Golem

di Ranessa
(/viewuser.php?uid=1450)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


[ Prologo ]


But if I crossed a million rivers
And I rode a million miles
Then I'd still be where I started

'Keep yourself alive', Queen


Il fatto che l'Oscuro abbia scelto noi è al contempo lusinghiero e spaventoso. Lusinghiero perchè per quasi quindici anni ho atteso il giorno in cui avrei finalmente ricevuto il riconoscimento che mi spettava per la mia fedeltà. Spaventoso perchè non sono più abituato ad uccidere o a sostenere la compagnia di un altro essere umano, soprattutto quando si tratta di mio fratello.
Mi muovo nella piccola stanza per raggiungere la valigia che mi ha preparato Narcissa, abbandonata sul letto sfatto. La apro senza alcuna curiosità, stupendomi però di trovare come prima cosa dei vestiti babbani. Sono di lana pregiata, adatta al clima ingrato che troveremo una volta giunti a destinazione. In fondo vi sono poi vesti nere da mago; ne tiro fuori una, osservando le iniziali di Lucius ricamate in argento sul risvolto di una delle maniche, e qualcosa cade ai miei piedi, con un rumore sordo attutito dalla moquette scura del pavimento.
È la mia bacchetta. Non ho bisogno di raccoglierla per riconoscerla immediatamente. Mi domando se sia stata Narcissa a conservarla per tutto questo tempo, come abbia fatto ad ottenerla e perchè. Narcissa ha sempre fatto questo genere di cose, piccoli gesti che a lei paiono semplici e premurosi e che spesso hanno invece il potere di devastare il suo prossimo, di lasciarlo incredulo e impotente a chiedersi cosa ci sia, in fondo, di così doloroso in ciò che si ritrova di fronte.
Mi siedo sul letto lasciando la bacchetta dov'è. Penso che non voglio più toccarla per il resto della mia vita e so già che, inevitabilmente, non sarà così.
«Ceniamo?»
La voce di mio fratello giunge inaspettata dalla porta, da dove lui mi osserva, poggiato con una spalla allo stipite.
«Hai fame?» domando facendogli cenno di entrare.
Rodolphus annuisce e si dirige verso di me. Lo osservo attentamente per la prima volta da quando abbiamo lasciato Azkaban. Il suo viso è più scavato di come lo conoscevo un tempo, ma non più pallido. I capelli sono più lunghi e gli occhi cerchiati sempre incredibilmente viola. Distolgo lo sguardo repentinamente, terrorizzato all'idea che la sua figura eccessivamente magra, stanca e a tratti inquietante possa rassomigliare troppo alla mia. Abbiamo lo stesso naso, le stesse labbra, le stesse mani e non voglio guardare e scoprire che, forse, Azkaban ha scavato dentro di noi anche la stessa voragine.
Mi ha quasi raggiunto quando mi rendo conto con orrore che sta per calpestare la mia bacchetta.
«Fermo!»
«Cos'è?» domanda voltandosi a guardare nella direzione in cui punta il mio dito.
«E' la mia bacchetta» replico chinandomi a raccoglierla. «Narcissa l'ha messa nella mia valigia».
«Anche io ho trovato la mia nella valigia».
Rodolphus si siede finalmente al mio fianco infilando una mano nella tasca della sua veste vecchia e logora. Aspettandomi di vederlo estrarre la sua bacchetta, mi stupisco notevolmente quando la sua mano pallida riemerge stringendo invece una bottiglia di whisky incendiario mezza vuota.
«Cos'è?»
Rodolphus mi regala uno dei suoi fastidiosi ghigni prima di rispondere.
«La cena».





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=314247