"Leo".
L'unico segnale che il ragazzo la sentì fu il lieve sussulto
che fece ma continuò a lavorare chinato su uno strano
marchingegno. Non che la volesse lì, a dir la
verità aveva bisogno che Calypso restasse lì con
lui e avrebbe anche voluto dirle qualcosa ma aveva la gola bloccata,
quasi non si ricordasse come si facesse a parlare.
Era strano, per un logorroico del suo calibro.
"Leo, lo so che mi hai sentito" sbuffò Calypso incrociando
le braccia sotto il seno "Rispondi".
"Scusa, Raggio di Sole, ma al momento sono impegnato" le parole gli
uscirono in modo strano, come se stessero lottando tra loro e si
impigliassero sulla gola. Se la schiarì, senza successo.
"Dubito che a qualcuno servi immediatamente uno stendipanni automatico".
Fermò per un attimo le mani alzando la testa e strizzando
gli occhi più volte. Era quello che stava costruendo? E
aveva anche un piccolo difetto, doveva assolutamente sistemarlo.
"Leo!" questa volta sussultò più fortemente per
via della mano che la ragazza aveva appoggiato sulla sua spalla. Si
portò le mani al viso odiando il modo in cui teneva in
sospeso il suo nome, forse perché non sapeva nemmeno lei
cosa dire?
Era chiuso nel Bunker 9 da... da quanto? Aveva perso la cognizione del
tempo, lo aveva fatto deliberatamente a dir la verità. Si
era chiuso lì dentro nella speranza di dimenticare dello
scorrere del tempo, perché il tempo era relativo, no? Il suo
di sicuro lo era.
Lui aveva vissuto in un tempo relativo, no? Quindi, da quanto era
lì dentro era irrilevante. L'unica cosa certa che poteva
dire era che era lì dentro da quando era tornato al Campo
Mezzosangue con Calypso.
Da quando...
Prese qualche chiave inglese, un cavo e dei chiodi ricominciando a
lavorare su qualcosa. Una macchina del tempo, per tornare indietro,
sembrava l'idea perfetta.
Il profumo di cannella lo avvolse e lasciò che Calypso lo
stringesse in un caldo e sicuro abbraccio. Si stupì di
sentire le lacrime scendere dai suoi occhi, solo adesso piangeva. Prima
era stato troppo shoccato anche solo per comprendere la
verità.
Il tempo era corso mentre lui era morto.
E io morti, non possono vivere tra i vivi.
"Forza Raggio di Sole!
La salita è quasi finita, vedo il Pino!"
"Guarda che non sono io
quello con il fiatone". Lo riprese Calypso.
Leo prese un grosso
respiro prima di riprendere a parlare: "Appena arriviamo mi
butto sul laghetto, sarà un ritorno alle origini".
"Un bagno non mi sembra
una cattiva idea" si trovò a concordare, quell'estate era
esageratamente afosa.
"Auf, Apollo ci sta
dando sotto" sbuffò per l'ennesima volta il ragazzo.
"Smettila di ripeterlo,
non fa ridere".
"La prima volta
però hai riso".
"Ma dopo trenta volte
diventi noioso"
"Come osi dire che sono
noioso, io! Io sono la bomba sexy più simpatica della
storia".
Arrivarono in cima dove
si presero qualche minuto per riposarsi. Leo guardò
giù dalla collina, sorridendo verso tutte quelle personcine
affaccendarsi intorno a quella costruzioni.
"Siamo arrivati, Raggio
di Sole!" asultò tutto felice "Non vedo l'ora di vedere la
faccia di Jason! E Piper! E..." E di tutti, chissà come li
aveva fatti penare in quella settimana in cui era stato via.
Chissà se lo avevano dato tutti per morto o Nico avesse
fatto la spia (essendo figlio di Ade doveva aver percepito che la sua
anima era stato un nanosecondo negli Inferi!)
