Summer Solstice
Nb:
prima volta che scrivo roba del genere, non ho idea di
come inquadrarla, inoltre sono negata con i rating, quindi se trovate
qualcosa
che vi disturba o che non coincide con il rating che ho dato io,
fatemelo
sapere e provvederò a modificarlo. Grazie
per l’attenzione :)
Non
poteva crederci! Anzi, non voleva
crederci!
Eppure
i fatti erano chiari e schiaccianti, assolutamente
incredibili, per quanto a lei sembrassero impossibili: Kristoff si era
dimenticato del suo compleanno! Come aveva potuto dimenticarsene? Lei
glielo
aveva ricordato almeno ogni giorno nell’ultimo mese,
apertamente o con frasi
furbe e studiate. Stavano assieme da tre anni, si conoscevano da quando
ne
avevano dieci, e lui l’aveva comunque scordato. Assurdo!
Quella
mattina non c’era stato nessun bacio di buon
compleanno, né un muffin con una candelina ad attenderla in
cucina, né
tantomeno la stupida canzoncina, né nessuno stupido tanti
auguri dallo stupido
Kristoff!
“Idiota.”
sibilò tra sé, digrignando i denti.
In
quel momento, chiusa nel suo piccolo ufficio con
un’infinità di lavoro da svolgere, non riusciva a
pensare ad altro: lo odiava.
Non avrebbe mai creduto possibile una cosa del genere, ed invece il
germe dell’odio
stava intaccando la sconfinata dose di amore e bontà che di
solito gli
riversava addosso. Lo odiava per non essersene ricordato, e di
conseguenza per
averle rovinato la giornata.
Gliel’avrebbe
fatta pagare cara.
Siglò
un contratto e poi si alzò per prendere un bicchiere
d’acqua nella sala caffè. Da uno spiraglio nella
porta vide un fattorino uscire
dall’ascensore, con un immenso mazzo di girasoli tra le
braccia. Le sfuggì un
piccolo aaaaw dalla bocca e il
cuore
le fece una capriola quando la segretaria al front office la
chiamò. In pochi
secondi rinnegò tutto quello che il suo cervello aveva
macinato fino ad un
attimo prima: Kristoff era il fidanzato migliore del mondo e lei non
avrebbe
mai potuto odiarlo, nemmeno e soprattutto in un giorno del genere
e…i fiori non
erano da parte sua.
Alla migliore amica
che si possa mai avere. Auguri di buon compleanno. Olaf- recitava
il
bigliettino in allegato ai fiori. Sorrise poco convinta al fattorino e
alla
segretaria, prima di richiudersi nel suo studio.
Poggiò
i fiori sulla scrivania e mentre ne osservava il
giallo brillante, il fiume in piena delle sue idee si
concentrò di nuovo su un
unico pensiero: come farla pagare a Kristoff.
Un
piccolo ghigno sghembo le increspò le labbra quando
un’idea le folgorò la mente e la sua vendetta
cominciò a prendere forma: niente
sesso, per almeno un mese. L’avrebbe stuzzicato fino allo
sfinimento, lo
avrebbe fatto impazzire e poi non gli avrebbe permesso di sfiorarla
nemmeno con
un dito. Era certa che avrebbe imparato la lezione.
Non
era sicura di poterci riuscire, perché anche lei ne
avrebbe risentito, in fondo era un essere umano nel pieno della sua
fase ormonale,
e poi lui era lui, e lei era lei. Stargli lontano sarebbe stato come
mettere un
fiammifero vicino al fuoco e aspettarsi che non prendesse fuoco. Ma
avrebbe
fatto di quella piccola vendetta la sua crociata personale e non
avrebbe
fallito.
Il
cellulare che vibrava nella
borsa la riscosse dalla sua piccola congiura. Lesse il nome sul
display: Elsa.
“Els…”
rispose, ma venne bloccata
a bocca spalancata dalla voce, o meglio le voci, dall’altro
lato, che le
cantavano tanti auguri.
“…tanti
auguri a te!” Elsa riprese
fiato “Allora come procede il compleanno,
fiorellino?”
“Andava
alla grande fino a che
non sono stata assordata da te e da quella campana stonata di tuo
marito. Avete
urlato così tanto che avrei potuto sentirvi anche senza
cellulare.” ridacchiò
Anna “Va bene…alla grande.” disse poi
poco convinta, rispondendo alla domanda.
