Nella vita
ci sono dei legami indissolubili, tanto forti che difficilmente s’inclinano.
Eppure, qualche volta, accade che queste unioni si sleghino per intrecciarsi in
maniera diversa, trovando un nuovo modo di stringersi. Altre volte invece si
spezzano, si rompono in mille pezzi e più cerchi di rincollarli più ti ferisci,
e non c’è niente da fare e questo non perché il legame sia falso ma
semplicemente perché l’intesso di quelle anime non era
giusto. Gli intrecci di anime sono molteplici e infiniti, ma una volta trovata
la giusta parete divenire rampicante è porre fine alla continua ricerca di una
parete cui appartenere.
Arthur e
Merlin erano stati amici sin da piccoli, insieme agli altri membri del gruppo: Gwen, Gwein, Lancillotto,
Percival e Morgana sorella di Arthur.
Erano
cresciuti insieme, non si erano mai separati, e ogni anno in più che compievano
era un rafforzamento della loro inestimabile amicizia.
Erano un
gruppo ben saldo ma come ogni gruppo nel crescere si
cambia il proprio fisico e il proprio carattere, gli interessi cambiano e ci si
affilia con anime simili alla propria. Le ragazze del gruppetto si erano
avvicinate molto al campo del giornalismo; Lance, Gwein
e Artù invece si erano iscritti a scherma ed erano i migliori, nonché campioni, anche se Artù praticava il pugilato nei bar
con qualche rissoso di turno. Merlino invece, nonostante la sua infinita
timidezza, aveva intrapreso la strada della moda e del volontariato.
Comparivano
i primi amori, le prime gelosie e per alcuni il capire di non essere come tutti
gli altri e la vergogna di dirlo ai propri amici per paura dei giudizi.
Merlino era
gentile con tutti e aveva scoperto e accettato la sua omosessualità quando
aveva diciassette-diciott’anni, e dopo un bel po’ l’aveva confessato ai propri
amici, che lo sostennero senza farlo cedere ai pregiudizi degli altri.
L’unico a
non essersi innamorato di qualcuno all’interno del gruppo era stato Parcival che dopo il diploma era dovuto andare a studiare
all’estero e tornava troppo poco a casa.
Lance era sempre stato un ragazzo buono con tutti, innamorato
follemente di Gwen, e non le disse mai quanto l’amava
perché sapeva che l’amica aveva un debole per Arthur che sembrava essere preso
da lei. Quindi per evitare litigi o rotture di amicizia restò in silenzio a
guardarle amare un altro, per di più un suo migliore amico.
Morgana era
una delle poche ragazze su cui si poteva contare, c’era costantemente per gli
amici ma era sempre stata innamorata di Merlino prima di sapere che fosse gay, per dichiararsi l’aveva baciato ma lui aveva rifiutata
dicendo che la vedeva come una sorella.
Gwein era il buffone del gruppo, innamorato di Morgana fin
dalle medie, gli piaceva il profumo che emanavano i suoi capelli neri ondulati
e il suono della sua risata, dopo molte fatiche era riuscito a dichiararsi
senza ricevere un no come risposta.
Mentre
Arthur e Gwen sembrassero essere destinati fin da
sempre a innamorarsi e stare insieme, senza troppi giri di parole o cose troppo
complicate, erano una coppia felice e senza nessun
tipo di problema, anche perché lei era paziente, qualità che bisognava avere
per stare con Arthur, oltre che bella.
Arthur era
il solito ragazzo testa calda, il belloccio che fa cadere le ragazze ai suoi
piedi che amava gli amici e la famiglia, istintivo e
certe volte sembrava essere un cazzone menefreghista ma tutti sapevano che
avrebbe difeso le persone cui teneva. Uno più di tutti gli era sempre stato
vicino, fedele e qualche volta qualcuno con cui fare a cazzotti o infermiere per medicare le sue ferite da
rissa: Merlino. Con lui era tutto diverso, voleva molto bene a Gwein e Percival o Lance ma Merlino era diverso.
Il loro legame non l’avrebbe mai saputo spiegare a nessuno, era qualcosa di
unico, puro ed essenziale che non sarebbe mai dovuto mancare nella sua vita.
