Breath
of eternity
La prima
volta che Hector aveva posato gli occhi su Arabella Drummond era stata
a
Tortuga, all’epoca lui aveva appena lasciato la marina, stufo
di condurre una
vita in cui le privazioni erano tante, troppe, e le libertà
troppo poche. Era
giunto su quell’isola, che durante i suoi anni da marinaio
aveva sempre sentito
disprezzare in quanto covo della peggior feccia di pirati che solcasse
i mari,
alla ricerca di una ciurma in cui arruolarsi. Giunto nella locanda
principale,
situata a pochi metri dal molo, era rimasto sorpreso nel trovare una
donna con
indosso abiti maschili. In quegli anni, il mare e le navi erano
considerate
esclusivamente oggetto di interesse degli uomini, le donne avrebbero
fatto
meglio a starsene al loro posto, ad accudire la casa e i figli. Quella
ragazza
invece, il suo giovane viso non dimostrava più di diciotto
anni, sembrava
essere perfettamente a suo agio e discorreva allegramente con gli
uomini seduti
al suo tavolo, che sembravano trattarla da pari.
- Bella,
sei sicura che il Capitano non avrà da ridire? –
Udì
chiederle da uno dei pirati, quello che sembrava essere il
più sobrio del
gruppo.
- Sta
tranquillo, Frankie, con Calico me la sbrigo io. –
Sgranò
leggermente gli occhi, riconoscendo il soprannome sotto cui si celava
l’identità di Jack Rackham, nientemeno che
l’inventore del Jolly Roger.
- E poi, credo
che il Capitano e Anne abbiano di meglio da fare che pensare a noi
– aggiunse
un altro, suscitando le risate e i commenti maliziosi dei suoi compagni.
La ragazza
alzò gli occhi al cielo, in una buffa espressione tra
l’esasperato e il
divertito.
- Vado a
prendermi un altro boccale – annunciò, lasciando
il tavolo e muovendosi in
direzione del bancone.
Gli
passò
accanto, fulminandolo con i suoi singolari occhi; non li aveva notati
prima,
troppo preso dallo stupore nell’apprendere
dell’esistenza di una donna pirata,
ma ora che l’aveva vicina, li vide chiaramente.
L’occhio destro era di un
azzurro talmente chiaro che sembrava ghiaccio, l’altro di un
blu cupo che
rammentava le profondità marine. Osservò
quell’affascinante eterocromia, forse
soffermandosi fin troppo, perché gli rivolse
un’occhiata capace di gelare un
vulcano in eruzione.
- Cosa hai
da guardare, mai vista una donna prima d’ora? –
Qualcosa,
nel suo tono sarcastico condito da una punta d’arroganza, lo
spinse a replicare
a tono.
- Vorresti
farmi credere che ti consideri una donna, piccina? –
- Ho ucciso
per molto meno di ciò che hai detto, marinaio. –
Hector le
rivolse un sorriso sghembo, consapevole che così facendo non
avrebbe fatto
altro che farla arrabbiare ancora di più.
- Ma
davvero? Sono impressionato. –
- Sai, non
mi piaci proprio per niente – decretò Arabella,
continuando a fissarlo in
cagnesco.
- Ne prendo
atto, ma confesso che anche tu non mi hai fatto una grande impressione.
-
La pirata
stava per rispondergli a tono, quando la voce calda di Calico Jack
interruppe
il loro scambio di frecciatine.
- Cosa ti
ho detto a proposito delle risse? –
- Di
evitarle – replicò in un borbottio, aggrottando la
fronte davanti al sorriso
divertito del suo rivale.
E
così,
adesso che c’era il suo Capitano, abbassava la cresta. Era
giovane, ma sapeva
obbedire agli ordini, una dote da apprezzare e di cui tenere conto
visti i
tempi che correvano. La lealtà, in quegli anni, era ormai da
considerarsi un
lusso. Calico Jack, un uomo che doveva avere all’incirca
ventisei anni, tre
meno di lui, gli rivolse uno dei suoi sorrisi che erano conosciuti in
tutti i
porti per la facilità con cui stregavano le persone.
Quell’uomo aveva la fama
di essere un pirata gentiluomo, il più affascinante che
solcasse gli oceani, e
questa sua predisposizione alla diplomazia si manifestava ogni
qualvolta se ne
presentava l’occasione.
