A
Saki. Perché se lo merita e so che adora questa coppia.
Ottobre
2003
Atto
primo
Sfilandosi
gli occhiali da lettura e massaggiandosi le palpebre stanche, Neville
allontanò da sé la pila di compiti consegnatigli
dai ragazzi del
sesto anno di Corvonero. Lanciò un'ultima occhiata sfibrata
alla
prima pergamena della lista.
“ L'estrema
adeguatezza di un Incantesimo Rinvigorente può essere
quotata, in
seguito a scrupolosi approfondimenti, dalla tonalità e dalla
gradazione della sezione esterna della corolla della pianta in
osservazione. La peculiarità del sopracitato Incanto sta
nella
ridondante raffinatezza con la quale esso deve essere diligentemente
eseguito”,
lesse. Possibile
che i Corvonero dovessero sempre farcire i propri temi con simili
paroloni?“ Se l'Incantesimo
Rinvigorente è fatto bene,
il colore dei petali diventa più acceso”
era
una risposta sufficientemente esauriente, per quanto gli riguardava.
Che diavolo significava, poi, “ridondante“?
Maledicendo
fra sé e sé Cosetta Corvonero e il suo intelletto
sopraffino, si
alzò, afferrò il proprio mantello e si convinse
che, in fondo, si
meritava una piccola pausa.
Pregando
fra sé e sé che Minerva non lo trovasse
sgattaiolare alla Testa di
Porco (il fatto che uno dei suoi insegnanti frequentasse quella
vecchia topaia ammuffita era, ai suoi occhi, una dannosissima onta
per Hogwarts), scivolò nel corridoio e si diresse rapido
verso i
cancelli.
Solo
un goccetto di Whisky Incendiario, si disse, e se ne sarebbe tornato
a correggere quei dannati temi.
Era
questione di qualche minuto, nulla di più.
*
Con
uno sbuffo spossato, Hannah si spostò quel maledetto
ricciolo biondo
che continuava a ricaderle davanti agli occhi. Inclinò il
capo e
osservò compiaciuta la superficie del tavolo di legno che
aveva
appena terminato di pulire. Rivolse la stessa soddisfazione al resto
del locale – il suo nuovo locale
– e sorrise febbrile.
Stentava
ancora credere che, dopo tanti anni trascorsi ubbidendo servizievole
ai clienti e portando loro le rispettive ordinazioni, finalmente era
diventata padrona di una taverna. E non una taverna qualunque, no:
quella era la sua locanda, il
pavimento su cui doveva ancora passare la cera era il suo,
come sua era la grossa
porta di quercia, suo era
il lungo bancone, suo era
il retrobottega e, sopra ogni altra cosa, suo era
l'atto di proprietà.
Se,
ponendo caso, avesse voluto mandare al diavolo qualche cliente
sgradevole – anche se, col senno di poi, si diceva che non ne
avrebbe avuto l'ardimento – avrebbe potuto farlo.
I
Tre Manici di Scopa erano diventati, contro ogni previsione, di sua
proprietà
e Hannah, esaltata
dalla sensazione di vigore e potere che quella novità le
aveva
suscitato, non si era mai sentita tanto efficiente come in quel
momento.
Avrebbe
potuto fare qualunque cosa e il risultato, ne era certa, sarebbe
stato semplicemente perfetto.
Qualunque
cosa.
*
” Sto
a Nocturn Alley a prendere della roba mia. Tornatevene a casa
vostra“.
Neville
strabuzzò gli occhi e cercò di decifrare per
l'ennesima volta la
sgangherata calligrafia di Aberforth. Era definitivamente uscito di
senno, assentì fra sé, per lasciare un biglietto
affisso alla porta
della Testa di Porco con l'unica parola decifrabile,
”Nocturn“,
in bella mostra. Scuotendo rassegnato il capo, estrasse la bacchetta
e la trasformò in ”Diagon“, pregando in
cuor suo che nessun
agente ministeriale fosse passato per Hogsmeade prima del suo arrivo.
Infilò le mani in tasca e riprese il cammino verso la parte
ovest
del villaggio; chissà che il nuovo gestore dei Tre Manici di
Scopa,
chiunque fosse, non avesse già aperto il locale.
