Disclaimer:
I personaggi citati appartengono a Masashi Kishimoto, che ovviamente si prende tutti i diritti del
loro uso. La canzone a cui è ispirata questa Nonsense
è Verranno a chiederti del nostro amore, di Fabrizio De André.
Verranno
a chiederti
del nostro amore
Quando in
anticipo sul tuo stupore
verranno a crederti del nostro amore
a quella gente consumata nel farsi dar retta
un amore così lungo
tu non darglielo in fretta
Lo vede da lontano, è la sola cosa vivente in quel quarto di terra verde
smeraldo, vagamente rossiccia per il bagliore rosato di quel tramonto che non
passa mai, in cui il cielo si incendia e si logora in
un urlo arancione come un fuoco d'artificio che non sfiorisce mai.
"Sakura,
dove l'hai incontrato?"
Il vento azzurro gioca sulla sua pelle, anticipa il freddo di una
notte che non arriverà, mentre a grandi passi la ragazza ha già raggiunto
l'apice di quella collinetta erbosa e si è già accovacciata ridendo di fianco a
Sasuke, spalla contro spalla,
gli occhi accesi da qualcosa che non è il tramonto e la carezza di quel mondo
immobile su di lei, un mondo che delicato li circonda, protegge i loro corpi
nudi dall'irruenza della realtà.
Nudi, certo: l'anima si veste d'aria e di luce, si strappa di dosso gli orpelli
di stoffa e cemento, perchè la pesantezza non è nella sua natura.
"Sakura,
quando è successo?"
Sakura è sempre felice lì, spalla a spalla con Sasuke, mentre
la metà destra del suo corpo aderisce completamente alla metà sinistra del suo.
Sasuke non ha gli occhi insanguinati, non ha
cicatrici scure sulle braccia e sulle gambe, non ha nessun Sigillo di pece nera
alla base del collo, non ha quella terribile espressione inerte che gli ha
visto sul viso quel giorno, nella tana del serpente. E' semplicemente Sasuke a sedici anni, come sarebbe stato se, anzichè andarsene, avesse deciso di -
"Puzzi di ramen."
Ha arricciato il naso, quasi fosse offeso da
quell'innocente aroma di funghi, verdurine, brodo di
carne e fettuccine di pasta. Sakura non ricordava
come fosse invitante e buffa quell'epressione
di disappunto, più appetitosa del ramen stesso, da
lavargliela via a suon di morsi.
"Sakura,
ti senti bene?"
"Ho pranzato con Naruto."
"Col dobe?"
"Già, era così contento, ha imparato non so quale tecnica strabiliante, si
è autoincensato per un'ora,
per farla breve."
L'ombra di un sorriso scivola negli occhi di Sasuke:"Imbattibile,
praticamente."
"Sì, e poi in Ospedale c'era questo bambino che, insomma, lo sai come si
allenano coi senbon, no?, ecco, c'era questo bambino
che, beh, sembrava si fosse seduto sopra una tana di porcospini, urlava a
squarciagola!"
Silenzio. Sasuke ride, veloce battito d'ali di falco.
Quasi non ci crede, lei, e sbatte le palpebre ancora una volta.
"Da bambino mi sono seduto su un porcospino" confessa allora
guardando altrove, "Ero piccolo. Non ho guardato bene e quel coso era maledettamente mimetizzato. Itachi
è quasi svenuto dal ridere" aggiunge infine, a mo' di tragicomico
epitaffio, dopo aver colto lo sguardo di Sakura, in attesa.
Sakura che, logicamente, gli si incolla
addosso.
"Mh-mh. Proprio un bimbetto un po' idiota"
gli mostra la lingua, il mento poggiato sul suo sterno.
"Che tu dicevi di amare alla follia" ribatte
pronto il ragazzo, ed è di nuovo Sasuke, Sasuke senza pensieri, Sasuke dal
sarcasmo e dalle risposte pungenti, che le scivolano addosso come i palmi
ruvidi delle sue mani.
"Io sono del tutto pazza, non sono un esempio granchè affidabile" obietta Sakura
ragionevole, le sopracciglia inarcate.
E non ci sono foglie che cadono, stelle, quiete
notturna, strida di qualche uccello.
C'è il tramonto, e ci sono loro.
"Un idiota e una pazza. Meglio di così!" Sasuke
sbuffa, lei pensa che non l'ha mai visto allegro e
osserva la curva bianca della sua gola inarcata, mentre lui ha tuffato il capo
nell'erba.
"Sakura,
ti ha attaccata?"
"Aggiungi il sociopatico e il
chiacchierone e siamo perfetti" ribatte lei in una risata.
"Perfetti per il manicomio."
Le sarebbe mancato. Le sarebbe mancato chiacchierare così con lui, pelle contro
pelle in quel contatto di cui non riusciva a fare a meno, mentre il mondo era
impegnato altrove e li lasciava in pace, liberi di
respirare.
