S like Sarada, Shikadai, Sharingan and Scape di Heyale (/viewuser.php?uid=491600)
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Sarada
S like Sarada, Shikadai, Sharingan and Scape
Come un raggio che ha il coraggio di lasciarsi il sole dietro
Sarada Uchiha odiava essere rimproverata
in pubblico, essere vista come un'Uchiha non abbastanza degna di tale nome, non
riuscire a sviluppare la tecnica dei Mille Falchi, non controllare lo
Sharingan, non ottenere il massimo dei voti nei test, dover lucidare
gli occhiali e il coprifronte, le battute di Boruto Uzumaki e gli
abbracci di Yutaka Inuzuka.
Al contrario, amava allenarsi con suo padre Sasuke, essere considerata
la prima della classe, stare in compagnia di Inojin Yamanaka,
camminare per le strade di Konoha con i suoi genitori, osservare la
foto di suo zio Itachi - sebbene ne conoscesse solo il nome e non la storia -, essere aiutata da Mirai Sarutobi e poter
passare delle ore insieme al suo migliore amico Shikadai Nara.
Quella giornata, di certo, non era iniziata col piede giusto.
Tanto per cominciare, Sasuke era andato via di casa prima di salutarla,
lasciandola con sua mamma Sakura, e nel tragitto verso l'accademia era
stata costretta a fare la strada con Boruto, che aveva deciso di
irritarla sul serio, facendo battute su battute in merito alla cattiva
generazione passata degli Uchiha.
Quando era entrata in classe, Shikadai le aveva fatto un cenno e dal
grugnito di risposta della ragazza aveva capito che avrebbe
sicuramente dovuto parlarle finita la scuola, sarebbe stato addirittura
carino da parte sua se
l'avesse invitata da lui come al solito, ma non era sicuro che lei
fosse stata dell'umore adatto. Sapeva anche che quella mattina era
dedicata al lavoro di squadra, ed essendo lui con Inojin e Chouchou
-mantenendo così la tradizionale forma InoShikaChou-, Sarada
sarebbe dovuta restare da sola con i suoi compagni Boruto e Mitsuki, e non era di certo in vena per restare in compagnia del
biondo.
Secondo il parere del giovane Nara, Sarada non era nemmeno in piena
forma: non aveva il solito sorrisetto stampato sulla faccia e la voglia
di far del male fisico a Boruto - mania presa sia dal padre che dalla madre -, il che era decisamente strano.
Per questo motivo il ragazzo rimase a guardare il combattimento tra la
sua migliore amica e quella testa calda di Bolt, preoccupandosi un po'
per entrambi. Con lui c'era il suo team e Himawari, decisamente
spaventata per le sorti del fratello data l'avversaria nettamente
più astuta e attenta negli scontri corpo a corpo.
Il Sensei, Kakashi, guardò prima l'Uchiha e poi l'Uzumaki, dando
il via alzando il braccio come se fosse una bandiera. Come da copione,
Boruto si fiondò su Sarada evocando una sua copia, ma la ragazza
conosceva fin troppo bene quello schema e ci mise assai poco a schivare
l'attacco, spostandosi di qualche metro a sinistra.
"Attacca tu, per una volta!" gridò il biondo, assottigliando gli occhi azzurri in segno di sfida.
"E' stupido" sibilò la mora, riducendo gli occhi neri ad una fessura. "Solo un idiota attacca per primo."
"Sarà," rispose l'altro, evocando di nuovo una copia. "Ma non tutti gli attacchi li puoi prevedere, Sarada."
L'Uchiha restò interdetta, ma giusto il tempo di realizzare la
situazione che un Rasengan la colpì alla schiena, catapultandola
in avanti senza un solo secondo per pensare a come difendersi. Era
chiaro, pensò lei, le era sfuggita una copia e quello era il
risultato, si era fatta fregare. Ma, presa dall'umiliazione e dalla
rabbia, una volta essersi rialzata con un attimo di esitazione,
portò la mano in posizione al petto, attivando lo Sharingan.
Subito una fitta la colse agli occhi, ma non fu più dolorosa
dell'illusione che stava vivendo Boruto, di fonte a lei, trovandosi
immerso in un mare di stelle ninja e kunai. Sarada sentiva male alla
schiena, poteva sentire il sangue scorrerle dalla ferita in giù,
arrivando a macchiare i pantaloni, ma doveva prendere la sua rivincita.
Non era abituata a sconfitte così clamorose, essendo figlia di
un'Haruno e di un Uchiha non poteva proprio permetterlo. Andava pian
piano affaticandosi sempre di più, finché le gambe non
cedettero e lei cadde a terra, tenendo la mano costantemente in
posizione, anche se la vista offuscata e il fiato corto le rendevano
difficile quel compito. Stava vivendo anche lei un'illusione, ormai,
proiettata nello stesso scenario di Bolt, che ora stava facendo
soffrire entrambi. Stava vincendo lei, non c'era dubbio, ma le
condizioni fisiche sarebbero state critiche per entrambi.
L'ultima cosa che Sarada sentì fu il suo nome gridato da Inojin,
e l'ultima cosa che vide fu Shikadai correre verso di lei per prenderla
prima che cadesse all'indietro. Nell'illusione vide Boruto cadere a
terra come se fosse il suo riflesso nello specchio, ma si rese conto
che era la stessa fine che stava facendo lei. Arresa all'idea di essere
ormai impotente, l'Uchiha chiuse gli occhi e si lasciò cadere
tra le braccia di Shikadai, addormentandosi pesantemente.
Shikadai Nara odiava doversi alzare presto la mattina, doversi alzare
prima delle undici alla domenica, dover affrontare un esame, sentire
sua mamma lamentarsi costantemente, dover imparare tecniche difficili,
ascoltare la parlantina di Yutaka Inuzuka e andare in giro con i suoi
genitori.