*
Esausta,
Hannah si lasciò ricadere su una sedia e alzò gli
occhi alle travi
del soffitto. Sciolse lo straccio che aveva legato attorno al capo
per trattenere i capelli e inspirò profondamente. In tutta
la sua
vita, non si era mai sentita tanto leggera e potente. Niente avrebbe
potuto distruggerla. Era invincibile.
Quando
risollevò la testa, lanciò uno sguardo vago alla
finestra e si
lasciò sfuggire un grido spaventato.
Per
tutti i rospi dello Yorkshire! Chi era quel tizio sospetto che stava
fissando la locanda?
Si
guardò intorno allarmata e afferrò la scopa che
aveva appoggiato al
bancone, stringendo il manico di legno con tanta forza che le nocche
sbiancarono. Si mordicchiò le labbra e si
acquattò contro la
parete, scivolando piano verso la porta.
” E
se fosse un ladro?”, si chiese debolmente, allungando il
collo e
cercando di vedere oltre il vetro lucente.
Gliel'avrebbe
mostrato lei, cosa significava cercare di fregare la nuova
proprietaria dei Tre Manici di Scopa.
Oh,
se
gliel'avrebbe mostrato!
*
Sbuffando
appena e guardando l'insegna con aria un po' delusa, Neville fece per
tornare sui suoi passi, rassegnandosi all'idea che non avrebbe bevuto
niente. Non aveva ancora mosso il piede quando, improvvisamente, la
porta dei Tre Manici di Scopa si aprì con un tonfo sordo
alle sue
spalle. Sobbalzò impaurito e si voltò confuso,
appena in tempo per
schifare l'attacco di un oggetto che non riuscì bene a
identificare.
Il suo tentativo di evitare il colpo, tuttavia, funzionò
solo in
parte: arretrò spaventato e si ritrovò , senza
sapere esattamente
come, con le gambe in aria e il mantello rivoltato sulla testa.
«Credevi
di trovare qualcosa di interessante, furfante!?» stava
strillando
una voce femminile. «Ah! Ma con chi pensavi di avere a che
fare,
eh?».
«Cosa?»
borbottò perplesso, tentando di liberarsi forsennatamente
dal
mantello. Una volta che ebbe ritrovato la facoltà di
respirare, alzò
lo sguardo verso l'alto. Una ricciolina bionda dalle labbra piene e i
fianchi rotondi lo stava fissando gelida, brandendo con aria
minacciosa una vecchia scopa. Intuendo l'entità del suo
precedente
attentato, Neville cercò di allontanarsi da lei.
«Cerchi
di svignartela!?» urlò lei, muovendo qualche passo
verso di lui.
«Per
l'amor di Merlino, stia calma!» bofonchiò
spaventato Neville.
«Calma?
Te lo do io il ”calma“, brutto...!»
ruggì, preparandosi ad un
secondo attacco.
«Ah!»
strepitò l'uomo, arretrando paurosamente e tentando
inutilmente di
rialzarsi. «Signora, dico sul serio, metta giù
quella scopa!».
Bloccandosi
improvvisamente, Hannah si fece più scura in viso.
«Signora...»
ripeté, sgranando gli occhi. «Come osi chiamarmi
”signora“!?».
Imprecando
contro mari e monti, Neville alzò le mani davanti al viso e
arrischiò un pessimo sorriso di circostanza .
«No,
no, no, no» si affrettò a puntualizzare.
«Signorina! Lei è
ovviamente signorina! È così...»
s'interruppe, inclinando il capo
e scrutandola meglio. Fece una smorfia corrucciata mentre studiava
attentamente quella buffa strega. Non era né alta,
né tantomeno
scarna, ma i corti boccoli biondi e i fianchi floridi le conferivano
un'aria estremamente provocante. L'ampia scollatura del vestito,
oltretutto, non lasciava alcuno spazio all'immaginazione. Nonostante
fosse sicuro di non averla mai incontrata prima d'allora, c'era, in
lei, qualcosa di vagamente familiare.
«Cosa
diavolo stai fissando, razza di maniaco!?» trillò
lei, alzando
nuovamente la scopa.