- Vi chiedo
scusa se il mio primo ufficiale vi ha importunato, signor …?
–
- Barbossa.
Hector Barbossa. –
- Non credo
di conoscere il vostro nome, cosa vi conduce a Tortuga? –
- Il
desiderio di libertà e di una nuova vita –
replicò sinceramente.
Calico si
accigliò lievemente, - Desiderate forse imbarcarvi?
–
- Stai
pensando ad un nuovo mozzo, Jack? – intervenne Arabella, in
tono palesemente
derisorio.
- In
realtà
pensavo ad un navigatore; mi sembra una persona di cui ci si
può fidare, ed il
mio sesto senso non sbaglia mai. Allora, Barbossa, volete entrare a far
parte
della mia ciurma? –
Hector
rimase spiazzato dall’offerta. Quando aveva deciso di recarsi
a Tortuga, non
avrebbe mai pensato di trovare un posto in una ciurma già la
prima sera, né che
questa fosse una delle più famose.
- Accetto.
–
-
Fantastico, salpiamo all’alba. –
Detto
ciò,
si congedò con un cenno del capo e uscì dalla
locanda, probabilmente diretto
nuovamente alla nave e alla sua Anne.
Arabella,
gli occhi che lampeggiavano furenti, gli lanciò un ultimo
sguardo decisamente
poco amichevole e tornò dai suoi compagni. Le rispose con un
inchino beffardo.
Infantile, certo, ma il provocare quella ragazza lo divertiva in modo
sorprendente.
*
- Barbossa
…
Barbossa, si può sapere dove diavolo ti sei cacciato?
–
Arabella
alzò gli occhi al cielo. Era mai possibile che
quell’uomo riuscisse a sparire
nel nulla ogni volta? In nome di Poseidone, erano su una nave in mezzo
all’oceano, non c’erano poi tutti questi posti in
cui nascondersi.
Hector si
sporse dall’albero maestro.
- Si
può
sapere cosa hai da urlare in quel modo, Drummond? –
- Io urlo
quanto mi pare e piace; piuttosto, come mai sei appeso lì
come una scimmia? –
Con un
balzo, atterrò a pochi passi da lei, risistemandosi il
tricorno sul capo.
- Prendevo
un po’ d’aria. –
- Certo, su
una nave in mezzo all’oceano l’aria manca spesso
–, commentò sarcastica, - Non
insultare la mia intelligenza. –
Hector
scrollò le spalle, picchiettandosi un dito sulla guancia con
aria assorta. La
ragazza lo osservò, notando nuovamente la cicatrice che fin
dal loro primo
incontro l’aveva incuriosita.
- Posso
farti una domanda? –
- Siamo
passati alle confidenze adesso? – replicò
perplesso.
- È
solo
una curiosità che ho da un po’ di tempo, ma se
è qualcosa di personale non fa
niente. –
Il pirata
la invitò ad andare avanti con un cenno del capo.
- Quella
cicatrice che hai sotto l’occhio, non è un colpo
di spada né una ferita
prodotta da altre armi, come te la sei fatta? –
Hector
trattenne a fatica un’espressione sorpresa. La cicatrice a
cui si riferiva era
poco più di un segno, una lieve rientranza
all’altezza dello zigomo che veniva
notata solo da chi lo guardava con attenzione.
- Risale a
sedici anni fa, quando avevo tredici anni, poco prima che scappassi di
casa. Me
l’ha fatta mio padre, è un piccolo ricordo di
quando mi ruppe lo zigomo. –
Lo disse
con tranquillità, come se il fatto che suo padre fosse
solito picchiarlo non
contasse nulla per lui. In effetti era così, era passata
più di metà della sua
vita da allora e quei ricordi appartenevano ormai al passato. Era un
uomo
adulto ora, non più il moccioso che cercava di proteggere i
suoi fratellini e
si faceva picchiare al posto loro quando il padre aveva uno dei suoi
attacchi
d’ira.
- Ne parli
come se non fosse nulla d’importante, invece non dovrebbe
essere così. –
- Sono
cresciuto, la mia vita è cambiata e sono contento di
ciò che sono ora. –
replicò, tornando a guardare il cielo stellato. Per chi
viveva in mare, le
costellazioni erano una sorta di mappa aggiuntiva, lui invece le aveva
sempre
amate, anche quando viveva in quella casetta in mura bianche a qualche
chilometro dal porto.
