DECLAIMER:
I personaggi appartengono a J.K. Rowling e la storia
è stata scritta senza scopi di lucro. Pertanto, si ritiene che nessun
diritto di copyright sia stato in alcun modo violato.
WARNINGS: NO SPOILER! Questa One-Shot
non tiene conto degli eventi del settimo libro, quindi leggete tranquilli
:) E’ ambientata intorno al
sesto/settimo anno, e può essere considerata un Missing
Moment. O anche no. Ma magari sì :D
Questo non ci è
dato conoscere, ma, sapete, gli ormoni sono la bocca della verità in
certi casi e se questo noi lo abbiamo capito a pagina 103 della Pietra
Filosofale, questo non vuol dire che per i nostri eroi non ci sia bisogno di
una spintarella ormonale un po’ più esplicita… u_u
Attenzione!
Anche se il Rating è Arancio, è particolarmente tendente al fulvo
brillante, quindi siete avvertiti C:
Arousal
Tutta colpa dei peperoni, senza
dubbio.
He's exploring the
taste of her
Arousal, so accurate
He sets off the beauty in her
He’s venus, a venus as a boy.
Venus as a Boy - Björk
Hermione fece un piccolo sorriso, facendo schioccare la
lingua contro il palato.
Le sue mani delicate scivolarono lungo il tessuto leggero che
costringeva i fianchi snelli, e le gambe scoperte dalla sottana troppo corta si
mossero invitanti sul posto.
Arrossì, sotto lo sguardo licenzioso che lui le
rivolse.
Una spallina della sottoveste nera che indossava scivolò
lasciva lungo la sua spalla esile, rivelando una porzione di pelle che fino a
quel momento lui aveva avuto la possibilità di immaginare solo nelle sue
fantasie più torbide. Lei si morse leggermente il labbro inferiore, un
lampo di eccitazione scurì gli occhi penetranti e solitamente limpidi di
lui.
Lo vide affondare maggiormente il corpo latteo e seminudo tra
i cuscini del grande baldacchino rosso e oro, il suo collo piegarsi da un lato nel
tentativo di regalare ai suoi stessi occhi una visione più spudorata
delle sue gambe, mentre lei saliva sul letto per raggiungerlo.
Ron si mise dritto, guardandola avvicinarsi a lui languida e
calda, come aveva sempre anelato vederla. Lei lo raggiunse, agile, e gli si
mise a cavalcioni sopra, stringendosi contro il suo corpo allenato e niveo,
mentre sentiva le braccia di lui cingerle la vita irruenti.
Sentiva le sue mani viaggiare lungo la sua schiena, sfiorare
sensuali il suo seno ancora malamente celato, frizionare le sue cosce nude e
strette intorno alla sua cintola.
Lo baciò aggressiva, quasi violenta, mentre sentiva
anche l’altra bretella arrendersi alle dita di lui e abbandonare la sua
spalla.
Un mugolio eccitato sfuggì dalle sue labbra mentre la
sottana volava oltre il bordo del letto; le labbra di lui che ora lambivano
vogliose il suo collo sottile e liscio si incurvavano in un sorriso depravato,
le sue mani toccarono impudenti le natiche nude di lei che fece un sospiro,
dissoluta e completamente abbandonata contro lui.
Lui l’afferrò possente per i fianchi portandola
sotto di sé e un risolino sorpreso sfuggì dalle labbra umide di
Hermione.
Ron si abbassò su di lei, spegnendo la sua risata
cristallina con un bacio feroce e famelico, mentre tutto di lui sembrava non
averne mai abbastanza di averla sotto il suo completo controllo. Ogni cellula
del suo corpo era sveglia e reattiva. L’eccitazione, l’euforia, la
mancanza di lucidità lo rendevano incontrollabile e voglioso,
insaziabile, vorace e osceno.
