Il caminetto è per certo l’oggetto più rappresentativo del
mondo magico.
Cos’è, in fondo, la grande cappa se non un gigantesco
capello per streghe e stregoni? E il fumo che pigro, o alle volte verace,
fuoriesce dalla canna fumaria, spargendosi nell’aria, non ricorda forse il
vapore liberato da una pozione che fermenta in un calderone bollente?
In ogni casa magica, dalla più umile alla più sfarzosa, si
potrà trovare una simile costruzione. E si può dire di più, perché, è noto,
quando si inizia a fabbricare una casa nel mondo magico il primo pensiero
dell’architetto, il primo disegno che viene realizzato, la prima pietra che
viene deposta… è proprio quella del camino.
Se ne potrebbe, infatti, fare a meno? Certo che no.
Per riscaldarsi, per comunicare, per viaggiare… Per tutto
questo il caminetto era una componente essenziale della vita di un mago.
Possedere più caminetti era sinonimo di prestigio, e allora
ecco le grandi ville che potevano vantarne circa una decina, i più esagerati
decidevano di costruirne uno per ogni stanza. E uno per ogni stanza era,
senza eccezioni.
Le modeste abitazioni se ne facevano bastare un paio.
“Si vive benissimo anche con un solo caminetto” sosteneva
qualcuno; ed era vero.
Ma, come per ogni cosa, l’efficienza di uno strumento è direttamente
proporzionale al numero di azioni che deve svolgere.
Il traffico magico si divideva tra quello via camino e
quello dei condotti per la smaterializzazione; l’organizzazione di entrambi
aveva dato al Ministero non pochi problemi. Ma, nel ventunesimo secolo, il
Mondo Magico poteva vantare una rete di comunicazione ben disciplinata e
controllata. Tuttavia, non era pensabile debellare gli incidenti, e così…
Una casa con un solo camino poteva creare problemi a
chiunque, anche al mago più solo del mondo. Può infatti capitare che due
persone decidano di fargli visita, e se questo avviene nello stesso istante…
be’ qualcuno non arriverà bene a destinazione.
Il canale di comunicazione di una comune canna fumaria è
capace di sopportare la presenza di un individuo alla volta, così di tanto in
tanto capitava che qualche visitatore si ritrovasse a dover gestire un
atterraggio di fortuna su di una terrazza, tra gli alberi di un giardino, o, il
più sfortunato, un volo di qualche metro sino alla strada.
Insomma, nonostante tutto, svariati incidenti erano
all’ordine del giorno: destinazioni sbagliate, atterraggi “fuligginosi”,
ingorghi inimmaginabili (soprattutto sotto le feste) presso i punti nodali del
traffico magico…
Altra storia ovviamente erano i camini delle strutture
pubbliche. Ogni camino del Ministero, ad esempio, era dotato di una sorta di
“gestore del traffico” che creava code di maghi in attesa del loro turno. Se
non si poteva, non ci si muoveva dal proprio camino nemmeno urlando a
squarciagola la meta desiderata.
Quel giorno casa Weasley aspettava l’arrivo di circa ventitre
persone, tra figli, generi e nipoti.
Molly Weasley, finito di rassettare casa, di apparecchiare
le due tavole (per i grandi e per i piccini), guardava pensierosa il suo
camino.
“Arthur!”
Arthur Weasley apparse dalla porta del salotto, le labbra
distese in un pigro sorriso.
“Non ti preoccupare. Vedrai che arriveranno in momenti
diversi.
“Fleur ci mette anni a prepararsi. Non lo senti, Bill, ogni
volta che vengono a mangiare qui? E Ginny ed Harry? Ora che è nata la piccola
Lily hanno tre figli da sistemare…”
“Non lo so… Percy è sempre così puntuale, però.”
“Percy sarà il primo ad arrivare. Lui, Audrey e le due
bambine arriveranno per certo da soli senza alcun problema” ridacchiò suo marito
tornandosene in salotto.
“E Charlie? E’ sempre una sorpresa in ogni cosa che fa…”
“Charlie non viene, cara. L’hai dimenticato?”
“E’ vero. L’avevo dimenticato.”
Molly si abbandonò ad un pesante sospiro.
“Quel ragazzo… mi fa preoccupare. Ancora non ha messo la
testa a posto, è solo e mi chiedo che stia aspettando a trovarsi una moglie.
Inizia ad anche lui ad avere una certa età!”
“Lascialo in pace.”
“Ohhh avrei dovuto organizzare gli orari d’arrivo per
tempo!”raggiunse il marito che, seduto in salotto, leggeva tranquillamente
l’ultimo numero del Cavillo.
“Sta tranquilla.”
“E George e Ron? Tutti loro hanno due figli!”
Da dietro il giornale suo marito rise.