Al contrario, amava avere i pomeriggi liberi, poter passare del tempo
col suo team, le rimpatriate di famiglia - sua mamma e suo papà
con lui, Ino e Sai con Inojin, Chuoji e Karui con Chouchou -, risolvere
enigmi impossibili, avere lo stesso rifiuto verso dimostrazioni
d'affetto della sua migliore amica Sarada, allenarsi con Mirai e
ascoltare le storie del passato.
Quella giornata era iniziata esattamente come le altre.
Sua madre Temari l'aveva svegliato alle sei e mezz'ora dopo era passato
suo papà Shikamaru per buttarlo giù dal letto con la
forza, dato che non ne voleva sapere di alzarsi. Era sceso poi di sotto, aveva
bofonchiato un saluto e aveva mangiato le stesse cose della mattina
precedente, ascoltando ciò che i suoi genitori dovevano dirgli
in merito alla giornata appena iniziata.
Era uscito poi da casa, era arrivato in accademia e, come al solito,
aveva salutato Sarada ricevendo un grugnito di risposta. Si era
preoccupato, aveva cercato di ipotizzare i mille e uno problemi di
Sarada Uchiha, ma aveva rinunciato e si era rassegnato a capire tutto
quando sarebbe arrivato il momento.
Quando il Sensei aveva annunciato che era ora dell'allenamento col
team, la giornata aveva preso una piega migliore, perché non
capitava spesso di poter restare con Chouchou e Inojin nelle ore di
scuola. Ovviamente però non poteva non badare al combattimento
tra Sarada e Naruto, e una volta raggiunto il campo, si era messo ad
osservare l'espressione adirata della sua migliore amica, trovandola
più cattiva del solito. Sperava in un combattimento botta e risposta
a suon di kunai e stelle ninja, al massimo qualche colpo ravvicinato,
ma non avrebbe mai immaginato di vedere lo Sharingan di Sarada
attivarsi ed essere funzionante in una tale velocità. Che poi, a
conti fatti, la ragazza non aveva mai usato le sue abilità
innate in combattimento, anche perché non erano ancora ben
formate e stabili e come le ricordava sempre suo padre, per
padroneggiarle ci volevano molto impegno e dedizione.
Infatti, appena gli occhi neri di Sarada erano diventati rossi,
Shikadai si era sentito mancare. Non aveva mai visto lo
Sharingan della sua migliore amica, e non si era mai nemmeno
immaginato di chiederle come usarlo o di farglielo vedere, sapeva che
sarebbe stato veramente pericoloso. Aveva sentito lo stomaco
contorcersi dall'agitazione, e vedere Sarada crollare poco a poco su se
stessa non faceva altro che accelerargli il battito cardiaco. Per quel
motivo lui e Inojin erano scattati verso di lei quando il combattimento
stava giungendo alla fine, e il Nara non pensò al bruciore delle
ginocchia quando si lanciò in scivolata per evitare che la testa
di Sarada toccasse il suolo, e che invece si appoggiasse sulle sue
gambe. L'unico sollievo che provò in quel momento fu vedere gli
occhi di Sarada, un istante prima che si chiudessero, tornare al solito
color pece.
"E' uscita di testa!" l'esclamazione di Boruto non passò
inosservata a Shikadai, che cercò per un istante l'autocontrollo
che teoricamente aveva ereditato da suo padre. Ma, in fin dei conti,
era anche figlio di Temari, e come tale era veramente difficile trattenere gli istinti.
"L'avete vista?" le esclamazioni di Boruto continuavano a riempire
l'aria di quel corridoio alquanto stretto, e solo poche persone lo
stavano a sentire, annuendo o negando. "Stava per ammazzarmi, con
quegli occhi rossi dell'accidenti!"
"Sei veramente una seccatura!" Shikadai si voltò di scatto,
allontanandosi di qualche centimetro dalla porta della camera di
Sarada. "Non ti avrebbe fatto proprio niente, e la colpa in ogni caso
non è sua."
"Stai scherzando, spero" il biondo si alzò dalla sedia
reggendosi la testa con la mano dato che non aveva ascoltato il medico
e si ostinava a non stendersi. "Ma l'hai vista, Nara? Quella mi odia!"
"E un motivo ci sarà." Shikadai scosse la testa, facendo una smorfia.
"La difendi solo perché siete amici."
"Già, forse hai ragione" il moro fece finta di pensarci su. "Ma resti comunque una testa quadra."
E Shikadai si dileguò portando le mani in tasca, sparendo dentro
la camera dove Sarada stava riposando. Era tutto silenzioso,
fortunatamente erano entrambi abituati al silenzio. Avevano passato
tanti minuti in silenzio, magari lui impegnato a leggere e lei a
svolgere i compiti, ma erano insieme, ed era già un silenzio diverso.
Non erano per niente quegli amici che si abbracciavano ogni due per tre
e che poi litigavano risolvendo con una discussione e un bacio sulla
guancia. Shikadai e Sarada, in effetti, erano due migliori amici
proprio strani. Non amavano spupazzarsi e chiedersi costantemente se
andava tutto bene, loro erano in sintonia senza doversi parlare o
toccare. Sapevano che qualcosa non andava senza bisogno di saperlo
dall'altro, e avrebbero fatto di tutto per aiutarsi, anche se non
l'avrebbero mai dimostrato.
Col solo suono del respiro lento di Sarada, Shikadai si sedette accanto
al letto e sorrise come se lei avesse potuto vederlo, nell'attesa che i
suoi occhi si fossero aperti da dietro gli occhiali dalla montatura
rossa.
"E' sveglia?"
Inojin entrò chiudendo subito la porta alle sue spalle, spostandosi il ciuffo biondo dagli occhi.
"Non ancora" Shikadai fece un sospiro, sbadigliando in seguito. "Ma il
medico ha detto che tra un'oretta dovrebbe stare meglio e svegliarsi da
sola."