Poteva fare a meno di tutto ma non di lui.
Dopo anni
che tutti si erano laureati e lavoravano, si vedevano
ogni fine settimana per stare insieme senza spezzare mai il legame che li
univa, ormai non era più una questione di amicizia, erano come una vera
famiglia.
I problemi
iniziarono una notte di Halloween.
Avevano
organizzato di travestirsi e andare a festeggiare in qualche discoteca,
scattarono foto su foto per ricordare quella serata,
volevano che ogni momento fosse immortalato per non dimenticarlo mai. Anche se
ci sono attimi che non dovrebbero essere impressi su pellicola, poiché certi
istanti devono restare segreti negli angoli di due cuori costretti a stare
lontani.
Poiché certe
volte non si può essere egoisti, non quando di mezzo
c’è la felicità di più persone, come si fa a scegliere chi debba ricevere la
felicità e a chi sottrarla? A volte un attimo non è che un momento, non è che
un istante in mezzo a tanti, attimi che accadono nel silenzio della notte senza
che abbiano un’alba.
Tornati a
casa di Arthur su di giri, decisero di giocare a nascondino come bambini di
cinque anni l’uno, Gwein contava e gli altri si
nascondevano. Morgana scelse di nascondersi dietro un cespuglio, Gwen dietro un muro e Lance sopra un albero. Arthur prese per il braccio l’amico accanto a sè
e lo trascinò << Vieni con me,
conosco un posto in cui non potrà trovarci. >> così dicendo aprì una
porticina poco visibile a chi non la conoscesse all’interno della casa ed
entrarono.
Lo spazio
era davvero ristretto per non dire inesistente e i due amici si ritrovarono
schiacciati l’uno contro l’altro, all’inizio Merlino non si era accorto che il
biondo davanti a lui lo stava guardando poiché era concentrato su ciò che stava
accadendo fuori. Poi si mosse leggermente per stare più comodo ma finì solo per
intrecciarsi di più ad Arthur che non sembrò troppo dispiaciuto di sentire
vicino l’amico.
Merlino
cercava di non far trasparire l’agitazione, per troppo tempo aveva tenuto
nascosto i sentimenti che provava nei confronti del suo migliore amico e non li
avrebbe di certo resi pubblici, specialmente non in quel momento, non si era
neanche mai posto il problema perché non aveva di certo mai pensato di restare
chiuso e schiacciato in una specie di ripostiglio con l’uomo su cui si faceva
mille fantasie ogni notte.
Così cercò
di smorzare la tensione che si stava venendo a creare <<Fa davvero caldo qui dentro.>> ma peggiorò solo le cose, perché Artù lo stava guardando e
il suo sguardo sembrasse trasparire malizia <<Spogliati>> disse mentre fu lui il primo a togliersi la
giacca in maniera difficoltosa, avvicinando nei movimenti il suo viso a quello
del moro.
Merlino
boccheggiò leggermente, magari era solo l’alcool che gli stava giocando un
brutto scherzo e domani sarebbe tornato tutto fottutamente alla normalità, solo
che mentre l’amico si stava togliendo la giubba lo toccò diverse volte con il
bacino, e lui cercò di sussultare il meno rumorosamente possibile.
Stava
cominciando a fare davvero caldo lì dentro, percepiva ogni lembo di pelle
bruciare e lo sguardo di Arthur non aiutava per niente anzi lo infiammava di
più, deglutiva, il cuore gli batteva sempre di più ed era sicuro che in quel momento
il sangue stesse bollendo letteralmente.
<<Forse dovremmo uscire a vedere come procede
il gioco>> aveva sorriso, ma l’altro non era intenzionato a muoversi
da lì dentro <<Forse dovremmo
rimanere qui dentro>> rivolgendogli un sorriso ambiguo, il moro però
non lo ascoltò e si allungò per aprire la porta ma il biondo lo tirò a sé
<<Perché vuoi uscire?>>
lo sguardo di Artù era indagatore.
