Titolo: Gige
e Candaule – storia del re e del suo scudiero
Rating:
Arancione
Avvertimenti:
(tratto da: Le Storie di Erodoto)
Note: “Candaule”
è in realtà il soprannome del re Mirsilo
(ricordato anche da Erodoto); per quanto riguarda il
nome della moglie, ci sono più versioni: viene chiamata
Tudo, Clizia, Abro e… Nisia, appunto.
Dedicato
a: alla mia meravigliosa
sorellina (vogliamo svelare il suo account???…Lampezia)… Buon
compleanno
tesoro. Fai la brava e ascoltami di
più! :-P e inoltra vorrei dedicarla a due persone
meravigliose, che abitano dall’altra parte
dell’Italia: Alessandra e Valeria… Ragazze, Alpi e
Appennini ci dividono, ma un pezzetto del mio cuore resterà
sempre con voi!
Prologo:
Il re Candaule, innamorato di sua moglie Nisia e convinto della sua straordinaria
bellezza, la elogia
e ne esalta il proprio
splendore con Gige, il suo scudiero e l’uomo più
fidato del suo esercito. Gige, imbarazzatissimo, non dimostra alcun
entusiasmo e il sovrano scambia la propria discrezione con
incredulità, e così il re gli ordina di
appartarsi nella stanza nuziale e di assistere (nascosto) alla
svestizione della sposa.
Ma
non tutto va come previsto da Candaule…
Gige percorse i corridoi velocemente, e in meno di un minuto
si ritrovò al punto di partenza. Il suo nervosismo non lo
faceva ragionare: muoveva le mani a scatti, sussultava per ogni minimo
movimento.
-
Non è possibile, non è possibile!
Candaule, il
suo re, gli aveva fatto una proposta indecente: guardare sua moglie
nuda.
Come avrebbe
potuto, lui, guardare la sua padrona la notte, svestita, e parlarle il
giorno dopo come se nulla fosse successo? Già la sapeva la
risposta: non avrebbe potuto. Lei se ne sarebbe accorta.
Peggio: gli
dei se ne sarebbero accorti, e avrebbero scatenato su di lui
maledizioni di ogni genere, per aver compiuto un gesto così
sconsiderato.
Una donna,
svestendosi, si spoglia anche del proprio pudore. Non è
bene, non è giusto. Ed
è la moglie del mio signore.
-
Rilassati, Gige! – gli aveva risposto bonario Candaule
– Nessuno se ne accorgerà, nemmeno mia moglie.
Entra nella stanza la notte, mettiti dietro il battente della porta.
Lì vicino c’è una sedia, dove lei
poggia i vestiti. Sarà vicinissima a te, e tu la potrai
ammirare in tutto il suo splendore, man mano che si toglie i vestiti,
uno ad uno. Poi, quando dalla sedia verrà verso il letto e
lei ti darà le spalle, tu esci di nascosto a cuor leggero.
A cuor leggero? La
bellezza di Nisia era leggendaria. Avrebbe avuto la forza di staccarle
gli occhi da quel corpo splendido? E il suo sovrano, se si fosse
pentito, quali ripercussioni avrebbe adottato su di lui?
Era troppo
il rischio che correva. Non poteva. Non doveva.
-
Gige, vieni, è ora…!
Gige
seguì, rassegnato, il suo sovrano, si appiattì
dietro alla porta, trattenendo il respiro. L’attesa era
snervante.
Già
immaginava la sua sovrana nuda, ingenua, che si toglieva pian piano le
vesti e andava verso il suo padrone…
Questi
pensieri lo coglievano di sorpresa, e lui cercava di scacciarli come si
fa con le mosche fastidiose.
-
Pure le mosche – pensò Gige – ricercano
ciò di più sudicio che esista…
Dopo un
periodo che gli apparve infinito, il sovrano entrò nella
stanza, seguito dalla moglie. Nisia teneva il capo basso, i capelli
raccolti in una treccia. Aveva il volto triste, si accorse Gige: non
aveva mai visto la sua padrona ridere né sorridere, ma
nemmeno con un’espressione così cupa.
Nisia si staccò da Candaule con un’incredibile
lentezza, e si avvicinò alla sedia, a pochi metri da dove
era nascosto Gige.
Gige la
vide, e per un attimo si illuse che quel gesto sconsiderato in
realtà fosse stata la sua scelta più felice della
sua esistenza, che quei pochi attimi di temerarietà
valessero bene tutte le maledizioni divine…
Nisia era
splendida. Era bellissima: il suo corpo era compatto, massiccio. La sua
pelle bronzea, le sue carni sode.