Arabella
rimase in silenzio, osservando la sua espressione persa nel cielo
notturno.
- Sei un
uomo strano, Hector Barbossa. –
- E
perché
mai, di grazia? –
Scrollò
le
spalle, non sapendo bene come spiegarlo a parole. Lo sentiva e basta,
non c’era
una ragione particolare.
- Lo sei,
punto e basta. –
Hector le
rivolse quel sorriso sarcastico che aveva il potere di farle perdere le
staffe.
-
Bè,
questa sì che è una spiegazione più
che soddisfacente. –
- Non
burlarti di me – protestò, punta sul vivo. Aveva
impiegato anni per costruire
quella reputazione da giovane donna pirata dura e implacabile ed ora
quel navigatore,
che lei considerava come poco più di un mozzo, si permetteva
di prendersi gioco
di lei e confonderle le idee con i suoi comportamenti imprevedibili.
- Le mie
scuse più sincere. –
Il sorriso
rimase tuttavia impresso sul volto dai tratti volitivi.
- Ti
consiglio di non sorridere quando ti scusi, sei poco credibile.
–
-
Touchè. –
La replica
dell’uomo, inaspettatamente, la fece scoppiare a ridere.
Barbossa le
rivolse un’occhiata interrogativa, ma lei non lo
degnò di una risposta e si
diresse verso la sua cabina, continuando a ridacchiare sotto i baffi.
Bah, donne,
chi le capiva era bravo.
*
-
Hector, avvicinati. –
La voce di
Simon il Marsigliese, Signore del Mar Caspio, che in quegli ultimi sei
mesi era
stato il suo Capitano lo spinse ad avvicinarsi al suo letto.
L’uomo era ormai
prossimo alla dipartita, come lasciava capire il respiro corto e i
gemiti che
si levavano ogni volta in cui le onde del mare davano qualche scossone
alla
nave.
- Simon,
sono qui – assicurò, dando voce a ciò
che era ovvio e permettendogli di avere
la certezza che i suoi ordini fossero stati eseguiti. Da un paio di
giorni,
infatti, il Pirata Nobile aveva difficoltà a tenere gli
occhi aperti; la luce
gli era divenuta insopportabile e tenerli aperti al buio sarebbe stato
del
tutto inutile.
- Prendi
questo – mormorò, porgendogli una sfera di legno.
Era l’occhio con cui lo aveva
più volte visto giocherellare quando rifletteva ed era
sovrappensiero. Il pezzo
da otto del Pirata Nobile del Mar Caspio, quello che Calico gli aveva
chiesto
di recuperare quando gli aveva ordinato di imbarcarsi sulla Queen
Nikita.
Lo
intascò,
assicurandogli che avrebbe adempiuto alle responsabilità che
derivavano dal suo
titolo. Il vecchio pirata sospirò, sollevato, prima di
lasciar ricadere il
braccio inerte.
Simon il
Marsigliese era morto.
Uscendo
dalla cabina, Hector si rimise in testa il tricorno, che aveva
rispettosamente
tolto quando si era recato al cospetto del morente, e si rivolse al
resto della
ciurma.
- Il
Capitano è morto, mi ha affidato il comando. –
Un mormorio
indignato si levò dal resto della ciurma. Ma come, veniva
scelto come suo erede
un novizio?
Barbossa
mise mano alla pistola, colpendo in pieno petto l’uomo che
aveva dato il via
alle rimostranze, che morì sul colpo. Il tonfo del corpo che
cadeva riecheggiò
sinistramente in tutta la nave, placando i borbottii.
- Ci sono
altre lamentele? –
Il grido
che si levò fu unanime.
- No,
Capitano. –
-
Quand’è
così, branco di sudici topi di fogna, tornate ai vostri
posti. –
- La
destinazione, Capitano? – interloquì il primo
ufficiale, avvicinandoglisi
rispettosamente.
- Capo di
Buona Speranza. –
Osservò
la
sua ciurma che si affannava per invertire la rotta e seguire i suoi
ordini,
rigirandosi l’occhio di legno tra le mani. Questo rendeva a
dir poco superfluo
il tornare da Calico Jack. Lasciò vagare lo sguardo
all’orizzonte, godendosi la
frizzante brezza marina che gli accarezzava i capelli castano rossicci
e
assaporando la sensazione di realizzazione che stava provando in quel
momento.
