Dea dell'amore
Era
la più bella tra le dee, incarnazione della perfezione
corporea, ciò che di più inimitabile ed
irraggiungibile ci fosse al mondo. Per lei erano scoppiate guerre,
erano morti uomini e donne. Dall'alto dell'Olimpo aveva governato per
millenni i cuori e i sentimenti dei mortali, aiutata dal fido Eros,
braccio che metteva in atto le sue trame segrete e subdole. Aveva
scelto tra quei mortali gli esemplari migliori con cui sollazzarsi,
così erano caduti ai suoi piedi Adone e Anchise, uno punito
dalla gelosia, l'altro per essersi vantato della sua divina amante.
Aveva colpito i cuori di altri dei, tra cui Ares, Poseidone e il marito
storpio Efesto, colpevole della sua umiliazione.
Ma era sempre stata lei a comandare, nell'amore. Finchè non
aveva incontrato lui, un semplice essere umano, partorito dai freddi
ghiacci della Siberia, devoto alla dea Atena per cui combatteva, quindi
un suo nemico.
Era tornata sulla Terra in sembianze umane per prenderne il
dominio dalle mani della dea sua sorella, aveva radunato i suoi fedeli
cavalieri per lo scontro con i Saint del Grande Tempio, ma non aveva
previsto lui. Hyoga, della costellazione del Cigno, che coi suoi occhi
cerulei l'aveva incantata, sui cui capelli biondi avrebbe voluto
passare le esili dita, al cui corpo si sarebbe voluta appoggiare nei
momenti di sconforto che quel corpo umano la portava ad avere.
Lei, Afrodite, la dea dell'amore, si era innamorata senza che potesse
prevederlo nè controllarlo, era caduta nel tranello della
sua stessa trappola, si era ferita con la sua stessa arma. E non poteva
essere curata, non più. Perchè per lei Hyoga non
era un nemico, non lo era mai stato. Al loro primo incontro non
sapevano chi fossero in realtà, si erano presentati come
avrebbero fatto due qualsiasi estranei. Ma la mente della giovane
fanciulla bionda in cui si era reincarnata ricordava quel viso quando
apparteneva ancora ad un bambino di sei anni, da poco orfano, che
piangeva per la mancanza della mamma.
Avevano camminato, parlato, riso insieme per un pomeriggio e per molti
giorni a venire prima di scoprire di appartenere a fazioni diverse, e
in quel momento aveva capito di amarlo. Amava il suo nemico, splendente
nella sua bianca armatura di bronzo, la sua missione era eliminarlo,
come quella di Hyoga era eliminare lei. E lui l'amava allo stesso modo?
Ma certo, non si poteva non amare Afrodite. Eppure non ne era del tutto
convinta. Aveva sempre pensato di avere il completo controllo dei suoi
sentimenti, ma si erano improvvisamente ribellati. Non poteva dare per
scontato che quelli umani fossero tanto prevedibili.
Eppure negli occhi di Hyoga, limpidi come il mare che lambiva la
spiaggia su cui si erano incontrati per caso quel giorno, a poche ore
dalla battaglia decisiva, non c'era traccia di odio o di rabbia.
Indossava l'armatura, ma non sembrava voler combattere. Non era il
cavaliere del Cigno, ma semplicemente Hyoga, la guardava come l'aveva
guardata il primo giorno, come se fosse soltanto Ayame Kobayashi e non
la de Afrodite, nonostante il corto ma elegante abito greco che le
fasciava il corpo. Come a sottolineare quanto non gli importasse dei
loro ruoli, si liberò dell'armatura del Cigno, che si
ricompose velocemente vicino a lui.
"Ayame" la chiamò, e il suo cuore sussultò.
Afrodite sentì lo spirito di Ayame spingere per superare
quello della dea. Lasciò la presa sullo scettro d'argento e
rubino che teneva in mano, che cadde sordamente sulla sabbia.
"Ayame perchè combatti Atena?"
Io non la combatto, avrebbe voluto dire Ayame, ma Afrodite non volle.