Hermione graffiò la sua schiena con le unghie curate,
poi lui sentì le sue dita insinuarsi impudiche nei suoi boxer. Ron
abbandonò la testa contro la sua clavicola e represse a stento un
gemito, mentre lei allacciava le gambe intorno a lui e lo attirava contro il
suo corpo nudo e immobilizzato dal suo peso.
«Hermione» sospirò Ron, mentre le dita di
lei si facevano più sicure e cupide.
Sentì i boxer cedere alla pressione che l’altra
mano esercitava sull’elastico, la gamba di lei strusciarsi contro il suo
corpo ormai completamente nudo, mentre il frusciare leggero
dell’indumento perduto si faceva sempre più indistinto.
Lui prese a baciarle il collo, di nuovo, con trasporto,
esaltato, smanioso.
Le baciò la clavicola, lo sterno, il seno. Hermione affondò
una mano nei capelli di lui, invitante.
Più la baciava, più voleva che la baciasse.
La bocca di lui lambì lenta ed esasperante il suo
stomaco,
le costole,
la pancia,
l’ombelico.
Gemette, ansiosa e lei lo vide sorridere debosciato e
soddisfatto della sua impazienza.
Sentì le sue labbra riprendere impietose la loro
tortura, le dita affondate nei capelli di lui che lo incitavano senza che vi
fosse un’intenzione conscia.
Le sentiva, spietate, su di lei, che scendevano e scendevano,
scendevano e…
Hermione si svegliò di soprassalto, la fronte
imperlata di sudore.
Sbatté per un attimo le palpebre fissando nel buio
del dormitorio femminile la parte superiore del suo baldacchino.
Boccheggiò, scioccata.
«Ma che...?-»
Si passò una mano sul viso, scostandosi i capelli
appiccicati alla fronte con un gesto stizzito e deciso.
Caldo.
Sentiva caldo.
Scalciò sdegnata le coperte pesanti che la coprivano, e con uno
scatto di reni repentino si sollevò a sedere togliendosi la maglia, rimanendo
con la camiciola da notte color avorio con cui soleva dormire nelle notti un
po’ meno rigide di quella.
Deglutì a fatica godendosi il breve sollievo dovuto
all’assenza dell’ingombrante ammasso di vestiario e girò la
testa alla sua destra; nel letto accanto, Lavanda Brown dormiva serena,
un’espressione pacata ad abbellirle i lineamenti aggraziati e rilassati,
e una mano smaltata elegantemente abbandonata sul cuscino poco distante dal
volto rotondo e pulito.
Era girata su un fianco, verso di lei, come se anche
nell’oscurità e nell’incoscienza le volesse far notare
quanto nonostante il sonno rimanessero ordinati i suoi bei capelli biondi e
quanto più bella di lei oggettivamente fosse.
Hermione emise un grugnito, contrariata.
Si passò le mani tra i capelli, mordendosi
nervosamente il labbro inferiore. A quel gesto inconscio il ricordo del suo
sogno le inondò la mente, incontrollabile.
I sospiri, i risolini, i baci famelici, i loro corpi sudati,
le sue piccole mani che afferravano vogliose il suo- Hermione si
censurò, avvampando.
Aria.
Aveva bisogno di aria.
Si guardò per un lungo momento intorno, i suoi occhi
innaturalmente sgranati e la gola secca. Osservò la figura di
Calì quasi completamente scomparsa sotto le
coltri rosso carminio, che si alzava e abbassava ritmicamente nel sonno; fissò
il vento piegare le fronde degli alberi della Foresta Proibita, gelido e
implacabile nonostante il mese primaverile; sentì Lavanda russare,
sgraziata.
Hermione si riscosse, disturbata.
Le lanciò uno sguardo corrucciato, poi con movimenti
lenti e goffi scivolò giù dal letto, scostando rumorosamente la
tendina semiaperta che la intralciava non preoccupandosi di svegliare le sue compagne
di stanza, certa che se Lavanda non si fosse svegliata a causa del suo stesso
ronfare, le tendine non avrebbero certamente creato disturbo.
Si mise in piedi e si diresse risoluta verso il bagno,
facendosi aria con la mano.
