Nick
su EFP: Hypnotic Poison
Titolo: I can fly
Protagonista/i: Kisshu Ikisatashi, Minto Aizawa
Prompt scelto: #3, Piuma
Altri personaggi: --
Coppie: Kishinto
Generi: Romantico, Slice of Life
Rating: Verde
Avvertimenti: What if?
Eventuali note: One-shot (1795 parole)
I can fly
Kisshu
poteva anche ammettere di non essere campione di sensibilità ed
accortezza –
no, davvero, era un disastro conclamato – ma dopo aver condiviso già
parecchio
tempo con una certa tortorella di sua conoscenza, era diventato un vero
esperto
nel decifrare ogni suo piccolo cambiamento d’umore.
Doveva,
dopotutto, per questione di pura e semplice sopravvivenza.
Era
abituato a vedere repentini sbalzi di carattere, fortunatamente ormai
scatenati
di più da fattori esterni che da lui, così come a gestire giornate nere
e
rabbiose. Ogni tanto la sua dolce colombella gli ricordava quel
ghiacciolone
del fratello maggiore, ma stava ben attento a non fare il paragone di
fronte a
nessuno dei due (con Retasu però sì, e ciò non mancava mai di farla
ridere).
Non
era molto preoccupato, perciò, quando Minto entrava in casa sbattendo
la porta
e dimenticando momentaneamente le sue buone maniera da elegante
signorina per
potersi sfogare del mondo esterno sulla sua spalla.
Iniziò,
invece, a preoccuparsi, quando lo sbattere di porte divenne affare
quotidiano,
a cui si susseguivano momenti di totale incupimento della sua bella
ragazza,
una curiosa ruga di preoccupazione spesso presente tra le sopracciglia.
Conoscendola,
e sapendo che detestava essere tampinata se non era lei stessa ad
aprirsi per
prima, aspettò un paio di giorni per vedere se il suo stato d’animo
sarebbe
migliorato da solo, premurandosi di essere il più gentile possibile e
cercando
di non disturbarla. Ma alla quarta cena passata quasi in totale
silenzio, con
Minto che giocherellava svogliata col cibo e lui che ormai stava
iniziando
seriamente a preoccuparsi, decise che era arrivato il momento di porre
la
fatidica domanda.
“Tortorella,”
la raggiunse sul divano dove lei si era raggomitolata per dello zapping
a cui
non stava prestando attenzione “Lo so che tu detesti parlare dei fatti
tuoi, e
che sto seriamente rischiando la pelle, ma potresti per favore dirmi
cosa c’è
che non va?”
Lei
abbozzò un sorriso a quella battuta, poi sospirò: “E’ complicato.”
“Che
risposta banale, signorina Aizawa.”
Minto
gli lanciò un’occhiataccia: “Kisshu, per favore.”
L’alieno
le prese una mano: “Ho fatto qualcosa io?”
La
ragazza si affrettò a scuotere la testa e si avvicinò di più a lui,
appoggiandogli la fronte al petto: “No, non è per te, è… il lavoro.”
Kisshu
aggrottò le sopracciglia. Non succedeva spesso che Minto si riferisse
alla
compagnia del balletto come il lavoro, di
solito l’adorava senza nessun tipo di remora; gli era sempre sembrato
che fosse
la cosa, a parte lo shopping (e lui, qualche volta, insomma), che la
faceva
sempre saltellare per la felicità. Metaforicamente parlando,
ovviamente.
“Cos’è
successo?” le domandò, avvolgendole le braccia intorno alla figura
minuta e
stringendola.
Minto
sospirò, concentrandosi sull’odore familiare del suo compagno, che non
mancava
mai di rilassarla. “Ti ho raccontato che abbiamo un nuovo direttore
artistico,
no?”
Kisshu
annuì mentre le accarezzava dolcemente la schiena. Si ricordava
vagamente una
cena in cui la mora non aveva smesso un attimo di cianciare riguardo
l’arrivo
di questa figura a lui totalmente sconosciuta che aveva però,
apparentemente,
una grande fama mondiale.
“Bene,
be’, per non so quale motivo, costui ha deciso di far partecipare la
nostra
compagnia ad un evento mondiale della danza,” Minto si rimise dritta di
scatto,
irritata e gesticolante. “Ma non con un balletto classico, no, lui
ha deciso che per
dimostrare la nostra versatilità e
bravura, o qualcosa del genere, porteremo un balletto
contemporaneo. Noi.
Il balletto di Tokyo. Ed hanno voluto comunque me come prima ballerina.”