Sperava col silenzio di allontanare il cavaliere, di guadagnarsi il suo
odio. Solo allora sarebbe stato più facile dimenticarlo. La
giovane Ayame, rampolla dell'alta società come Saori Kido,
lo aveva sempre amato, in silenzio, in segreto, perchè non
era il suo destino amare un ragazzo comune. Ma quell'amore troppo forte
era riuscita a sopraffare la stessa dea dell'amore, a farle perdere il
controllo, a farla capitolare di fronte a Hyoga. Da quel punto di vista
Ayame e Afrodite erano una cosa sola. Ma il fato remava contro
entrambe, e non si poteva far altro se non assecondarlo. Ayame avrebbe
dovuto dimenticare Hyoga e maritarsi con un suo pari, Afrodite lo
avrebbe dovuto uccidere.
"Ayame perchè combatti me?"
"Perchè così vuole il destino. Nemmeno gli dei
possono opporvisi" rispose finalmente Afrodite, soffocando il dolore
suo e di Ayame.
"Chi è che parla? Tu o la dea che alberga in te?"
Ma Ayame ormai aveva ceduto, aveva deciso di affidare il suo destino ad
Afrodite, non aveva più forze per andare contro il fato.
"E' Afrodite che parla, ma anche Ayame, cavaliere. Più
combattiamo il destino, più esso si ritorce contro di noi. E
il mio è combatterti, perciò indossa l'armatura"
"No, Ayame, o Afrodite o chiunque tu sia. Io non ti
combatterò"
"Allora morirai"
"Se per mano della donna che amo, ben venga la morte. Troppe volte le
sono sfuggito, troppe volte la Moira era sul punto di spezzare il filo
della mia vita e non ha potuto. Ma adesso la accolgo molto volentieri,
perchè mi libererà dal fardello di doverti
combattere e farti del male. Non importa chi tu sia, Afrodite o Ayame,
amo te in ogni tua forma"
Aprì le braccia scoprendo il petto coperto solo dalla
sottile stoffa blu di una sgualcita canotta, in attesa. Ma la dea non
si mosse. I suoi occhi spalancati lo fissavano, mentre nella mente
riecheggiavano le sue parole. Parole d'amore, provenienti dal cuore che
erano riuscite a trafiggerla. E Ayame e Afrodite diventarono una cosa
sola, si fusero nell'amore per Hyoga, pronte ad affrontare un destino
avverso.
Afrodite aveva ceduto, non avrebbe più governato l'amore ma
ne sarebbe stata governata. Sarebbe stata governata da Hyoga.
Calde lacrime le riempirono gli occhi, ma non provò neanche
a fermarle. Scesero come un fiume in piena e si persero nell'atmosfera,
mischiate agli spruzzi d'acqua marina, mentre correva verso il suo uomo
pronunciando a gran voce il suo nome.
"Hyoga! Hyoga! Hyoga!"
Le sue possenti braccia si chiusero attorno a lei quando lo ebbe
raggiunto, rannicchiandosi sul suo petto. Afrodite tornò ad
essere Ayame, coperta da un leggero abito di seta rosa, i capelli
biondi liberi dal cerchietto d'oro che svolazzavano in balia della
brezza marina.
"La mia Ayame, la mia dea dell'amore. La più bella"
sussurrò Hyoga stringendola più forte e facendo
aumentare i suoi singhiozzi.
Era sua, ed era felice come non mai. La dea Afrodite dentro di lei era
appagata, aveva capito cos'era l'amore, quello vero, sincero,
incontrollabile. Non si poteva combattere contro di esso. Sarebbe
andata contro il fato e contro l'Olimpo stesso pur di non rinunciare al
tesoro che aveva trovato.
L'uomo ama al massimo ogni giorno, perchè è
mortale e vuole vivere quell'amore appieno. Per capirlo era dovuta
diventare anch'ella umana e amare come un umana, scoprendo la purezza
del sentimento che rappresentava.
Hyoga la scostò leggermente da sè e, presole il
viso tra le mani, la baciò teneramente, come nessun altro
essere umano o divino aveva mai fatto.
Le guerre sarebbero continuate, gli uomini avrebbero continuato a
morire, ma Ayame, la nuova dea Afrodite, avrebbe amato ricambiata il
cavaliere del Cigno per sempre.
Piccola one-shot
scritta di getto, basata su una piccola fantasia che albergava nella
mia mente da parecchio tempo.
Potrebbe risultare orribile e incomprensibile, ma avevo voglia di
scriverla ed eccola qui.
Ringrazio in anticipo i futuri lettori e commentatori, se mai ci
saranno :)