Merlino non
riusciva a non guardarlo, a perdersi nell’immensità di quegli occhi, cadere
sempre più in basso nelle profondità del nulla <<Forse gli altri ci stanno cercando, forse noi dovremmo..>> ma non finì la frase che l’altro aveva fatto
spallucce <<E allora? Lascia che ci
cerchino Merlino>> e appoggiò la sua fronte nell’incavo del collo del
moro.
Merlino
sentiva il calore del respiro di Artù e pregava che non sentisse l’erezione
sporgere dai suoi pantaloni che cominciavano a divenire stretti, poi in quel
silenzio il biondo gli sussurrò delle parole che lo spiazzarono <<Mi piace il profumo della tua pelle>>
e lì non ci fu più salvezza per lui.
Nessun
appiglio ma solo l’eterna dannazione, l’oblio profondo senza una via d’uscita
<<Anche a me il tuo>> le
mormorò piano quelle parole e sperò che l’amico non le sentisse, gli uscirono spontanee.
In quel
momento sperò che gli altri avessero rinunciato a cercarli e se ne fossero
andati a letto, sarebbe voluto rimanere in quello stanzino per tutta la notte,
si sarebbe accontentato di una notte, ma così non fu
perché sentì la porta aprirsi ed erano tutti e quattro che presero a ridere quella
situazione <<Vi siete nascosti bene
ragazzi>> poi li aiutarono a uscire.
Artù dormiva
in piedi, si reggeva solo perché il ragazzo moro lo sosteneva, che decise di
congedarsi dagli amici e accompagnarlo a letto.
Lo adagiò
delicatamente gli tolse le scarpe, gli indumenti e gli rimboccò le coperte si stava allontanando quando l’altro lo chiamò <<Merlin>> allora tornò indietro e
si accovacciò accanto ad Arthur incitandolo a parlare e quello lo guardò negli
occhi per un tempo che sembrò infinito <<Sei un idiota Merlino.>> e si girò dandogli le spalle.
La mattina
seguente l’ultimo ad alzarsi fu proprio il biondo che
trovo gli altri fare colazione quando notò che mancava il suo amico <<Dov’è
Merlino?>> disse sedendosi pesantemente sulla sedia, la testa ancora
gli girava, come risposta ebbe solo un’alzata di spalle da tutti. Ricordi
sfumati che non riusciva a controllare si mostravano a
lui, avrebbe voluto afferrarli goderseli, ricordare meglio quelle sensazioni.
Non ci riusciva e bevendo il caffè decise di dimenticare, scordare cosa aveva
fatto, cosa aveva provato.
Nel
pomeriggio Artù mandò un messaggio all’amico
“Devo andare alla polizia per la tua
scomparsa?”
“Simpatico. No, sono vivo”
“Perché non c’eri questa mattina?”
“Avevo un appuntamento e sono dovuto scappare
a casa per lavarmi e sistemarmi”
Lavarmi. Artù lesse quelle parole, si
era levato di dosso il suo profumo, non c’era più traccia di lui sulla sua
pelle, voleva sapere chi altro si era impadronito di Merlino.
“Con chi?”
“Un amico”
Artù lesse quell’ultimo messaggio, sapeva che non erano
affari suoi con chi si vedeva merlino o con chi faceva cosa, ma voleva farsi
del male. Doveva sapere se ciò che provava era davvero gelosia, forse se lui
gli avesse detto che era uno con cui stava o che semplicemente si vedeva con qualcuno
per scopare l’avrebbe allontanato dalla mente. Forse.
“Amico, fidanzato o scopamico?”
Merlino si
era un po’ paralizzato a leggere il messaggio, davvero Artù gli aveva chiesto
una cosa del genere? Ma cosa stava succedendo dopo una
vita ad amarlo in segreto adesso per colpa di uno stupido stanzino troppo
stretto- Dove Arthur aveva voluto nascondersi con lui – quel segreto voleva
salire a galla.
“Diciamo uno con cui mi vedo”
Ma perché
gliel’aveva chiesto, la risposta era ovvia. Artù si diede dello stupido da solo
e sentì la rabbia montargli dentro.
“Bene. Sto venendo a casa tua.”
“Ma non sono a casa Artù!!”
