Sabato 17 aprile, ore 16,
commissariato "L'Aquila", Torino
Tre ore più tardi, Ghirodelli bussa alla porta
dell’ufficio di Terenzi
-Commissario, mi scusi, è arrivato il fax con la traduzione
della lettera-
-Bene, è come pensavamo noi?-
-Da una prima occhiata che ho dato, direi di sì. Tenga-
Il poliziotto prende in mano il foglio, non c’è
né la data né il luogo in cui è stata
scritta.
Nota con piacere che la prima parte è in italiano, mentre la
seconda è stata tradotta dall’interprete di Marz.
Il poliziotto invita l’ispettore a sedersi e, finalmente,
comincia a leggere ad alta voce:
“Cara Maria,
mi dispiace davvero
tanto darti un dispiacere così enorme, tale che
sarà difficile per te, ma anche per me, riuscire a placare.
Forse nemmeno a distanza di anni ci riuscirò.
Sì,
perché questa lettera che ora ti sto scrivendo con il cuore
pieno di angoscia e di amarezza, porterà alla tua dolce
anima solamente delusione e tristezza.
Io non sono morta, non
mi ha uccisa nessuno quella notte fatale di nove anni fa.
Posso immaginare la tua
meraviglia, il tuo stupore quando leggerai queste mie righe.
Lo so, starai pensando:
“La mia
Rebecca è impazzita! Mi vuole fare un brutto
scherzo!”
Almeno fosse uno
scherzo, un incubo, ne sarai felice, ma è arrivato il
momento di dire la verità ...
Sebastian ed io siamo
fuggiti in Brasile, a San Poalo, dopo che abbiamo ucciso Andrea Oliver,
la notte tra il 26 e il 27 Marzo 2006, e suo marito Markus
Schörell solo qualche giorno fa.
Andrea e suo
marito erano dei trafficanti di diamanti, io li avevo conosciuti
tramite Sebastian, ma ti giuro che lui, all’inizio, non
sapeva nulla dei loro sporchi traffici illeciti.
Podonskij, come si
faceva chiamare, aveva offerto un impiego a Sebastian circa dieci anni
fa.
All’inizio lui
credeva si trattasse di un lavoro pulito, perché
anche Schörell era un architetto come noi, ma poi tutto
cambiò: scoprimmo i veri piani di Markus solamente un anno
dopo, e orami era troppo tardi per poter fare qualcosa, per poterci
ribellare o denunciarlo. Anche noi, nostro malgrado, ci eravamo dentro
fino al collo.
Lui ci ricattava
perché aveva scoperto che mio padre si trovava in Sudafrica
ed era stato anche lui un trafficante di diamanti, per questo era
fuggito tanti anni fa, perché come noi anche lui voleva
smettere, ma non era riuscito ad uscire dal giro, così ha
dovuto nascondersi per tutto questo tempo.
L’ho rivisto
per la prima volta cinque anni fa e da allora ogni estate viene qui a
San Paolo a trovarmi.
Io non ho avuto il
coraggio di rivelarlo a mia madre, se dovesse capitare
l’occasione, ti prego, fallo per me, Maria cara.
Ti chiederai che cosa
c’entrassimo noi con il traffico di diamanti …
ebbene, Sebastian veniva costretto a fare dei lunghi viaggi tra
l’Europa e l’Africa, per portare nei due rifugi la
quantità massima di diamanti che potesse trasportare in una
sola volta: i soci di Podonskij nascondevano la polvere di diamanti
nelle cuciture dei pantaloni e delle giacche poi, una volta in
Sudafrica, con un metodo particolare a laser, ricostituivano
l’intero diamante.
Sebastian divenne un
fattorino talmente importante per Podonskij da non riuscire
più a farne a meno.
Il mio compito era
quello di nascondere i pezzi di diamanti nelle cornici dei miei quadri:
li riconoscevo perché queste erano di un colore
più chiaro, ed erano destinate ai pezzi grossi
dell’organizzazione.