«Merlino!»
gridò Neville, coprendosi la testa con le mani.
«Signora... no,
signorina, scusi... davvero, non ero qui per-».
«Adesso
chiamo qualcuno a scuola!».
«No,
la scongiuro!» cercò di farla desistere lui.
«Se la McGranitt
scopre che non sono nel mio ufficio, è la volta buona che mi
Trasfigura in un portagioie!»
Hannah
strabuzzò gli occhi e lo fissò come se lo vedesse
per la prima
volta.
«Lei
è...» balbettò. «Lei
è... un professore?».
«Se
rispondo di sì, mi colpirà lo stesso?».
«Oh,
cielo!» esclamò Hannah, arrossendo improvvisamente
e aiutandolo a
rimettersi in piedi. «Sono così mortificata! Ero
convinta che lei
fosse un malintenzionato!»
«L'avevo
notato...» mormorò laconico lui, ripulendosi il
mantello dalla
polvere. «È...» iniziò, prima
di interrompersi improvvisamente.
Stava per dire ”un piacere“, ma decise di cambiare
frase. «È
interessante conoscerla, signorina. Sono il
professor Paciock,
insegno Erbologia» spiegò con un sorriso tirato,
tendendole la
mano.
Boccheggiando
un poco, lei lo fissò, se possibile, ancor più
sbalordita.
«...Neville?».
Lui
inarcò dubbioso un sopracciglio.
«Ci
conosciamo già?».
«Per
gli gnomi di Scozia, Neville! Sono Hannah!».
«Hannah
Abbott?» ripeté lui, sconcertato.
«Merlino, non posso crederci!»
«E
io
non posso credere di averti steso con questa vecchia ramazza!
Accidenti, Neville, scusami! Se solo lo avessi saputo non-»
Lui
scoppiò a ridere.
«Non
preoccuparti» le disse. «Sono stato aggredito da
creature ben più
feroci».
Lei
gli rivolse un sorriso imbarazzato.
«Posso,
perlomeno, farmi perdonare offrendoti qualcosa?».
«Francamente,
Hannah» le rispose sornione lui. «Ho un disperato
bisogno di
whisky».
*
Febbraio
2004
Atto
secondo
Riempì
i bicchieri di entrambi con la miglior bottiglia di Ogden del proprio
retrobottega e lanciò a Neville un'occhiata divertita.
«Aberforth
mi odierà a morte» disse. «Gli ho
portato via uno dei suoi
migliori clienti».
«Al
contrario» ribatté con un sorriso lui.
«Non vedeva l'ora che mi
levassi dai piedi per riprendere i suoi vecchi traffici da
sottobanco».
Hannah
ridacchiò brevemente e sorseggiò cauta un goccio
di Whisky
Incendiario. Ricordava ancora l'ultima volta che aveva accettato
quella malsana scommessa di Susan, al suo sesto anno, e... be',
semplicemente non era il caso di replicarla davanti a Neville.
Lo
scrutò in tralice al di sotto in un ricciolo biondo.
Se,
durante i primi anni di scuola, le avessero detto che sarebbe finita
con il trascorrere ogni sua futura tarda serata in compagnia di
Neville Paciock e un bicchiere di whisky, probabilmente si sarebbe
messa a ridere.
O
a
piangere, forse.
Ascoltandolo
parlare con quella gestualità un po' impacciata tutta sua,
continuava a stupirsi di quanto esagerato fosse stato il suo
cambiamento. Hannah se lo ricordava come un ragazzino maldestro e
paffutello, prima ancora che come un diciassettenne dal volto rotondo
e glabro. Assurdamente, davanti a lei, ora, sedeva un uomo
dall'aspetto irresistibilmente trasandato, la barbetta incolta, le
basette un po' troppo lunghe e i capelli chiari scompigliati attorno
al viso.
«Hannah?»
la voce di lui la aiutò a riemergere dai propri pensieri.
«Ti sto
annoiando?».
«Che-?»
mugugnò lei, scuotendo il capo confusa. «No, no,
no, no! Mi ero...
distratta».
Afferrò
con un sorriso imbarazzato il bicchiere e, dandosi mentalmente della
deficiente, ne ingoiò il contenuto tutto in un colpo.
