Neville
Questa
ff mi è stata richiesta da magicforever come regalo di compleanno. Ho
cercato, per quanto possibile, di scriverla seguendo i suoi gusti e le sue
indicazioni ma, come spesso mi accade, sono finita per scrivere qualcosa che,
con tutta probabilità, ha poco o nulla a che fare con quel che si aspettava.
Probabilmente è una storia troppo cupa per un regalo di compleanno, e poco
dettagliata, ma il tempo era poco e non ho avuto modo di svilupparla meglio.
Inoltre, quando mi trovo di fronte ad una pagina bianca le mie dita vanno da
sole, la storia che 'pretende' di venir fuori a modo suo. Non sono molto
convinta del risultato. Non so se sono riuscita a spiegare quel groviglio di
emozioni che erano nelle intenzioni della storia, quindi, se voleste dirmi cosa
ne pensate, ne sarei davvero lieta, fossero anche delle critiche. Soprattutto se
sono delle critiche.
Dedico
questa fic anche a tutti coloro che
continuano a vedere Neville come un personaggio, goffo, stupido, grasso e
inutile. Spero che possano riuscire a vederlo, almeno un po’, con i miei
occhi.
eeff
Neville,
devi essere orgoglioso dei tuoi genitori.
Il
primo ricordo importante di Neville risale alla sua primissima infanzia. Ha tre
o quattro anni e tiene in mano una fotografia in bianco e nero, dalla quale un
uomo e una donna lo guardano e lo salutano sorridenti. Hanno entrambi un viso
dolce e simpatico, e Neville pensa che vorrebbe toccarli. Allunga la manina, ma
l’unica cosa che sente è la superficie liscia della foto.
Neville
si volta a guardare la nonna, impegnata a leggere un libro, e, preda di una
sensazione buffa ma non piacevole, si alza e le si avvicina.
La
nonna prende la fotografia tra le dita e gli sorride con un’espressione
orgogliosa eppure triste, e gli dice «Devi
essere fiero dei tuoi genitori, Neville, caro, e devi fare in modo che loro
possano esserlo di te.»
Neville
annuisce, ma pensa che è difficile. Lui vorrebbe con tutte le sue forze
riuscire ad essere un mago, ma non sa come fare. Ha sentito la nonna dire
allo zio che papà aveva mostrato le sue doti fin da piccolissimo, ma lui non ci
riesce. Non sa cosa deve fare, e ha paura che se non lo farà anche la nonna lo
lascerà, come mamma e papà.
La
nonna sembra sentire la sua tristezza, perché all’improvviso fa qualcosa che
accade così di rado da sembrare quasi un dono. Lo abbraccia. Gli fa una carezza
sulla testa e Neville le si accoccola addosso, poggiando il capo sul suo seno,
stringendo forte tra le dita il tessuto dello scialle che lei indossa.
Deve
farcela. Non sa in che modo, ma deve riuscire assolutamente a dimostrarle di
meritare il suo affetto.
Mio
figlio e sua moglie sono stati torturati fino alla pazzia dai seguaci di Tu –
Sai – Chi.
Il
secondo ha il bagliore accecante delle pareti bianche dell’ospedale San Mungo.
Quelle
persone sono così diverse da quelle che lo salutano nella foto, allegre e piene
di vita, che per un lungo momento Neville pensa di aver capito male. Non possono
essere loro quei genitori di cui la nonna gli parla.
Si
siede su una sedia vicino al letto della mamma e lascia che lei lo guardi
attraverso la cortina di capelli che le nascondono gli occhi, che si avvicini
circospetta, che gli metta in mano una carta di caramelle.
Neville
stringe la carta tra le dita, confuso, mentre lei se ne và.
Non
l’ha accarezzato, anche se Neville lo aveva voluto con tutte le sue forze.
Sente
le lacrime affollarsi nei suoi occhi fino a rendere tutto il mondo sfocato.
Abbassa la testa e stringe la carta tra nella mano, portandosi il piccolo pugno
sulla testa. Forse, se si concentra, può illudersi che sia una carezza.
È
un bravo ragazzo, il mio Neville, ma non ha il talento di suo padre, temo.
Neville
prova e riprova, ma pare proprio che non riesca a far nulla di buono. Si guarda
intorno, spesso, ed osserva i suoi compagni di classe, gli altri Grifondoro e
gli alunni delle altre Case, e si rende conto di non essere all’altezza.
Quando pensa a suo padre, ricordando quel che gli racconta la nonna, si rende
conto di quanto sia incapace e si domanda perché. Perché. Perché lui
non riesce ad essere all’altezza delle aspettative? Perché, nonostante si
impegni al massimo, è sempre un passo dietro gli altri?