“Cos’è
successo? Ti sento
strana.” la voce della sorella era salita di
un’ottava, segno che aveva
cominciato a preoccuparsi. Non voleva che stesse in pena per lei per
una
stupidaggine del genere, ma era difficile controllare l’ansia
di Elsa quando in
gioco c’era la felicità della sua sorellina.
“N-no,
va tutto bene. Davvero.”
“Mmh,
non mi convinci. Vuoi che
anticipi il mio viaggio? Potrei venire domani o stasera stessa. Hans
non direbbe
nulla, anzi, gli farebbe comodo una pausa dal lavoro, suo padre non fa
altro
che vessarlo di compiti ingrati e degradanti, e lui svolge tutto muto e
accondiscendente. Credo sia vicino ad un punto di rottura. Dovremmo
allontanarci da Copenaghen.” sentì le proteste di
Hans dall’altra parte e
riuscì quasi a vedere gli occhi di Elsa che roteavano per il
nervoso “È inutile
che neghi. È assolutamente vero e lo sai.” rispose
a qualcosa che le aveva
detto il marito.
“Non
preoccuparti, sto benone. È
solo questo caldo infernale che mi succhia via tutta
l’energia. Riesci a
crederci qui ci sono 30° gradi…altro che Arendelle,
sembra di essere ai
tropici.” scherzò sottotono.
“Anna
tu ami il caldo e l’estate
e tutto ciò che ne consegue, quindi a meno che tu non sia
stata licenziata o
che non sia finita la tua scorta di gelato al cioccolato nel freezer,
questa
tua lamentela mi sembra più qualcosa che abbia a che fare
con Kristoff o con
qualcosa che ha fatto.”constatò il dato di fatto
“Non è ancora tuo marito, sai.
Puoi lasciarlo quando ti va.”
“Elsa!”
la rimproverò “Come ti
salta in mente una cosa del genere? Credevo ti piacesse
Kristoff.”
“Mi
piace fin quando tiene le
mani a posto e tratta bene mia sorella.” sbuffò
Elsa.
“Lui
mi tratta più che bene e mi
riempie di attenzioni.” protestò, poi fece
silenzio per un secondo “Per quanto
riguarda il tenere le mani a posto, beh, siamo due adulti consenzienti
quindi
non credo di dover chiedere ancora il tuo permesso, anche
perché noi ci diamo
den-…”
“Ah-ah-ah.
Non voglio sentire,
grazie.” la stoppò, allontanando il ricevitore
dall’orecchio quel tanto che le
bastava per evitare di sentire il resto. Sapeva che Anna ormai era una
donna in
carriera e autosufficiente, ma sentir parlare di quello che lei e il
suo
fidanzato facevano sotto le coperte, era qualcosa a cui non si sarebbe
mai
abituata. Lei sarebbe rimasta sempre la sua sorellina esuberante e
capricciosa,
che la svegliava nel pieno della notte per sgattaiolare in cucina a
prendere
uno spuntino o ancora peggio per giocare nella neve.
Anna
lo sapeva, e lo faceva di
proposito per vedere sua sorella arrossire in imbarazzo e anche da
lontano, la
sua reazione non si era smentita: la faceva sorridere la sua
moralità quasi
puritana riguardo certi argomenti, anche se dubitava fortemente che
lei ed
Hans si guardassero solo negli occhi, dopo appena due anni di felice
vita
matrimoniale.
“Non
mi sembra che io vengo a
raccontarti quello che accade nel mio letto.”
ribatté Elsa.
“Beh,
se ti va puoi farlo. Potrei
prendere spunto .” ridacchiò Anna, sentendo il
respiro di sua sorella bloccarsi
in gola.
“Sei
una piccola sfacciata.”
“Ehi,
è sempre stato così.” la
punzecchiò, scivolando con la sedia verso la finestra che
affacciava sul fiordo
“Ricordi cosa diceva la nonna? Il diavolo e l’acqua
santa. Le cose a quanto
vedo non sono cambiate.” sbirciò tra le persiane
abbassate per ripararsi dal
sole.
“Come
dici tu.” sospirò
rassegnata “Comunque non mi hai ancora detto il motivo del
tuo malumore. Di’ la
verità, ci ho preso in pieno: è colpa di
Kristoff.”
“Cosa
ha fatto Bjorgman stavolta?”
sentì chiedere da Hans.
“Lui
si è dimenticato del mio
compleanno.” buttò fuori amareggiata.
“Cosa?!
