OSA SOGNARE.
Lesse il messaggio, accigliato.
Posò il cellulare, sbuffando, annoiato dai continui
messaggi di quella ragazzina che si era invaghita di lui.
Che palle.
Non era così che voleva che fosse la sua ragazza.
Non così bambina, non così vanitosa né così desiderosa di farsi correre dietro.
Aveva un disegno ben preciso in testa, e nessuna ragazza
con cui era uscito, fin’ora, vi si avvicinava lontanamente.
Bé, a parte… si, insomma… Lei.
Un sorriso si allargò sul viso.
C’era ricascato di nuovo. Come sempre, Lei era la
protagonista dei suoi sogni. Lei lo conduceva in una dimensione parallela, solo
sua, quello spazio che ognuno di noi dovrebbe possedere, in cui potersi muovere
a proprio piacimento: i proprio sogni.
Si accigliò nuovamente.
Si sentiva stupido; lì, da solo, in mezzo a una stanza
vuota a sorridere come un deficiente, senza apparente motivo. Chissà cosa
avrebbe detto il suo migliore amico, nel vederlo.
Eppure, era così che si sentiva ogni volta che ripensava a Lei.
Lei così semplice, Lei così unica, Lei così bella.
Lei che non aveva bisogno di avidi trucchetti per affascinarlo, con la sua
semplicità e la sua dolcezza lo aveva fatto andare fuori di testa.
Eppure, qualcosa non quadrava, in quel sogno.
Era come se un’interferenza lo rendesse meno nitido, in
quel momento.
D’improvviso si ricordò, ricordò tutti i passaggi della
loro storia.
Ricordò dell’adorazione che aveva lui per Lei, ricordò di
come si umiliava per lei, se ne rendeva conto ma non gli pesava, era servo suo,
al servizio di Lei e della sua bellezza…
… e fu ripagato dal dolore.
All’improvviso ricordò il volto angelico di quella
creatura, contratto dalla pietà nel comunicargli che era finita, nel
comunicargli silenziosamente che era destinato a soffrire a causa sua, perché il
destino aveva scelto così, perché se lui aveva trovato in Lei la metà perfetta,
per lei non era lo stesso.
Il sorriso si sciolse in lacrime.
Si lasciò andare, tanto era da solo, a tutto quel dolore.
Di nuovo.
Dopo così tanto tempo.
Piangeva di nuovo, la sua creatura angelica era sparita,
tra quelle lacrime si leggeva rabbia e disperazione, il volto tra le mani per
nascondersi anche a se stesso, per ripararsi da quella sensazione che gli
attanagliava lo stomaco ogni volta che ci pensava, rendendolo di piombo, e forse
procurandogli ancora un po’ di imbarazzo.
All’improvviso, tuttavia, cessò di piangere.
Asciugò le lacrime.
Era passato.
Era tutto passato.
Era al sicuro.
Aveva ripensato a quelle sensazioni, rivivendole una ad una
sino in fondo.
E solo ora, con la mente delucidata dal tempo, aveva
compreso tutto.
Non era propriamente quella ragazza la sua metà, ma Lei.
Quella ragazza donava il volto alla sua Lei, ma erano in
realtà due cose totalmente diverse.
Lui aveva passato mesi ad immaginare come avrebbe potuto
essere quella ragazza, idealizzandola come più gli piaceva, come più gli sarebbe
stato incline.
E quando la ragazza accettò di uscire con lui non poteva
crederci, tanto che la felicità lo aveva oscurato dalla realtà.
Non amava quella ragazza, amava Lei.
L’idealizzazione che ne portava il volto, il cui carattere
era, però, frutto della sua immaginazione.
”Mi sono innamorato di un sogno…” pensò tra sé, accennando un sorriso di
compatimento a sé stesso, “sono proprio patetico”.
Ma quando riuscì a confidarsi, quando riuscì a raccontare a
qualcuno di quel momento, quel qualcuno lo volle rassicurare, e forse ci riuscì.
Gli disse che, se c’è qualcosa in questo mondo a cui ci
dobbiamo disperatamente aggrappare, sono proprio i sogni.
Non c’è niente di anormale a sognare l’amore perfetto, è umano, è ciò che ci
spinge a cercarlo sempre.
Anche se poi, si sa, quando esso arriva non è mai come l’avremmo immaginato.
“Ma nel frattempo,” proseguì quel qualcuno, con un sorriso dipinto sulle labbra
e un’espressione decisa, “Osa sognare.”
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