Poi, quando
un’operazione stava quasi per essere scoperta dalla polizia,
Sebastian ed io aprimmo finalmente gli occhi: nonostante eravamo sempre
stati contrari, ma obbligati a svolgere quel lavoro perché
altrimenti Podonskij ci avrebbero uccisi, eravamo diventati complici di
quell’uomo.
Perciò
decidemmo di farlo ragionare, anche se sapevamo che sarebbe stato molto
difficile, infatti non riuscimmo a convincerlo a lasciarci in pace.
Così, su mia
idea, invitai a cena Andrea, sua moglie: lei è sempre stata
la mente dell’organizzazione, mentre il marito era il
braccio, il burattino abile nelle sue mani, ma pur sempre succube della
moglie rimaneva.
Organizzai tutto fin nei
minimi dettagli, ma all’ultimo momento Sebastian decise di
partecipare anche lui alla cena, perché diceva che noi si
fidava di quella donna, aveva paura che potesse succedermi qualcosa.
Io accettai, speranzosa
di uscire, una volta per tutte, da quel giro di azioni vergognose in
cui eravamo caduti.
Purtroppo avevo torto,
cara Maria, perché Andrea fu molto difficile da convincere:
provammo in qualsiasi maniera, la supplicammo, le giurammo che saremmo
spariti per sempre se ci avessero lascito liberi, ma lei
continuò a non darci ascolto, anzi cominciò a
minacciarci.
Poi, al momento del
caffè, mi venne in mente un’ idea: sai che io
soffro di insonnia, così misi nella sua tazzina una dose
delle mie gocce, sperando che, intontita, l’avremmo fatta
ragionare, invece divenne ancora più aggressiva.
Mi colpì con
un coltello e io tamponai la ferita con l’impermeabile di
Sebastian, per questo la polizia lo trovò macchiato del mio
sangue.
Ma, pochi minuti dopo,
ci rendemmo conto di aver sbagliato a fare i conti,
perché la dose somministrata era troppo elevata e lei non
era abituata: cadde a terra svenuta.
All’inizio
pensavamo che fosse un trucco per spaventarci, ma i minuti passavano e
lei continuava a rimanere inerte, immobile, perciò ci
rendemmo conto che era morta, che noi l’avevamo uccisa.
Sebastian allora perse
la ragione e con il posacenere la colpì alla testa per
inscenare una colluttazione.
La somiglianza tra
Andrea e me era notevole, perciò ci augurammo che nessuno si
accorgesse che in realtà quel corpo non era il mio.
Le mettemmo addosso
persino i miei vestiti, addirittura le tagliai i capelli allo stesso
modo di come li portavo io.
Nascosi tutte le prove,
dal posacenere, agli abiti e ai capelli, gettando tutto in un sacco
dell’immondizia che buttai per strada, in un cassonetto a un
paio di isolati.
Dopo preparammo le
valige: non potevamo più stare lì, Maria, lo
capisci anche tu!
Andammo
all’aeroporto per scappare: per nostra fortuna,
c’era un volo per San Paolo che sarebbe partito di
lì a poco, così decidemmo di prenderlo.
Avevo sempre sognato di
andare a visitare il Sud America, Sebastian me ne parlava spesso,
perché come tu sai, aveva vissuto un felice e sereno periodo
con i suoi genitori proprio in Brasile.
Tutto andò
come avevamo previsto fino ad una settimana fa, quando Markus
Schörell venne a conoscenza del nostro nascondiglio, e pretese
una rivincita sull’omicidio di sua moglie.
Ci scrisse che aveva
scoperto ogni cosa e, che se non volevamo che ci denunciasse
alla polizia, ci aspettava a Chateux, in Svizzera, dove si trova uno
dei suoi numerosi covi di diamanti.