"Speriamo" il biondo fece un sorrisone, uguale a quello di sua madre, e
si sedette ai piedi del letto. "E' stato brutto stare lì a guardare. Volevo fare qualcosa, ma avevo paura delle
conseguenze. Sono stato codardo?"
Il Nara scosse la testa, rievocando per un istante le discussioni tra Shikamaru e Ino, quando ancora erano nella squadra 10.
"Sei stato prudente. Era la sua battaglia, non la tua. Sarada sapeva i
rischi che stava correndo, li sapeva dal primo all'ultimo. Eppure ha
fatto di testa sua - questo l'ha preso da Sakura - e ha continuato ad
usare lo Sharingan. Come se io di punto in bianco prendessi il
ventaglio di mia mamma e iniziassi a tentare tecniche con i tre Astri,
o come se tu provassi il Capovolgimento Spirituale senza che qualcuno
sia con te. E' abbastanza da idioti, non credi?"
"Abbastanza, sì." il biondo se ne uscì con un sorrisetto,
posando poi lo sguardo sull'Uchiha che dormiva beata appoggiata sul
materasso.
Boruto Uzumaki odiava il lavoro di
suo padre, dover fare il baby sitter a sua sorella Himawari, dover
andare a scuola, alcuni atteggiamenti di Sarada Uchiha, dover rimediare
ai disastri che aveva combinato, doversi allenare con sua madre -
proprio non sopportava il suo Byakugan -, essere richiamato da Shikadai
Nara e sostenere gli esami per salire di livello.
Al contrario, amava mangiare il
Ramen, allenarsi con suo padre, saltare da un albero ad un altro,
portare a termine più missioni possibili, riuscire a fare un
Rasengan perfetto, fare più copie possibili del suo corpo,
parlare in qualche modo con suo zio Neji e lavorare con la sua squadra.
Quella giornata era iniziata nel modo più normale possibile.
Boruto era stato svegliato come
sempre da sua sorella, aveva fatto colazione ed era uscito di fretta e
furia perché, come al solito, era in ritardo. Sua mamma gli
aveva gridato di stare attento per la strada, e lui si era girato e
come da copione le aveva gridato di essere ormai un ninja che sa badare
benissimo a se stesso. Si era voltato con fierezza per dimostrare a sua
mamma che preoccuparsi era inutile, ma nemmeno due passi dopo era
inciampato ed aveva fatto un volo, al quale Hinata e Himawari non
avevano saputo trattenersi dal ridere, e il biondo in tutta risposta
aveva borbottato qualcosa e si era allontanato velocemente da casa sua,
dileguandosi dalla visuale delle due donne. Non amava per nulla le
preoccupazioni di sua madre, non gli piaceva sentirsi dire che era
ancora giovane e non era pronto per avere lo stesso ruolo di suo
papà. Ma lui mica voleva diventare Hokage, per carità,
lui odiava gli Hokage, a partire da Naruto. Forse, era proprio quella
la causa del suo accanimento verso le autorità: gli portavano
via il suo papà. Si ricordava quando, nei suoi primi anni di
vita, Naruto non era Hokage e stava sempre con lui, lo portava a
spasso, gli insegnava le basi per essere un buon ninja, giocava con
lui, gli raccontava le storie degli eroi del passato. In quel momento
avrebbe dato tutto quanto per passare anche un solo giorno come un
tempo, ma quando pensava alla mancanza lasciata da Naruto, sostituiva
il vuoto nello stomaco con la rabbia nata dallo stesso motivo. Allora
scherzava su tutto, prendeva in giro persino gli insegnanti, se ne
infischiava di tutto quanto.
Quando vide Sarada, quella mattina,
non aveva per niente voglia di stare con lei e fare la strada insieme,
ma l'Uchiha se ne sarebbe sicuramente accorta, e quindi tanto valeva
sacrificarsi per quei dieci minuti. Quando la raggiunse tentò di
fare qualche battuta ma lei rispondeva sempre con lo stesso grugnito, e
alla fine lasciò perdere e giocò l'ultima carta per far
parlare la ragazza, ossia l'argomento "Uchiha", ma lei non lo
badò e smisero di parlare. La mattinata passò poi
tranquillamente, a parte il momento in cui erano stati annunciati i
combattimenti uno contro uno. Si era trovato davanti proprio Sarada, e
non era riuscito a tenere la bocca cucita, causando poi tutto quello
che era successo. Si era ritrovato imprigionato dallo Sharingan, che
almeno aveva messo k.o. anche l'Uchiha. Gli era dispiaciuto essere la
causa di tutto quel casino, ma nonostante ciò era talmente
arrabbiato per aver perso contro la ragazza che non aveva perso
occasione per lamentarsi di lei e cercare di metterla in cattiva luce.
In fondo, lui era pur sempre Boruto Uzumaki, doveva mantenere un po' di
orgoglio - decisamente preso dal padre -.
E se c'era un'altra cosa che non
sopportava, era quando Shikadai si metteva a difesa di Sarada, sebbene
la cosa non lo riguardasse minimamente. Era sempre lì per lei,
ogni suo desiderio veniva esaudito, andavano sempre d'amore e
d'accordo. E lui? Chi c'era per lui? Certo, aveva tanti amici, ma uno
come Shikadai non riusciva nemmeno a capire cosa fosse. Sentiva che gli
mancava, una persona così al suo fianco, ma non poteva comunque
farci nulla. Il suo carattere era quello che era e a causa di quello
tutti quanti si allontanavano da lui, fine della storia.
Era appoggiato al cornicione della
finestra dopo aver discusso con Shikadai quando aveva visto passare
Inojin alquanto di fretta, e non aveva esitato a fermarlo. Bolt aveva
capito da tempo che tra lui e l'Uchiha ci fosse qualcosa - altro
fattore veramente irritante per lui -, ma voleva almeno avere qualcuno con cui parlare, in quel momento.