Ma
che
diavolo le stava succedendo?
*
Le
treccine.
Hannah
Abbott.
Per
tutto il periodo trascorso ad Hogwarts come studente, Neville aveva
imparato ad associare mentalmente fra loro le due cose in maniera
pressoché automatica. “Hannah Abbott è
la ragazzina di Tassorosso
che porta sempre le treccine“ era un concetto piuttosto
essenziale.
Ora, invece, si sentiva abbandonato a sé stesso.
“Hannah Abbott
non ha più le treccine, è diventata estremamente
sensuale e se non
la smette di leccarsi le labbra dopo aver bevuto il suo whisky
impazzirò“ era, effettivamente, un pensiero molto
più complesso e
pericoloso.
Sollevò
gli occhi dal proprio bicchiere e la intravide giocherellare
distrattamente con un ricciolo biondo. Quando si accorse che i propri
occhi già risentivano dell'attrazione gravitazionale
provocata dal
suo decoltè – come se non bastasse, dannazione
– li chiuse
istintivamente e tornò a chinare colpevole il capo.
Se
solo i suoi studenti sapessero che perfino il loro
insegnante
di Erbologia, spesso e volentieri, si concedeva pensieri impudichi
sulla nuova titolare dei Tre Manici di Scopa, la sua carriera di
rispettoso docente sarebbe finita alle ortiche.
«Neville?».
«Uhm?».
«Stavamo
spettegolando sul professor Hunchbeam, ma ti sei bloccato
improvvisamente» gli disse, sorridendo graziosamente e
spostando un
ricciolo dietro l'orecchio.
Merlino,di
questo passo quella strega l'avrebbe fatto internare.
*
Cara
Susan,
sappi
che, nel buon nome della nostra amicizia, sto rischiando molto
(molto) scrivendoti questa lettera. Se mai qualcuno dovesse
intercettarla (se tu che stai leggendo non sei Susan, ti prego, ti
prego, ti prego, dimentica tutto e non gettarmi nella vergogna)
sarebbe la fine.
Non
indovinerai mai (mai, Susan, mai!) chi è, adesso,
l'insegnante di
Erbologia.
Dai,
forse puoi arrivarci. No, fa lo stesso, te lo dico io: Neville
Paciock!
Sì,
quel Neville Paciock! Hai presente il ragazzino grassottello
che faceva sempre esplodere il proprio calderone? Ecco,
dimenticatelo. Hai presente Cassius Westwood, quello di Radio Strega
Network? Bene, perché lui e Neville ora sono nella stessa
categoria
di mariti perfetti.
Be',
magari non proprio, ma, fidati, c'è vicino.
È
diventato così maledettamente sexy che non riesco a lavorare
diligentemente, quando c'è lui in locanda! È una
continua
distrazione carnale e lui certo non mi aiuta, standosene sempre
seduto al bancone con il suo whisky!
Non
posso andare avanti così, devo
assolutamente
portarmelo a letto o rischio di avere un overdose di ormoni.
Con
affetto,
Hannah
*
Harry,
ho un
disperato, disperato bisogno di te.
Hai
saputo che Madama Rosmerta ha da poco ceduto i Tre Manici di Scopa? E
sai chi è, ora, la nuova titolare?
Hannah
Abbott. Frequentava il nostro stesso anno a Tassorosso, rammenti? La
ragazza che portava sempre le treccine.
Ora,
posso dirti che non ha più le treccine. Ora, è
dannatamente
affascinante e il mio cervello ha deciso di dare forfait.
Non ce
la faccio più e se continuo a passare più tempo
alla locanda che
non a scuola, la McGranitt tornerà ad adottare le vecchie
maniere di
Gazza. Potrebbe farlo, Harry, davvero. Più gli anni passano,
più il
sadismo di quella donna si rafforza.
(Merlino,
fai che non controlli la mia posta).
E
ondeggia i fianchi in una maniera ipnotizzante...
P.s.
Mi
riferivo ad Hannah, non alla McGranitt.