Senza vestiti non sembrava
più una donna, ma una bambina un po’ troppo
cresciuta… Mai Gige aveva messo in dubbio la bellezza della
sua padrona. Tuttavia, adesso, poteva ben capire che cosa provasse
Candaule ogni volta che parlava della moglie… Capiva la sua
ammirazione, il suo desiderio…
Gige si
destò di colpo dalle sue fantasie. Vide che la donna si
stava voltando, lentamente, e a passi stanchi si stava avvicinando al
letto del marito.
Gige
trattenne il sospiro, guardò con una fitta la cuore il corpo
della donna un’ultima volta, e uscì dal suo
nascondiglio.
Ma mentre si trascinava verso
l’uscita, spostò accidentalmente la sedia...
Strrrr.
Il rumore
era così flebile che Candaule nemmeno se ne era accorto.
… Ma Nisia, invece? La donna si era forse accorta della sua
presenza?
Nisia
non si era girata, né aveva sussultato; Gige non volle
approfondire la cosa, ed uscì a grandi passi dalla stanza,
raggiunse la sua in un batter di ciglia, e vi si chiuse dentro.
Prese una
caraffa d’acqua fredda e vi immerse la testa dentro.
Doveva raffreddare i suoi
bollenti spiriti.
Doveva calmarsi.
Era
tutto filato liscio, nessun inconveniente… allora,
perché aveva un peso nel cuore?
Perché
già sentiva la mancanza del bel corpo di Nisia?
No, perché in cuor
suo sapeva che la sua malefatta non
sarebbe rimasta impunita.
-
Gige, ben arrivato.
Gige aveva
dormito poco e male, quella notte. Il volto appariva sciupato e gli
occhi gonfi, segnati da due profonde occhiaie.
Era stanco
dopo quella nottata insonne, tuttavia aveva raccolto le sue ultime
energie quando era venuto a sapere che Candaule lo aveva chiamato.
Si era
precipitato nella stanza, trafelato, stremato e impaurito. Aveva
pensato tutta la notte alle scuse che avrebbe rivolto al sovrano il
giorno dopo, e a dove sarebbe andato in esilio… Sarebbe
tornato in Bitinia, nella terra dei suoi genitori, e poi….
Ma ad
accoglierlo non era stato Candaule.
-
Gige
– il suo nome fu pronunciato da Nisia con estrema lentezza, e
in quel momento lo scudiero ricordò i movimenti lenti che la
donna aveva compiuto la donna, la sera prima…
Tra i due
scese un silenzio di tomba. Gige non aveva il coraggio di guardare
negli occhi la sua padrona. Si sentiva un vigliacco.
-
Guardami, Gige! – tuonò Nisia.
Gige
alzò la testa, e incrociò il suo sguardo.
-
So quello che hai fatto, Gige – disse lei, con una franchezza
che Gige non era pronto a ricevere.
-
Perdonami – aveva saputo dire questo, interrompendola.
Sapeva che
ogni parola della sua regina sarebbe stata una pugnalata allo stomaco,
e lui sentiva di aver già sofferto abbastanza per un crimine
che era stato costretto a commettere.
-
Gige – disse lei – davanti a te si presentano due
vie: mi hai vista, nuda, e questo né la legge né
io lo possiamo tollerare. Sta a te scegliere una delle due soluzioni: o
uccidi Candaule, tu stesso, e diventi sovrano con me al mio fianco,
oppure devi morire, qui, subito, per espiare la tua colpa.
Lo scudiero
spalancò gli occhi, attonito. La pregò,
scongiurandola di accettare il suo esilio: ma la regina era decisa, non
accennava a cambiare idea.
E quegli
occhi neri, scuri, piantati addosso, scatenavano in Gige pensieri
proibiti, che il ricordo della sera prima alimentava… E
ricordò gli occhi tristi di Nisia, la sera prima…
Gige
accettò di uccidere il suo padrone, con la tacita promessa
di strappare a Nisia durante il suo matrimonio un timido sorriso.
-
Come lo ucciderò? – chiese lo scudiero, quasi
senza accorgersene.
Nisia
increspò appena le labbra, e l’accennato sorriso
si era trasformato in un perfido ghigno.
-
Dovrai ucciderlo nello stesso modo in cui lui ha ferito me e ucciso la
mia dignità. Lo colpirai a morte stanotte, nel suo letto,
mentre è immerso in un sonno profondo.
Quella
notte, Gige era mosso dall’ansia più che dalla
paura. Voleva fare tutto in fretta. Voleva rendere la morte del suo
padrone più rapida e indolore possibile.
Durante la
sera scivolò nella stanza di Nisia e Candaule. Gli tremavano
le mani, e aveva paura che il coltello potesse sfuggirgli dalle dita.
