Imagine if your life was like a hurricane.

di Kiffwoman
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Sorrisi e mi appoggiai all’albero dietro di me, incrociando le mani dietro la nuca. Il vento si era calmato da un po’ e ora una leggera brezza muoveva i fragili fiori primaverili. Da questo punto del prato potevo vedere le imbarcazioni che dal molo partivano verso il mare aperto, chi trasportando curiosi turisti, chi pescatori pronti ad iniziare la propria giornata di lavoro, sperando per il meglio. Ero in quel villaggio da un paio di giorni, per passare le vacanze primaverili, prima di tornare, purtroppo, a lavorare in quel buco di negozio di vernici in cui mi trovavo insieme a mio fratello.
Mi calai il cappellino sulla testa, chiusi gli occhi, immaginando di poter fare qualsiasi cosa, lasciandomi guidare dalla mia fin troppo fervida immaginazione  e mi trovai a volare sopra il paese, libero come non mai, diventato ormai uguale ai gabbiani che di tanto in tanto si posavano sul balcone dell’albergo. Solitamente il vento mi avrebbe fatto lacrimare gli occhi, invece vedevo nitidamente ogni dettaglio, ogni persona. Cominciai a prendere quota e sentii un sentimento nuovo crescermi dentro: mi sentivo felice, sinceramente felice, come mai lo ero stato. Abbassai lo sguardo e il paese era ormai solo un puntino perso nei prati circostanti, ringiovaniti con l’arrivo della primavera. Volare era come se l’avessi fatto un sacco di volte, mi sentivo a mio agio tra le correnti ascensionali che mi portavano di continuo su e giù in quel turbinio di emozioni completamente nuove. Scesi di nuovo di quota, deciso ad esplorare le strade del paese da questa nuova prospettiva. Schivai con agilità i palazzi più alti, come il campanile e il municipio, e cominciai a svolazzare per le stradine del centro storico, ricambiando gli sguardi dei bambini che, incuriositi, alzavano gli occhi sentendo i cinguettii e i battiti d’ali degli uccellini.
Riaprii gli occhi, dopo aver sentito un debole colpetto sul braccio. Di fronte a me c’era José, il mio amico d’infanzia, che mi passava un joint, quello che la gente chiama normalmente "spinello".
-A che pensi?- mi chiese, sorridendo.
Scossi la testa, mormorando un “mah, nulla” e presi il joint in mano, portandomelo alla bocca, ancora l’ombra di un sorriso sulle mie labbra.

 
 




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