"Ehi, Yamanaka!" gridò, e il biondo si fermò all'istante.
Si girò di scatto, e fece un sorrisetto, uno di quelli che ricordavano molto suo padre: "Ehi, Boruto."
"Dove vai?"
Inojin indicò il corridoio di fronte a lui: "Vado a vedere come sta Sarada. Vieni anche tu?"
"Mi sa che Shikadai non ci tiene molto a vedermi lì" e sorrise amaramente, quasi ridacchiando. "Sta tanto male?"
"E' solo stanca, suppongo. Il tuo Rasengan non era al massimo del potenziale disponibile. Sbaglio?"
Bolt si stupì di come Inojin
avesse visto che quel Rasengan era molto meno potente degli altri. Solo
qualcuno che stava guardando molto attentamente poteva accorgersene.
Così arrossì appena, avrebbe preferito che nessuno lo
notasse.
"Non sbagli" mormorò solamente. "Non volevo farle troppo male."
"Hai fatto bene. Era solo un allenamento, no?"
Boruto annuì, e poi sorrise: "Vai pure da lei. Ci vediamo più tardi."
Inojin Yamanaka odiava gli urli di sua madre Ino alle sei di mattina,
l'odore del dopobarba di suo papà Sai, avere la divisa sporca di
inchiostro, il Ramen, trovare i biglietti dove sua mamma scriveva le
varie mansioni da svolgere mentre lei era in negozio, dover lucidare i
kunai, svegliarsi troppo tardi e i capelli che non stavano in ordine.
Al contrario, amava svegliarsi presto e godersi l'alba, imparare il
gioco degli shogi insieme a Shikadai, chiacchierare con Chuochou
- essendo come fratello e sorella -, passare ore a disegnare, stare
all'aria aperta insieme ai suoi amici, far ridere Sarada Uchiha,
organizzare delle serate insieme agli altri ragazzi di Konoha
e saltare da un ramo all'altro per sentire il vesto sferzare contro la
sua faccia.
Quella giornata era iniziata in modo strano.
Non si era svegliato con la solita allegria, non aveva salutato i suoi
genitori con un abbraccio e non aveva perso tempo a leggere quelle
inutili informazioni dietro la scatola dei cereali per passare il tempo
mentre faceva colazione. Sai e Ino si erano lanciati uno sguardo
capendo che loro figlio non era lo stesso di sempre, ma le domande
tattiche non avevano funzionato e Inojin aveva tranquillamente fatto
finta di nulla. Del resto nemmeno lui sapeva spiegarsi quel bruciore di
stomaco che aveva da quando si era alzato, e non era da lui comportarsi
in modo strano, anzi, di solito si poteva sempre contare sulla sua
allegria e vitalità, ma quel giorno sembrava proprio non
funzionare.
Anche Chouchou gli chiese se andava
tutto bene, e a sentire la sua
risposta, Shikadai nemmeno si preoccupò perché se non
l'aveva detto all'Akimichi, di certo non lo avrebbe detto a lui. E poi,
a vedere Boruto sfidare in quel modo Sarada, aveva sentito il bruciore
salirgli fino al petto. Avrebbe voluto alzarsi e gridare di smetterla,
avrebbe rischiato di essere fermato dal controllo dell'ombra di
Shikadai - cosa tra l'altro già successa - e avrebbe sopportato
i
rimproveri dei suoi genitori, ma non aveva potuto sopportare
l'arroganza del biondo in quel caso. Di solito Inojin era un ragazzo
tranquillo, in pace col
mondo, ma quando c'era Sarada di mezzo potevano diventare tutti quanti
suoi nemici in un millesimo di secondo. Era chiaro, il motivo: anche se
era evidente, ne erano a conoscenza solo Shikadai e Chouchou. Era
più o meno un anno che la cosa andava avanti, e i due migliori
amici di Inojin non sapevano più dove sbattere la testa: era
chiaro che avere uno Yamanaka in squadra innamorato di un'Uchiha era decisamente svantaggioso.
Infatti, Shikdai non storse il naso quando Inojin entrò nella
stanza sebbene sapesse che il suo migliore amico non gradiva troppa
compagnia in momenti del genere. Ormai, il Nara aveva capito che non
c'era niente da fare e che Inojin era proprio perso per Sarada, e a
quel punto non rimaneva poi così tanto da fare. Anzi, da parte
sua aveva il sospetto che pure l'Uchiha provasse qualcosa per lui, ma
era veramente difficile da capire. Sarada Uchiha, per definizione, era
difficile da capire.
"E' strano pensare che tra pochi mesi partiremo ognuno per una missione
diversa" Inojin tenne gli occhi su Sarada e parlò a Shikadai,
nella speranza che la ragazza aprisse gli occhi da un momento
all'altro. "Insomma, siamo già stati in missione, ma
non...così a lungo."
"Che ti spaventa?" Shikadai fece un sorrisetto, incrociando gli occhi verde acqua del biondo.
"Non lo so precisamente. Qualcosa di indefinito."
"Guarda che lei sarà con Boruto e Mitsuki, non le
succederà niente e la missione finirà prima del previsto."
Le guance di Inojin si colorarono di rosso molto velocemente, e
Shikadai si alzò dalla sedia ridacchiando. In fondo, era del
tutto prevedibile che tra i due ci fosse qualcosa fin dal loro primo
incontro.
Inojin e Shikadai si conoscevano dal giorno delle loro nascite, erano
sempre cresciuti insieme come fratelli insieme a Chouchou. L'unica
eccezione per il Nara era Mirai, con cui era cresciuto a causa di un
patto che legava suo padre alla ragazza fin dalla morte di Asuma. Del
resto, il trio InoShikaChou, sebbene fosse formato da una nuova
generazione cresciuta con princìpi molto diversi da quella precedente,
era molto unito e grazie ai loro genitori già appartenenti al
trio, quali Ino, Shikamaru e Choji, riuscivano ad avere quasi
un'empatia molto sviluppata.