E lui raccontava, raccontava di tutto con la sua
solita voce priva d'immaginazione, una parlata piatta come la superficie calma
dell'acqua, che scorreva su di lei con la sua stessa placidità silenziosa.
"...E allora finchè non è entrato negli ANBU,
prima che diventasse Jonin, ogni tanto si fermava a
giocare con me insieme a Shisui-niisan, mia mamma si preoccupava sempre, sai, diceva che mi
tormentavano, e in effetti quella volta che mi hanno costretto a bere una
bottiglia di succo di pomodoro..."
"Intera, sì. E tutta d'un fiato."
"Come facevo a rifiutare? Avevo un kunai
puntato alla gola!"
"Poi, sai, me l'aveva chiesto Itachi..."
"Ho avuto la febbre a trentanove per tre giorni. Credevo di vedere il
Signor Pomodoro che suonava lo shamisen sul bordo
della mia vasca."
"Sakura,
perchè non hai chiesto aiuto?"
Parlava, parlava,
parlava, non taceva un istante. Sfogava un silenzio durato anni di gelo, mentre
le risa di Sakura gli correvano veloci dal cuore fino
alla base del collo e le sue ciocche arruffate gli solleticavano il mento, e il
sole tramontava e ogni cosa era perfettamente immobile, splendidamente fissa
come il dettaglio di un vecchio quadro.
"Ti ricordi quel Tanabata, quando avevamo sei anni?"
"Quando Naruto aveva nascosto tre casse
di petardi sotto la bancarella dello zucchero filato?"
"Esatto. E quando sono esplosi mentre stava
passando lì davanti il corteo del Terzo Hokage."
"Sì, e l'hanno coperto completamente di fiocchi di zucchero candito!"
Ridono insieme, la risata sale scoppiettante dal fondo del loro addome, tremola
risalendo il corpo, fiorisce sulle labbra schiuse e infine svanisce,
lasciandosi dietro un'eco color oro di quello che era stato.
"Sakura,
per quanto a lungo hai resisito?"
"Ti ho detto di Ino e Shikamaru?"
"Mh?"
"Stanno insieme. Ma non è ancora ufficiale, perciò non dirlo a
nessuno."
Sasuke adotta l'espressione derisoria che assume sempre quando, un po' altezzoso un po' bonario, la prende in
giro:"Allora hai vinto tu."
"Era scontato che vincessi io."
"Mica tanto. Io ero sicuro che avreste perso entrambe."
"Ma perchè sei un idiota, e questo si sapeva. E
poi non avevi fatto i conti con la cocciutaggine targata Haruno."
"Eravate noiose. E ripetitive. E poco
originali."
"E tu un alienato!"
Ma Sasuke schiva l'attacco:"Giuravate
di amarmi con tutto il cuore senza neppure conoscermi!"
"Io ti conoscevo. Ti ho conosciuto" si corregge Sakura,
il tono allusivo.
"E quindi?"
"Ma quanto rompi, Uchiha! Hai
presente una malattia?"
Silenzio accigliato da parte di Sasuke.
"Sakura. Mi stai paragonando a un
raffreddore?"
"Veramente pensavo a un'ulcera gastrica...!"
"Sakura,
ormai è un criminale, lo sai?"
Ma un ulcera gastrica non poteva essere
amabile, e buffa, e piacevole, e interessante, e sarcastica, e piena di cose
fantastiche che custodiva gelosamente per sè.
C'era stata una prima volta, a cui avevano fatto seguito molte altre volte, e
si erano presi in giro ferocemente l'uno con l'altra, gli occhi liquidi e
cosparsi di scintille, si erano stuzzicati e punzecchiati nell'attesa
dell'assalto successivo, la voce tiepida e sommessa, venata appena dai lampi
dell'ironia.
"Imbranata."
"Sasuke, me l'aspettavo più... insomma, hai
capito."
"Colpa tua che sei uno stoccafisso."
"Colpa tua che vuoi strafare, non ci riesci e fai cilecca!"
"Non mi sembrava così tremendo, a giudicare dalla tua reazione..."
"Mai sentito parlare di 'finzione'?"
Oppure c'era stata quella volta in cui avevano voluto allenarsi insieme - ci
aveva messo quasi un'ora per convincerlo - e un pugno di Sakura
gli aveva incrinato una clavicola, così, in mezzo alle sue bestemmie neanche
troppo soffocate, la ragazza da brava Medic-nin aveva
dovuto sistemargli l'osso spostato, trattenendo a stento risolini e battute;
dopotutto se lo meritava, l'aveva sottovalutata, quel maledetto, non aveva
neanche attivato lo Sharingan, si era meritato una
lezione coi fiocchi!
