winterwidow
Titolo: Winter memories
Autore: Blyth
Pacchetto: Acqua.
Fandom: Capitan America: The Winter Soilder
Introduzione: [ Vedova Nera x Soldato d'Inverno]
"Si toccò distrattamente da sopra la maglietta la cicatrice sul
fianco sinistro, sbirciò Steve, sembrava assorto nei suoi
pensieri.
Gli aveva mentito per l'ennesima volta, ma questa forse era la
più grande bugia che gli avesse mai detto. Aveva mentito
sull'ingegniere in Iran, sull'imboscata ad Odessa..e sul suo legame con
il Soldato d'Inverno, ma come avrebbe potuto raccontargli la
verità? Quella verità che neanche lo S.H.I.E.L.D.
conosceva?" (cit.)
Personaggi: Natasha Romanoff, James Barnes, Steve Rogers.
Rating: Arancione
Generi: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale.
Avvertimenti: Nessuno
Note: [ Fantiction partecipante al contest "Ciò che non ci hanno detto" indetto da visbs88 sul formu di efp]
La storia inizia durante il viaggio in macchina, quasi subito dopo la
conversazione tra Steve e Natasha sul mentire per soprvviere( è
praticamente un missing moments in un missing moment). Per scrivere
questa storia ho mescolato il movieverse e il comcsverse, in
pratica: siamo nell'universo del film con la differenza che, come nei
fumetti il Soldato d'Inverno ha addestrato Natasha per la Red room del
KGB, in cui -per mantenere coerenza con il film- si era inflitrata
l'HYDRA; praticamente secondo questa versione Natasha ha mentito su
ciò che sapeva per tutto il tempo per mantenere segrata quella
parte della sua vita che non conosce nemmeno lo S.H.E.I.L.D., che poi
è una cosa che dalla Vedova Nera ci si può aspettare ;)
Ultima nota "tecnica" nei fumetti Natasha durante la guerra fredda era
una ragazzina e dato che ai giorni nostri dimostra ancora trent'anni si
sospetta che oltre al siero di potenziamento il KGB le abbia iniettato
qualcosa che le ha rallentato l'invecchiamento, io mi rifaccio a questa
versione :)
E' la prima volta che lavoro con questi personaggi, spero di aver fatto un lavoro quantomeno decente!
Winter Memories
Il pesaggio
scorreva veloce fiori dal fienstrino, mancavano ancora alcune ore di
viaggio alla loro meta e la conversazione con Steve, impegnato a
guidare, sembrava morta. Entrambi avevano bisogno di stare da soli con
i propi pensieri, dopottutto, la velocità con cui si erano
susseguiti gli eventi di quei giorni non gli aveva dato la
possibilità di fare i conti con ciò che era accaduto.
Nick Fury era morto, l'uomo
che aveva unito gli Avengers, l'integerrimo comandante dello
S.H.I.E.L.D. non c'era più e ciò stava già
comportando conseguenze catastrofiche.
Ma non era questo il primo
pensiero della Vedova Nera, certo, la cosa la preoccupava ma era
sopravvissuta a situazioni ben peggiori, aveva visto molte volte grandi
uomini cadere e nuove ere iniziare. No, il suo tormento era causato da
un altro uomo.
Lui, il fantasma.
Il Soldato d'Inverno.
Si toccò
distrattamente da sopra la maglietta la cicatrice sul fianco sinistro,
sbirciò Steve, sembrava assorto nei suoi pensieri.
Gli
aveva mentito per l'ennesima volta, ma questa forse era la più
grande bugia che gli avesse mai detto. Aveva mentito sull'ingegniere in
Iran, sull'imboscata ad Odessa..e sul suo legame con il Soldato
d'Inverno, ma come avrebbe potuto raccontargli la verità? Quella
verità che neanche lo S.H.I.E.L.D. conosceva?
Aveva diciassette anni quando
Bezukhov, il comandante della loro sezione, la convocò nella
sala allenamenti, quel posto così simile ad una sala da ballo ma
la cui funzione non poteva essere più diversa, l'uomo era da
solo e voltato verso la specchiera, attendendo di vederla varcare la
soglia.