Quando
tutti lo guardano e ridono vorrebbe sprofondare, fare una buca nel terreno e
sotterrarsi, o rifugiarsi tra le braccia della mamma come un bambino. Sa che
quest’ultimo è un pensiero stupido, soprattutto perché non ha mai potuto
farlo, nemmeno quando era piccolo. Nessuno lo ha mai stretto in quei momenti.
Neanche la nonna. «Rendimi
orgogliosa di te, Neville», gli diceva, seria e tutta d’un pezzo com’è.
E
lui dà tutto se stesso, ma quel tutto sembra essere sempre insufficiente.
Vorrebbe
renderla orgogliosa, ma ha paura che non accadrà mai.
Non
hanno sacrificato la loro salute mentale perché il loro unico figlio si debba
vergognare di loro.
È
di nuovo al San Mungo, ma questa volta è molto più grande. Harry, Ron e
Hermione sono di fronte a lui, e lo guardano con stupore. Neville si sente quasi
morire. Non vuole che vedano i suoi genitori. Non vuole che sappiano.
Non
si vergogna di loro, come la nonna sembra pensare; è orgoglioso del loro
sacrificio, di sapere che sono degli eroi, ma non vuole che gli amici li vedano.
Non capirebbero, ne è sicuro; non Ron, con la sua famiglia numerosa e calda e
piena d’affetto, non Hermione e Harry, che sono dei vincenti. Non vuole che
considerino mamma e papà come delle povere vittime, anche se loro non se ne
accorgerebbero neanche, né che provino compassione per lui.
E
poi… e poi c’è quel pensiero orribile, così orribile che Neville
preferisce fingere che non ci sia mai stato, che nasconde più a fondo che può.
Ha paura che quella pena che vede nei loro occhi possa contenere il pensiero
che, in fondo, sia una fortuna che i suoi genitori siano ridotti in quelle
condizioni, così non possono vederlo e capire quanto il loro figlio sia
ordinario, goffo, inadeguato.
Il
pensiero che loro avrebbero potuto vergognarsi di lui lo fa star
male quasi quanto la loro assenza.
Quindi,
alza il mento con un gesto ribelle, sfidando i compagni di Casa a dire qualsiasi
cosa e, con una determinazione maggiore di quanta ne abbia mai avuta in vita
sua, si ripromette di diventare migliore. Di meritare quei genitori che avrebbe
potuto avere, ma che gli sono stati tolti dalla guerra.
Neville,
devi essere orgoglioso dei tuoi genitori.
La
prima volta che i suoi occhi si posano davvero su Blaise sono al sesto
anno, ed entrambi si trovano sul treno diretto ad Hogwarts, nella stessa
carrozza. Blaise è serio ed altero, e lo guarda come se fosse un insetto.
Neville
non può far altro che pensare che un ragazzo così non poteva essere altro che
un Serpeverde. Poi, si domanda come abbia fatto a non notarlo prima. È davvero
bello, con quel viso dai lineamenti delicati e con quegli occhi allungati che
sembrano appartenere a un Dio esotico.
A
lui piacciono i ragazzi, l’ha sempre saputo. Ha cercato di non provare quel
desiderio, perché ha sempre avuto paura del parere della nonna. Cosa penserebbe
se quell’inetto di suo nipote gli portasse a casa un fidanzato? Neville se lo
è domandato spesso.
E
i suoi genitori? Quei genitori di cui va tanto fiero e che vorrebbe rendere, a
sua volta, fieri di lui, se fossero coscienti, ne sarebbero sconvolti?
Disgustati? Orripilati? O sarebbero solo felici per lui, al pensiero che ha
trovato qualcuno da amare? Neville preferisce pensare che questa ultima opzione
sia la più probabile, anche se non potrà mai saperlo per certo.
Sfortunatamente,
non è mai riuscito ad interessarsi davvero a nessuna ragazza, per quanti sforzi
abbia fatto. È un po’ come i banchi di scuola, il cuore. Per quanto impegno
possa metterci, i risultati sono sempre gli stessi, sempre deludenti. Quella
sensazione di amarezza e delusione è così reale che a volte ha l’impressione
di poterla sentire in bocca.
Solo,
guardando Blaise Zabini, seduto poco distante da lui, un nuovo sapore va ad
aggiungersi a quelli che ha sempre sentito, ed è assurdamente dolce.
Mio
figlio e sua moglie sono stati torturati fino alla pazzia dai seguaci di Tu –
Sai – Chi.
