Dì qualcosa

di Kore Flavia
(/viewuser.php?uid=619920)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Note d'autore: Questa cosa fa schifo, lo so. 
Banner fatto da me, anche quello è orripilante, lo so. 
Bye bye
Black





Dì qualcosa



-Dì qualcosa. – Le lacrime oramai si riversavano sulle lenzuola sfatte di quel letto in cui avevano condiviso così tanto. Incertezze, paure e risate. I capelli scarmigliati si spandono davanti al viso scosso. Ma lei non li sposta, non vuole muoversi, così da non credere che il tempo stia passando.
-Dì qualcosa. – Ripete stringendo le dita nelle lenzuola. –Dì qualcosa. Ti prego. – si ostina a ripetere al ragazzo seduto dall’altra parte. La schiena rivolta a lei, non più quel viso che oramai conosceva a memoria, ma la schiena era verso di lei, come a rimproverarla nella sua ampiezza. Le spalle forti del ragazzo sono ingobbite dal peso della sola aria. Peso che sente anche lei sulla schiena, peso che persiste da tempo e che non vuole saperne d’andarsene.
-Dì qualcosa, o lascio perdere. – Sembra quasi minacciarlo, ma la voce è ridotta ad un sibilo spezzato. Le labbra screpolate sono socchiuse e ansanti, talvolta le capita d’inghiottire qualche lacrima curiosa che s’intrufola nella bocca. Ne sente il sapore salmastro e fastidioso, ma confortante poiché è l’unica cosa a rassicurarla in quella stanza empia. I muri tappezzati da ricordi passati assieme, prima che il ragazzo si rendesse conto dei sentimenti dell’altra. Prima che la ragazza si decidesse ad ammettere a se stessa i propri sentimenti. Sul soffitto si spande una macchia, si ricorda come, per errore, lei avesse lanciato della birra.
Poiché era lei quella che si lasciava andare tra i due o, almeno, questo accadeva quando la giovane era brilla. Solitamente quello socievole ed intraprendente era lui, con le sue spalle forti che avevano retto tanto a lungo. Con i suoi occhi azzurri che non lasciavano addormentare, ma ora lui non c’era.
 -Ti prego. – Ripete, ma davanti a sé il ragazzo non c’è più. Al suo posto è presente solo un vecchio specchio i cui vetri rotti sono sparpagliati e l’accusano. L’accusano d’aver rovinato tutto, come al solito. L’accusano poiché ha sbagliato, un’altra volta. Lei che si vantava di non sbagliare mai, di non aver mai rimpianti ora boccheggiava alla ricerca di sentimenti diversi da questi. La mano fasciata che andava a stropicciarsi la maglietta indosso, la sua maglietta. Maglietta in cui il suo profumo persiste anche a distanza di settimane. Che odora ancora di ricordi e sogni, di quando andava a vederlo giocare a calcio. Non era mai stato bravo negli sport, ma si divertiva, incurante dei commenti giocava.
-Ti supplico. – Si porta una mano al viso passandola sul volto esausto.
-Io non ce la faccio più. – Quasi ride di quanto sia ridicola a piangere su quel letto a parlare con lo specchio. Di quanto sia ridicolo struggersi per qualcosa di finito, soprattutto se il primo a non averlo fatto è stato lui. Lui che un giorno è tornato a casa e, dopo una litigata, se ne andò andato portandosi via tutte le sue cose e non solo. Vorrebbe sperare che lui sia pentito, che sia triste come non mai, che torni da te con la coda fra le gambe. Che la vita gli vada storta, ma non ce la fai. Lo sa, lo sapeva. Sapeva che tutto quello, per quanto bello potesse essere, sarebbe finito. Sapeva di amarlo, ma di non farlo abbastanza. Erano troppo diversi e lei troppo cocciuta per rendersene conto, troppo orgogliosa per troncare tutto all’apice.
Troppo innamorata per farlo. Ed ora è solo come non mai, sola con quello specchio che riflette più che mai la sua figura. Spezzata, a terra.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3125806