Era un giorno come tanti quando Inojin conobbe Sarada. Non avevano
più di undici anni, Inojin e Shikadai si stavano dirigendo
verso uno dei tanti campi d'allenamento quando il Nara salutò
quella ragazzina dai capelli neri che si avvicinava ai due. Sarada fece
un sorriso gentile e salutò Inojin, presentandosi formalmente,
tipica pratica degli Uchiha. A tal proposito, Inojin rimase sorpreso
scoprendo che si trattava proprio della figlia del famoso Sasuke
Uchiha, ma si sorprese ancora di più conoscendo poco a poco la
ragazza, capendo che oltre alla dura corazza degli Uchiha aveva
comunque un cuore da Haruno, sapeva essere una buona amica e una buona
compagna di avventure, mantenendo però sempre un certo distacco.
Shikadai la presentò come 'una delle sue più care
amiche', e a quelle parole vide il viso del biondo farsi stupito,
perché il Nara non era di certo un tipo da amici del cuore.
Però Inojin non ci diede più di tanto peso e invece
fece a sua volta un sorriso verso Sarada, sistemandosi poi la piccola
coda che gli raccoglieva i ciuffi biondi. Shikadai aveva subito notato
il sorrisetto che fece poi Sarada sistemandosi gli occhiali sul naso,
ed era un sorrisetto che aveva potuto vedere ben poche volte.
"Vi lascio soli." Shikadai si alzò dalla sedia, stiracchiandosi leggermente. "Avvisami se si sveglia."
"Chiaro." il biondo annuì, vedendo la porta richiudersi dietro
il suo migliore amico. Posò poi gli occhi su Sarada, la quale li
aprì di scatto e si tirò seduta come se nulla fosse,
guardandosi attorno tranquillamente.
"Si vedeva?" chiese poi, preoccupata, al biondo.
"In teoria no. Ma si è visto quando ti sei svegliata, hai avuto un sussulto."
La mora sbuffò, sistemandosi i capelli dietro le orecchie: "Non
mi piace mentire a Shikadai ma se mi fossi svegliata lui si sarebbe
arrabbiato con me. Mi dice sempre di non usare mai lo Sharingan...ma
non posso farci nulla, fa parte di me. Questo non lo capisce."
Inojin si alzò dalla sedia e si sedette ai piedi del letto,
facendo un sorriso: "Guarda che lui l'ha capito, Sarada. Il fatto
è che si preoccupa. Hai visto anche tu dove sei finita, oggi."
"Non farmi la predica, Inojin" brontolò l'Uchiha. "Lo sai come sono fatta."
"Sì, e lo sa anche Shikadai. Probabilmente è lì fuori dalla porta che origlia."
"Hai ragione!" dalla porta si udì un tonfo e Sarada scoppiò a ridere, sinceramente divertita.
"Scusami, Shikadai!"
"Tranquilla, Sarada. Ci vediamo domani!"
Anche Inojin salutò Shikadai con una battuta che il Nara non
capì, e si dileguò prima di sentire la spiegazione.
Così rimasero solo i due ragazzi chiusi dentro quella stanza
d'ospedale, la mora fissava gli occhi di Inojin e sospirava ogni tanto,
in effetti sì, era stata una stupida. Aveva fatto preoccupare il
suo migliore amico per niente e alla fine ci aveva rimesso pure lei.
"Sono un'idiota, vero?" Sarada alzò gli occhi verso il biondo,
che invece si alzò dal letto e le andò vicino, sorridendo
nella stessa maniera in cui suo padre faceva quando era giovane.
"Giusto un tantino." si strinse poi nelle spalle, dando un bacio sulla guancia alla ragazza. "Ci si vede domani, Uchiha."
Sarada fece un sorrisetto, passando la mano tra i capelli di Inojin prima che lui si allontanasse troppo: "A domani, Yamanaka."
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"Non puoi farmi questo!"
"Oh sì, che posso. E ti dirò di più, lo sto già facendo!"
Sarada si picchiò una mano contro la fronte, esasperata. Non
capiva da dove potesse arrivare tutta quella vitalità che
Shikadai non aveva mai dimostrato in quindici anni di esistenza.
Infatti, il Nara stava frugando nell'armadio della ragazza in cerca di
un vestito carino da mettere per la serata in programma. Non succedeva
di certo spesso che tutte le famiglie della generazione precedente si
ritrovassero per festeggiare il diciottesimo anniversario dalla
liberazione del Decacode.
"Spiegami almeno perché."
"Perché c'è Inojin. E tu devi fare colpo."
Sarada per poco non si strozzò con la sua stessa saliva, e
proprio mentre stava per dare di matto contro il suo amico, sua madre
entrò in camera per sistemare dei vestiti che aveva appena
lavato: "La smetti di scaldarti tanto?" riprese sua figlia, posando le
mani sui fianchi. "Sei peggio di me e tuo padre messi insieme. Guarda
Shikadai, lui è sempre calmo."
"E ci credo" brontolò la mora, mettendo il broncio. "I suoi genitori sono dei santi. Voi siete matti."
Shikadai trattenne una risatina, mentre Sakura scoppiò a ridere:
"Ti conviene che non ti senta tuo papà, cara mia! Lo sai che lui
ci tiene che tu abbia stima di lui."
"Il fatto che io dica che è matto non implica che non lo stimi.
Certo, non è il modello di bontà per eccellenza ma
è pur sempre il mio papà."
"Così va meglio" Sakura fece un sorriso e si rivolse poi a
Shikadai. "Come sta tuo zio Gaara? So che c'è molto lavoro per
il Kazekage di Suna, in questo periodo."
"Lo vedo molto poco" il ragazzo si strinse nelle spalle. "Anche mia
mamma, questo mese l'ho vista qualche mattina. Ma so che comunque sono
affari pacifici che stanno risolvendo."