“Non m’interessa vedi di tornare, sono il tuo
migliore amico, quindi lascia ciò che stai facendo e torna.”
Arthur
sapeva che era egoista chiedere una cosa del genere ma non gli importava, in
quel momento voleva solo toglierlo dalle braccia di uno sconosciuto.
Erano state
inutili le lamentele di Merlino all’amico, sapeva che quando Artù si metteva in
testa una cosa diventava più testardo di un asino.
Era seduto
sugli scalini della casa del moro e lo stava aspettando, aveva il telefono in
mano e scorreva con il dito sul nome dell’amico. Gelosia nei suoi confronti, da
quando provava un simile sentimento per quell’idiota? Si passò una mano tra i
capelli e alzò la testa per guardare il cielo, e lo vide. Lo vide dentro gli
occhi blu di Merlino, che lo stavano guardando, inghiottendolo in un vortice.
Le sue pupille si dilatarono, il suo corpo fremeva eccitato, la sua bocca
divenne asciutta, sentiva la testa girargli velocemente ma l’unico punto fisso
era Merlino.
Il moro era
fermo davanti a lui e stava dicendo qualcosa, vedeva quelle labbra rosse
muoversi, avrebbe voluto sentire la melodia di quel timbro di voce così
erotico.
“Artù? Ti senti bene?” Merlino guardava il
viso dell’amico, l’espressione vacillava tra l’estatico e il perso, le sue
pupille dilatate, le labbra semiaperte. Il moro non sapeva se ridere o
preoccuparsi.
Solo quando
gli toccò il braccio, il biondo si svegliò da quello stato di trans, adesso
l’espressione era vacua, preoccupata.
Vide il
biondo boccheggiare, avrebbe voluto dire qualcosa solo non sapeva cosa, era
confuso quasi terrorizzato, Merlino gli appoggiò la mano sulla fronte, ma era
fresco, con le gote lievemente arrossate.
Il moro aprì
la porta di casa e lo tirò dentro, gli offrì un
bicchiere d’acqua che l’altro si scolò di un fiato e poi seduti in due
poltrone, una di fronte all’altra, si guardavano in silenzio.
“Artù, ti senti meglio?” lo fissava
preoccupato. Sembrasse avere la sua stessa espressione quando per la prima
volta scoprì che gli piacevano gli uomini.
Il biondo lo
guardava e fece cenno di sì con la testa, le parole non gli uscivano o forse
erano inutili, lui non lo sapeva, dopo un assenso da parte dell’altro si decise
a parlare “Merlino, io volevo..” gesticolò con le mani “scusarmi per qualsiasi cosa abbia fatto ieri notte, non ero in me”
il viso paonazzo, scusarsi non era quello che voleva fare avrebbe voluto invece
prenderlo e sentire ancora quel profumo.
Quell’odore
che non era fragola di bosco, come quella di Gwen ma
più odore di vaniglia; carezzare quella pelle nivea e marmorea che non
c’entrava nulla con quella scura della sua fidanzata; lambire con le proprie
labbra ogni lembo di pelle delicatamente, lasciando segni evidenti su quelle
parti morbide come il collo, per la possessione che lui aveva del suo corpo e
del suo cuore, nelle cosce vicino il membro per ricordargli la brama di piacere
mentre avidamente se ne saziava, le natiche per fargli rammentare la brama di
desiderio che aveva avuto nel prenderlo.
Si detestò
da quei desideri quando l’amico gli si avvicinò e guardandolo negli occhi
l’espressione gli venne dolce, troppo dolce per resistere
a tutti quei sentimenti che guerreggiavano dentro.
Il biondo si
alzò e andò vicino alla finestra, dava le spalle all’amico, non voleva
guardarlo o meglio avrebbe voluto ma ne aveva paura. Paura
che Merlino gli leggesse dentro per l’ennesima volta, che capisse qualcosa che
lui stesso ancora non capiva e non poteva per nessun motivo perderlo e rovinare
il rapporto con lui.
“Allora, questo tuo amico, lo conosco?”
giocava con l’anello che portava sempre al dito da quando Merlino glielo regalò
per Natale.