Nemmeno tanti auguri?” le
chiese la sorella incredula, alzando la voce.
“Niente.
Nada. Nisba. Niet.
Rien!”sbottò alzandosi di scatto
“Capisci? È uscito di casa salutandomi a
stento e io sono rimasta lì imbambolata come
un’idiota. Ho addirittura
controllato il calendario per accettarmi che fosse davvero il 21,
perché non
potevo crederci che se ne fosse scordato. Lo odio!” concluse.
“Vuoi
che lo chiami?” le propose
Elsa.
“Cosa?
No, assolutamente. Voglio
che sia lui a ricordarsene, altrimenti la mia vendetta è
già pronta.”
“Ho
paura a chiederti di cosa si
tratta.”-
“Fidati,
non vuoi saperlo.”
“D’accordo.
Faccio finta che tu non
mi abbia detto niente, ma chiamami se hai bisogno: Arendelle
è ad un tiro di
schioppo da qui, in meno di due ore sarò da te.”
“Tranquilla,
saprò cavarmela.” la
rassicurò “Ti voglio bene, salutami
Hans.”
“Ti
voglio bene anch’io, passa
una buona giornata.” la salutò, prima di
riagganciare.
Parlare
con Elsa riusciva sempre
a calmarla, ma in quell’occasione nemmeno un intero flacone
di Valium avrebbe
potuto tenerla a bada.
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Quando
alle 17 staccò da lavoro,
il sole era ancora alto in cielo, ma il caldo asfissiante di quella
mattina si
era attenuato, spazzato via da una brezzolina rinfrescante che soffiava
dal
mare. Le stradine del centro erano ancora in piena attività
e i battelli da
turismo riversavano dal porto una fiumana di vacanzieri, appena tornati
da un
giro del fiordo.
Il
clip-clap dei suoi sandali
sull’acciottolato della strada la rilassava, distraendola dai
suoi pensieri
vendicativi. Sulla strada di casa, si concesse un gelato rigorosamente
al
cioccolato: al diavolo la linea e la prova costume, oggi era il suo
compleanno
poteva fare ciò che più le andava.
Quando
arrivò davanti al giardino
della piccola casetta che divideva con Kristoff, esitò. Una
mano sul cancello e
l’altra ancora stretta attorno al cono ormai appiccicoso. La
sua macchina era
nel garage, quindi di sicuro lui era dentro. Perché si era
fermata? Non era lei
quella nel torto! Ma comunque non si sentiva pronta ad affrontarlo.
Tirò
un lungo respiro, gettò il
resto del gelato in un cestino vicino, e finalmente aprì il
cancello. Davanti
alla porta d’ingresso ebbe un altro momento di esitazione, ma
durò solo due
miseri secondi.
Non
appena varcò la porta di casa
un gigantesco mocho marrone le si buttò addosso.
“Si, Sven, anche tu mi sei
mancato.”disse al grosso setter irlandese, battendogli una
mano sulla testa
pelosa “Sono a casa.”aggiunse poi alzando la voce,
ma con meno entusiasmo del
solito, scivolando lungo l’ingresso verso il salotto. Sven le
trotterellò per
alcuni secondi accanto e poi corse via, verso la cucina o verso il
giardino sul
retro. Di Kistoff nemmeno l’ombra.
La
sua già precaria condizione
continuava a peggiorare.
“Kristoff?”svoltò in salotto, tenendo in
mano le
scarpe che si era appena sfilata. Dove diavolo si stava nascondendo?
Perché non
le rispondeva?
Si
affrettò verso la cucina, con
un diavolo per capello, pronta ad urlargli contro tutta la frustrazione
e il
risentimento che aveva covato per tutta la giornata, quando se lo
ritrovò
davanti, con il volto rosso e il fiatone “Ehi! Già
di ritorno?” le diede un
bacio sulla fronte, ostruendole la vista della cucina con la sua enorme
stazza.
“Esco
sempre a quest’ora.” fece
una pausa studiata osservandolo bene
“Cos’è successo?” gli chiese,
sollevando
un sopracciglio.
“Di
che parli?”
“Di
questo fiatone e della tua
faccia rossa...cosa mi stai nascondendo?”
“Assolutamente
nulla.”le sorrise
impacciato, appoggiandosi allo stipite della porta
“Perché non vai di la a
riposarti, mh? Sembri molto stanca.”