"Sei il benvenuto qui, quando vuoi." Sakura fece un sorriso gentile.
"Magari potremmo invitare tuo padre e Ino, dato che è tanto che
non la vedo. Così tu e Sarada potete stare con Inojin. Che ne dite?"
Il Nara fece un ghigno, dimostrandosi sorprendentemente abile nel
nascondere la sua vera idea di base: "E' un'idea grandiosa, lo
dirò subito a papà quando arrivo a casa."
"Perfetto" Sakura sorrise, osservando poi sua figlia. "Sarada, come mai sei arrossita?"
"Fa caldo." rispose l'Uchiha prontamente, levandosi gli occhiali.
"Tutto qui. Puoi andare, ora? Shikadai è convinto di potermi
dare una mano."
"Certo, stasera tutti e due pronti per le sette!"
I due ragazzi annuirono, osservando la mamma di Sarada uscire dalla
stanza chiudendo la porta dietro di sé. Una volta passato
qualche secondo, la ragazza si fiondò su Shikadai puntandogli
un kunai alla gola, osservandolo con sguardo minaccioso: "Come hai
osato dire di sì?!"
"E' una buona idea, tutto qui."
"Non...mi sembra!"
"Sarada..." Shikadai osservò gli occhi della ragazza tendere
sempre più velocemente al rosso, e prima che succedesse qualcosa
si tolse dalla sua presa e appoggiò la schiena all'angolo della
stanza, guardando la sua migliore amica. "I tuoi occhi."
"Che hanno?" s'innervosì lei, tirandosi in piedi. Non si stava rendendo conto di nulla.
"Lo Sharingan." Shikadai cercava di mantenere la calma, provando a
guardarla negli occhi come aveva sempre fatto. "Lo stai attivando."
Allora l'Uchiha si girò di scatto verso lo specchio, e vedendo
il colore rosso dei suoi occhi, vi portò subito le mani davanti
e strinse forte le palpebre, iniziando a scuotere la testa.
"Sarada, va tutto bene." Shikadai aveva già la situazione sotto
controllo, si avvicinò alla ragazza e le tolse delicatamente le
mani dagli occhi. "E' passata solo una settimana da quell'incidente
durante gli allenamenti, magari è solo una conseguenza per
essere stata la prima volta ad averlo usato."
"E' andato via?"
Il Nara scosse la testa: "No, ma non lo stai usando su di me. E' solo attivo."
"Non capisco cosa mi stia succedendo, mi è capitato solo in due occasioni, entrambe quando mi sono arrabbiata tanto."
"Forse è un problema di controllo delle emozioni. Dovresti
parlarne con tuo papà, io ne so più di ombre che di
Sharingan, sinceramente."
Sarada sorrise, scuotendo poi la testa, dispiaciuta: "Scusami, non
volevo spaventarti. Allora, qualcuno qui non mi doveva a far colpo su
Inojin?"
Shikadai scoppiò a ridere, spettinando poi la sua migliore amica: "Ai suoi ordini, capitano!"
I due migliori amici arrivarono in centro leggermente in ritardo dato
che Sarada aveva insistito per scegliere i vestiti di Shikadai, giusto
per ricambiare il favore. Mancavano pochi metri, quando Sarada
intravide Inojin e strinse la manica del Nara, che si trattenne a
fatica dalle risate. L'Uchiha sentiva il cuore battere veloce, le
tremavano quasi le mani. Dalla chiacchierata in ospedale non si erano
più parlati, sebbene fossero passate quasi due settimane, e a
loro reciproca insaputa, si erano mancati. Perché sì, che
ad Inojin piacesse Sarada era chiaro, ma per il contrario era
più complicato. Lei era un'Uchiha, non era stata abituata a
riconoscere i veri sentimenti, non capiva se tra lei e Inojin ci fosse
solo amicizia o qualcosa di più, però sicuramente sapeva
che le era mancato e che non vedeva l'ora di potergli parlare.
Prima di arrivare ad Inojin però vide Boruto andarle incontro, e
prima che se ne rendesse conto Shikadai si era dileguato, e a lei
toccò parlare faccia a faccia con quella testa quadra.
"Senti, Sarada, mi dispiace per quel giorno là" iniziò il
biondo. "Davvero, so di aver detto peste e corna però mi
dispiace, non volevo assolutamente farti del male."
L'Uchiha fece un sorriso, colpita da quelle parole: "Tranquillo,
scusami anche tu, non avevo mai usato lo Sharingan e mi è
sfuggito di mano."
Il biondo fece una smorfia stupita: "Mai usato?"
"Mio padre non me lo vuole insegnare, e io da brava idiota ho voluto fare da sola."
"Ah tranquilla, la prima volta che ho tentato il Rasengan ho rotto il cancello di casa mia. Ti capisco."
Entrambi sorrisero e si avviarono insieme dove tutti quanti stavano
ridendo e scherzando, specialmente diretti al gruppetto dei ragazzi
radunato all'inizio dell'enorme tavolata. Sarada si sedette
salutò prima i suoi genitori con la mano, e poi tutti i suoi
amici, soffermandosi solo qualche secondo su Inojin, rivolgendogli un
sorriso.
"Ci sono pure alcuni del suono" esordì Yutaka, passando la
lingua tra i denti appuntiti come quelli del padre. "Ma io dico,
perché? Che c'entrano loro?"
Inojin batté una mano sulla sua spalla: "Non si sa. Ci sono
sempre, comunque. Ci sono pure due ragazze che hanno la nostra
età."
Boruto prese per mano Himawari e l'accompagnò vicino a Sarada, a
sua volta seduta vicino a Shikadai. L'Uzumaki ne approfittò e si
avvicinò all'orecchio di Sarada, ghignando: "Attenta che non ti
portino via il tuo Yamanaka."