-Natalia, il tuo addestramento
è quasi completo, ma per far sì che tu diventi la Vedova
Nera ti affideremo alle cure del miglio agente KGB.- si girò
verso di lei.
Natalia rimaneva in silenzio, diritta e imperturbabile, come le era stato inseganto ad essere.
- Il copagno James Barnes.-
indicò l'uomo che alle sue spalle era appena comparso sulla
soglia della porta, Natalia non osò girarsi subito, prima lo
studiò attraverso la superficie dello specchio.
Era giovane, non superava i
trent'anni, con la pelle chiara e i capelli scuri, era alto, muscoloso
e aveva al posto del braccio sinistro una protesi metallica.
Di lui aveva solo sentito
parlare dai suoi maestri, era una leggenda, l'orgolio di quella madre
Russia fatta di spie e guerre segrete.
Il Soldato d'Inverno.
- Romanoff.- disse lui, il timbro basso e freddo, privo di qualsiasi inclinazine se non per lo spiccato accento amedricano.
Si girò lentamente, salutandolo con un cenno della testa.
-Compagno Barnes.-
-Ho sentito molto parlare di te.- continuò -Spero non mi deluderai.-
Quelle erano state le prime
parole che lui le aveva rivolto, e ricordava che qualcosa dentro di lei
aveva urlato di gioia, una leggenda aveva aspettative su di lei; era più di quanto potesse chiedere all'ora.
Per
anni, l'unica cosa che aveva voluto era stato sopravvievere al giorno
che sarebbe venuto, aveva visto delle sue compagne morire: chi a causa
delle ferite e degli sforzi, chi a causa dell'intolleranza al siero di
potenziamento. Ma ora si era lasciata alle spalle quei giorni, ora la
giovane Natalia Romanoff aveva come unico sopo quello di soddisfare le
richieste del suo maestro.
Si allenavano per nove ore al
giorno, a volte la faceva chiamare nelle prime ore della notte, quando
ancora il copro e al mente non avevano avuto modo di riprendersi e la
faceva combattere nel più completo buio.
Non facevano altro che
combattere, per ore, era dura stare ai suoi ritmi, a volte, quando per
l'ennesima volta le intimava di alzarsi e lottare, sentiva il cuore
bloccarsi per qualche secondo per poi riprendere a battere con colpi
irregolari e dolorisi, allora credeva che davvero non gli sarebbe
sopravvissuta, ma puntualmente si rialzava, superava i propi limiti e
tornava combattere con più violenza di prima.
Lui era sempre brusco, parlava
poco, quel tanto che bastva per correggerla, rimproverarla o spiegarle
come si eseguiva questa o quella tecnica; mai una parola per
incoraggiarla, mai un complimento.
Eppure se avesse potutto
sarebbe tornata a quei giorni, in fin dei conti la fatica era qualcosa
che poteva sopportare con molta più facilità di
ciò che stava afforntando in quel momento, della solitudine
eterna in cui era costretta a vivere, in cui si era auto costretta per
non rischiare di ripetere gli errori del passato; per non dover vivere
un' altra volta l'abbandono. A sopportare il dolore fisico era stata
addestrata fin da bambina, quelli della Red room si erano premurati di
insegnarle come sopportarlo ed eliminarlo dalla propia mente, ma
nessuno l'aveva preparata a quel genere di dolore. Natasha doveva
ammetterlo, nemmeno dopo tanti anni era riuscita ad eliminare quella
leggera, ma fastidiosa, morsa che le prendeva la gola e il petto nei
momenti di solitudine, in cui si ritrovava ad affrontare ancora e
ancora i fantasmi del passato, come in quel momento...
Un giorno di metà
settembre lui l'atterò per l'ennesima volta, sbattè
violentemente la schiena contro il legno del pavimento, James le fu
subito addosso, approfittò del suo attimo di smarriemento per
mettersi a cavalcioni su di lei e pernderle il collo, la mano d'acciaio
era gelida. Prima che potesse iniziare a stringere reagì,
posò le propie mani su quelle di lui e diede un forte colpo di
reni, il Soldato d'Inverno venne proiettato in avanti.
Natalia, si alzò con un
blazo sperando di poter tornare in vantaggio ma lui era già in
piedi, il colpo al volto non lo aveva minimamente stordito.