Neville
*
Maggio
2003
Atto
terzo
Chiudendo
gli occhi e concedendosi un grosso respiro, Hannah si ripeté
per la
centosettantacinquesima volta che, in fondo, non vi era, in
ciò che
si apprestava a fare, nulla di estremamente complesso. Per quanto non
si sentisse affatto tale, si era autoconvinta di essere perfettamente
pronta al grande passo.
Controllò
la situazione della taverna un'ultima volta e annuì con
decisione.
Il cartello “chiuso per motivi puramente personali“
che aveva
affisso alla porta aveva allontanato tutti i potenziali
clienti-disturbatori, le poche candele fluttuanti sopravvissute alla
sua maniacale selezione conferivano alla sala un'atmosfera
perfettamente intima e, ciliegina delle ciliegine, il giradischi sul
tavolo più vicino al bancone suonava le soffuse melodie di
Lydia
Lovable.
Si
lisciò le pieghe della gonna – aveva perfino
indossato quell'abito
tanto scollato che Susan l'aveva definito un “richiamo per
uccelli“
- e sbuffò spazientita.
Miseria,
non esisteva alcun motivo per il quale la sua cospirazione non
avrebbe dovuto funzionare. Probabilmente non avrebbe fatto innamorare
di sé qualunque mago avesse varcato la soglia, ma,
perlomeno,
chiunque avrebbe cercato di portarsela a letto il più in
fretta
possibile.
E,
al
momento, il suo obiettivo principale era esattamente quello.
*
Neville
si bloccò a qualche metro dall'entrata dei Tre Manici di
Scopa e si
accertò di ricordare ogni parola del proprio discorso. A
livello
puramente teorico, non appariva difficile. Sarebbe semplicemente
dovuto entrare con tutta la disinvoltura di cui disponeva, salutarla
educatamente e dirle: “Hannah, sono costernato. Sebbene la
tua
compagnia, in questi mesi, sia stata estremamente piacevole, sono,
purtroppo, costretto a limitare le mie visite notturne“.
“ In
quanto l'unica cosa alla quale riesco a concentrarmi è il
modo
incantevole in cui ondeggi i fianchi“.
No.
Decisamente,
quello non glielo avrebbe confessato nemmeno sotto tortura.
Mai.
*
«Neville!»
esclamò Hannah, sgranando gli occhi in maniera
impressionante e
pregando di apparire più stupita di quanto non fosse.
«Non ti
aspettavo, questa sera» mentì spudoratamente,
tentando di
accavallare le gambe con nonchalance e arricciandosi nervosamente i
capelli.
Impietrito,
Neville la fissò a bocca aperta qualche secondo e
deglutì a fatica.
«Cosa
stai facendo?» boccheggiò allarmato, arretrando
inconsciamente di
qualche passo.
Scoraggiata
dal suo atteggiamento restio e dandosi mentalmente dell'idiota per
aver creduto che lui potesse cascare in una simile farsa, Hannah
cercò di riacquistare un po' di contegno.
«Pulivo»
tagliò corto, indicandosi vagamente attorno.
Neville
chiuse gli occhi, sforzandosi di non guardare al di sotto delle sue
spalle morbide. Per tutte le sottogonne di Morgana, si disse,
possibile che non possedesse abiti più decorosi? Quello che
indossava quella sera era, fra tutti quelli che le aveva visto,
probabilmente il meno innocente. Anzi, rettificò fra
sé e sé, era
il vestito meno innocente che avesse mai avuto modo di vedere, sempre
che un pezzo di stoffa grande quanto uno Zellino potesse essere
definito “innocente“.
«Sei...
sei seduta... sul bancone» biascicò, chinando il
capo per non
essere scoperto indugiare sulle sue cosce scoperte.
Lei
gli rivolse un'occhiata sperduta.
«Ehm...
riposavo».
«Oh,
capisco» rispose brevemente lui. «Hannah,
io...» iniziò
debolmente.
«Sì...?»
lo incitò lei con un sorriso speranzoso, sporgendosi verso
di lui e
scrutandolo febbrile.
«Ecco...»
«Cosa,
Neville?».
«Tu...
cioè, io... insomma...» balbettò
tremante. Si interruppe di nuovo,
sollevò lo sguardo su di lei e sospirò sconfitto.
«Non posso più
venire» esalò rapido.