“Molly, non puoi basare l’orario d’arrivo sul numero dei
bambini…”
“Ma se l’hai detto tu!”
“Quello era un caso particolare. Sai bene che Harry e Ginny
non riescono ad organizzarsi un gran che bene quando si tratta di uscire tutti
assieme da casa.”
“Hai ragione… Sto impazzendo.”
Si sedette anche lei sul divano e aspettò in silenzio.
Mancava solo un quarto d’ora alle otto.
Il primi ospiti arrivarono mentre la lancetta più corta
dell’orologio nel salotto si posizionava sull’ottavo numero romano. Intanto, un
altro orologio, nella cucina, portava il serio e composto viso di Percy Weasley
su “Casa”.
“Mamma! Siamo arrivati!”
Alto e magro il terzogenito di casa Weasley aiutava sua
moglie ad uscire dal camino, quando già le piccole Molly e Lucy erano intente a
spazzolarsi la cenere dai mantelli.
“ Percy, Audrey! Che piacere!”
Molly Weasley accolse i nuovi arrivati con la sua solita
cordialità ed energia.
“Devono farci aspettare ore come al solito?”
Questo il commento di Percy quando, guardatosi attorno,
vide, come da copione, che gli unici attenti alla puntualità erano stati loro.
La seconda famigliola arrivò circa un quarto d’ora più
tardi, era quella di George e Angelina.
Fred che adorava sua nonno, e gli strani oggetti che ogni
volta gli mostrava, non perse tempo e corse da lui. Roxane, più piccola e
impacciata, rimase vicina alla madre per tutto il tempo.
“Allora, chi aspettiamo ancora?”
George si accomodò sulla poltrona, annusando i buoni odori
che la cucina di mamma Weasley aveva sparso per casa.
“Mancano Bill e Fleur, Harry e Ginny, Ron ed Hermione.”
“Eccoci!”
Una squillante voce femminile risuonò dalla cappa del
camino. Nell’altra stanza un’elegante e riccioluta strega faceva il suo
ingresso.
“Siamo qui Molly, scusate il ritardo.”
Hermione salutò tutti i presenti accorsi con un gran
sorriso.
“Cara! Come stai?”
“Sta bene mamma…”
Ron, appena giunto, si spolverava il mantello chiedendosi
perché sua madre facesse quelle inutili domande ogni qual volta li vedeva. Si
sentivano quasi ogni giorno con tutti i gufi che mandava loro!
“Ohh che cucciolo! Posso…?”
Con un’incertezza dettata solo dalla buona regola Molly chiedeva
di poter prendere tra le braccia quel fagottino azzurro che Hermione portava
con sé.
“Certo.”
La piccola Rosie, due anni, era giunta stretta ai pantaloni
del padre che ora si stava preoccupando di togliere il mantello e di
sistemarle all’indietro i corposi capelli.
Mezz’ora dopo il salotto di casa Weasley era invaso dalle
risate e gli schiamazzi dei bambini, invitati più volte al silenzio dal
genitore di turno, e da quella che tentava di essere una conversazione tra
adulti.
“Allora, mangiamo?”
“George, dobbiamo aspettare gli altri.”
“Ma sono le nove passate Angelina! E’ scandaloso questo
ritardo!
“Esatto, Percy?”
“Esatto. E’ pura e semplice mancanza di rispetto.”
“Avanti, non siate così rigidi… tra poco saranno qui.”
Mentre il Signor Weasley cercava di tranquillizzare più suo
figlio Percy che non George, il quale se la rideva osservando l’espressione
seriamente risentita del fratello maggiore, Molly era nuovamente nell’altra
stanza a fissare pensierosa il caminetto.
Il pericolo era quasi scampato, ma… se le famiglie di Bill e
di Ginny fossero arrivate assieme?
Erano un bel po’ di gente. Soprattutto, erano tanti bambini…
Si voltò per tornare in salotto, ma proprio in quel momento
un gran fruscio proveniente dalla canna fumaria l’avvertì che qualcun altro
stava arrivando.
Pochi secondi dopo una sagoma esile e dai lunghi capelli
biondi la salutava dall’interno del camino.
“Bonsoir Molly cara!”
Fluer le se avvicinò per darle un bacio sulla guancia. Alle
sue spalle la quindicenne Victorie usciva con grazia dal caminetto, a seguire
la sorellina di poco più piccola, Dominque, e, infine, Bill con suo figlio
Louis in braccio.
Una volta dati i saluti (e ci erano voluti dieci minuti
buoni per salutare tutti i presenti come si doveva) anche Bill e Fluer si unirono
alla discussione circa la notizia che di quei tempi aveva dato scalpore: il
matrimonio di Neville Paciock e Hannah Abbott.