Inciampò su Storia
di Hogwarts abbandonato ai piedi del letto,
andò a sbattere contro il baule di Calì e pestò la coda di
Grattastinchi, che si gonfiò e tutto impettito le soffiò contro, adirato.
Imprecante e sofferente Hermione raggiunse la toilette, chiudendosi dentro con
un gesto secco e accendendo la luce non prima di aver rotto un paio di
flaconcini al cardamomo che Lavanda custodiva imprudentemente su un ripiano
accanto all’interruttore.
Guardò la sua immagine riflessa allo specchio.
I capelli scompigliati e gonfi, il corpo sudato e il viso
accaldato le davano un’aria tanto scomposta da sembrare una selvaggia.
Aprì il lavandino e si sciacquò il volto con
una quantità d’acqua tale che sembrava quasi che sperasse di poter
cancellare il ricordo di quello che stava sognando fino a qualche minuto prima.
Gemiti, carezze lascive e scene di schiene possenti e
graffiate riaffiorarono nei i suoi pensieri, impetuose
e ammiccanti.
Arrossì di nuovo, violentemente.
«Per i calzettoni di lana di Merlino, Granger» borbottò contro il suo riflesso
cercando di darsi un contegno, «…dovresti
vergognarti! Sei…sei…» sembrò
talmente inorridita e sconvolta e infuriata che dovette sforzarsi per trovare
un termine che si adattasse al suo stato d’animo. «- Sei…una Donna Scarlatta, ecco cosa!» si
lanciò un’occhiataccia, sdegnata.
Non era una che faceva cose del genere, lei, proprio no.
– se lo disse guardandosi negli occhi, impettita e risoluta.
Quasi convinta, persino.
Insomma, era un prefetto, aveva delle responsabilità,
degli obblighi, doveva dare il buon esempio. E pensare cose simili del proprio
migliore amico contro cui aveva scagliato per gelosia
uno stormo di canarini invasati per la sola colpa di essersi trovato una
ragazza – no, no, era decisamente non da lei.
Hermione si accasciò sul bordo della vasca,
sospirando.
Non riusciva proprio a spiegarselo. Okay, era innegabile che
da un certo tempo a quella parte lei provasse una sorta di concitata
sovreccitazione quando lui le stava affianco.
O quando le parlava.
O quando la sfiorava per sbaglio.
O quando la pregava di copiare i compiti.
O quando lui aveva detto di amarla.
O quando- beh, era un po’ che si sentiva così,
insomma. Ma arrivare a quel punto, fino a sognare quelle cose – e che
sogno poi! Così reale, tangibile e concreto - le sembrò quanto
mai eccessivo.
«Non mi chiamo mica Lavanda Brown»
borbottò a mezza voce passandosi una mano dietro la nuca.
Si sentiva arrabbiata.
E imbarazzata.
E su di giri.
E nauseata.
Quello, però, forse era colpa dei peperoni che aveva
mangiato a cena.
Hermione sbuffò, massaggiandosi lo stomaco.
Possibile fosse quella la causa del suo malessere? Eppure
nel suo corso di studi non aveva mai letto che i peperoni avessero
proprietà afrodisiache o eccitanti.
Magari però erano tossici.
Indugiò per un attimo su quel pensiero e l’idea
di essere stata traviata dal fantomatico peperone allucinogeno si
insinuò in lei, diventando incomprensibilmente certezza ai suoi occhi.
«Tutta colpa dei peperoni, senza dubbio.» disse,
e si alzò dalla vasca, sollevata per essere riuscita a trovare una
spiegazione che escludesse che lei fosse stata irrimediabilmente sconfitta da
una crisi ormonale dovuta a un amico troppo poco amico e troppo tutto il resto.