E se Nisia, in realtà, avesse messo in allerta il padrone? E
Se Candaule fosse stato sveglio e avesse dato l’allarme? E se
accidentalmente lui avesse mosso qualcosa, come era successo la sera
prima? E se…
Con i
“se” e i “forse” non sarebbe
arrivato a nulla.
Doveva agire. E in fretta.
Con
il cuore che gli batteva forte, Gige entrò nella camera e si
nascose dietro lo stipite; pochi attimi dopo lo raggiunse Nisia, che
nascondeva un pugnale tra le vesti. Glielo diede, senza nemmeno
indugiare per un attimo; Nisia stava quasi per scappare, quando Gige le
bloccò il polso e la guardò negli occhi. Ebbe la
conferma che la donna era determinata quanto lui, e che non
l’avrebbe tradito.
Allentò la presa e lasciò andare la
donna.
Con i sensi ancora confusi, aspettò il
sopraggiungere della notte.
Era arrivata
l’ora, ne era certo: Candaule russava, dormiva ignaro di
ciò che stava per accadere. Gige, traballando, a passi
incerti, si avvicinò al letto del padrone.
Vide
Nisia coricata di fianco a lui, sveglia. La donna gli fece un cenno,
intimandolo di procedere e di compiere ciò che era venuto a
fare.
Gige si
avvicinò e Nisia, vedendo la sua titubanza, gli fece un
timido sorriso.
O forse fu quello che Gige
pensò di vedere...
In ogni
caso, la visione di Nisia e di quel paio di occhi scuri gli diede la
forza di alzare il braccio e di fendere il colpo mortale. Nisia aveva
appoggiato la sua mano sopra alla bocca del marito, cosicché
da Candaule uscì solo un gemito sommesso.
Gige lo colpì
una, due, tre volte.
Il letto e
le sue vesti si riempirono di sangue, ma lui non accennava a
fermarsi…
-
Basta, ora.
La voce
soave di Nisia risvegliò Gige da quell’ansia
omicida.
I due assassini si guardarono negli occhi per molto, molto tempo.
-
Mio sovrano… - disse quella, alzandosi, avvicinandosi a Gige
e togliendo il sangue dalla sua mano con un panno pulito.
Poi, con la
lentezza che Gige si era abituato a vedere, lei avvicinò le
sue labbra alla mano, e la baciò.
Gige si
avvicinò a Nisia… a sua moglie…
Moglie? Quella parola gli suonava strano…
…
Alla sua donna, decise.
Si tolse i
panni sporchi e inzuppati di sangue e accettò quelli puliti
offerti da Nisia.
Il sole
stava ormai spuntando.
Mano nella
mano, stretti l’un con l’altro per darsi forza, si
avvicinarono verso la porta.
Pronti per
governare il regno, insieme.
- - - - - - - - - - -
Ciao a tutti!
Mi
ha fatto moltissimo piacere che la precedente storia sia stata letta da
molte persone… Ma soprattutto volevo ringraziare coloro che
hanno speso un minuto della loro vita per lasciarmi una recensione, in
particolare a Kaoru (troppo,
troppo, troppo gentile. Ogni volta che leggo le tue recensioni il mio
ego va alle stelle. Aspetto l’ippogrifo ;-) ), BluRei (carissima, grazie per la
critica: per lo stile hai ragione, è “fuori
luogo” per un racconto epico; con questa storia ho ripreso
alcune frasi originali dalle Storie di Erodoto, anche se credo che il
risultato sia rimasto sostanzialmente invariato… Credi vada
meglio così? Questa volta – mi pare –
sono rimasta un pochino più distaccata… Un
po’ troppo poco, lo ammetto), Sheila84
(sto seguendo la tua storia, mi piace… Hai uno stile
simicissimo a BluRei, lo sai???), Kikkina90
(… ave a Te…) e Kami
(cara Kami, mi spiace che a te non piacciano le divinità
greche… Secondo me sono meravigliose proprio
perché sono tremendamente umane: in fondo, rappresentano i
vizi e i lati nascosti della personalità umana,
ciò che noi cerchiamo invano di sopprimere... Sono un
universo interessante – anche se, in tutta
sincerità, se dovessi dedicare la mia vita ad una
divinità, Apollo sarebbe l’ultimo a cui votarmi
;-) ).
Dimentico
qualcuno??? …sì, scheggia90
– oggi ho scoperto chi fosse… Signorina, pensavi
di avvertirmi prima o poi??? ;-P salutami il cavaliere e fa
la brava – anche se temo non ascolterai mai i miei
consigli…
Alla prossima storia
e… GRAZIE per avermi seguito!
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