“Sì, lo conosci” aveva risposto l’altro
che si era seduto sulla poltrona guardando le spalle larghe e il corpo possente
di Artù. Aveva immaginato mille volte di potersi avvinghiare a lui, si
stringergli le natiche mentre l’altro s’impossessava del proprio corpo.
“Ah!” disse l’altro “Chi è?” e si girò a guardarlo.
“Elyan” e fece
spallucce.
Elyan era il fratello di Gwen,
non apparteneva al gruppo perché più grande di loro di qualche anno. Si
conosceva con tutti gli altri poiché, oltre ad essere il fratello della bruna,
anche lui era iscritto a scherma.
Artù asserì
con la testa e salutandolo andò via.
Più tardi si
ritrovarono tutti a casa dei Pendragon per
festeggiare il compleanno di Morgana. Ovviamente era pieno di gente, musica
alta, alcool e tante risate attorno a tutti.
Si stavano
divertendo tutti, l’unico a mancare era Artù. Chiuso in camera sua, al buio
della stanza, anche la luce della Luna faceva faticare a entrare, non aveva
voluto vedere nessuno, perfino Gwen con cui di solito
era buono, quella volta invece l’aveva mandata via.
Si ricordava
le parole dure che aveva usato e di come lei in silenzio aveva trattenuto il
dolore lasciando quella stanza, lasciandolo solo nel buio.
“Arthur tutto bene?” aveva chiesto lei
con gentilezza.
“Sì perché non dovrebbe andare bene?” il
suo tono era freddo.
“E’ successo qualcosa? Perché
non scendi?” Gwen lo
sfiorò, ma lui si scansò lentamente.
“Fatti gli affari tuoi per una volta Gwen.” Era più un ringhio che un vero e proprio tono. La
ragazza sobbalzò ma non disse nulla, andò via chiudendo piano la porta.
Merlino
stava guardando l’amica e le prese la mano “Gwen, è successo qualcosa?” ma lei rispose non con la testa, gli
strinse la mano con gentilezza “C’entra
Arthur? Dov’è?” ma lei non
rispose. Lui si fece serio “ Ci parlo io con quell’asino” le mormorò e lei le sorrise dolcemente.
Si avviò
nella camera del biondo, era arrabbiato, da quando quell’asino non gli diceva
cosa lo preoccupava? Da quando trattava in quel modo Gwen
o si comportava diversamente. C’era qualcosa che non andava, lo vedeva, lo
sentiva e l’avrebbe fatto parlare.
Non bussò
alla porta di legno ma vi si appoggiò sopra un attimo prima di entrare, poi
piano spinse la porta e sentì la voce calda di Artù “Va’ via Gwen, non..” ma si arrestò quando
vide Merlino davanti la porta chiusa che stava andando verso di lui.
Merlino gli
si sedette con lui a terra, uno accanto all’altro posando le spalle al letto,
lontano dalla luce inghiottiti dall’ombra. Non parlarono per un po’, entrambi
ascoltavano il respiro dell’altro, poi la voce di Artù lo raggiunse nuovamente
attorcigliandogli lo stomaco “Perché non
mi hai baciato in quello stanzino?” e si girò a guardarlo, vide il corpo
dell’amico irrigidirsi.
“C-cosa?” rise nervoso, no non poteva essere. Era stato sempre attento a non farsi
scoprire, nessuno lo sapeva, incastrò i loro sguardi.
“Dai Mer, non
prendermi per uno stupido. Sei il mio migliore amico, so che provi qualcosa per
me. Credo di averlo sempre saputo.” I suoi occhi erano velati di tristezza
così come la sua voce.
“Forse, ma non importa.” Fece spallucce “Tu stai con Gwen,
io sono gay. Come credi che sarebbe potuta andare
bene! Avrei solo rovinato tutto.” La sua voce era come un sussurro.
“E poi c’è Elyan.”
L’aveva detto quasi rabbiosamente, la gelosia che un altro l’avrebbe potuto
avere gli infuocò il sangue e la sua mascella s’irrigidì.