La mora arrossì di botto, girandosi: "Come...?"
"Si vede chiaramente" tagliò
corto Boruto, serio più che mai. "Tranquilla, terrò la
bocca chiusa. Promesso."
"Chi altro lo sa?"
"Quasi tutti, penso."
L'Uchiha fece un sospiro, rassegnata, pensando poi ad alzare la mano
quando passò la mamma di Chouchou per portare da mangiare. I suoi
occhi vagavano tra Inojin e le due ragazze del villaggio del Suono che
si erano sedute con loro e chiacchieravano fin troppo amichevolmente
col biondino. Si stava chiedendo il perché di quella reazione,
lei non aveva mai provato gelosia nei confronti di qualcuno. Eppure
vedeva il sorriso di Inojin e sentiva un brivido percorrerle il corpo,
voleva gridargli di smettere di sorridere, stava morendo di gelosia. Si
stava arrabbiando, lo sentiva, le mani fremevano tremendamente. Si
alzò da tavola non appena finì di mangiare, avviandosi
verso un vicolo lì vicino. Sentiva gli occhi bruciare
terribilmente, le facevano male, eppure non sapeva cosa le stava
succedendo: per lei era tutto nuovo.
Sperava che nessuno l'avesse seguita, eppure quando si girò, una
volta arrivata al termine del vicolo, vide una chioma bionda
scintillare col chiarore della luna già alta. Tirò un
sospiro di sollievo riconoscendo che si trattava di Bolt, e
appoggiò la schiena alla parete, lasciandosi poi scivolare a
terra.
"Che ti prende?" le domandò lui, sorridendo.
"Sinceramente non lo so. Ho solo voglia di spaccare la faccia a qualcuno. E mi bruciano gli occhi."
Il biondo ridacchiò, accucciandosi su di lei: "Fa' un po'
vedere." appoggiò entrambe le mani sul viso della ragazza,
scrutando i suoi occhi, guardandola poi preoccupato. "Credo che
dovresti chiedere qualcosa a tuo papà, Sarada, sono rossi e neri
con una forma strana al centro."
E allora Sarada capì che si era attivato di nuovo lo Sharingan
senza che lei potesse controllarlo, incapace anche di gestire le sue
stesse emozioni. Boruto l'aiutò a rimettersi in piedi, ed
insieme si incamminarono verso l'enorme tavolata, peccato che fu
proprio una mossa da evitare. Inojin stava lì di fronte a loro,
proprio nel momento in cui una ragazza bionda si stava allungando sulle
punte per stampargli un bacio sulle labbra, con una faccia confusa e il
corpo
inerme. Fu questione di un attimo, e lo Sharingan eterno
apparve al centro dei suoi occhi in una forma simile a quella del padre
e dello zio fuse insieme. Sarada non voleva fare del male, era solo
gelosa e arrabbiata, ma era una rabbia che purtroppo non riusciva a
controllare, e in pochi istanti tutti gli occhi furono puntati nella
sua direzione, Shikadai era già scattato verso di lei e l'aveva
presa prima che cadesse, Inojin si era portato le mani agli occhi e la
ragazza che prima gli era attaccata era stata scaraventata cinque metri
più in là. I tavoli erano completamente ribaltati, a
terra giacevano i vassoi e i cibi ormai irrecuperabili, Sasuke e Sakura
fissavano allibiti il corpo di Sarada tremare tra le braccia di
Shikadai. La loro figlia aveva appena devastato quasi venti metri di
superficie sprigionando un'energia incontenibile, e la cosa peggiore
era che, conoscendola, non se lo sarebbe mai perdonata. Sasuke corse
verso di lei, si inginocchiò ma la lasciò tra le braccia
di Shikadai, troppo incredulo a ciò che aveva appena visto.
Com'era possibile un potere così forte in una ragazza che non
aveva mai imparato nemmeno a controllarlo?
"Sarada, svegliati" Shikadai la scosse leggermente, non gli importava
se di fronte a lui ci fosse il padre della ragazza. Sapeva bene che
Sasuke non amava - e soprattutto non era abituato - a vedere sua figlia
in compagnia di qualche ragazzo, ma in quel momento non si era potuto
trattenere e aveva dovuto sapere cos'era successo. "Bolt!" gridò
poi, e l'Uzumaki corse verso di lui, disperato.
"Che le è successo?" domandò ancora il Nara, facendo saettare il suo sguardo dal biondo a Sarada.
"Si è arrabbiata dopo aver visto Inojin, aveva già lo Sharingan attivo ma poi è esplosa."
"Datela a me" Sasuke prese posizione e si caricò sua figlia in
braccio, venendo raggiunto immediatamente da Sakura, che fece di veloci
accertamenti di primo soccorso. Naruto arrivò lì nel giro
di due secondi, ma il suo migliore amico lo liquidò con un 'ci
sentiamo più tardi'. La famiglia Uchiha-Haruno stava già
andando via di fretta, ma Shikadai - ignorando le parole di sua madre
che gli intimava di non immischiarsi - saltò accanto a Sasuke e
lo fermò tirandogli la manica. Nessuno si era mai preso questo
genere di confidenze, ma al Nara non importava, perché in quel
momento c'era la vita di Sarada di mezzo.
"Sasuke!" sbottò, senza nemmeno badare al tono formale che
avrebbe dovuto tenere. "Non è la prima volta che ha problemi con
lo Sharingan, sarà almeno la terza!"
"Cosa vuoi dire?" gli domandò Sasuke, assumendo un'espressione
preoccupata mentre Sakura invece parlava con Naruto, spiegandogli in
breve ciò che era successo.
"Le succede quando si arrabbia, le è già successo in
combattimento e mentre stavamo litigando, oggi pomeriggio. Devi
aiutarla a capire, non sa più cosa fare, e conoscendola non
è una che attende risposte. Se non le ha, le troverà da
sola. Per favore, Sasuke."
