Capitan
Harlock
La
Leggenda
…Eroi e leggende
vanno a braccetto…
(cit. Yattaran - Space Pirate Capitan Harlock © Shinji Aramaki e Harutoshi
Fukui)
“La mamma
mi ha detto che tu hai conosciuto Capitan Harlock!” disse la piccola Sakura
guardando il vecchio canuto che era rimasto seduto vicino alla tavola.
Lo aveva
conosciuto solo da poco ed era tanto curiosa su di lui.
Il vecchio
la guardò e sorrise, sottolineando così le rughe del viso a lato della bocca. Ormai
aveva quasi novantasette anni ed era molto stanco. Quella bimba dagli occhi
incredibilmente verdi e vivi gli ricordava così tanto lei, di cui non si era
mai dimenticato. Non era passato un solo giorno che non l’avesse pensata, fosse
anche stato per un soffio.
Scacciò i ricordi di tanto, troppo, tempo prima e tossicchiò appena. I suoi
polmoni erano ridotti male, per questo aveva ceduto ed era andato a vivere nella
casa di Kazuko, su quel nuovo pianeta terraformato dal nome così complicato.
“Sì è vero,
l’ho conosciuto” ammise.
Kenta stava
sparecchiando la tavola e faceva finta di non essere interessato. A differenza
di sua sorella, lui non era curioso sul passato di quel vecchio sfregiato. Che
cosa voleva?
Gli dava sui nervi con quel suo atteggiamento riservato e calmo.
L’uomo
guardò il ragazzo. Gli ricordava qualcun altro. Aveva i soliti occhi azzurri e
lo stesso sguardo severo. Nei movimenti del corpo gli sembrava di cogliere la sua
stessa rigidità, che altro non era che una maschera che tradiva un qualche
tormento interiore.
“È un uomo
cattivo?” chiese la bambina curiosa, avvicinandosi a lui, guardandolo con l’impazienza
tipica di quell’età.
Harlock era continuamente sulla bocca di tutti. Il terrorista più pericoloso e
più inseguito di tutto l’Universo. Era così da sempre, e sempre così sarebbe
stato.
“No”
rispose il vecchio resistendo alla tentazione di carezzarle i capelli.
“E allora
perché è ricercato?”.
“Perché è un
pirata, un fuorilegge”.
“E la legge
cos’è?” gli chiese Sakura appoggiandosi sulle sue ginocchia, guardandolo molto
seria ed interessata.
“Delle
regole stabilite dagli uomini, ma in quanto tali, sappi che non sempre sono
giuste. Per questo Harlock cerca di ristabilire una sorta di equilibrio tra le
leggi degli uomini e leggi del Cosmo”.
“Sono tutte
cazzate” commentò molto irritato Kenta interrompendolo.
Non sopportava come quell’uomo raccontasse di cose, di cui faceva finta non gli
importasse niente, ma che in realtà stuzzicavano molto la sua curiosità, anche
se non l’avrebbe mai ammesso.
“Non dire
parolacce di fronte a tua sorella!” lo ammonì sua madre severa. Poi di rivolse
a all’uomo “Forse è meglio se va a riposare” e lui capì che non gradiva che
parlasse dei suoi trascorsi a bordo dell’Arcadia, anche se solo in maniera
velata.
In quel
momento, chissà perché e per via di quale associazione di idee, improvvisamente
si ricordò di Meeme.
Fu come se vedesse scorrere un film. Yattaran parlava e stava spiegando che era
la sola in grado di manovrare il motore a dark matter, quando lei arrivò
preannunciata dal leggero ticchettio di tacchi sul metallo del pavimento della
corazzata. Una creatura così particolare ed affascinante. Molto enigmatica,
silenziosa, rapida e distante. Volteggiava per quella nave di cui era una parte
viva e sembrava quasi un alito di vento, che giocava a nascondino tra quei
corridoi bui, apparendo e scomparendo all’umana vista.
Meeme era in un certo senso una sorta di sacerdotessa, votata a proteggere il segreto
dell’immortalità di Harlock.
“Mi ha sentita?
È il caso che vada riposare” gli disse nuovamente Kazuko poggiandogli una mano
su una spalla.
L’uomo tossì. Si alzò. Salutò la piccola, che pretese un bacio su una guancia
ed andò sdraiarsi in camera, sul letto.
Chiuse gli
occhi e ricordò…
Parole e pensieri si rincorrevano nella sua vecchia mente. Ovattati, ma vivi,
sfumati, ma anche nitidi.
“Ho scelto te”.
“Perché?”.
“L’errore e la sofferenza” aveva risposto.
Allora non capiva.
Sembrò leggergli nel pensiero.
“Eri pronto a sparami. Eri pronto a sfidarmi ed eri deciso”.