Sebastian ed io eravamo
spaventati, ma lui prese una decisione: avrebbe preso un appuntamento
con Markus, sebbene io cercai di farlo desistere, perché era
inevitabilmente folle e pericoloso.
Sebastian
partì la sera stessa alla volta di Berlino, dove io gli
avevo pregato di portarti questa lettera e il ritratto della Madonna
che avevo dipinto per te.
Seppi che volle andare a
Torino per rivedere la bella città che ci aveva accolto
durante i nostri studi universitari e che, per colpa della sua
sbadataggine di non aver pagato il biglietto del treno, per pochissimo
il nostro piano andò in fumo …
Poi, finalmente, si
recò all’appuntamento e qui cercò di
farlo ragionare, ma capì all’istante che Podonskij
desiderava solamente una cosa: la nostra morte.
Disperato, Sebastian
inscenò il proprio finto suicidio: dopo aver colpito
Podonskij con un pesante ramo caduto da un albero, caricò il
corpo privo di vita nell’automobile al posto del guidatore e
spinse con tutte le forze la vettura, in direzione del fosso
sottostante.
Se un giorno leggerai
questa lettera, sappi che abbiamo sbagliato, che ho commesso un
gravissimo errore, ma che penso sempre a te con tanto amore e
devozione, Maria.
Ti abbraccio e ti bacio
forte, perdonami
Tua Rebecca
-E’ incredibile, è una storia davvero
incredibile!- commenta Ghirodelli, sbuffando come ipnotizzato dalle
parole che ha appena udito.
-Lo è, ma è una confessione scritta e, per quanto
amara, purtroppo è la verità.
Non oso immaginare come si sarà sentita suor Maria se e
quando avrà letto questa lettera.
Lei ha sempre creduto nell’innocenza di Perrez e ancora di
più era convinta che Rebecca fosse la povera vittima
immolata-
-L’importante, commissario, è che siamo riusciti a
chiudere in tempo il caso: rischiavamo di lasciare in
libertà quei due criminali!-
-Hai ragione. Certo, criminali lo sono eccome, ma anche quei due,
Schörell e la moglie, non erano proprio degli angioletti. La
cosa che mi rincuora è che perlomeno giustizia è
stata fatta-
-E il padre della Dünnerz? Thomas o come si chiamava? Dalla
lettera sembra che anche lui sia stato un trafficante di diamanti
… -
-Bravo, vedo che non ti è sfuggito nulla. Non abbiamo molte
notizie su di lui: sappiamo che dovrebbe trovarsi in Sudafrica e che,
d’estate, si reca a far visita alla figlia a San Paolo.
L’unica cosa che possiamo fare è aspettare che
Marz interroghi la Dünnerz e Perrez: mi sembra che la cara
pittrice sia abbastanza distrutta da quello che hanno fatto, quindi mi
auguro che crolli facilmente, rivelando anche il nome della
località in cui si nasconde il paparino, anche lui
delinquente-
Terenzi liscia un paio di volte il pezzo di carta tra le mani,
mordendosi distrattamente il labbro inferiore.
-Mi auguro che entro domani quei due siano assicurati alla giustizia
... quanto tempo ci vorrà per volare fino in Brasile?-
-Beh non saprei, commissario. Credo undici o dodici ore. Sul retro del
foglio, comunque, Marz ha scritto che andrà di persona con
un gruppo di agenti scelti a prelevare la Dűnnerz e Perrez. Hanno
già avvisato le forze dell'ordine di San Paolo: si
metteranno sicuramente all'opera fin da subito per rintracciare
l'indirizzo dell'abitazione dei due assassini-
-Ottimo!- l'uomo gira il foglio, dove trova scritto quello che
Ghirodelli gli ha prontamente illustrato.