Aprì la porta del bagno e tornò in camera,
rincuorata dalla sicurezza che i suoi sogni sconvenienti non fossero altro che
frutto di cibo avariato. Nel buio urtò il comodino di mogano lì
accanto, inciampò sui mocassini di Calì e pestò la coda di
Grattastinchi, che scioccamente aveva creduto che fosse sufficiente cambiare
posto per salvarsi dalla sua padroncina innaturalmente turbata.
Il gattone soffiò, fece per graffiarla, ma nel buio la
mancò, finendo con il rotolare su se stesso arreso alla forza di
gravità.
Hermione sospirò, arrestandosi a due passi dal letto,
a qualche centimetro da Storia di Hogwarts.
E se una volta addormentata i peperoni tossici le avessero
giocato di nuovo un colpo basso? No, non poteva permetterlo. Fece una piccola
giravolta su se stessa e si diresse spedita verso la porta del dormitorio.
Si ritrovò in Sala Comune nel giro di qualche
secondo. I suoi occhi fecero una distratta ricognizione della stanza in
penombra, illuminata dal debole focherello che ancora resisteva nel camino.
Guardò il pendolo: l’una del mattino.
Si trascinò pigramente verso la finestra e la
spalancò, ispirando a pieni polmoni l’aria gelida che odorava di fiori.
La sua pelle si tese a contatto con il freddo, sensibile e rinvigorita.
Hermione sorrise.
Il freddo era ristoratore, il freddo le avrebbe fatto
dimenticare ciò che i peperoni avevano provocato, il freddo era suo amico.
Molto presto la sua mente sarebbe stata libera dalle visioni di Ron nudo, di
Ron su di lei, di Ron che la possedeva impetuoso su qualsiasi superficie solida,
di Ron nudo su di lei che la possedeva impetuoso su qualsiasi superficie
solida.
Hermione scosse la testa, sentendo le guance riscaldarsi
nonostante la temperatura rigida e il suo cuore cominciare a battere violento.
Sbuffò, mentre nella sua testa la lingua lasciva di Ron continuava a
vagabondare sul suo corpo asciutto e fremente.
Conficcò le sue unghie nei palmi, stizzita.
Era tempo che il freddo si desse una mossa, decisamente.
«Cosa miseriaccia stai facendo?!
Hai forse intenzione di prenderti un malanno?»
Il sangue di Hermione raggelò nelle vene.
Avrebbe riconosciuto quella voce tra milioni; tra tutte le
voci di tutte persone di tutta la terra.
Avrebbe riconosciuto quella voce anche se
fosse stata sorda.
Si girò di scatto, avvampando: di fronte a lei, Ron Weasley era appena entrato dal buco del ritratto e ora la
stava fissando, interrogativo.
Hermione cadde nel panico.
«Che ci fai qui?!» la
sua voce suonò acuta, stupefatta e sdegnata. Si spostò velocemente
dalla finestra, come se l’avesse sorpresa a fare qualcosa di sbagliato.
Ron la guardò per un altro attimo, poi le si
avvicinò, circospetto.
«Ho appena finito il mio turno di ronda,
Hermione.» le disse, cauto, «Oggi è venerdì, ricordi?»
No, non ricordava.
«Certo» mentì lei, cercando di darsi un
tono. «Solo che è tardi, credevo fossi già tornato»
si schiarì la gola, mentre Ron chiudeva la finestra evitando di
guardarla.
«Ho beccato due piccioncini del quarto anno che si
stavano dando da fare in un’aula» lui rise e le rivolse
un’occhiata giocosa raggiungendo la poltrona cremisi
di fronte al camino e accasciandocisi malamente sopra. «Tu invece, come
mai ancora sveglia a quest’ora?»
Hermione si strinse nelle spalle, appollaiandosi sul
bracciolo della poltrona più lontana possibile da lui.
«Ho fatto un brutto sogno» disse solo, apparentemente molto presa
un’irregolarità del pavimento.
Ron si mise dritto, guardandola.
«Va tutto bene?
C’entrava Tu-sai-chi, forse?»
