Guarda come mi tremano le mani

di aelfgifu
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Da grande
 
Nota bene: per capire questo capitoletto, è consigliabile ridare un’occhiata al capitolo quattro di “Quello che accadde durante le vacanze”, “Febbre (I am mine)”.
 
***
 
“Cosa avresti fatto se non fossi diventato uno sportivo professionista?”
“È come chiedere a un pesce: cosa saresti se non fossi un pesce?” è scoppiato a ridere Karl-Heinz. “Sono nato in una famiglia di calciatori, cos’altro avrei potuto fare?”
E quando ha riproposto la domanda a Levin:
“Non ci ho mai riflettuto, da che mi ricordo ho sempre avuto un pallone attaccato ai piedi” le ha risposto lui, col suo bel sorriso assorto da ragazzo introverso. “E tu? Hai mai pensato che avresti potuto fare qualcos’altro?...”
“Uhmmm. Domanda complicata”.
“Perché complicata?”
“Devi sapere che mia sorella, a differenza di me, ha fatto tutto molto velocemente: ha trovato lavoro come impiegata a ventun anni, a ventitré si è sposata col suo fidanzato dei tempi del liceo, a venticinque ha avuto Michael. Dunque, nei mesi precedenti al matrimonio di Uta m’è capitato di pensare: finisco la scuola, prendo anche la qualifica come fornaio e pasticciere e me ne vado a lavorare con papà. Poi, forse, troverò un ragazzo che mi ami, come Uta, e mi sposerò, come Uta…”
“E poi?” ha chiesto Stefan, curioso.
“Poi suppongo che i libri siano stati per me quello che per te è stato il pallone”.
Torniamo a quel freddissimo mese di febbraio di diciotto anni fa, rimugina ora Julia tra sé e sé. Dopo essersi ripresa da quella tremenda febbre virale che aveva fatto piangere disperatamente Utzi al suo capezzale, aveva sentito il bisogno di confidarsi con qualcuno più esperto di lei in materia di rapporti umani: e un bel giorno s’era rivolta a Uta.
“Titti” le aveva detto “Markus ha cambiato banco perché i suoi amici lo prendono in giro, dicono che gli piacciono le ragazze strane. Non vuole che pensino che gli piacciono le ragazze strane, perciò ha deciso che per lui è meglio sedersi altrove”.
“Markus è un idiota” aveva replicato Uta.
Lei era rimasta un attimo zitta; poi aveva preso coraggio e aveva chiesto alla sorella:
“Uta” con tono serio, drammatico “ma sarà sempre così? Mi allontaneranno sempre perché sono… strana?”
Uta l’aveva fissata a lungo negli occhi senza rispondere.




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