“Non
sono stanca. Sono
arrabbiata. Anzi sono” cercò una parola
appropriata “…furiosa!” urlò
quasi,
fumando di rabbia. “Vuoi mollarmi?” gli chiese,
lasciandolo a bocca aperta per
la sua reazione “No, perché se è
così…” gli puntò un dito
contro.
“Frena!”
le mise le mani sulle
spalle per calmarla “Perché mai dovrei lasciarti?
Cosa te l’ha fatto pensare,
scusa?”
Anna
si scrollò le sue mani di
dosso e prese un bel respiro “Beh, per cominciare, sai che
giorno è oggi?”
“Il
21 giugno.”
“Esatto,
anzi no. Beh si, ma non
intendevo la data. Oggi è il mio compleanno, sai quella cosa
quando invecchi di
un altro anno e di solito ti piacerebbe avere la vicinanza e
l’affetto dei tuoi
cari per sentire meno l’avanzata dell’oblio finale,
ed essendo tu l’unico caro
nei paraggi, mi aspettavo come
minimo un tanti auguri, che dici? Ed invece nemmeno quello! Ho passato
una
giornata d’inferno per colpa tua.” concluse col
fiatone “E poi cosa mi stai
nascondendo? Perché sembra tu abbia appena finito di correre
la maratona di New
York? Mh?” cercò di aggirarlo, ma lui le si
parò davanti, impedendole di vedere
oltre le sue spalle che riempivano l’intera larghezza della
porta.
“Ascolta,
m-mi dispiace averti
rovinato la giornata.” si scusò continuando a
tenere a bada i suoi vani attenti
di superarlo “Sono stato…distratto da
altro.”
“Mi
piacerebbe davvero sapere
cosa ha occupato la tua testa tanto da dimenticarti del compleanno
della tua
fidanzata.”cercò di assestargli un calcio.
“Potresti
fermarti per un
attimo?”
“Solo
se mi lasci passare.”
“Ehm…no.”
Anna
incrociò le braccia al petto
e mise su il broncio, sporgendo il labbro inferiore e aggrottando la
fronte
“Sto ancora aspettando.”
“Cosa?
Che ti lasci passare?
Aspetterai in vano, furia scatenata.”confermò
rimanendo immobile nella sua
posizione di difesa della cucina “Vai di là. Ti
chiamo tra poco.” le indicò il
salotto in fondo al corridoio.
Lei
fece finta di voltarsi, ma
quando con la coda dell’occhio lo vide rilassarsi e perdere
la concentrazione,
sfondò la sua difesa.
“No,
Anna. NO!” cercò di
fermarla, ma ormai lei si era fatta strada attraverso la porta e aveva
conquistato la cucina.
Di
tutto quello che si sarebbe
aspettata di trovare, non c’era nulla: né
un’amante, né la distruzione più
assoluta, né niente di niente. Quello che invece la
lasciò a bocca spalancata
fu la fila di candele che partiva dalla portafinestra che dava sul
giardino e
che raggiungeva il piccolo gazebo di legno, che avevano costruito
assieme
l’estate precedente (in realtà Kristoff aveva
fatto tutto il lavoro, mentre lei
lo aveva rifornito di torta di carote e limonata), pieno di luci e
fiori (in
gran parte girasoli, i suoi preferiti). Al centro, invece del dondolo
che di
solito usava per rilassarsi all’ombra, un tavolo
apparecchiato per due.
“Oh
santa montagna del Nord!”
sospirò, con la paura che da un momento all’altro
gli occhi le sarebbero potuti
cadere fuori dalle orbite.
“Io
ci rinuncio. Non è possibile
farti sorprese! Le rovini sempre.”si lamentò
Kristoff alle sue spalle.
Lei
osservò rapita ancora per un
minuto le candele, non ancora tutte accese, le cui fiammelle danzavano
allegre
nella brezza estiva, e tutto le fu chiaro.
“Era
tutta una finta?” gli chiese
a corto di parole voltandosi verso di lui, che si grattava con sguardo
colpevole la nuca. Gli si avvicinò e senza preavviso gli
assestò una sberla
sulla spalla “Potevi almeno dirmi tanti auguri!” lo
rimproverò.