"Questa"
continuò indicando il Campo "Sarà la nostra nuova
casa"
Scesero di corsa la
collina ma invece di gettersi nel lago come aveva profetizzato, Leo si
mise subito a cercare i suoi amici. Si guardò intorno,
c'erano così tante facce nuove, forse i Romani non avevano
ancora lasciato il Campo e si trovavano lì; e avevano
cambiato le loro magliette viola, saggia decisione, chissà
quanto dovevano puzzare dopo una settimana. La cosa lo rese felice,
significava che Hazel e Frank erano ancora lì.
Sgomitò tra
la folla seguito da Calypso stupito di non riconoscere proprio nessuno.
Doveva essere l'emozione, o la sua memoria a breve termine. In effetti
aveva passato più tempo nel Bunker 9 che in mezzo agli altri
semidei nel suo breve soggiorno al Campo.
Certo, però
si aspettava di essere accolto come un'eroe, in fondo aveva fatto fuori
Gea, era uno dei sette della profezia! Possibile che nessuno lo
riconoscesse?
Tanto meglio, la
sorpresa avrebbe fatto ancora più effetto sugli altri.
"Saranno vicino al
bosco, con questo caldo" disse sorridendo. Prese per mano la sua
ragazza e iniziò a correre verso gli altri. Non li vide da
nessuna parte, non c'era nemmeno traccia del Coach.
"Proviamo alla Casa
Grande!" disse cercando di mantenere l'ottimismo. Che fine
avevano fatto?
Si girarono facendo la
strada al contrario e Leo si soffermò a guardare gli
edifici, alcuni erano molto diversi da come ricordava e quella fontana,
vicino alla casa di Demetra, c'era sempre stata? La sua memoria gli
stava giocando brutti scherzi.
"Hanno fatto proprio un
gran lavoro! Non sembra che abbia rischiato di essere distrutto solo
pochi giorni fa!"
"Già" rispose
con un monosillabo Calypso guardandosi intorno con una certa
inquietudine.
La strinse a te: "Tutta
questa gente ti imbarazza?" chiese.
"...No, è
solo una sensazione strana. Mi sento fuori posto".
"Questo è il
tuo posto, è inutile sentirsi così".
Entrarono nella casa
dove finalmente lì Leo vide un ragazzo sui diciassette anni
biondo e alto parlare con una bambina dai lunghi capelli neri. Felice e
sollevato gli corse incontro abracciandolo e urlando il suo nome.
"Jason! Guarda chi
è arrivato" urlò con il suo sorriso da elfo
caffeinomane.
Il ragazzo non
reagì e si limitò a fissarlo imbambolato e
sorpreso.
"Già, sono
ancora vivo" rise felice come una Pasqua. Calypso dietro di lui rimase
in silenzio.
Jason rimase immobile e
si accorse che c'era qualcosa di strano in lui, non aveva nessuna
cicatrice sulle labbra e i suoi occhi erano diversi dal solito azzurro
cielo che era abituato a vedere. Spostò lo sguardo sulla
bambina vicino a lui sentendo salire l'inquietudine. I capelli neri
incorniciavano un viso da monella e due occhi grigi e intelligenti lo
guardavano in un modo che lo terrorizzava, e solo una ragazza aveva
quel potere.
"Jason...?"
Ripeté sentendo il cuore correre una maratona, andava
così veloce.
Il ragazzo
corrugò le bionde sopracciglie: "Io non sono Jason. Forse mi
stai scambiando per mio padre".
Leo
sentì
ogni pezzo
del suo essere
incrinarsi
e
cadere come
vetro
in mille
frantumi.
L'altro, ignaro del suo stato
d'animo, gli tese la mano con un sorriso cordiale e si
presentò:
"Io sono Leo Grace,
piacere"
"Il tempo scorre in
modo strano, qui ad Ogigia"
V's
corner.
Non so perché io lo abbia scritto. Sono masochista,
è l'unica soluzione.
Io, voglio piangere.
Vi prego, ditemi che non sono l'unica ad avere pensato a una cosa del
genere, che nel mondo esiste qualcuno che si è immaginato
questa scena con cui io possa condividere il mio dolore.
Addio, vado a piangere.
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