"Tengo a precisare che il
racconto non vuole lanciare nessun tipo di attacco o critica a
movimenti politici, ma semplicemente analizzare quali possano essere
stati i pensieri di chi ha vissuto nella parte socialdemocratica della
"Germania del muro""
L'hanno cominciato a costruire nella notte tra il 12 ed il 13 agosto
del 1961. Io non ero ancora nato.
All'inizio era
un'accozzaglia di filo spinato intorno ai settori occidentali. Doveva
fermare l'esodo delle persone che fuggivano da un regime che,
professando libertà, non lasciava spazio a quella, che ogni
uomo dovrebbe avere.
Il 15 agosto iniziarono a
sistemare pannelli prefabbricati in cemento. Nessuno ha intenzione di
costruire un muro. Un
muro di protezione antifascista. Suonava come una di
quelle bugie che non si vergognano di essere tali. Quelle che ti
sbattono in faccia perché tanto lo sanno che non puoi farci
nulla.
All'inizio si poteva
ancora circolare. Poi vennero chiusi tutti i contatti con la parte
occidentale. Dicevano che per passare si doveva ottenere un "permesso",
ma ottenerlo era tutto fuorché fattibile. Un'altra grande
bugia. Questa però era intrisa del sangue di chi aveva
tentato di scavalcare quel muro. Nel '62 ne avevano eretto un altro ad
una decina di metri dal primo. Si era formata quella che poi sarebbe
stata chiamata la "striscia della morte". Non contava se avevi parenti
dall'altra parte. Non contava se avevi tua moglie, i tuoi figli, o
semplicemente una fidanzata. Il
muro non si oltrepassa. Io sono nato nel '68 e, la Berlino
senza quel serpente di cemento costellato di torrette e bunker, non
l'ho mai vista. C'è chi dice che chi tentava di fuggire lo
faceva per lo shopping e altre assurdità simili. Io sono
convinto che non si mette in pericolo la propria vita per poter fare
acquisti in negozi.
Gli unici un poco felici
qui erano i bambini. Io non l'ho mai visto un bambino che non si
meraviglia, non possono farne a meno. Si godono la libertà
perchè non ci credono alle regole. Anch'io lo ero stato un
tempo. Ma la vita va avanti, si cresce, ed arrivi ai 20 anni. Quelli
che, "hai una vita davanti" e così poco da vivere. Devi
sbrigarti. Devi lavorare.
I soldi li portavo a casa
e per me non restava poi molto. Ogni tanto riuscivo a rimediare qualche
sigaretta e allora mi sedevo di fronte al muro. Non troppo vicino. Il
sole ci tramontava dietro e l'oro che ci colava sopra, faceva
sì che facesse un po' meno schifo. Non so' bene cosa me lo
facesse credere, ma avevo sempre confidato in una promessa di
libertà dietro quel cemento. Un futuro che sapesse di nuovo.
Chissà se poi era così. Io non l'ho mai saputo.
Si crede sempre nel futuro, anche se poi non si sa' cosa sia, ma ci si
spera sempre tanto.
Dicono che i ribelli sono
quei che si rifiutano. Quelli per cui non ti volti per strada. Quelli
ricacciano tutti, perché non si fidano del potere, ma
nemmeno della povertà. Io credo di essere stato uno di
quelli. Sono stato le sigarette lasciate a metà per
rincorrere la ribellione. Sono stato la pioggia sul viso di chi
aspetta, ancora. Sono stato l'apparente invincibilità di un
genitore agli occhi di un bambino. Sono stato i sorrisi di chi ha vinto
e sono stato la speranza dei ribelli che hanno perso ma non si sono
arresi, mai. Sono stato le notti insonni, perse a rincorrere i sogni.
Sono stato la gratitudine per essere sopravvissuto ad un altro giorno,
un'altro, ancora.
Sono Chris Gueffroy e
sono morto nella notte fra il 5 ed il 6 Febbraio dell'89, nel tentativo
di scavalcare il muro venendo così definito come "l'ultimo
fuggiasco ad essere ucciso nel tentativo di superare gli impianti di
confine della DDR".
|