LE
ATTENZIONE: Fanfiction ad
alto contenuto di spoiler: se ne sconsiglia la lettura a chiunque non
voglia rovinarsi la sorpresa.
Questa storia fa par la
maggior parte riferimanto alle prime puntate della sesta stagione di
Cold Case, non ancora trasmessa in Italia; verranno citate singole
frasi o addirittura scene (anche se non integrali) trasmesse negli
episodi 6x01 e 6x03 (oltre che nelle ultime puntate della quinta stagione), non necessariamente nell'ordine in cui sono
apparse. Per la traduzione dall'inglese ho utilizzato i sottotitoli
forniti da ITASA, perciò potrebbero esserci delle differenze rispetto
alla versione che verrà trasmessa doppiata in italiano.
Anche i fatti inventati
sono verosimili con la trama del telefilm, pur trattandosi della mia
interpretazione di semplici allusioni fornite dai dialoghi tra i
personaggi.
So di andare un po'
contro corrente nello scrivere una storia pro Eddie Saccardo;
non me ne abbiano i fan della coppia Lilly/Scotty.
Quando aprì gli occhi lui se n'era già andato.
Lilly Rush guardò l'ora. Era ancora presto, ma sapeva che in quel
momento Eddie era già nelle viscere di Filadelfia a fingere di essere
chissà chi. Non le aveva raccontato nulla di quell'incarico sotto
copertura, ma non se la prese: era un poliziotto che faceva il suo
dovere, e Lilly lo capiva alla perfezione.
Chiuse gli occhi, e tentò di ricordare le sensazioni di quella notte:
le sue mani, i suoi baci, il suo profumo, le parole che le aveva
sussurrato all'orecchio con voce roca. Le sembrò di sentire le sue
braccia avvolgerla, la sua pelle contro la sua pelle, i loro cuori
all'unisono.
Olivia saltò sul letto.
Lilly riaprì gli occhi, e tutto svanì.
La gatta la fissava con l'occhio buono, e lei cominciò ad accarezzarle
il pelo fulvo. Olivia miagolò di piacere e cominciò a fare le fusa.
Sospirò.
Le immagini della sera prima cominciarono ad affollare la sua mente.
Cominciò a ridere al ricordo della faccia che Eddie aveva fatto vedendo
tutti i birilli cadere: lo stava stracciando a bowling, e lui non
voleva ammetterlo. Uomini.
E poi... e poi quella telefonata. Tutto rovinato.
- Cercavo di prendere
tempo. - Lo sguardo di Eddie era rassegnato. - Dirgli che... ci vorrebbe
qualcun altro. -
- Invece si tratta di
te. -
- Già. -
- Ottimo, quando? -
- Parto stasera tardi. -
Per un istante si era sentita scivolare il terreno sotto ai piedi, ma
da brava poliziotta esperta del bluff non lo diede a vedere. Così poco
tempo, così tanto da fare e da dire.
- Quindi, cosa
significa? Ti precipiterai in città, coperto dall'oscurità, e mi
lascerai lettere segrete se prometto di non far saltare la tua
copertura? -
- Avrei dovuto dirtelo
prima che tu approfittassi di me. -
Povero Eddie: si sentiva in colpa per averla illusa. O forse la amava
veramente?
- Sentirai la mia
mancanza. - gli aveva detto: Lilly sapeva che gli sarebbe
mancata più di quanto lui non fosse mancato a lei.
E poi quel bacio. Quei pochi istanti le erano sembrati eterni: avrebbe
voluto che lo fossero.
Se ne erano andati da là, poi a bere un bicchiere, e infine a casa.
Assieme.
Lilly si alzò dal letto e si avviò verso il bagno coperta solo dal
lenzuolo. Sperava che una doccia le avrebbe schiarito le idee.
L'acqua scivolava sul suo corpo, ma non spazzava via i suoi pensieri.
Diamine, all'inizio non le piaceva neanche, con quell'aria da sbruffone
e il cappellino all'indietro. Era rozzo, volgare, stafottente...un vero
testa di cazzo!
Cercava di ricordare quando aveva cominciato a provare qualcosa per
lui, ma non le veniva in mente.
Non era certo stato al loro primo incontro: le aveva scattato una foto
col cellulare...cafone. E poi quell'aria da so-tutto era tremendamente
irritante. Ma la cosa peggiore era il fatto che aveva la bocca sempre
piena: era nauseante guardarlo mentre sgranocchiava quelle costicine.
Passandosi lo shampoo tra i capelli Lilly pensava a quanto lo aveva
odiato, e non si capacitava di come avesse potuto fare lei la
prima mossa.
- Due di qualsiasi cosa
abbia preso lui. - Che approccio stupido.
- Detective Rush... Ti
direi che si molto sexy, ma sarebbe un'inappropriatezza nei confronti
di un collega. - Ma come parla?
- Non sia mai.
"Inappropriatezza" è una parola? -
- Dovrebbe esserlo. -
- Mi sono avvicinata
perché ho una cosa da chiederti. -
Brava, complimenti, ottima scusa!
