Il mio amico immaginario

di Amelia Wolf
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Avete mai avuto un amico immaginario? Un compagno di giochi tutto particolare, speciale? Chiusi in una realtà tutta vostra e a cui nessuno poteva accedere? Bè, Aurora Williams lo ha avuto. Il suo nome era Samuel e l’ha incontrato all’età di tre anni.
Sì, avete letto bene. Ho proprio scritto incontrato, e già questa è la prima stranezza perché lei non l’aveva inventato. Era semplicemente apparso! Lei non ricordava molto, piccola com’era, ricordava solo di trovarsi fuori da una pizzeria con la madre, il padre era andato a prendere l’auto nel parcheggio. Ricordava di aver guardato dall’altra parte della strada e di averlo visto; un tipo strano, bizzarro… quasi ubriaco.
«Mamma, che ha quel signore?» chiese, ma la madre non vide nulla. Poi salirono in auto e lui era lì, il tipo strano. Ricordava che le aveva sorriso, dolce e protettivo, e da allora erano sempre stati insieme.
I suoi genitori, negli anni, trovarono bizzarro il suo parlare ai muri, il suo ridere senza il minimo motivo, il suo parlare sempre di un qualcuno che, per loro, non aveva ragione di esistere.
Loro non vedevano Samuel nonostante lei, più volte e con convinzione, glielo indicasse… ma nulla. Erano cechi!
Poi, come accade ad ogni bambino, all’età di otto anni Aurora ebbe sempre meno bisogno del suo amico immaginario. Cominciò a farsi degli amici veri, ad avere interessi che occupavano la sua mente più di quanto non facesse il suo amico immaginario e così, piano piano, divenne ceca anche lei e smise di vederlo. Tutto normale, direte voi, e avreste ragione se non fosse per il fatto che di lì a qualche anno scoprì che Samuel era ben più di una fantasia infantile.
Lasciate dunque che vi racconti la storia che c’è dietro il suo amico immaginario.




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