Disclaimer:
Supernatural e i personaggi
non mi appartengono, sono di proprietà di Eric Kripke,
Warner Bros Studios e
tutti coloro che ne detengono i diritti. Il titolo è preso
dal gif set che è linkato nelle note finali. Questa storia
non è stata scritta a scopo
di lucro.
* * *
He’s not leaving this
time, Dean
Dirà
di
sì.
È
deciso, non ha altra scelta.
Ha
provato a combattere quel famoso destino, a pasticciare il disegno di
Dio con
un pennarello indelebile per sottrarsi alla sua volontà, ma
non ci è riuscito.
Tutto il suo impegno, tutto il suo dolore e le sue lacrime e la sua
testardaggine nel tirare avanti non sono serviti a nulla,
perché alla fine
Zaccaria e tutti quegli altri stronzi hanno avuto ragione: non
è altro che un
burattino, un contenitore destinato a ospitare Michele, per poi essere
abbandonato come un giocattolo vecchio e rotto.
Non
ha
più voglia di lottare.
Che
quei bastardi inscenino il loro dramma familiare e la facciano pure
finita: ha
voglia di essere egoista, per una volta, di mollare tutto quanto senza
guardarsi indietro.
Castiel
lo prende di peso, lo pesta a sangue – Dean non
può certo dire di non meritarsi
tutto quell’odio e quella delusione – poi lo porta
a casa di Bobby, perché non
gli è permesso cedere, non gli è mai stato
permesso.
Ma
per
cosa dovrebbe lottare, poi? Per un mondo come quello che gli ha
mostrato
Zaccaria?¹ Per un gruppo
di persone
improvvisatesi guerrieri perché tutto è andato a
puttane, per un mondo che ha
visto l’Uomo Giusto corrompersi e l’angelo ribelle
cadere definitivamente?
Castiel
è rimasto al suo fianco, in quel mondo.
Dean
non può fare a meno di rimproverarsi per quella versione
tremendamente
incasinata dell’angelo, per quel sorriso da strafatto e le
anfetamine che
prende prima di andare in missione. È certo che quel se
stesso che non ha
esitato a sacrificare tutti quanti nella speranza di uccidere Lucifero
non
abbia fatto tutto il possibile per salvare Castiel. È certo
che fosse suo
dovere fare di più.
Sono
quello che ti ha afferrato e salvato dalla perdizione.
Non
si
può dire che lui, in quel mondo, sia riuscito a fare lo
stesso. E non si può
nemmeno dire che nel suo, di mondo, Dean abbia fatto di meglio.
Perché, anche se
Castiel ha ancora le sue ali e una scopa nel culo, Dean non
è abbastanza.
Non
è
abbastanza forte, abbastanza deciso, abbastanza volenteroso di
continuare a
lottare.
E
adesso Castiel lo guarda con disprezzo, generato dalla delusione, negli
occhi,
lo apostrofa aspramente e non vi è traccia di quella
devozione che ha visto nel
suo sguardo quando lo ha riportato indietro dal 2014 apocalittico, non
vi è traccia
di quel sentimento che gli ha fatto pensare che non lo avrebbe mai
lasciato,
che sarebbe sempre arrivato per salvarlo dalla perdizione. Si
è sentito
protetto, per un istante. Si è sentito bene.
Ora
è
riuscito a rovinare tutto, perché Castiel è
deluso e non vuole nemmeno stargli
vicino, ma d’altronde lui stesso fa di tutto
perché non voglia stargli accanto:
si sta impegnando per allontanare tutti, cerca di fare in modo che gli
urlino
che va bene e che può pure andare a suicidarsi da Michele
perché ha rotto i
coglioni con la sua presenza.
Non
succede.
Dice
a
Bobby che non è suo padre e ciò che ottiene
è uno sguardo ferito e una sgridata
su come lui stesso gli abbia fatto promettere di non mollare, dice a
Sam che
non crede in lui e ciò che ottiene sono due occhi lucidi e
una richiesta di
seguirlo al cospetto di Michele, perché suo fratello,
invece, ci crede in lui.