Si rilanciò all'attacco
ma lui fermava ogni suo colpo con quella mano d'acciaio provocandole
dolore ad ogni parata per l'impatto, ad un tratto le
afferrò una caviglia, aveva penna tirato un calcio e la gamba
era ancora sospesa, la strattonò e la fece sbattere contro la
specchiera che le si ruppe addosso.
-Lo sai dove sbagli? Perchè non riesci a battermi?- le chiese, avvicinandosi.
Scosse la testa.
-Sei brava, hai una perfetta
padronanza dell'arte del combattimento, nessun'uomo comune
riuscirebbe a resisterti, ma tu devi essere imbattibile per chiunque.
Impara ad adattarti a qualsiasi situazione, pensa Natalia, io ho
questa..- le mostrò l'arto artificiale -..sarò sempre in
vantaggio, non cercare di colpirmi, fai in modo che non la possa
utilizzare, questo è l'unico modo che hai per battermi.-
Chissà se a quel
tempo si sarebbe mai aspettato di doverla combattere per davvero,
forse, si disse, non le avrebbe insegnato così bene. A quel
pensiero le ritornò alla mente, senza nessun permesso, la prima
volta in cui le aveva fatto un complimento, abbassando azzardatamente
ogni barriera che aveva sempre tenuto fra loro, aveva diciannove anni
ed era appena diventata a tutti gli effetti la Vedova Nera, era stato
anche l'inizio della fine.
Era la Vedova Nera,
faticava ancora a realizzarlo, quella notte aveva sostenuto l'esame
finale, eliminare da sola delle spie Americane, apparteneneti ad
un'organizzazione dal nome S.H.E.I.L.D.; aveva avuto successo ed era
stata insignita del titolo tanto agognato.
-Sei stata brava questa sera.-
si girò di scatto nel sentire la voce bassa di James, non aveva
sentito i suoi passi sul lengo eppure avrebbe dovuto, era notte e la
sala degli allenamenti era vuota, poteva sentire il rumore del propio
respiro, ma non aveva sentito lui muoversi sul palquet, si chiese se
davvero non fosse un fantasma come dicevano.
Realizò che era la
prima volta che si complimentava con lei -Davvero non hai nulla di cui
rimproverarmi?- gli chiese sarcastica, per provocarlo, era un
atteggiamento che aveva preso da alcuni mesi a quella parte, le piaceva
provare la sua pazienza perchè sembrava che nulla potesse mai
incrinarla.
Lui scosse la testa, serio - Perchè dovrei Natasha? Sei stata perfetta.-
Un vezzeggiativo, non l'aveva mai chamata così, si trattenne dal contrarre il propio volto in un qualche moto di sorpresa.
Lo guardò e lui
ricambiò il suo sguardo, nelle tenebre, solo un tenue fascio di
luce lunare illuminava la stanza, gli si avvicinò lentamente
colmando la distanza fra loro con passi sinuosi, gli appoggiò le
mani sul petto, facendo scorrere languidamente le dita bianche fino
alle spalle muscolose, stranamente lui le permise quel contatto, si
irrigidì ma non la scostò come aveva fatto altre volte.
-Già, d'altro canto ho
imparato dal migliore...- soffiò lasciva, dopo tutto quella era
una notte di conquiste, perchè non provare ad ottenere anche
quello? Era da tempo che aveva capito di amarlo, cercava incosciamente
il contatto fisico, voleva toccarlo sentirlo vicino tanto da desiderare
che nei combattimenti l'atterrasse a la sovrstasse con tutto il suo
peso,era malsano? Forse, d'altronde che cosa era mai stato sano nella
sua vita? Sapeva che anche lui la voleva, aveva imparato a leggere gli
uomini e sapeva riconoscere il desiderio in uno sguardo quando lo
vedeva, dopotutto era la Vedova Nera no? Lei era la donna a cui
nessun'uomo poteva resistere, in combattimento come in quel frangente,
se ne convinse dandosi coraggio per fare quel salto nel vuoto.
Lui le afferrò le mani, sussultò non si aspettava un movimento tanto brusco.