Kisshu
era decisamente perso – fino a quel momento non gli era sembrato di
sentire niente
di così grave da poter giustificare il comportamento ansioso della sua
ragazza
negli ultimi giorni. Tournée mondiali erano normalissime per la sua
carriera di
ballerina, e lei non era mai stata il tipo da arrendersi davanti ad una
sfida.
“Okay…”
iniziò tentennante, “E perciò?”
Minto
sbuffò, scostandosi una ciocca di capelli ribelle: “E perciò non va
bene! Io…
io sono una ballerina classica, Kisshu. E questo è… è diverso.”
Lui
le accarezzò una guancia in un tentativo di conforto: “Se ti hanno
voluta come
prima ballerina vuol dire che sono consapevoli delle tue capacità, non
credi?”
La
mora si agitò sul divano, a disagio. “E’ che… lo sai che io ballo da
una vita,
giusto?” Quando lui annuì, lei proseguì lentamente. “E questa cosa, la
mia
carriera… diciamo che non sempre mi ha portato delle amicizie. Io non
sono
brava nei rapporti umani,” la risatina che lui si lasciò sfuggire gli
fece
guadagnare un’occhiata assassina “Specialmente in un ambiente
competitivo come
quello della danza classica. Ora mi devo misurare con qualcosa che è
fuori
dalla mia zona di conforto, che esce dagli schemi a cui sono abituata…
so
ballare contemporaneo, per carità, ma il ruolo che mi hanno assegnato
è… è importante, e mi sento come se
tutti
fossero lì, a non aspettare altro che vedermi sbagliare.”
“Ma
tu non ti sbagli mai, tortorella,” Kisshu la fece riavvicinare a sé.
“Non
sbaglio con la classica.” mugugnò lei in risposta.
“Non
sbaglierai nemmeno con la contemporanea,” le diede un colpetto con
l’indice sul
nasino all’insù “So cosa vuol dire sentirsi addosso il peso di molte
persone, e
temere di deluderle e di deludere me stesso. Ci sono già passato, non
credi?”
Minto
annuì, occhieggiando brevemente la cicatrice che spuntava dalla
maglietta nera.
“Però
non devi fare in modo che ciò ti abbatta. Anzi, devi prendere la loro
supposizione e usarla per migliorare te stessa ed essere perfetta.” Le
sollevò
il viso con due dita, accarezzandole dolcemente il labbro inferiore “Tu
ti
trasformi quando sei sul palco, colombella. Geni del lorichetto o no,
sei
libera, sei felice. E fidati di uno che sa volare.”
La
mora sorrise, ma rimase in silenzio a giocherellare con il bordo del
suo
vestito. Kisshu la osservò per qualche secondo, quando all’improvviso
fu colto
dall’ispirazione.
“Ho
un’idea,” si alzò e le tese la mano “Vieni con me.”
La
condusse in una zona che per lui, visti i disastri che era solito
combinare
quando ne veniva a contatto, era usualmente off-limits: il piccolo
armadio a
muro, appena fuori la camera da letto, dove Minto conservava i suoi
costumi di
scena, sia quelli che le servivano attualmente, che i suoi preferiti da
spettacoli passati.
Kisshu
aprì le ante ed accese la luce con fare teatrale mentre lei lo fissava,
a
braccia incrociate.
“Ah,
vediamo un po’,” esclamò lui “Mmm, benvenuto in Paradiso, Kisshu.”
La
mora trattenne un sorriso ed alzò gli occhi al cielo: “Stai giocando
con il
fuoco.”
“Il
pericolo è il mio mestiere,” l’alieno ghignò da sopra la spalla intanto
che
spostava varie buste di nylon alla ricerca di qualcosa.
“Hai
cinque secondi per uscire da lì.”
“E
fidati per una volta, mi sto anche trattenendo dal non ricordarti
quanto
incredibilmente sexy tu sia con queste cose addosso e da quanto tempo
non mi
concedi l’onore di indossarle solo per me – aha, eccolo!”
Minto
lo osservò abbassare di scatto la zip di un contenitore per rivelare il
tutù
nero che lei aveva indossato per Il Lago
dei Cigni dell’anno precedente. “Che cosa – che diavolo stai
facendo?!”
Kisshu,
infatti, dopo aver ammirato con sguardo beota per mezzo secondo il
costume,
aveva strappato una piuma nera dalla vaporosa gonna.
“Se
non sbaglio, questa è la tua parte preferita, no? Odette e poi il Cigno
Nero.”
La
ballerina alzò un sopracciglio, sinceramente stupita che lui si
ricordasse con
tale precisione: “Sì…?”
“E
ti è sempre risultato facilissimo e naturalissimo ballarla, no?”
“Più
o meno…”
L’alieno
le fece roteare la piuma nera sotto il naso: “Allora, quando ballerai
la nuova
parte contemporanea, voglio che tieni con te questa piuma e ti ricordi
di
quanto tu sia brava nel ballare il Cigno Nero, e fare altrettanto.