Il tono premuroso con cui le si rivolse le riscaldò
il petto. Da quando lui e Lavanda si erano lasciati le cose andavano meglio,
senza dubbio. Lui era più gentile, più ragionevole,
più…uomo, si ritrovò a pensare Hermione un giorno con un
sorriso imbambolato sul viso.
Alzò gli occhi su di lui e gli rivolse un piccolo
sorriso che gli fece arrossare le orecchie.
«No…solo un brutto
sogno – cioè. Non brutto, brutto veramente. Anzi brutto per
niente, però era meglio che non lo facevo, tutto qui»
Ron le rivolse uno sguardo indagatore, un sopracciglio fulvo
naturalmente inarcato.
«Ti va di parlarmene?»
«NO!» strillò Hermione senza una ragione
apparente, diventando tutta rossa. Il volto di lui era indecifrabile ora.
«Oh, okay» mormorò e si issò dal
divano, rabbuiato. «Credo che…andrò a dormire adesso»
«Ron, scusami» disse subito lei, alzandosi a sua
volta. Il suo tono di voce era dolce, carezzevole, quasi supplichevole.
«Non volevo risponderti male»
Lui rimase interdetto sul posto, fissandola; non capitava
spesso che lei si scusasse con lui.
Non capitava mai.
I suoi occhi indugiarono sulla sua figurina esile: il suo
sguardo era seriamente mortificato e le sue guance erano rosse da quando lui
era entrato. Aveva i capelli gonfi e intrecciati, la camiciola larga lunga fino
alle ginocchia era tutta stropicciata e lei era sudata.
Sembra una selvaggia,
rifletté Ron arrossendo miseramente nel momento stesso in cui
formulò il pensiero.
Si schiarì la gola, passandosi una mano tra i
capelli.
«Non fa niente» disse,
la sua voce leggermente strozzata.
Lei fece un respiro profondo, tremando sotto i suoi occhi
limpidi. Sentì i battiti del suo cuore aumentare, una nuova ondata di
calore che si impadroniva del suo petto.
Si passò una mano sullo stomaco, gemendo
frustrata.
«Qualcosa non va?» le chiese lui, che la stava
fissando, titubante.
«Tutta colpa dei peperoni, senza dubbio»
borbottò di nuovo Hermione più a se stessa che a lui. Alzò
lo sguardo su Ron che ora la stava guardando divertito. «I peperoni mi
sono rimasti sullo stomaco» spiegò imbronciata mentre si sedevano
sul divano.
«Oh, ma stasera sono stati
squisiti! Mai mangiati peperoni così buoni. È strano che tu non
li abbia digeriti»
Hermione boccheggiò.
«Troppo sale» tentò, irrazionalmente.
Ron la fissò in tralice leggermente dubbioso, ma non
disse nulla.
In fondo quella intelligente era lei. «E poi Lavanda
russa, non sarei riuscita a dormire comunque»
Colpo basso, Hermione,
pensò lei mordendosi la lingua.
Ron scoppiò a ridere, sinceramente.
«Sei perfida Hermione!» disse con gli occhi
ridenti, guardando il suo profilo.
Lei si girò verso di lui.
«Non lo faccio apposta!» disse concitata, «È che stasera…oh non lo so. Sento caldo»
«Magari stai covando
l’influenza. Certo, stare così scoperta davanti alla finestra di
sicuro non aiuta» mormorò senza guadarla,
con il collo che si arrossava. Non c’era malizia nella sua voce, ma
quello che aveva detto imbarazzò entrambi.
Hermione guardò distrattamente il suo petto, sperando
che la sua camicia da notte non rivelasse troppo.
«Nessuna influenza, è tutta colpa dei
peperoni» ripeté lei, convinta. «Se non li avessi mangiati a
quest’ora sarebbe tutto a posto e io non sarei così turbata»
«Oh, andiamo Hermione, i
peperoni non possono esserne la causa. Mamma mi diceva sempre che fanno bene!
Ci dev’essere qualcos’altro»
Lei lo guardò di sottecchi serrando le mascelle.