Lui, che solo due anni prima era un giovane ufficiale della marina, si
ritrovava
ora come Capitano di un vascello pirata e, come se ciò non
bastasse, con il
titolo di Pirata Nobile. Ringraziò mentalmente Calico e la
sua ingenuità, senza
il suo desiderio di vedere sempre il buono nelle persone non sarebbe
mai
arrivato dov’era. Un pensiero corse anche ad Arabella,
l’ affascinante primo
ufficiale che si apprestava a lasciare alle sue spalle. Quella ragazza
gli
aveva irretito i sensi, starle lontano per un po’ gli avrebbe
solo fatto bene
e, se il destino avesse voluto, si sarebbero rincontrati in qualche
porto.
*
A quanto
sembrava il destino era dalla loro parte, pensò Barbossa,
quando fecero scalo a
Tortuga e si ritrovò nella stessa bettola in cui
l’aveva incontrata per la
prima volta. Era sempre con il resto della sua ciurma, ma qualcosa
sembrava
cambiato in lei. L’aria arrogante era ancora al suo posto, ma
lo scintillio negli
occhi se ne era andato. La osservò per una ventina di
minuti, chiedendosi se e
quando si sarebbe accorta della sua presenza. Fu solo quando si
alzò,
abbandonando i suoi compagni e dirigendosi verso l’uscita che
si decise ad
attirare la sua attenzione, alzando il boccale e brindando al suo
indirizzo.
L’espressione
sul volto di Arabella cambiò, passando dall’apatia
a un sincero stupore, mentre
gli occhi tornavano ad illuminarsi. Il pensiero che la sua sola vista
le
facesse quell’effetto lo galvanizzò; in fin dei
conti, erano mesi che era per
mare, senza vedere terra neanche per una manciata di minuti, e la
mancanza di
una donna cominciava a farsi sentire.
- Barbossa,
quale vento ti ha condotto qui? –
- Vento di
avventura, lo stesso che guida la tua nave, Drummond. –
Si
scambiarono un’occhiata carica di sottintesi.
- Un
Capitano offrirebbe da bere ad un umile ufficiale? – chiese
ironicamente,
accomodandosi al suo tavolo.
Per tutta
risposta Hector fece cenno ad una cameriera di portare altri due
boccali.
- Sei
sparito, Jack ne è rimasto sorpreso. –
- Tu no?
–
- No, ti
conosco bene, Barbossa. Tu sei come me, coltivi i tuoi egoistici
interessi e
non ti curi degli altri. –
- È
un
giudizio severo – commentò, mentre la donna
serviva loro i boccali.
- È
un
giudizio veritiero, e non trovo nulla di male in ciò
– lo contraddisse,
afferrandone uno e facendolo sbattere contro il suo.
- Dunque,
approvi la mia condotta. Curioso. –
-
L’approvo
e la condivido. A cosa brindiamo? –
- Al nostro
incontro e agli egoistici desideri. –
Fecero
scontrare nuovamente i boccali, vuotandoli d’un sorso.
Arabella lo
osservò da sopra il boccale, sorprendendosi per
l’effetto che le faceva
rivederlo. Mai, in tutta la sua vita, aveva provato una sensazione del
genere.
Tuttavia non si faceva illusioni, loro appartenevano al mare, i legami
convenzionali non sarebbero mai stati adatti.
[2.311 parole]
Spazio autrice:
Una piccola OS
senza pretese che se
ne stava nascosta da parecchio tempo tra le cartelle del mio pc. Adoro
il
personaggio di Barbossa: intelligente, scaltro e con un senso
dell’onore tutto
suo … perciò dedicargli questa breve fic
é stato automatico. I fatti narrati
riprendono vicende molto antecedenti quelle della saga cinematografica
e tre
dei personaggi citati hanno un’esistenza storica …
mi riferisco chiaramente a “Calico”
Jack Rackham, Anne Bonny e Arabella Drummond. Diciamo che in questa mia
versione Barbossa é intorno alla trentina e in futuro
avvierà una relazione
piuttosto intensa con Arabella che porterà alla nascita di
due figli … da qui
il motivo per cui pubblico la OS prima di cominciare con il primo
capitolo
della mia long. Potremmo definirlo una sorta di spin off in definitiva.
Spero
che vi sia piaciuta e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla
prossima.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt
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