L'alba del '98

di Il Ragazzo della Stazione
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Strano perdersi in questa città, 
sentirsi altrove; 
mi perdo cercando l’amore 
o strane parole di porte troppo chiuse o tombe troppo aperte,
Non suono il violino sull’alba di Parigi. 
Io non esisto più. 
Il sole sorge alle mie spalle e ti chiedo se lui ha un cappotto.
In un giorno grigio come voragini da cui vorresti uscire ed entri sempre, vicino alle sponde del vecchio fiume 
rimango a guardare l’aldilà o le riviste sfogliate dai polmoni del vento.
Non ti vedo dal ’98, 
ti ho vista ieri notte al bar. 
Immagina di vivere come un re un giorno. 
Disegno strade che non percorrerò mai. 
La sera passa e tu sei sul balcone,
quante volte t’ho giudicato, 
quante volte ho sputato nelle tragedie e sul binario. 
Passo in questa città senza essere visto, 
passo tra tutto quello che non vorrei, 
ma mi appartiene o io appartengo al mare. 
Passano eserciti, 
uomini e cose, 
passano al di sopra di odori e rose, 
passano donne che disegnano 
e morti che non vivranno mai tutto.
Fidarsi è bene, 
la ragazza della stazione è meglio.
Non ti vedo dal ‘98, 
ti ho vista ieri notte al bar.




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