La
lotta è sempre più dura. Le punizioni dei Carrow sono crudeli. Ci sono botte,
e maledizioni, e freddo, e fame. Ma mamma e papà hanno dovuto sopportare di
peggio, e Neville cerca di essere alla loro altezza. Pensa spesso che forse, forse,
nel loro mondo fatto di vuoto ci possa essere un barlume di lucidità, e se c’è,
vuole che loro sappiano che il loro figlio non è un codardo buono a nulla.
Almeno, per la prima volta in vita sua, la nonna è fiera di lui, e pensa che
sia il degno figlio dei suoi genitori.
Anche
Neville ha qualcosa per cui lottare. Un ideale, innanzi tutto. L’ideale di un
mondo dove tutte le persone possono essere uguali, senza essere maltrattate
perché sono diverse. Senza subire offese che non meritano solo perché
non sono perfette, perché non rispecchiano dei canoni assurdi.
E
una persona speciale, una persona che fino a quel momento non l’ha mai degnato
di un’occhiata.
A
volte, quando sente la tristezza assalirlo e la fiducia nel futuro sembra voler
venire meno, pensa che, almeno, mamma e papà erano insieme, in quella lotta.
Che potevano contare l’una sull’altro, e quell’amore che li legava li
spronava ad andare avanti. La persona del suo cuore, invece, è dall’altra
parte della barricata, o almeno sembra esserlo, dato che non si è mai espressa
chiaramente in merito.
Chissà
se dimostrandogli il suo coraggio, quella persona potrebbe trovarlo
interessante…
È
un bravo ragazzo, il mio Neville, ma non ha il talento di suo padre, temo.
Tutto
accade così lentamente che Neville non si rende nemmeno conto di quel che
succede.
La
guerra è finita, e tutti cercano di riprendere la propria vita da dove
l’hanno lasciata. Più o meno.
Harry
e Draco, però, iniziano a frequentarsi, e raccolgono attorno a loro tutte le
persone che, in un modo o nell’altro, considerano importanti, creando un
gruppo così eterogeneo che c’è da domandarsi come sia possibile che possano
stare tutti nella stessa stanza senza scannarsi.
Neville
si trova a far parte di quel variegato gruppo di persone senza quasi
accorgersene, lieto solo di poter vivere spensierato e felice. Cerca di
riprendersi la propria libertà, la propria vita, la propria adolescenza.
È
solo un caso che anche Zabini sia lì, e altrettanto lo è il ritrovarsi,
all’improvviso, dalla stessa parte, a parlare del più e del meno, a
scambiarsi ricordi non troppo personali, giusto per fare due chiacchiere.
Blaise
è sempre cortese, anche se spesso è taciturno. Quando sono vicini fa parlare
Neville, e Neville lo fa solo per riempire quel silenzio imbarazzante che, a
volte, cade tra di loro. È agitato quando Blaise si avvicina troppo. Sente le
guance scottare e la sudorazione aumentare più di quanto non sarebbe
auspicabile.
Il suo cuore
traditore non ne vuole sapere di abbandonare la speranza, ed ogni volta comincia
a battere come un tamburo nel suo petto, come se volesse uscire fuori e
proclamare al mondo intero quello che prova.
Quando
Blaise lo bacia la prima volta, Neville si domanda se stia accadendo sul serio,
o se non stia soltanto sognando. Per alcuni deliziosi momenti sente la testa
leggera come mai gli era accaduto in vita sua.
Poi
si domanda come sia potuto accadere. Non c’è nessuna spiegazione logica. Non
può credere che Blaise lo voglia davvero.
E
Neville corre, fugge via.
Si
sente uno scemo, un codardo, ed erano delle sensazioni che aveva dimenticato,
che aveva soffocato dentro di sé per tantissimo tempo. Aveva cercato di
nasconderle, di essere qualcosa che non era o, forse, semplicemente, aveva
cercato di mostrare, a se stesso e agli altri, solo quelle parti di sé che lo
facevano sentire bene, che lo facevano sentire degno.
I
tuoi genitori si amavano molto, Neville. Spero che un giorno anche tu possa
trovare una persona speciale da amare.
Anche
se ha evitato Blaise per giorni, non poteva sfuggirgli per sempre. Neville lo sa
bene. Ed ora Blaise è lì, a casa sua, che lo guarda con quegli obliqui occhi
neri, seri, decisi. La sua presenza è ingombrante, come se riempisse tutta la
stanza. Vuole spiegazioni, le pretende, con quella sicurezza delle persone che
non si sono mai viste negare niente dalla vita. O, forse, che hanno saputo come
costringerla a dargli quel che volevano.
Quando
vede che in quel modo non riesce ad ottenere nulla cambia atteggiamento e, per
la prima volta, parla.