“Ehi!”
si lagnò lui, più per il
gesto inaspettato che per il dolore inesistente “In
realtà” cominciò facendo un
passo indietro e allontanandosi di poco da lei “Mi sono
davvero dimenticato di
farti gli auguri, perché l’idea della cena a
sorpresa mi ha totalmente preso e
il dover preparare tutto, volevo che fosse tutto perfetto per te: i fiori, le candele, la
cena al tramont…”
E
poi Anna gli saltò addosso,
aggrappandosi a lui come un koala ad un ramo di eucalipto, e gli
stampò un
sonoro bacio sulle labbra, facendolo sbandare all’indietro
“Solo tu saresti
capace di una cosa del genere: dimenticarti il motivo per cui stai
facendo una
cosa. Ti ho già detto che mi rimangio tutto quello che ho
pensato su di te oggi
e della vendetta che avevo in programma?”
“Cosa?
Avevi pensato addirittura
ad una vendetta? Devo averti fatta arrabbiare parecchio.” le
passò un braccio
attorno alla vita per tenerla meglio, mentre con l’altra mano
le spostava delle
ciocche di capelli dagli occhi.
“Già,
ho imprecato per l’intera
giornata, chiamandoti con vari appellativi che preferirei non ripetere
e sono
anche arrivata a considerarti un pessimo fidanzato. Ma ora rinnego
tutto, possa
il cielo fulminarmi se metterò di nuovo in discussione le
tue capacità di
mantenere insieme questa coppia.” Indicò entrambi
e giurò in tono solenne,
sciogliendosi in una scarica di risate un secondo dopo “E non
mi perdoneresti
mai se ti dicessi a quale modo avevo escogitato per fartela
pagare.”
“È
così terribile?” le chiese
alzando un sopracciglio, incuriosito dal sorrisino sghembo che Anna
aveva sulle
labbra.
“Per
me lo sarebbe stato. Una
vera tortura, anche per te immagino.” gli fece
l’occhiolino e lo baciò di
nuovo, ma con più lentezza stavolta, premendo appena le sue
labbra contro le
sue, leccandogli il labbro inferiore. Poi con altrettanta lentezza
spostò la
sua bocca verso il suo orecchio sinistro e gli rivelò le sue
precedenti
intenzioni con voce melliflua.
“Non
sapevo potessi essere così
vendicativa.”
“Non
per niente mi chiami furia
scatenata.” le loro labbra si incontrarono di nuovo a
metà strada.
La
miccia s’era accesa, ora
niente avrebbe potuto spegnerla.
“Sai che giorno
è oggi?” gli chiese di nuovo
sfiorando il suo naso in un bacio eschimese.
“Dio
Anna, cominci già a
dimenticare le cose?” la prese in giro, ridacchiando
sommessamente.
E
un colpo di vento spense la
miccia e l’entusiasmo di
Anna.
Lei
alzò un sopracciglio e
divenne tutto d’un tratto seria “Sei il solito! Hai
ammazzato l’atmosfera.” Si liberò
dalla presa sicura del suo abbraccio e fece per andarsene, ma Kristoff
la fermò
tirandola per un braccio e poggiandole l’altra mano sulla
vita, bloccandola lì
sul posto.
“Non
puoi andartene così.” scosse
la testa “Illuminami. Che giorno è oggi, oltre ad
essere il tuo compleanno?” le
soffiò nell’incavo del collo, facendola
rabbrividire di piacere. Come aveva
pensato di potergli stare lontana per così tanto tempo? I
loro corpi si cercavano
disperatamente, reagivano alla loro vicinanza.
Sorrise
tra sé. Era una perdente,
si arrendeva con troppo poco: baci e languide carezze erano il suo
tallone d’Achille.
“Oggi”
cominciò posandogli una
mano sul petto “è il solstizio d’estate,
il giorno più lungo dell’anno, il sole
quasi non tramonta a queste latitudini” la mano
cominciò a vagare tra le valli
e le alture del suo corpo, scolpito dal duro lavoro “Sai che
significa?” gli
sussurrò all’orecchio.
“Cosa?”le
chiese con il fiato
corto.
“Che
la cena al tramonto può
aspettare, il sole rimarrà lì ancora per un
po’.”gli suggerì con
un’oscurità
contagiosa negli occhi.
“Hai
qualche suggerimento per
ammazzare il tempo?”
“Decisamente
si.”ridacchiò lei,
pregustando quello che stava per arrivare.
Kristoff
la prese tra le braccia
e si avviò a passo svelto verso la loro camera da letto,
mentre Anna continuava
a ridere come una ragazzina con il volto nascosto sulla sua spalla.