Tu, brutto Troll fulvo
e ciondolante! Hermione dovette sforzarsi per non urlarglielo contro. Tanto
a che serviva prendersi in giro così? Peperoni o no lui l’avrebbe
tormentata per sempre.
Se ne rese conto lì, sul quel divano, in quel
momento, con lui affianco. Serrò i pugni sulle ginocchia e il suo sguardo
assunse un cipiglio rabbioso; Ron temette di averla fatta arrabbiare.
«Sei sicura di stare bene, Hermione?»
mormorò, avvicinandosi a lei. Le sfiorò la fronte con due dita e
lei si irrigidì. Ron arrossì violentemente e ritirò
immediatamente la mano. «Scusa» disse con un filo di voce, non
guardandola negli occhi.
Hermione gli rivolse uno sguardo talmente colpevole e pieno
d’amore che lo avrebbe riempito completamente se solo l’avesse
visto.
«Non devi scusarti ogni volta che mi tocchi,
Ron.» gli disse, ed esitante poggiò la sua mano su quella di lui.
Lei lo vide osservare le loro mani una
sopra all’altra, sorrise guardando le sue orecchie assumere una tinta
simile a quella dei capelli. Ron deglutì a fatica e girò la mano
in modo da far combaciare i loro palmi. Lentamente, di nascosto a tutto il
resto del mondo.
Piegò appena le dita, incrociandole con quelle di
Hermione che lo guardò con tenerezza mentre un nuovo calore, diverso, si
propagava nel suo petto colmandola.
Ron alzò gli occhi, incrociandoli con quelli gentili
di lei.
Il suo sguardo colmo di dolcezza, il sorriso tenue che
aleggiava ai lati delle sue labbra rosee, le guance sane che si accendevano
ogni volta che le era accanto lo investirono,
irrimediabilmente.
Erano lì, occhi negli occhi, mano per mano, entrambi
con il cuore talmente gonfio d’affetto che sembrava stare stretto nella
gabbia toracica e un’espressione consapevole dipinta sui loro volti.
Lo sguardo di Ron si abbassò, arrivando alla bocca di
lei.
Era rossa, umida, invitante.
Inghiottì appena e Hermione poté giurare che
la testa di lui si fosse leggermente inclinata, avvicinandosi a quella di lei.
Ron inspirò e lei percepì il suo respiro
vicinissimo.
«Hermione» esalò lui, con un tono simile
a come lei aveva sognato.
Abbassò lo sguardo sulle labbra di lui, mai state
così vicine, mai così reali.
Lo vide socchiudere gli occhi, sentì il suo cuore
fare un balzo, in procinto di esplodere.
La pressione delle loro dita aumentò, sicura, decisa,
implacabile.
Hermione sentì il suo respiro bloccarsi nei polmoni,
le farfalle nel suo stomaco agitarsi furiose. Socchiuse gli occhi, mentre una
frenesia improvvisa risvegliava tutto il suo corpo rendendolo sensibile anche
al tocco più insignificante.
Era arrivato il momento.
Sei anni di litigi, sei anni di risate, sei anni di lacrime,
sei anni di amore malcelato dall’amicizia erano tutti per quel momento.
Era arrivato il momento, loro lo sapevano.
…ma Grattastinchi no.
Il gattone fulvo balzò in grembo a Hermione,
graffiando vendicativo il suo avambraccio. Si girò verso Ron e gli
soffiò contro, accoccolandosi su di lei.
I due si allontanarono repentinamente l’uno
dall’altra, troppo scioccati anche solo per guardarsi negli occhi.
«Stupido gatto» imprecò Ron, furioso.
Si aspettava che lei lo riprendesse in qualche modo, che se
ne uscisse con uno dei suoi soliti ‘Non
essere immaturo, Ronald’, ma non disse nulla. Stava fissando il suo
gatto con troppo odio e risentimento per poter badare alle parole di Ron.
Rimasero qualche istante in un gelido silenzio, entrambi immersi
nei propri pensieri, entrambi troppo impegnati a sperare di poter essere inghiottiti
dalla poltrona dal troppo imbarazzo.
