Londra 1812

di Lyter
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Notte





8 Luglio 1812
Un pianto si levò stridulo dalla parte più interna del marciapiedi smussato, un pianto di odiosa lamentela e famelica rabbia. Velocemente si spandeva per le grigie strade di East Town e, qualche secondo dopo, un altro lamento, ma questo più strascicante e meno stridulo, si aggiungeva pesantemente al primo.
L’aria sembrò fermarsi: la Notte e le sue Stelle osservavano con occhi supplici i due bambini.
Tutti ignoravano il loro pianto disperato e, con lentezza tormentata, la notte passò umida così come era venuta. Quando il sole illuminò del tutto il pallore delle due faccine una donna dalle vesti di pura e sottile seta raccolse il cesto dentro il quale i due corpicini erano stati adagiati delicatamente dalle mani dell’ipotetica madre.
Il bambino stringeva gracilmente il piede destro della bambina e, insieme, dormivano un sonno quasi del tutto mortale.
Ci vollero giorni di cure prima che la piccola riuscisse ad aprire un vispo occhietto e, dopo qualche ora, come richiamato dalla vitalità della sorella, anche il bambino diede i primi segni di guarigione.
“Sono troppo piccoli. Non posso garantire che riusciranno a sopravvivere” mormorò il dottore alla balia che si prendeva cura dei neonati all’orfanotrofio.
“Sembra che stiano bene” la voce della donna era impregnata di speranza. I tempi duri che Londra stava affrontando non avevano di certo giovato alla salute dei neonati che, negli ultimi tempi, avevano abbandonato la vita troppo facilmente. La donna non voleva ritrovarsi a gettare pure i loro corpicini nelle fosse comuni.
“Non le garantisco niente” riprese il dottore strappandola dai suoi pensieri e, con un secco gesto del capo, si congedò lasciandola sola con i due neonati.
Essi la guardavano con la curiosità tipica dei bambini a quell’età, vogliosi di imparare e di crescere.
Avevano bisogno di un nome, pensò sorridendo.
Oscar e Diana Anderson, sarebbero stati i loro nomi.




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