Però non era solo una scusa: voleva veramente sapere di più su quello
che aveva detto a Priscilla Chapin.
- Io devo capire: come
fa una madre lasciare suo figlio in balia di sé stesso? -
Aveva capito subito di aver parlato troppo: non era stata la poliziotta
a fare quella domanda, era stata la figlia di una madre alcolizzata a
parlare. Si era sentita nuda. E poi con sua gran sorpresa era stato lui
a prendere in mano la situazione, lui a mostrare le sua debolezze.
- E' come quando sei
bambino, e corri via lungo la strada, davanti ai tuoi genitori. E'
questo che provi, la prima volta che ti fai. Ti senti libera, leggera
come l'aria. E lo senti che ti chiamano, ma non ti interessa. Non è
vero? -
- No. - aveva
risposto Priscilla.
- Senza accorgertene non
sai più come tornare a casa. Tu cercavi una via per tornare, senza
l'aiuto di nessuno. Non ti sei fatta quella sera, è così? -
In quel momento Lilly avrebbe voluto chiedergli molte cose, ma non
c'era tempo: Priscilla doveva riabbracciare il piccolo Max.
Era in gamba, doveva ammetterlo: aveva fatto parlare quel tipo nel caso
Doyle...lo aveva spaventato a morte, ma lo aveva fatto parlare!
E poi così maledettamente perspicace...
- Che c'è? -
La stava fissando troppo.
- Perché te ne stai
occupando? -
- Ci vuole un motivo
speciale? -
- Cos'è, hai un debole
per i bambini? O per i tossici? O magari per tutti e due? - Sei
fuori strada Saccardo.
- Figli di madre
tossica. - Bingo.
- Faccio solo il mio
lavoro, Saccardo. Ecco tutto. -
Maledizione, quell'uomo sembrava fatto per leggerle nel pensiero.
Eppure la cosa non le dispiaceva.
Lui non le dispiaceva.
Asciugandosi i capelli con l'asciugamano ricordò il turbamento che
aveva avuto quando stava andando a parlare con Priscilla in prigione, e
di come avesse perso la capacità di mettere in fila due parole sensate
quando si erano incrociati in centrale.
- Lo sai parlare
l'inglese? - le aveva chiesto Vera. Accidenti: come aveva
potuto balbettare come una ragazzina di fronte a un collega?
Beh, non è facile controllarsi quando il protagonista incontrastato dei
tuoi sogni erotici ti si para davanti all'improvviso, e da qualche
tempo Saccardo era presente nelle sue fantasie oniriche più di quanto
volesse: tutta colpa di quell'occhiata che le aveva rivolto. Ma almeno
non aveva più incubi sulla sparatoria.
L'aria calda del phon le colpì i capelli dorati.
Riprese il ricordo di quella sera in cui ci aveva spudoratamente
provato.
- Perciò ti chiedi: "che
ci fa un tssicomane pentito in un bar?" -
- Quello, oppure...
forse sei un bugiardo più bravo di me. -
- Bugiardo? Io ci
considero più dei... narratori. Sai, della serie: "Mi sono avvicinata
perché ho una cosa da chiederti". - Beccata!
- Quella non era una
staria. - Che bugiarda: lui l' aveva capita e lei
continuava a fare finta che non fosse così.
Ma la sorpresa doveva ancora arrivare.
Lilly non riuscì a trattenersi e cominciò a ridere di gusto pensando a
quello che il barista aveva posato di fronte a loro: chissà perché lo
aveva inquadrato come un tipo da birra, invece aveva ordinato un Apple
Martini. E lei, senza saperlo, pure.
- Appletini. Qual'è il
problema? -
- Sei in un'associazione
di femminucce? -
- E' buono. Non
criticare le cose buone. -
E aveva proprio ragione: non si criticano le cose buone.
Vestendosi Lilly pensò che non ce l'avrebbe avuta con Eddie perché per
mesi non l'avrebbe più visto, o addirittura non l'avrebbe visto mai più.
Sapeva benissimo a cosa sarebbe andata incontro stando con lui: era un
poliziotto della narcotici.
Il giorno dopo quella prima notte passata assieme aveva capito che lui
non ci sarebbe stato sempre, che sarebbe dovuto andare presto sotto
copertura.
Perciò aveva assaporato ognuno di quei momenti.
Non era stato solo sesso: certo, quello c'era stato eccome, intenso
e soddisfacente, tanto da farle perdere un orecchino.
Ma le aveva anche ridato speranza, fiducia in sé stessa, si
era sentita di nuovo desiderata, centro del mondo di qualcuno. L'aveva
fatta ridere, l'aveva ricoperta di attenzioni, conosceva i suoi gusti,
era stato dolce nel suo strano modo di fare.
Prima di chiudere la porta di casa si assicurò che le ciotole dei gatti
fossero piene.
Lilly chiuse gli occhi, come in una muta preghiera. Fa che non gli
capiti nulla di male.
Guardò l'ora.
Era tardi: un caso stava aspettando una soluzione.
Addio Eddie. O forse...arrivederci.
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