Oramai rasserenata Molly si godeva il calore delle famiglia
riunita, lo scalpitare dei bambini (e non solo) che chiedevano a gran voce le
sue delizie culinarie, le Nuove provenienti dalla Comunità Magica…
“Ed Harry Potter, perché non è qui? Impegnato ancora in
imprese eroiche?”
“Sì, caro Bill. E fare uscire di casa la sua famiglia è una
tre le più ardue mai affrontate.”
Alla battuta di George tutti risero.
“Ma insomma, si è aggiunto da poco un altro pargolo a quella
famiglia. E’ normale che ci impieghino più tempo del solito ad organizzarsi!”
Con un gran sorriso Fluer cercava di giustificare il
mostruoso ritardo ma, guardando Hermione, il pensiero fu lo stesso per tutti. E
Ron lo palesò senza problemi.
“Anche Hugo è un nuovo arrivato. Ma non abbiam fatto più
tardi del solito…”
“Sono un caso disperato.”
Concordando all’unanimità col pensiero di Ron ci furono
scambi di sorrisi sconsolati, ma sereni. Nessuno voleva male a quella graziosa,
scalmanata ma allegra famiglia.
“Ci pensi, Hermione. Hugo e Lily andranno ad Hogwarts insieme.
Come Rose a Albus.”
Audrey accarezzava la guancia morbida del bambino che la
strega riccioluta teneva stretto fra le braccia.
“Ma vi siete messi d’accordo, per caso. Eh, fratellino?”
Ron rispose con un’occhiataccia al tono allusivo utilizzato
da George in quella frase.
“Certo che no.”
“Be’, comunque, sarà una bellissima cosa.”
Intervenne Molly, raggiante.
“I vostri figli vivranno assieme gli anni di Hogwarts, proprio come voi!”
“Già.”
Hermione rispose con un sorriso sognante, riportando poi
l’attenzione al suo piccolo bimbo.
“A proposito di cose strane. Sapete quale sarà l’altra assurda
coincidenza?”
L’attenzione dei presenti era tutta per Ron, sua moglie lo
fissava incuriosita. Nemmeno lei sapeva a cosa suo marito si stesse riferendo.
“Rose e Albus avranno a che fare, proprio come noi, con
un Malfoy.”
“Sul serio?”
Stupita, ma in fondo non più di tanto (qualche tempo fa avevano
saputo del matrimonio di Draco Malfoy con la più piccola delle Grengrass)
Hermione guardava il viso corrucciato di suo marito.
“L’ho saputo l’altro giorno. Ha già due anni il figlio di
Draco Malfoy…”
“Dai genitori si prendono fortune e disgrazie, che volete.”
George Weasley continuava ad essere, anche con i suoi quasi
trent’anni, il burlone di sempre, colui che rallegrava qualsiasi incontro o
festa (nonostante, questo tutti lo sapevano, qualcosa nel tempo fosse
radicalmente cambiata).
Il brusio che era ritornato padrone in quella stanza fu dopo
poco interrotto da una voce che, dalla stanza accanto, gridava il suo saluto.
“Mamma, papà! Siamo arrivati!”
Molti si alzarono ed andarono a salutare gli eterni
ritardatari, altri decisero di attendere nel salotto senza creare inutili
ingorghi.
Molly capeggiava la fila e fu la prima ad abbracciare una
sorridente Ginny. Anche lei stringeva fra le braccia un esserino paffuto che,
avvolto in una tutina in paile rosa, allungava una manina verso il mondo
esterno.
Il piccolo James, tre anni, sopravissuto all’abbraccio della
nonna, saltellava al suo fianco e Albus, due anni, era intento a guardare
incantato il fratello e la sua dimestichezza nel muovere i piedini.
“Harry sta arrivando.”
Le parole di Ginny furono seguite dall’inconfondibile
fruscio che preannunciava un imminente arrivo.
Un suono simile all’esplodere di una grossa bolla e poi una
piazzata figura dai folti capelli rossi saltò giù agilmente dal camino.
“Sorpresa! Hai visto, mamma? C’è l’ho fatta a venire.”
Il gran sorriso di Charlie Weasley si spense poco dopo,
quando vide i volti perplessi dei presenti che osservarono cadere dall’alto del
camino un paio di occhiali tondi e spessi.
“Dov’è Harry?”
La curiosità di Ginny fu soddisfatta da un urlo tarzaniano,
a cui la cappa del caminetto fece da ripetitore, e da un gran scuotersi di
foglie e rami dei tre secolari sempreverdi che ombreggiavano casa Weasley.
Nel correre frettolosamente al di fuori dell’abitazione tutti
si chiesero se Charlie fosse riuscito, quella sera, lì dove, per anni, Lord Voldemort
aveva fallito: spedire Harry Potter tra i cipressi.
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