-Natasha- di nuovo un vezzeggiativo -...no..non dovremmo, questo-
non c'era bisogno che specificasse -Rende deboli le persone come noi.-
lei ingnorò l'ammonimento, avvicinandosi ancora di più
-Da quando usi vezzeggiativi con qualcuno, Soldato d'Inverno?- e si
buttò sulle sue labbra, abbattendo ogni sua difesa come le aveva
insegnato a fare.
Non ricordava quando
esattamente aveva realizzato di provare dell'attrazione per
lui;mai pùi si sarebbe azzardata a chiamarlo amore,
no quella era una parola che la faceva ancora soffrire che lo volesse o
meno ammettere liberamente a se stessa; pensarla come mera attrazione
sessuale in quel momento le rendeva la situazione più semplice
come ogni cosa in cui i sentimenti non sono coninvolti, e i suoi mai
più lo sarebbero stati, se lo era promesso.
Quello che ricordava
era solo che ad un certo punto si era riotrovata a guardarlo in modo
diverso e che si era presto accorta di come quello sguardo fosse
ricambiato dagli occhi freddi e normalemente inespressivi di lui, ma
che in quei momenti rivelavano un emozione, un pensiero sapientemente
celato a gli occhi di chiunque, accessibile solo hai suoi che parlavano
la stessa lingua.
Strinse gli occhi cercando di scacciare quelli verdi di lui.
Steve parve notare quel movimento azzardato.
-Tutto bene Nat?-
-Sì, solo un po' di stanchezza.- camuffò.
Lui parve crederci -Prova a riposare un po'...anche se oramai non manca molto.-
Non mentiva, si sentiva
davvero stanca in quel momento, come lo era stata poche volte in vita
sua. Per l'ennesima volta si ritrovava a scappare e probabilmente a
dover reiniziare tutto da capo, ma oramai doveva averlo imparato che i
momenti felici durano poco.
Troppo poco.
Dopo aver sgozzato un
energumeno che le era piombato in camera in piena notte, aveva iniziato
a correre per i corridoi, abbattendo tutti gli uomini che le si
paravano davanti, nel buio parevano non finire mai.
Per le stanze e i corridoi
della base erano disseminati i corpi dei suoi compagni,sul pavimento vi
era un mare di sangue in cui i piedi nudi si inzuppavano, contrasse il
volto in una smorfia a quella constatazione, così avrebbe
lasciato troppe tracce.
-Natalia....- un rantolo
richiamò la sua attenzione, era uno dei comandanti che moriva
per terra, si fermò -....quel dannato Zola...ci ha traditi....-
fece in tempo ad avvertirla.
Ma certo, realizzò, ora
che la guerra fredda era finita eliminavano tutte le prove
compromettenti. Quel dannatissimo omuncolo dall'accento tedesco non le
era piaciuto dal primo istante in cui era comparso, avrebbe dovuto
intuire prima: dall'agitazione di Bezukhov in quei giorni, dal clima di
tensione che si respirava fra i comandanti e dalla sua reazione alla
vista dell'uomo, avrebbe giurato di aver visto paura negli occhi di
James.
Riprese a correre, inanzitutto doveva trovare lui, poi sarebbero scappati in un qualche luogo lontano.
Come ad invocarlo le comparve
davanti in tutta la sua prestanza, accompaganto da un altro uomo
-James!- lo chiamò, ma poi lo vide.
Tra le mani aveva un fucile ed era sporco di sangue.
-James.- ripetè.
Lui la guardò, il suo sguardo era vacuo, capì che non la vedeva davvero.
Iniziò a correre, per
puro istinto di sopprvivenza quando lo vide alzare il fucile, un
priettile le passò accanto sibilando.
Cosa diavolo gli era preso? Perchè le sparava addosso?
Un altra pallottola la sorpassò incrinando la finestra davanti a lei, era arrivata ad una stanza del primo piano.
-Vedova Nera fermati!- la chiamò lo sconosciuto.
Si girò, pronta a scattare.
-Non deve finire così,
unisiciti all'HYDRA e ti sarà permesso vivere.- le
propose, ma lei non si curò di lui, guardò James, i suoi
occhi erano freddi e vuoti, vedevano solo un bersagnio da colpire.
-Cosa ti hanno fatto?- chiese, tremante, non lucida come avrebbe dovuto.
