un buon numero di uomini nerboruti.
La inseguirono in una stanza al buio. La vedova ne uscì poco
dopo mentre si risistemava i capelli. Ritornò sui suoi passi
nella speranza di ritrovare il suo bersaglio, ma fu il suo bersaglio
a trovare lei. E aveva una pistola.
-Romanoff.
Esigo una spiegazione.
-Barton...anche
tu qui?-chiese sorridendo civettuola.
-Eccoli!!!-
urlò qualcuno in fondo al corridoio.
Prima
che lui potesse chiederle spiegazioni, una mandria di omoni in nero
gli fu addosso.
-D'yavol-sbottò
Romanoff. (al diavolo)
-Allora?
Che ci fai qui?-le urlò Clint, afferrandone uno per il collo.
-Ti
sembra il momento?-rispose sganciando un cazzotto nello stomaco di
qualcuno.
-Sì-sbottò
lui sparando ai più vicini.
-Dopo
New York...sei diverso...hai fatto un sacco di errori stupidi in
questa missione...io e Maria eravamo preoccupate...-spiegò,
mentre ribaltava quello e strangolava l'altro.
-Quindi
mi stavi spiando?...pensavate che non fossi in grado?-tuonò
arrabbiato.
Quindici
nemici erano già a terra a quel punto.
-Cerca
di capire...cercavamo di proteggerti...se non le avessi detto di
fermarti avresti fatto scattare...l'allarme-rispose, continuando a
combattere.
-Mi
aspettavo più fiducia da te!-ruggì stendendo due uomini
in un impeto di rabbia.
-Intanto
ti ho salvato il culo-ribatté lei, iniziando a irritarsi.
-E
hai fatto fallire la missione!-continuò, sempre più
furioso.
Un'altra
ventina di uomini si aggiunse ai precedenti, più armati e
arrabbiati.
Clint
si guardò attorno, l'unica via di fuga era la finestra.
-Reggiti-ordinò,
stringendo a se la compagna.
Nat
intuì cosa stava per fare.
-No!
Aspetta! È troppo al...-
Prima
che lei potesse fermarlo si erano lanciato contro il vetro.
Precipitarono
nel vuoto a sette piani dall'asfalto.
…
Il
tempo sembrò rallentare. Clint vedeva la sua partner
precipitare nel vuoto.
Esaminò
la situazione: nella migliore delle ipotesi sarebbero stati ancora
vivi, ma con gambe e qualche costola rotte, la fuga sarebbe stata
comunque impossibile. Si rese conto di non avere scampo: aveva ucciso
entrambi.
Il
suo ultimo errore.
“Forse..”
pensò “se le attutisco la caduta, lei può ancora
salvarsi, magari con qualche costola rotta...ma può farcela”.
Annuì
convinto mentre il tempo ritornava a scorrere.
Strinse
a se la sua migliore amica e si lasciò cadere, lieto di poter
rimediare almeno a questo suo sbaglio.
A
nulla valsero i tentativi di Nat di divincolarsi.
Sembrava
aver avuto la sua stessa idea, ma Clint era comunque più forte
di lei.
4
piani.
“Fortuna
che quando si libererà sarò già morto...”.
2
piani.
“Credo...
che avrei dovuto diglielo. Magari posso ancora farlo”.
Clint
disse qualcosa che si perse nel frastuono dell'aria sferzante.
1
piano.
Qualcosa
colpì la coppia che si ritrovò a parecchie decine di
metri dalla villa.
Atterrarono
e lasciarono un profondo solco nel terreno, ma non erano morti...
nessuno dei due.
Qualcosa
li aveva fatti cadere molto più dolcemente del previsto e a
una buona distanza dalla villa.
Un
indistinta macchia nera li spinse di lato, si rialzò dal
canale scavato con il proprio corpo e con un balzo silenzioso si
allontanò.
Clint
cercò di seguirla con lo sguardo, per capire chi e soprattutto
cosa fosse, ma un dolore lancinante lo bloccò, permettendogli
solo di intravedere una strana luminescenza, dopodiché la
figura sparì nella notte.
Barton
era attonito.
Si
costrinse a risvegliarsi dal suo torpore per sincerarsi delle
condizioni della compagna.
-Nat!
Stai bene!?- la ragazza sembrava svenuta.
-Nat!!
Svegliati- un sonoro cazzotto smorzò i richiami dell'arciere.
Natasha
Romanoff balzò in piedi e con aria minacciosa si rivolse al
collega.
-Dopo
ti ammazzo, ma ora corri!-sbottò.
Al
che anche Clint si accorse del berciare concitato proveniente dalla
direzione della villa.
Spero che
la rivisitazione sia stata di vostro gradimento, torneremo in due
settimane con il capitolo successivo, ricco d'azione.
A
presto,
Chekkumeto&Lawrence_Victory
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