Il
sorriso parve afflosciarsi sul volto di Hannah.
«Cosa?»
domandò allibita.
«Problemi
superiori».
«Non
puoi» squittì sconcertata lei, scendendo con un
gesto fluido del
bancone e avvicinandosi pericolosamente a lui. Sobbalzando appena,
Neville riprese ad arretrare. «Non... non prima di... Lydia
Lovable!» decretò, indicando il
giradischi con un movimento
isterico del polso.
Lui
la
guardò confuso.
«Ehm...
cosa c'entra Lydia Lovable?».
«Lei...
lei.... le candele e... e... e il cartello e... e... il richiamo
per uccelli!».
«Richiamo
per... cosa?».
«Susan...
tu non... Lydia Lovable?».
Neville
osservò preoccupato l'espressione invasata comparsa sul viso
della
strega. Facendosi forza, le afferrò piano le spalle e
cercò di
fissarla intensamente senza subire ulteriori distrazioni fisiche.
«Hannah,
credo che tu abbia inalato troppo Smacchiante Magico» le
disse
piano. «Perché non ti siedi qui, eh? Ti porto un
bel bicchiere di
acqua fresca, così cerchiamo di-».
Si
bloccò di colpo e fece una smorfia impaurita nel vedere gli
occhi di
Hannah riempirsi di lacrime.
«Io
non ti piaccio proprio, allora...» piagnucolò lei,
lasciandosi
scivolare sulla sedia più vicina e osservandosi cupa le mani
abbandonate in grembo. «Lo so che è
perché sono cicciottella, ma
io ci ho provato a mettermi a dieta, davvero. È solo che
avere la
locanda a due passi da Mielandia non aiuta per niente...».
Neville
aveva gli occhi talmente sgranati che parevano in procinto di
schizzargli dalle orbite da un istante all'altro.
«Tu...
tu pensi di non piacermi?» mugugnò sconvolto, in
un tono di voce di
un'ottava più alta. «Perché tu pensi di
non piacermi?».
Tirando
rumorosamente in su con il naso e facendo mostra delle labbra
tremule, Hannah gli lanciò un'occhiata disperata.
«Perché
Lydia Lovable sta cantando... e ho accesso poche candele ed ero sul
bancone, e tu... tu...» ribatté confusa lei.
«Tu sei ancora
vestito, maledizione!» strillò.
«Per
tutti i barbagianni del Devonshire, Hannah!» rispose
allarmato
Neville. «Che cosa vai blaterando?».
«Ed
è
perché sono grassottella!» ripeté
ostinata lei, sbattendo con foga
un piede per terra.
Neville
si massaggiò spasmodicamente le tempie.
«Fammi
capire» riprese, dopo un attimo di esitazione. «Tu
sei realmente
convinta di non piacermi?».
«Be'»
rispose energica lei. «Se non è così,
non capisco perché non hai
ancora fatto niente di niente».
«Mi
hai quasi portato sull'orlo di una crisi nevrastenica,
Hannah!» urlò
concitato Neville, sbracciandosi come un invasato e iniziando a
camminare avanti e indietro. «Ti rendi conto di quanto tu sia
stata... fuorviante!?».
«Fuorviante...?».
«Fuorviante,
sì» annuì lui. «Merlino, sono
un professore! E tu... tu...
insomma, non posso rimanermene impalato a lezione solo
perché ho
quei tuoi incantevoli fianchi che mi ondeggiano davanti agli occhi
ogni secondo, cribbio!».
Hannah
inclinò stordita il capo.
«I
miei... cosa?».
«Niente»
si affrettò a ritrattare lui.
«Hai
detto che i miei fianchi sono incantevoli».
Neville
si guardò distrattamente intorno, grattandosi imbarazzato la
nuca.
«No,
affatto».
«Sì,
invece».
«Non
l'ho detto».
«Sì,
l'hai detto».
«Ti
dico che non l'ho detto».
«E
io
ti dico che l'hai detto».
«Oh,
dannazione...» imprecò piano Neville.
«Non posso credere di averlo
detto ad alta voce».