Sarai
leggera ed elegante, e perfetta.”
Minto
la prese titubante, prima di guardarlo con un’espressione divertita:
“Ichigo ti
ha fatto fare di nuovo il babysitter a Luke e avete guardato Dumbo, non è vero?”
“Quel
cartone è il male, gli elefanti rosa fanno paura ad un uomo grande e
grosso
come me, e pretendete che li guardino i bambini?!”
La
mora rise, poi piegò la testa da un lato: “Grazie, Kisshu.”
“Non
c’è di che, amore mio. Tu sei Minto Aizawa,” le ricordò,
picchiettandole ancora
una volta il naso “E non ti fai mai, mai
mettere i piedi in testa da nessuno. Ogni tanto hai solo bisogno che
qualcuno
te lo rammenti.”
Lei
annuì, una luce ora più rilassata negli occhi: “Ma la prossima volta
che mi distruggi
un tutù, ti uccido.”
“Ti
amo, passerottino.” gongolò l’alieno prima di schioccarle un bacio
sulle
labbra.
Minto
sorrise soddisfatta, canticchiando tra sé e sé prima di girare i tacchi
e
dirigersi verso la cucina, roteando ancora la piuma tra le dita.
“Ehi!”
le gridò dietro Kisshu “Brutta cornacchietta ingrata, torna qua e dimmi
che mi
ami!”
§§§
Minto
si sistemò l’ultima forcina dello chignon e si controllò per l’ultima
volta
allo specchio. Aveva le labbra tinte da un rossetto scuro che
contrastava con
la carnagione chiara, il corpo avvolto da un morbido vestito color
cobalto.
Il
retro del teatro brulicava di chiacchiere e direzioni dell’ultimo
minuto,
pronti per la chiamata sul palco non appena fosse terminata
l’esibizione del
gruppo precedente al loro.
Era
tutto pronto per la prima della loro nuova coreografia, davanti ad
importanti
critici e giornalisti internazionali, davanti ad altre famose compagnie
mondiali, e soprattutto davanti a loro stessi. Avevano lavorato sodo,
per mesi,
e poteva percepire la scarica elettrica che correva tra e nei loro
corpi,
l’adrenalina che iniziava a pompare e le mille emozioni contrastanti.
Chiuse
gli occhi, facendo un respiro profondo. Sapeva di essere pronta, aveva
provato
e riprovato la routine fino alla nausea, in teatro come a casa, per
renderla
sua. Poteva vedere benissimo i passi nella mente, poteva sentire il
ritmo del
pianoforte rimbombarle nelle vene. Poteva sentire la voce calda e
profonda di
Kisshu che le ripeteva che tutto sarebbe andato bene, che lui l’avrebbe
aspettata tra il pubblico e sarebbe stato lì non appena avesse finito.
Strinse
forte la piuma che teneva in mano; non l’aveva lasciata per tutto quel
tempo,
era stata sempre conservata nella custodia del telefono, per essere
vicina
tutte le volte in cui poteva averne bisogno. Non poteva certo salire
ora sul
palco senza. Sapeva che era una cosa un po’ sciocca, così come era
sciocca
anche la sua paura, ma non voleva rischiare. Voleva sentirsi sciocca,
forse
infantile, ancora per un po’, e credere a quelle favole. Credere in ciò
che
quella piuma rappresentava.
Decise
così di appuntarsela alla base dello chignon – tra i suoi capelli
corvini quasi
proverbialmente non si sarebbe notata, ma lei avrebbe saputo che era
lì. A
ricordarle cosa stava facendo, come lo sarebbe riuscita a fare e,
soprattutto,
per chi.
E
avrebbe volato, anche questa volta.
Buonasera fanciulle! Come potrete
aver notato dall’intro,
questa storia è nata per partecipare al contest Un prompt per le Mew Mew, che Merion
Selene ha indetto per
rivitalizzare un po’ la sezione :)
Spero che il mio piccolo tentativo
scritto oggi in
due ore di treno possa piacere, in fase esami pesanti (meno due,
whoohoo)
faccio davvero fatica ad essere creativa :(
Il titolo viene da “Gabriel” di
Lamb, che forse
conoscerete perché è stata usata nella colonna sonora di 3MSC (sì la
giovane
teen che è ancora in me rispunta al pensiero di Scamarcio, scusate), e
che mi
sembrava adatta alla situazione :)
Torno nel mio angolo di studio! A
presto, un
bacione a tutti e grazie a chi passerà e spenderà qualche istante per
delle
parole gentili!
Hypnotic
Poison
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