-Avevano proprio studiato tutto nei minimi dettagli- prosegue
l'ispettore, incredulo per la perizia con cui era stato organizzato il
piano -la cena, il sonnifero, la ferita alla testa, persino
il dettaglio dei capelli! Mi perdoni la battuta, commissario, ma
potrebbero vincere l’Oscar per la migliore sceneggiatura!-
-Già- sorride il poliziotto - anche se sei un
po’ troppo generoso per i miei gusti, ispettore.
Per fortuna che quel pomeriggio alla stazione di Berlino Perrez non ha
pagato il biglietto e ha aggredito il controllore, altrimenti non
avremmo mai scoperto questa incredibile storia-
-Qualche volta siamo fortunati anche noi, commissario-
-Qualche volta sì- risponde abbozzando un sorriso sornione
-direi che per oggi può bastare, abbiamo fatto il nostro
dovere e ci meritiamo un bel week end rilassante-
-E la relazione per il questore?-
-A quella ci penso io, non preoccuparti. Lunedì mattina alle
dieci mi attende nel suo antro,
ehm, volevo dire ufficio: e comunque si dovrà accontentare
di quello che passa il convento, anzi no, di conventi non ne voglio
più sapere per un po’!- sancisce con un moto di
stizza il superiore.
-Perché dice così, commissario? Ha qualche
impegno mondano?- lo stuzzica il sottoposto
-Sai, Ghirodelli, sebbene non sembri, anche io, rarissimamente, ho
una vita al di fuori di questo posto! Quindi, per rispondere alla tua per nulla curiosa
domanda, sì, ho un impegno!-
-E potrei sapere con chi?-
-Vorrei ricordarti che non stai mettendo sottotorchio un malfattore! E
che, fino a prova contraria, anch’io ho diritto alla mia
privacy, come recita l’articolo … -
-Ho capito, commissario, non sia così presuntuoso! Ho
recepito l’antifona e me ne vado-
L’ispettore si alza dalla sedia e, un falso broncio di
accusa, comunica:
-Allora posso andare. Sa, anch’io ho una vita privata che mi
attende: tra un’ora dovrebbero venire a mettermi le manopole
del gas-
Terenzi trattiene una risata e, anche lui da bravo attore qual
è, continua a stare al gioco:
-Certo, vai pure, te lo sei meritato. Ci vediamo lunedì-
Ghirodelli è già oltre la soglia quando si gira
e, leggermente allarmato, domanda:
-Non avrà trovato una fidanzata!?-
Il commissario prima impallidisce e poi diventa rosso peperone:
-Ah, ispettore!- sbraita -la piantiamo di fare gli affaracci degli
altri! Ti ordino di uscire immediatamente dal mio ufficio! Sei peggio
di una vecchia zitella pettegola e inacidita! Forza, andale andale!-
Il sottoposto rilancia con un ultimo sorriso e, le mani intrecciate
dietro la schiena, assume l’andatura ciondolante di chi
è ubriaco, in questo caso, ubriaco d’amore
però.
Come avevano preannunciato le previsioni, il tempo è
notevolmente migliorato: la pioggia ha lasciato spazio a un timido sole.
Terenzi è seduto sul bordo della scrivania, tiene in mano il
biglietto da visita di Ginevra.
Si passa una mano sulla barba incolta, indeciso se telefonare o meno
alla ragazza.
Guarda l’orologio: sono le quattro e venticinque, forse fa
ancora in tempo a invitarla a cena, così decide di chiamarla
sul cellulare.