Rimasero
a fissare qualunque oggetto non fossero i rispettivi volti in
silenzioso imbarazzo. Hannah riprese a lisciarsi le pieghe della
gonna, mentre Neville, appoggiandosi con la schiena al tavolo opposto
a quello della strega, si fissava insistentemente le punte degli
stivali.
«Indossare
quel vestito, stasera, è stato perfido»
riuscì a scandire lui.
«Anche lui è estremamente fuorviante. Non riesco
concentrarmi sui
miei piedi».
Lei
si
mordicchiò il labbro e arrossì.
«Quindi...
io ti piaccio?» chiese.
In
risposta, Neville avvampò e annuì.
«Già».
«Anche
tu mi piaci» borbottò imbarazzata Hannah.
Dopo
un attimo di quiete, Neville tossicchiò vagamente.
«Perciò...»
balbettò impacciato, allentandosi nervoso il colletto della
camicia.
«Ora che abbiamo messo a nudo la nostra reciproca attrazione,
cosa
dovremmo fare?».
*
«Non
credevo mi avresti preso così alla
lettera, Hannah» biascicò
Neville, sprofondando il capo nel cuscino e schiaffandosi una mano
sulla faccia. Mordicchiandosi nervosa il labbro inferiore e
ridacchiando appena, Hannah si strinse a lui e posò la
tempia
sinistra al suo petto, senza rispondere.
«Non
credevo nemmeno avresti cercato di uccidermi con una scopa, ad essere
sincero» riprese lui.
«La
scopa era un diversivo» ribatté divertita.
«Volevo distrarti
mentre ti guardavo il sedere».
Neville
rise. Hannah si avvicinò di più a lui e si
strinse all'incavo del
suo collo. Lui chinò il capo, le scostò un
ricciolo biondo e le
baciò dolcemente la fronte.
«A
che ora hai lezione, oggi?» gli chiese.
«Credo
di avere la prima alle... Merlino, un quarto d'ora fa!».
Si
alzò dal letto con tanta furia che le gambe rimasero
impigliate nel
lenzuolo, perse l'equilibrio e cadde sul pavimento di legno. Hannah
si rizzò a sedere, allarmata.
«Neville,
sei intero!?».
«Ancora
sì!» gridò in risposta lui, afferrando
camicia e pantaloni e
tentando di infilarseli contemporaneamente. «Ma se la
McGranitt mi
becca, finisco a Mosca trasfigurato in una matrioska!».
Hannah
si coprì la bocca con un mano e soffocò una
risatina. Lo osservò
dimenarsi per tutta la stanza alla ricerca della cravatta, fin
quando, alzando gli occhi, non la trovarono appesa al lampadario.
Neville
guardò Hannah con un sopracciglio inarcato.
«Come
diavolo-?».
«Non
fare domande» lo interruppe lei, coprendo le guance
imporporate con
l'orlo della coperta. «Davvero, non farle».
Lui
scosse confuso il capo, si issò sul letto,
acciuffò la cravatta e,
scendendo, sarebbe certamente capitolato per terra se non avesse
avuto i riflessi per arrestarsi con una mano contro il muro.
Afferrò
il mantello abbandonato sulla cassapanca di Hannah e, senza
aggiungere altro, scivolò oltre la porta.
Lei
sgranò gli occhi e fissò con aria indignata
l'uscio dal quale era
svanito.
Pochi
istanti dopo, il volto arrossato di Neville fece nuovamente capolino
nella stanza.
«Scusa»
boccheggiò. «Avevo dimenticato di
salutarti».
«Ah,
sì?» esclamò ironica lei.
«Non me ne ero accorta».
Lui
la
fissò imbarazzato. «Be'... ciao, allora».
Hannah
lo guardò sparire per la seconda volta nel corridoio.
Appuntò
mentalmente di scrivere a Susan che, per quanto Neville avesse
superato le sue aspettative dal punto di vista pratico,
indubbiamente doveva ancora migliorare tutto ciò che
concerneva la
fase del “dopo“. Non aveva ancora finito di
rimuginare
corrucciata fra sé quando, per la terza volta, Neville
comparì di
nuovo davanti a lei.
Le
rivolse uno sguardo timido e abbozzò un sorriso.
«È
probabile che stasera io abbia ancora voglia di whisky,
comunque».
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