«
Hai
intenzione di affrontare cinque angeli da solo? » domanda
Dean, scettico. Per
quanto confidi nelle abilità di Castiel, questo sembra
troppo anche per lui. «
Non è un suicidio? »
«
Può
darsi. » replica l’angelo, iniziando a sbottonarsi
la camicia. La sua voce è
fredda come lo sguardo che gli rivolge e Dean sa di aver perso la sua
fiducia
per sempre – Almeno non ci
sarà nessun
Cas drogato, cerca di fargli notare il lato positivo una
parte di lui – «
Ma almeno non dovrò vederti fallire. Mi dispiace, io non ho
la stessa fiducia
in te che ha Sam. »
Dean
tace, Castiel lo fissa, gelido.
Lo
vede
andare a morire, preferendo il suicidio alla vista del fallimento
dell’uomo in
cui ha creduto. Dean è sempre stato maledettamente bravo a
deludere le persone
ed è tristemente abituato a vederle andare via.
*
Non
ricorda l’esatto momento in cui ha ceduto.
Forse
la caduta è iniziata quando ha visto Sam morire in letto di
ospedale, per uno
stupidissimo incidente domestico. Ed è ridicolo che se ne sia andato
così, dopo tutto quello che hanno
passato.
Una
parte di Dean voleva riportarlo indietro, correre al primo incrocio,
vendere
un’anima probabilmente ormai troppo nera per avere ancora
alcun valore. Ma sapeva
che non sarebbe stato giusto, sapeva che non sarebbe servito a nulla
strappare
Sam dal Paradiso – perché è
lì che si trova, non ha alcun dubbio – per
costringerlo ad assistere alla lenta sparizione
dell’umanità di suo fratello.
Dean
ha
resistito per più tempo di quanto non avrebbe mai creduto
possibile: sono
passati anni, decenni, da quando Sam è morto, da quando non
gli è rimasto altri
che un angelo a seguirlo ovunque vada, come un cane particolarmente
fedele e
convinto che abbia bisogno di protezione.
Anche
se, probabilmente, Castiel è più che altro
impegnato ad assicurarsi che lui
non faccia del male a nessuno.
Dopo
la morte di Sam, l’angelo non hai mai provato a
parlargli: è rimasto nell’ombra, consapevole che
Dean se ne fosse accorto e in
attesa di un gesto, di uno “Sparisci” o un
“Vieni qui”. Il portatore del
Marchio di Caino non ha mai detto nulla.
Tu e Sam statemi lontani.
Ha
provato a tenersi alla larga da loro, ma Sam lo ha trovato e non lo ha
lasciato
più andare. Dean ha tentato di pestare anche lui, ma Castiel
lo ha afferrato e
– salvato dalla perdizione
– fermato,
come quando aveva gli occhi neri e un martello pronto a schiantarsi
contro il
cranio del suo fratellino.
Il
maggiore dei Winchester ha finito per chiudersi in una stanza,
perché se loro
non avevano intenzione di stare lontani da lui, allora lui sarebbe
stato
lontano da loro – ma Sam e Castiel gli facevano comunque
visita, portandogli
cibo e fermandosi a parlare pur sapendo che non avrebbero ottenuto
risposte
diverse da ordini di andare via e minacce di morte.
Poi
Sam
è morto davvero e Dean è scappato via.
Non
ha
più messo piede nel bunker né ha cercato una
nuova abitazione: si è limitato a
viaggiare per l’America con la sua Impala e un angelo
silenzioso seduto sui
sedili posteriori, alla ricerca di casi per aiutare a soddisfare almeno
un
minimo la sete del Marchio – in realtà, ogni
uccisione gli dà solo l’impressione
di essere un po’ più vicino alla fine.
E poi
è
successo.