L'Uchiha scorse nelle parole di Shikadai tutta quella saggezza che
c'era anche in Shikamaru, e comprese che nel suo tono c'era un
implicita richiesta di prendersi cura di Sarada. Allora sorrise, per
quanto la situazione glielo permettesse, e fece un cenno con la testa:
"Puoi venirla a trovare quando vuoi."
Quando si risvegliò, Sarada era in camera sua. Aveva delle bende
sugli occhi, le sentiva, e sentiva anche che le pupille le bruciavano
come mai prima. Riconobbe di essere in camera sua solo allungando la
mano verso destra, quando sentì il suo coprifronte tintinnare
appena le sue dita lo sfiorarono. Cercò di ricordare gli
avvenimenti della sera prima, ma si ricordava solo le lacrime versate
per il dolore causatole dagli occhi, e ricordava l'ambiente attorno a
lei devastato da qualcosa che sicuramente la riguardava. Non aveva
risposte, non sapeva più dove sbattere la testa, e sicuramente
suo padre non le avrebbe detto nulla nemmeno quella volta. Si
strappò via le bende dagli occhi, non fece nemmeno smorfie
quando la luce del sole la colpì in pieno viso. Si alzò
di fretta dal letto, nelle vene le scorreva qualcosa simile
all'adrenalina, ma era qualcosa che non avrebbe portato a nulla di
buono. Si vestì in fretta e furia, prese tutti i kunai e
shuriken possibile, due o tre carte bomba, una katana che infilò
sulla cintura e il coprifronte ben stretto poco sopra gli occhiali
dalla montatura rossa. Cosa aveva intenzione non lo sapeva nemmeno lei,
prese solo tutti i suoi risparmi e li mise in una sacca, prese la foto
di famiglia da suo comodino e mise dentro anche quella, e infine diede
un'ultima occhiata alla foto di lei e Shikadai. Sentì nella sua
mente le parole che lui le avrebbe detto in quel momento, dicendole di
star combinando una cavolata, di tornare indietro e mettere giù
l'attrezzatura, di rimettersi a letto e recuperare il chakra perduto
durante la sera precedente. L'Uchiha cercò di far sparire quelle
voci dalla sua mente, si guardò attorno per l'ultima volta e
alla fine uscì dalla finestra, senza guardarsi indietro una sola
volta: sapeva che se l'avesse fatto avrebbe capito di star facendo una
cavolata madornale. Non toccò nemmeno terra, scatto subito da un
ramo all'altro senza lasciare traccia del suo passaggio, tanto era
sicura che i suoi l'avrebbero scoperto soltanto due ore dopo, di
ritorno da lavoro. Stava scappando da tutto ciò che era successo
nel giro di pochi giorni, voleva sapere cos'aveva di sbagliato e
perché era riuscita a distruggere venti metri di superficie
senza rendersene conto. Sapeva che suo papà non le avrebbe
comunque detto niente in merito a tutto ciò, avrebbe fatto
dell'episodio un incidente di percorso e avrebbe chiuso lì
l'argomento. Mentre saltava da un ramo all'altro la piccola Uchiha
cercava di fare di tutte quelle sue supposizioni delle realtà
future, e usava quella rabbia che già sentiva crescere dentro di
lei per allontanarsi sempre più velocemente da casa sua. Non
sarebbe tornata indietro, avrebbe dato lei stessa una risposta alle
domande che non ne avevano una da anni. Avrebbe girato il mondo per
sapere di più sugli Uchiha e sullo Sharingan, e lo promise a se
stessa, che non sarebbe tornata finché non avrebbe portato a
termine la sua missione.
Fu una sola cosa a bloccarla, e fu la casa di Shikadai. Non poteva
fargli questo, non a lui. Poteva sopportare di non dire nulla ad
Inojin, dato anche che la colpa della catastrofe della sera scorsa era
stata in parte sua, ma il suo migliore amico non ne aveva il diritto.
Né lui, né Boruto, che era andato a cercarla solo per
sapere come stava. Alla fine, era come se li avesse traditi entrambi.
Peccato che avvisare Bolt avrebbe fatto saltare subito la sua
copertura, perché suo padre era l'Hokage, e quindi non le
rimaneva che chiarire tutto attraverso un unico messaggio che avrebbe
lasciato a Shikadai.
Preparò un foglio, scrisse tutto ciò che era necessario e
lo appuntò con un kunai alla porta della casa dei Nara. Lo lesse
un'ultima volta, e poi sparì di nuovo con un senso di colpa
addosso che sembrava ucciderla. Ma lei era un'Uchiha, non si sarebbe
tirata indietro, ormai aveva deciso. Sarebbe cresciuta anche da sola, e
al suo ritorno avrebbe potuto dare tutte le spiegazioni.
Saltò sulle mura del Villaggio della Foglia, vedeva tutte le
case distendersi di fronte a lei e le persone camminare
tranquillamente. Regalò un ultimo sorriso alle sue origini, poi
guardò al futuro e come suo padre e suo zio prima di lei,
scappò dal Villaggio.
Shikadai, ti prometto che tornerò. Presto o tardi, potremo abbracciarci di nuovo.
Di' a Boruto che lo ringrazio per essere stato un buon compagno di team anche dopo tutto ciò che è successo.
Di' anche ad Inojin che ci rivedremo e che gli dovrò dire una cosa importante. Digli che mi aspetti.
Non cercatemi. Se mi volete bene, non cercatemi.
Starò bene, promesso.
Sarada
ANGOLO AUTRICE
Ebbene, ecco il mio esordio in
questo fandom. Grazie a chiunque
sia arrivato fin qui, e spero che vi sia piaciuta. L'ho iniziata tanto
tempo fa, e dopo essermi vista Naruto The Last, the movie, sapevo come finirla.
Quindi grazie ancora, Naruto.
Un bacione!
Ale xx
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