«Credo sia ora di andare a dormire»
sussurrò Hermione a un certo punto, facendolo sobbalzare.
Ron si schiarì la gola, rivolgendole uno sguardo di
sottecchi.
«Già» mugugnò lui, alzandosi. Lei
lo imitò subito dopo, trattenendosi appena dal gettare il suo gatto
tutto fusa nel camino.
«Buonanotte Ron» mormorò lei, facendogli
un piccolo sorriso. Si guardarono per un lungo attimo e per un secondo lei ebbe
la sensazione che lui si fosse chinato impercettibilmente su di lei.
Il solo pensiero la rese agitata,
euforica.
«Buonanotte Hermione» la sua voce era
strascicata, roca, il suo sguardo indecifrabile.
Lui la vide indugiare i suoi occhi ancora sulle sue labbra,
poi con una piccola giravolta raggiunse correndo il suo dormitorio stringendo
Grattastinchi talmente forte al petto che Ron sperò avesse intenzione di
soffocarlo.
Quando sentì la porta chiudersi, Ron si
accasciò sul divano, senza parole.
Se solo non ci fosse stato quello stupido gatto.
Se solo avesse avuto un briciolo di coraggio in più.
Se solo lui non fosse solo Ron e lei non fosse così
tanto Hermione.
«Se solo…» sospirò, chiudendo gli
occhi.
Nella sua mente, l’immagine della bocca di Hermione si
fece subito nitida.
Poteva immaginarla, quasi percepirla sulla pelle, mentre le
sue labbra lo torturavano leziose, mentre i suoi muscoli si tendevano a
contatto con la lingua inesperta e avida di lei che gli assicurava di essere completamente
sua a ogni bacio, a ogni carezza, a ogni gemito, a ogni spinta.
Ron spalancò gli occhi, un peso che gli gravava sullo
stomaco e le orecchie che gli andavano a fuoco. Si mosse nervosamente sul posto
e si rese miseramente conto di aver bisogno di una doccia fredda per calmare i
suoi bollori da diciassettenne stregato dalla sua migliore amica.
Emise un grugnito passandosi una mano tra i capelli, il suo
stomaco completamente sottosopra.
«Maledetti peperoni».
fine.
Ed eccoci qui! :D
Prima di tutto ringrazio
infinitamente elettra1991, Domina, mica, MiaLovesYou, pk82, robby,
TINAX86, Pervinca Potter 97, hermione_06, ste89, Arkadio,
EDVIGE86, CrisSunrise, la Nonna Giuly
Waesley e Marty McGonagall per aver commentato la
One-Shot Like Lovers Do anche se come hanno detto robby e Arkadio non me lo
meritavo e avrei dovuto ricevere una quantità disumana di carbone per
aver mollato tutti gli aggiornamenti così .-.
Avete ragione
ç___ç
*me
tapina, me derelitta*
*si frusta con le
cuffiette dell’iPod*
Grazie infinite, davvero
:) mi avete fatto sentire come se non me ne fossi mai andata.
Parlando delle fic che porto avanti ormai da qualche millennio, prometto
che non lascerò nulla incompleto, potete stare tranquilli :D
Ho in mente ancora un’altra One-Shot, ma un Missing Moment di SUO potrebbe essere alle porte.
Che altro dire, questa Shot è stato il mio primo tentativo con tematiche un
po’ oltre il solito Rating Giallo e non sono del tutto certa di essere
riuscita °-° Spero di avervi fatto passare una decina di minuti
spensierati, comunque =D
Ora che ne dite di
lasciarmi un commentino? Un saluto? Un insulto per i
mancati aggiornamenti? Eh, eh, eh? Io so che voi sapete che inconsciamente lo
volete… u.u
*agita l’amuleto e
ipnotizza i lettori*
‘Lasciate un commeeeento O.O
Lasciate un commeeeento!’
xD
A presto
:D