Stavano lì, sotto quel cielo sempre uguale, non più in tre ma in due, soltanto
due, senza fantasmi rancori scadenze programmi, senza un pensiero in testa che
non fosse l'altro, e i colori sembravano ad entrambi più vividi, talvolta quasi
ferivano lo sguardo, come se avessero posato gli occhi sul mondo per la prima
volta.
Accoccolata nella voce mormorante di Sasuke, Sakura spesso si addormentava: ricordava mille immersioni
nella coscienza ascoltando nelle orecchie quel brusio impercettibile, quasi di
sottofondo, vecchie storie dimenticate che rivivevano con loro.
"Sakura,
ti ha parlato?"
Accarezza assorta i suoi capelli, quasi stupita che quello sia realmente Sasuke, meravigliata
ogni istante del corpo che lì, abbandonato nel verde dell'erba, le è posto di
fronte come un regalo inatteso.
"Non fà mai freddo, qui" sussurra Sakura a un certo punto, sovrapensiero,
giocherellando con una ciocca di capelli color della notte.
"Non può fare freddo, qui" le fa notare l'altro, disteso di schiena.
Sakura tace. Non è sicura di voler sapere perchè.
"Per te ogni stagione è sempre estate" aggiunge infine Sasuke, mentre con la mano azzarda una goffa carezza sulla
sua guancia.
Sakura dimentica i suoi capelli, appoggia il viso
sulla sua spalla e si abbandona lì, stanca di niente;
le è indispensabile quel contatto quasi spasmodico con la pelle di Sasuke. La consistenza compatta di quel corpo, di quelle spalle, di quella muscolatura ormai le è familiare,
ma non per questo riesce a staccarvisi.
Sasuke capisce, e rimane in silenzio.
Tutti e due guardano il sole a metà della sua discesa
oltre le cime acuminate dei monti - lo stesso sole dello stesso color fuoco
dietro le stesse montagne di roccia nera - e tacciono, finchè
entrambi non si illudono di dormire.
"Sakura,
era cieco?"
Le sarebbe mancato. Come all'estate manca il pieno dell'inverno.
Stretti l'uno all'altra, guardano altrove, osservano
le stesse fronde immobili nella stessa aria piatta, gli stessi steli d'erba a
filo dei loro occhi, i capelli spettinati di Sakura
incendiati dalla calda fornace del tramonto e il pallore delle loro braccia
appena indistinto nella bruma della notte che non arriverà.
E Sakura, parlando piano, come un pensiero un po' più
forte che sgorga dalla sorgente confusa della coscienza, lo dice:"...Sasuke. Perchè te ne sei
andato?"
Occhi fermi, voce bassa ma non flebile, limpida, cuore che meticoloso segna un
passo dopo l'altro.
La stretta di Sasuke, ancora, si ravviva, mentre il
suono delle sue parole le arriva da molto lontano, non certo dalla sua nuca,
dove le labbra di Sasuke, premute sull'onda dei suoi
capelli, un poco le fanno il solletico mentre si
schiudono per risponderle.
"Sakura."
"Sei proprio stupida a volte, non so proprio dove
t'immagini certe cose."
Dove? in un mondo più vero del vero, Sasuke-kun,
in cui è sempre inverno, si sorride poco e male e la finzione è la sola cosa
che ci tiene in piedi.
"Sono sempre rimasto qui, sciocca. Non me ne
sono mai andato."
"Sakura,
non provi più niente per lui, vero?"
Ma
senza che gli altri ne sappiano niente
dirmi senza un programma, dimmi come ci si sente
continuerai ad ammirarti tanto da volerti portare al dito
farai l'amore per amore
o per avercelo garantito,
o
resterai più semplicemente
dove un attimo vale un altro,
senza chiederti come mai
continuerai a farti scegliere
o finalmente sceglierai.
Fin
Note dell'Autrice
Adesso non mi chiedete cosa significa tutto ciò perchè, veramente, si và un po' oltre le mie facoltà u_u.
Però beccatevi questa -> http://damleg.deviantart.com/art/Feeling-83633960
. E' da quando l'ho vista che sogno di scriverci
qualcosa sopra. E il momento è finalmente arrivato, ecco^^ non so quanto mi riesca più scrivere SasuSaku,
però, a dire il vero, in questa breve Nonsense c'è
tutto quello che penso di loro. Come li vedo e perchè
li amo alla follia. Penso sia raro trovare una persona che, semplicemente, ti
libera, e questo per me è l'effetto che Sakura fà a Sasuke
e viceversa.
Ringrazio Mimi18 perchè è stata lei a darmi un parere per prima su
questa cosa :) risollevandomi il morale e le sorti di
questa cosa.
E, soprattutto, ringrazio Fabrizio
De André. Che, in fondo, è vivo, dovunque
qualcuno suoni e ascolti col cuore, con la mente e con tutto il corpo le sue meravigliose canzoni, che poi sono poesie.
Grazie dell'attenzione,
Hipatya