-Pronto?-
-Sono il commissario T…-
-Buona sera, commissario! Allora si è ricordato del
nostro appuntamento?-
-S-sì, glielo avevo promesso. La disturbo?-
Oh no, sto cominciando
ad agitarmi …
-No, non si preoccupi. Oggi il museo
è particolarmente tranquillo. E lei, come
sta? Ha risolto quel caso che mi ha accennato
l’altro giorno?!-
-Finalmente l’abbiamo risolto! Ora mi sento più
rilassato e più libero: se vuole glielo posso persino
raccontare!-
-Ah beh, se la mettiamo in questi termini, sa bene che non posso
resisterle!-
Un po’ di
coraggio, su …
-Senta, questa sera se è libera, le andrebbe di uscire a
cena?-
-Questa sera … uhm, mi faccia consultare l’agenda
…-
-Oh, se è impegnata non importa, cioè, possiamo
fare domani a pranzo o a cena o un altro giorno in cui è
più comoda o magari …-
Una mezza risata si leva dall’altro capo del telefono:
-Ma stavo scherzando, commissario! Sono onoratissima del suo invito,
anzi, veramente dovrei invitarla io per sdebitarmi del passaggio che mi
ha dato l’altra sera!-
Un sospiro di sollievo fa rilassare un po’ di più
Terenzi, bloccato come uno stoccafisso nella sua camicia ormai fradicia
di sudore, le gambe a penzoloni.
-Non si preoccupi, è stato un piacere poterla aiutare. A
proposito, notizie della bici?-
-Purtroppo nulla. Ma, come le ho detto quando ci siamo visti, i ladri
non hanno fatto un grande affare: andava a pezzi!-
- Sì, è vero, cioè, io non
l’ho mai vista, la sua bici intendo, però se mi
dice così … Allora accetta?-
-Non gliel’ho appena detto dieci secondi fa che sono onorata
del suo invito?! Sbaglio, commissario, o ha un po’ la memoria
corta?!-
-Scusi, ha ragione. Bene, allora a che ora passo a prenderla?-
-Sa una cosa? Cosa ne dice se passassimo a darci del tu? Insomma, non
vorrà passare l’intera serata a rispettare tutti
questi antichi convenevoli?!-
Uff, respira
profondamente …
-C-certo, sono pienamente d’accordo. Ehm, Ginevra-
-Benissimo! Io so solo che ti chiami commissario Terenzi, ma il tuo
nome qual è?-
-Alessandro, mi chiamo Alessandro …-
Ah, quanto sei patetico!
Il poliziotto si sistema meglio sulla scrivania e cambia orecchio.
-Oh ma che bel nome! Ho un cugino alla lontana che si chiama come te!
Cosa stavamo dicendo?-
-Dell’orario in cui vuoi che passa a prenderti …-
-Giusto, ottima memoria!-
Ma prima non mi ha detto
che avevo la memoria corta?
-Quindi?-
-Beh, alle otto e mezza può andarti bene o è
troppo tardi?-
-Va benissimo. Anzi, avrò anche il tempo per andare a
comprare le buste di insalata …-
-Sei un salutista?-
-Cosa? Oh no, cioè anche, ma è il cibo principale
che mangia Miss Marple … -
-Miss Marple!?-
Perché sto parlando a mezze frasi?
-Sì, è la mia tartaruga di terra. In
realtà me l’ha regalata tre anni fa la mia vicina
di casa, che le ha dato anche il nome, però adesso
è mia, anche se non gliel’avevo chiesta io di
portarmela e … -
-Ho capito. Comunque sia ne parliamo stasera. Altrimenti rischiamo di
non avere argomenti di cui parlare!-
-D’accordo, allora a più tardi-
-A più tardi, Alessandro!-
Terenzi attacca la cornetta, soddisfatto come Otto con il suo osso di
gomma tra le zampe, mentre la bocca si apre in un sorriso.
Comincia a piacermi il
mio nome! Accidenti, a che ora ha detto di passare a prenderla? Alle
otto o alle otto e mezza? No, mi sembra alle otto e mezza,
sì sì, di certo non prima.
Anzi, per sicurezza
arriverò dieci minuti prima e aspetterò in
macchina e …
Un pensiero improvviso balena nella mente del commissario che, dandosi
del grandissimo stupido e insultandosi abbondantemente con i migliori
epiteti che gli vengono in mente in quel momento, fa uno sforzo per
ritrovare la sua calma saggezza:
Il qui presente
commissario dei miei stivali non ha domandato l’indirizzo
alla sua bella … ehm, a Ginevra.