L’altro
aveva affermato con la testa ma adesso i suoi occhi guardavano da un’altra
parte, il biondo però insistette ancora, voleva farlo esplodere, forse voleva
litigarci, sfogarsi. Non sapeva neanche lui perché ma sentiva il bisogno di
urlare contro l’amico per poi finire a spingersi e scambiarsi qualche pugno, e
magari poi stringerlo tra le sue braccia per fare pace e bearsi del suo
profumo. Chiedergli scusa baciandolo.
“Perché ci esci se non lo ami.” Stuzzicava
l’amico, voleva farlo arrivare al limite, dargli una
vera confessione dei suoi sentimenti.
“Chi ti
dice che non sia così?” giocava furiosamente con le mani.
“Perché tu ami me Merlino.” Voleva che
gli dicesse quelle stupide parole.
Il moro
scuoteva la testa mentre sorrideva quasi divertito da quella situazione. Anni passati
a celare quei sentimenti e ora… ma che cazzo stava succedendo? Si alzò in piedi
e andò alla finestra, sentiva il corpo vibrare, il biondo gli era di fianco e
si girò a guardarlo “Vuoi che ti dica che
ti amo Arthur? Ti amo.” Credeva di star scoppiando, gli occhi cominciavano
a bruciare. L’amico lo guardava e non parlava, il moro lo spinse “E ora? Che altro vuoi?” lo gridò quasi e
cominciò a strattonarlo incitandolo a rispondere. Artù lo fermò e asciugò
quelle lacrime che ora stavano cadendo sulle gote del moro “Voglio te, Merlino.” Le parole uscirono dalla
bocca così velocemente che non ci fu tempo di fermarle, come non riuscirono a
fermare tutto quello che avvenne dopo. Si baciarono come due amanti che si sono
ricercati troppo a lungo, le loro labbra si unirono come due pezzi perfetti di
un puzzle, si toccarono non solo fisicamente ma nel profondo, quasi come le
loro anime stessero venendo a contatto.
In quel
momento prevalse l’istinto, il desiderio l’uno dell’altro, l’ingordigia di amarsi
provando goduria dando piacere anche all’altro. Erano in perfetta armonia, Artù
seguiva l’altro, un corpo nuovo da dover scoprire da poter amare, Merlino che
realizzava le sue fantasie e non sapeva se sarebbe stata solo una notte o
diversi giorni a seguire ma non c’era spazio per questi pensieri, voleva
poterlo amare e farsi amare.
Si stavano
lasciando andare l’uno all’altro, nessuna barriera o ripensamento tra loro.
Sapevano che
non avrebbero dovuto, giù c’erano persone, il compleanno di Morgana, Gwen, ma tutto questo non importava.
Quando
giunsero alla fine di quel piacere sudato e voluto, Artù gli si pose sopra e l’osservò lambendo il suo corpo “Perdonami se ho aspettato così tanto per capirlo.” E nascose il suo
viso nell’incavo del collo, il moro gli carezzava la pelle “Perdonami se ho aspettato tanto anch’io”
gli mormorò.
Si diedero una sistemata e un volta pronti Merlino stava per
aprire la porta ma venne fermato dall’altro “Mer questa non è stata solo una scopata. Tu, io, noi..
sei importante per me, lo sei stato e lo sarai. Non importa cosa succederà, se
ho te posso affrontare tutto.” E gli tese la mano.
L’altro lo
guardò dolcemente e gli prese la mano, si baciarono ancora per qualche attimo e
poi tornarono alla festa.
Quando due
anime si scontrano, aderendo l’una all’altra, non puoi più scioglierle. Perché il
loro destino è lo stesso, vivono perché l’altro vive, si amano e si fondono l’una all’altra. Perché quando due anime sono la
faccia della stessa medaglia, non ci sono persone e non c’è destino che possa
separarle.
Note autrice:
Eeeeh ben tornati! Grazie a tutti quelli che
sono arrivati alla fine di questa storia *^* grazie a chi leggerà solamente e a
chi lascerà un proprio segno :3
Per ora mi sono fissata con Elyan che sta con Merlino! xD Forgive me!
Be che dirvi grazie e un bacio ;*