Dean
ha
impiegato meno di un istante a spezzare il collo della donna che
continuava a
piangere disperatamente, ricoperta di sangue non suo e circondata da
cadaveri
di vampiri, mentre accanto a lei giaceva il giovane marito suo compagno
di
sventura.
Ha
semplicemente perso la pazienza: la testa di Dean è un
casino, un insieme di
urla e sangue e allucinazioni e ricordi e incubi, e i singhiozzi di
quella
sconosciuta non facevano altro che peggiorare la situazione,
trapassandogli il
cervello come mille proiettili. Quando è riuscito a
zittirla, si
è sentito
sollevato.
Castiel
lo ha fissato in silenzio, poi si è avvicinato alla donna,
ha abbassato le
palpebre sugli occhi vitrei ed è andato a seppellirla. Dean
l’ha aspettato
seduto in macchina.
Quando
l’angelo lo raggiunge, il portatore del Marchio dice:
« È stato solo un
episodio. »
E non
sa perché gl’importi o perché abbia
deciso di rompere il suo silenzio proprio
ora, ma sente il bisogno di dirlo.
«
Non è
vero. » è tutto ciò che dice Castiel,
senza accennare a quanto tempo sia
passato dall’ultima volta che si sono rivolti la parola.
Dean
non risponde, limitandosi a mettere in moto.
Dopo
il
primo omicidio ne arriva un secondo, un terzo, un quarto, la prima
strage. A
Dean importa sempre meno, perché il peso del Marchio si
riduce un po’ quando ha
le mani ricoperte di sangue e comunque non c’è
più Sam a pregarlo di fermarsi.
Però
c’è Castiel.
Castiel
lo segue, gli sta accanto tutto il tempo e lo fissa in silenzio.
«
Dean.
» dice, ogni volta che sta per farlo.
All’inizio
nel sentire quel richiamo la mano del Winchester tremava un
po’. Ora ha
imparato ad affondare la lama senza esitazione.
«
Ti
avevo detto di tirarmi fuori se ci fossi ricaduto. » dice
Dean, uscendo da un
bar qualunque in una notte qualunque e lasciandosi alle spalle una scia
di
cadaveri e sangue fresco. « Ti avevo detto di uccidermi. E tu
avevi promesso di
farlo. »
«
Mi dispiace.
» dice Castiel. « Non sarei mai capace di farti del
male. Neanche a questa
versione distorta di te. »
Dean
digrigna i denti con rabbia e si avvicina a grandi passi, gli stringe
una mano
insanguinata attorno al collo, ma Castiel non batte ciglio.
«
Me lo
avevi promesso. » ringhia Dean.
«
Mi
dispiace. » ripete Castiel.
«
Potrei ucciderti ora. » sibila il cacciatore, stringendo un
po’ più la presa. «
Non mi costerebbe niente. »
«
Fai
come preferisci. » dice l’angelo, gli occhi che
brillano di quella devozione
che una parte di Dean ricorda di aver visto in un passato lontano,
quando aveva
deciso che per lui e Sam sarebbe stato meglio combattere separatamente
e non
aveva altri che Castiel. Un po’ come ora, in un certo senso.
« Io non me ne
vado, Dean. »
«
Io
non ho bisogno di te. » sibila il cacciatore, avvicinando
ulteriormente il
proprio volto a quello dell’angelo. Vede qualcosa spezzarsi
nei suoi occhi,
lascia la presa e passa oltre, diretto verso l’Impala.
Castiel
rimane immobile per qualche istante, Dean quasi crede che non lo
seguirà, che
finalmente gli starà lontano. Poi sente i passi
dell’angelo alle proprie
spalle.
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¹
L’End!verse dell’episodio 5x04
“The end”.
Angolo autrice
Ciao
a
tutti :) Questa è una breve one shot, con Destiel che
può essere inteso sia
platonicamente sia come relazione romantica, ispirata a
QUESTO
gif set di Tumblr.
Non
esitate e farmi notare errori di caratterizzazione, grammatica e/o
ortografia:
le critiche costruttive sono sempre ben accette.
A presto!