Parla
di Neville, di come lo vede, di quello che pensa di lui e di quello che
desidera.
«Per
essere felice, ma davvero felice, mi basta il suono della tua voce.»
Le
parole di Blaise riempiono l’aria, rendendola satura. Neville si sente
d’improvviso preda di una vertigine. Sente una strana sensazione di calore
avvolgergli il corpo ed annidarsi nello stomaco, e non sa cosa fare. Quei
brividi che gli corrono dentro sono strani, buffi, ma deliziosi. È incredulo.
Neville
se ne rende conto all’improvviso.
Non
era qualcosa che potesse capire con facilità, perché si tratta di uno di quei
sentimenti subdoli, che si nascondono dentro al cuore, mascherandosi da
qualcos’altro.
Non
ha mai creduto di meritarsi l’amore.
Inconsciamente,
pensa che se i suoi genitori l’avessero davvero amato, non si sarebbero
sacrificati, abbandonandolo. Pensa di non meritarsi l’affetto degli altri, e
per questo si è dato e si dà tanto da fare, cercando di migliorarsi.
È
strano rendersene conto solo in quel momento, eppure quell’inaspettata
epifania è quasi un sollievo. È tutto chiaro, adesso. Quella sensazione di
soffocamento che lo ha sempre tormentato, quel terrore cieco di non riuscire ad
essere all’altezza, quell’angoscia cocente e dolorosa, quel senso di
sconfitta…
Quando
Blaise gli prende il volto tra le mani con una dolcezza quasi impensabile,
Neville si rende conto di piangere. Piange per il bambino che è stato, per
tutto quello che lo ha afflitto fino a quel momento, per il rimpianto. Piange
per rinascere come una persona finalmente libera.
Blaise
lo stringe forte e non dice altro, rispettando il suo silenzio.
Domani
Neville potrà finalmente spiegargli ogni cosa. Domani potrà dirgli perché è
fuggito e cosa prova lui.
Adesso
non può far altro che salutare il bambino triste che ha nascosto dentro di sé,
lasciandolo andare.
Sono
fiera di te. Sei il degno figlio dei tuoi genitori.
Blaise
lo chiama dalla porta della camera da letto.
Ha
preparato lui la colazione, quella mattina. La domenica congeda sempre gli elfi
domestici e si mette ai fornelli come un babbano qualsiasi, o quasi. Indossa una
tuta e prepara la colazione per sé e per Neville, creando un quadretto
domestico di una dolcezza indescrivibile.
In
quei giorni Blaise decide di essere qualcosa che di solito non è: un ragazzo
gentile, affettuoso, coccolone, e non lo spocchioso purosangue che è tutte le
altre volte.
In
verità, è entrambe le cose.
È
per questo che Neville lo ama tanto. Quelle idiosincrasie lo rendono così
dolorosamente perfetto che spesso il compagno si domanda come abbia potuto
essere tanto fortunato.
Quando
Blaise nota quella particolare espressione sul suo viso, lo prende in
giro e lo critica. Neville non sa bene come faccia; pensa che sia una
particolare dote da Serpeverde, ma le sue critiche, invece di offenderlo, gli
fanno ricordare che anche lui vale qualcosa. Che vale molto. Parlando con
Blaise, ha scoperto delle cose di sé che non conosceva, che non aveva mai
considerato. Cose che gli altri vedono. Quel legame è una continua scoperta, di
sé e dell'altro.
È
meraviglioso costruire qualcosa giorno per giorno, avere un legame con qualcuno.
Lo ha sempre immaginato, ma fino ad allora non aveva avuto modo di scoprirlo
davvero. Nessuno dei rapporti che ha avuto fino a quel momento può anche solo
lontanamente paragonarsi a quello che ha adesso con lui.
Lo
raggiunge in cucina, e il suo ragazzo lo stringe forte tra le braccia.
Neville si
crogiola nella beatitudine di quei gesti pieni d'affetto, godendone appieno. È
come un affamato di fronte ad un banchetto di delizie.
Poggia
la testa sul petto del compagno, rendendosi conto che la sua testa gli arriva
proprio sul cuore.
Alla
stessa altezza di occhi e di cuore.
E
finalmente si sente completo.
Spiegazioni:
Le
frasi in corsivo all'inizio di ogni paragrafo sono della nonna di Neville. La
seconda, la terza e la quarta sono prese testualmente dal quinto libro. L'ultima
è stata estrapolata dalle parole di Neville, nell'ultimo libro. La altre sono
state inventate da me. La ripetizione è voluta, per dare l'idea che quelle
parole accompagnino Neville nella sua vita.
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