Che imbranato che sono!
Riprende il biglietto con il numero del cellulare della ragazza:
ricompone il numero ma gli squilli a vuoto segnalano che nessuno gli
può rispondere.
Ma si può
essere così stupidi?! Dove ho la testa?! Altro che
vicequestore, qui dovrebbero mandarmi sull’Aspromonte a
pascolare le capre!
Terenzi ritenta altre due volte e, facendo dei profondi respiri in
stile esercizi di yoga o, se preferite, corso pre-parto,
l’uomo prova una quarta volta.
-Scusami, ho visto le tue telefonate, ma non potevo rispondere!
E’ appena arrivata una comitiva di turisti australiani e
… tutto bene, Alessandro?-
-Oh sì, infatti ti ho chiamato tre volte perché
mi è venuta in mente una cosa …-
-Dobbiamo rimandare?- azzarda Ginevra, mascherando la voce leggermente
inviperita
-No no, non è per questo! E’ che non so dove
abiti, cioè, non mi ricordo esattamente: l'altra sera, quando ti ho accompagnato, pioveva ed era buio e c'eri tu, così prima non ti ho chiesto l’indirizzo e …
beh, se me lo dici lo scrivo su un foglietto, così non me lo
dimentico-
-Ahaha, sei proprio sbadato!- commenta divertita, poi, più
seria, precisa –in realtà poteva venire
in mente anche a me … comunque, abito dalle parti del
Valentino, in via Garibaldi n°60. Sai più o meno
dove si trova?-
-Certo- risponde lui, finendo di scarabocchiare il numero
civico -ti ricordo che hai a che fare con un commissario e,
dove non arriva il mio intuito, arriva il navigatore!-
-Sei proprio simpatico! Arrivo!!
Ora scusami, ma devo andare. Mi avranno dato per dispersa! A questa
sera, ci vediamo alle otto e mezza!-
-Sì, sì, certo. A più tardi
… -
Bene, almeno
l’orario me lo ricordavo corretto …
Terenzi scende dalla scrivania, prende il giubbotto
dall’attaccapanni, se lo mette sottobraccio ed esce
dall’ufficio ancora sorridendo, pronto per le buste
d’insalata da comprare e, ancora di più, per la
serata che lo attende.
NOTA DELL'AUTRICE
Ciao a tutti! Ed
eccoci al gran finale!
Anche quest'avventura di Terenzi è giunta al termine, mio (
e vostro, spero) malgrado.
Spero di non avervi delusa e mi scuso per la lunghissima assenza
dell'ulltimo periodo che, forse, vi ha un pò fatto
dimenticare l'intreccio e il filo conduttore di questa indagine.
Grazie di cuore ai magnifici recensori che mi hanno fatto sapere cosa
ne pensavano di questo giallo e mi hanno riempito di graditissimi
omplimenti!
Grazie davvero di cuore, vi abbraccio!
E grazie anche a chi ha letto!
Prossimamente tornerò con un'altra indagine di Terenzi , in
cui Ginevra sarà finalmente la sua fedele compagna!
A proposito, vi è piaciuta questa telefonata un
pò sui
generis? Vi aspettavate il famoso incontro tra Terenzi e
Ginevra in questi termini? Ho voluto scegliere qualcosa di diverso e,
spero, di non avervi deluso!
A prestissimo e ancora grazie a tutti!
Ah, un'ultima cosa! Vi
invito ad andare a leggere "L'uomo di cartapesta", che ho appena
pubblicato, nella sezione Romantico,
una storia a cui tengo moltissimo!
Per quanto riguarda l'altro mio racconto in corso, "Il centro
Arcobaleno" mi scuso ma appena potrò andrò avanti
anche con quello!
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