“Non ho paura di te”.
“Non devi”.
“Di cosa hai realmente paura?”.
“Di ferire chi amo, anche se…”.
“Amerai ancora” lo aveva interrotto.
Non era
stato facile capire. Non era stato immediato. Le sue parole ti accompagnavano
nel tempo. A volte per la vita intera.
Non era
facile neppure essere un ideale incarnato. Si trattava di abnegazione assoluta.
Una missione. Era come consacrarsi ad una scelta. Eppure non c’era stata una sola
volta che si fosse pentito.
La scelta non cadeva mai a caso. C’erano delle ragioni precise, profonde e
radicate.
La leggenda doveva sopravvivere nel tempo e doveva essere tenuta viva, perché
la speranza andava alimentata e nutrita con l’ausilio di un eroe pronto a
dedicare, anzi ad immolare la sua vita alla causa.
L’immortalità
era un’illusione.
“Anche
le paure ancestrali sono attimi che si ripetono nel tempo, e finché esisterà la
razza umana è necessario un simbolo di libertà, per questo Capitan Harlock
dovrà continuare a vivere… per l’eternità”*.
E per
questo, circa settantacinque anni prima, aveva accettato di diventare il pirata
spaziale e di dedicare la sua vita ad incarnarne la leggenda.
L’immortalità del Capitano era un mito, un’illusione.
Nessun merito alla dark matter, ma solo alla voglia di voler mantenere vivo,
nei secoli un ideale puro di libertà.
Poi aveva
ceduto il passo, come ogni Harlock
degli ultimi cento e passa anni, perché non era l’uomo che contava, ma la
missione, il bene superiore, e chi tra loro ne comprendeva il reale valore, ed era
disposto a dedicarvi la vita, riceveva il testimone e poteva comandare l’Arcadia,
solcando lo Spazio infinito, alla ricerca di un mondo migliore.
L’umanità
è invecchiata, anche se ci si evolve non si ottiene niente e non cambia niente,
allora perché quell’uomo, perché quell’uomo, vuole ostinatamente andare avanti? **
Il sonno lo vinse e vi ci rifugiò, come un bambino tra le
braccia della madre.
Sognò Nami. Erano in un prato e le aveva intrecciato una ghirlanda di fiori.
Ridevano felici. Di colpo lei si alzò e gli tese la mano.
“Vieni Yama!” gli disse sorridendogli “È ora!”.
La strinse con le sue dita nodose di vecchio, titubante e confuso, non pareva
più un sogno. Non capiva bene che accadesse. Poi d’improvviso fu di nuovo
giovane e spensierato. Correvano felici verso il sole. Il pirata era morto ed
il ragazzo era tornato libero.
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Nota della scrivente:
da tre mesi circa questa fic giace moritura nel mio PC. Era stata concepita in
modo assolutamente diverso, ma non mi convinceva per niente. Stasera ho avuto
questa svolta un po’ criptica e così ve la propongo. Dovrebbe essere (ma la si
può leggere anche a se stante) un tentativo di post finale, come sarebbe dovuto
essere nella prima stesura del film CG, in cui Yama alla fine prende il posto di
Harlock. Ecco io ho immaginato che fosse una consuetudine, un po’ come la
storia del Pirata Roberts de “La storia Fantastica” (All rights reserved, no
copyright infringement intended) in cui appunto, il suddetto pirata ogni tot di
anni veniva rimpiazzato, ma prima l’equipaggio congedato, così la leggenda si
auto alimentava e tutti lo credevano immortale.
Non so cosa sia venuto fuori da questa idea bislacca, ma mi premeva tornare
alle origini, a ciò che era per me Capitan Harlock quando dodicenne lo guardavo
in TV, ovvero un mentore, una figura carismatica, quindi un ideale. E un ideale
è un concetto astratto, non un uomo carne ed ossa, da qui questa idea, che so
già farà storcere il naso a molti.
Ovviamente la narrazione è volutamente confusa all’inizio. Perché non si deve
capire bene fino in fondo di chi parliamo e perché.
L’OOC è in un certo senso precauzionale, vista la licenza narrativa che mi sono
presa! :P Anche se personalmente non lo ritengo del tutto necessario ho
preferito metterlo.
Grazie di cuore a chiunque abbia
avuto la voglia di leggere e a chi vorrà lasciare le sue impressioni, di
qualunque natura essere siano: positive o negative.
* **
Quelle
marcate con gli asterischi, (così come la citazione iniziale di Yattaran) sono
frasi estrapolate direttamente dal film, versione italiana.
Disclaimer:
Tutti i personaggi di Capitan Harlock sono © di Leiji Matsumoto. I personaggi e
la trama inerenti al film sono © Shinji Aramaki e Harutoshi Fukui.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
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