-Vedova, rispondi.- la richiamò il soldato.
James alzò l'arma pronto a fare fuoco, per la prima volta Natalia si sentì fragile e persa.
Dopo tutto quello che avevano
vissuto insieme, come poteva alzare un arma verso di lei con
così tanta tranquillità?
Aveva ragione,l'amore rende le
persone deboli, se non lo avesse amato in quel momento sarebbe riuscita
a saltargli addosso e lottare.
Ma non poteva.
-Ti amo.- sussurrò in sua direzione quasi senza accorgersene.
Nei suoi occhi, in quel verde
che pareva nero quella notte, comparve un lampo, un ricordo fugace
probabilmente, poi inaspettatamente una smorfia di dolore gli
deformò il viso.
-Eliminala.- gli ordinò l'altro soldato.
Lui portò il dito al grilletto, ma con uno scatto fulmineo si girò e sparò al suo "compagno".
-Presto ne arriveranno altri.-
disse girandosi verso di lei, di nuovo in sè -Salta da quella
finestra e vattenete.- le ordinò.
Vattene.
Un senso di nausea la prese alla bocca dello stomaco.
-Tu non verrai.- era un affermazione.
-No, non posso.-
-Si che puoi James...usciamo da tutto questo.- gli si avvicinò, lui mise una mano a frapporsi tra loro.
-Non è così semplic..- si portò la mano metallica alla nuca, mugugnando e stringendo i denti.
Che cosa gli stava succedendo? Cosa gli avevano fatto?
-Jam..-
-Vattene Natsha! Non so per quanto resisterò!- le urlò con più forza.
-Non senza di te.- insistette,
lui era l'unica cosa che non poteva permettersi di perdere, il KGB, la
Russia e tutto il resto potevano anche andare all'infermo ma di lui
aveva bisogno.
Stupida adolescente. Non
poteva non pensare a se stessa come ad una bambina, anche se all'ora
aveva già diciannove anni, era la miglior spia del KGB, la
miglior assassina che la Russia possedesse eppure in quella notte di
fine Maggio, davanti a quell'uomo non si era dimostrata altro che una
ragazzina attaccata ad un sentimento insignificante e sopravvalutato.
Sapeva in che razza di mondo vieva, ma aveva comunque deciso di
ignorare la prima regola che le era stata insegnata, la più
importante: non fiadrsi o affezzionarsi mai a nessuno.
Innammorandosi di lui non aveva solo infranto quella regola, l'aveva propio fatta a brandelli e con essa la propia anima.
-Te lo dico un ultima volta.-
Le sparò al fianco, stando a attento a non toccare organi vitali.
Il respiro le si mozzò
in gola,si portò subito le mani alla ferita, indietreggiando per
recuperare l'equilibrio. Non poteva stare davvero succedendo, la sua
mente rifiutava di registrare tutta quella situazione come vera, lui la
stava lasciando, la stava cacciando per non si sà quale
imprecisato motivo.
-Nat, se non te ne vai il
prossimo sarà alla testa, te lo giuro.- seppe che diceva sul
serio, lo seppe dal timbro imperioso che usò e dalle lacrime che
vide affiorargli agli occhi.
Si girò e saltò dalla finestra, che già crepata si frantumò, ferendola ulteriormente.
Era riuscita a raggiungere
un rifugio sicuro solo alle prime luci del mattino, si era medicata le
ferite ed era sopravvisuta a quella notte infernale.
Ricordava di essere partita dalla Russia il mese seguente.
Da allora erano passati
molti anni, era cambiata, cresciuta ed era diventata quello che era
ora: una spia, una bugiarda, un assasina, una donna cinica e sola.
Per anni gli aveva dato la
caccia ma lui e l'organizzazione per cui lavorava erano invisibili, non
faceva in tempo a trovare una pista che subito tutto scompariva di
nuovo nella nebbia; ma ora era uscito allo scoperto e lei era pronta ad
affrontarlo, aveva voluto che vivesse ed ora era giunto il momento per
la resa dei conti, a costo di ucciderlo avrebbe tagliato il filo che la
teneva legata a lui e si sarebbe finalmente liberata di quel cuore
ingombrante.
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