Sven
comparve all’improvviso, richiamato dalla voce allegra di
Anna, ansioso di
divertirsi anche lui con il suo padrone e la sua compagna umana,
trotterellando
alle loro spalle lungo il corridoio.
Ma
quando Kristoff cercò di chiudere
la porta con un piede, l’enorme cane vi andò a
sbattere contro “Scusa amico,
non è un pigiama party.”si giustificò,
facendogli l’occhiolino. Sven guaì il suo
dissenso e fece dietro front: si sarebbe consolato con la torta triplo
strato
di cioccolata che Kristoff aveva fatto preparare per Anna. Quando sarebbero riemersi
dalla loro stanza,
avrebbero trovato una bella sorpresa ad attenderli.
Ma
di quello che pensava il
setter, i due fidanzati erano totalmente all’oscuro, tanto
presi dalla foga
della loro passione. Nel giro di pochi secondi il vestito estivo di
Anna venne
sfilato con tanta facilità da sembrare un trucco di magia;
stessa sorte toccò
alla maglia di Kristoff mentre lei, con la prontezza di mani di una
scassinatrice,
gli slacciò la cintura dei pantaloni.
A
tempo di record finirono
distesi sul letto, in un intreccio di gambe e braccia, di bocche
incatenata l’una
all’altra e mani vagabonde, incapaci di fermarsi. Conoscevano
i loro corpi a
memoria, palmo per palmo: lui aveva mappato tutte le costellazioni di
lentiggini su ogni centimetro di pelle candida di lei, e lei aveva
imparato a
memoria ogni punto sensibile del corpo di lui, tutti gli anfratti
segreti che
stuzzicati a dovere avrebbero prodotto come risultato versi di piacere.
Per
loro non c’era una via di
mezzo tra fare sesso e fare l’amore: mettevano eguale
passione ed energia in
ogni singola situazione, così che il confine tra
l’uno e l’altro fosse davvero
indefinibile. Che si rotolassero tra le lenzuola o che lo facessero
nella
doccia o contro un muro, per loro era lo stesso.
I
“ti amo” e gli “oh mio dio” si
sprecavano in quella camera da letto, e si perdevano in una sinfonia di
gemiti
e sospiri mozzati. Anna era ubriaca della passione di Kristoff, del
modo in cui
si muoveva sopra di lei, contro di lei, dentro
di lei, delle sue mani grandi che la sfioravano, della scia infuocata
di baci
che le aveva lasciato lungo tutto il corpo, dal collo, giù
tra la valle dei
suoi seni fino al ventre piatto. Lui si inebriava del suo profumo,
della sua
voce acuta che sussurrava il suo nome tra i singhiozzi strozzati a
ritmo delle
sue spinte, delle sue piccole mani che si aggrappavano ai suoi capelli,
alle
sue spalle, e tutto quello che riusciva a pensare era Anna, Anna, Anna
e solo
Anna. Non c’era nient’altro. Il suo piccolo mondo
era lì, tra quelle quattro
pareti, tra le sue braccia.
Alla fine, diverso tempo dopo,
entrambi caddero
giù dalla loro montagna russa di beatitudine, lei
gridò il nome di Kristoff e
lui le sussurrò il suo all’orecchio con il fiato
mozzato, lasciandosi andare.
Sven
abbaiò in giardino, ignaro
dei festeggiamenti all’interno, mentre si rotolava
nell’erba insieme a quello
che rimaneva della torta di compleanno di Anna.
Dopo
aver ripreso fiato, entrambi
si ritrovarono a fissare il soffitto, con le mani ancora intrecciate e
i cuori
lanciati al galoppo.
“Wow.”sbuffò
Anna.
“Solo?”si
indignò Kristoff.
“Doppio
wow! Questa va
direttamente nella mia top 3 delle mie volte preferite, subito dopo la
volta
nella sauna di Oaken, e quella è stata da oh
mamma.” esclamò lei, alzandosi a
fissarlo, con la testa poggiata pigramente
su una mano “Il miglior regalo di compleanno di
sempre!”
“Lentiggini,
sei una donna di
poca fede: credi davvero che non abbia pensato ad un altro
regalo?”
“La
cena?”
“No,
quella era solo per
rabbonire la tua parte golosa. Questo”
le disse sfiorandole le labbra “è servito a
placare la tua parte lussuriosa e poi
ho in serbo anche qualcosa per la tua parte romantica.” le
sorrise.
“Oh
mio dio, cos’è?” si illuminò,
saltandogli al collo.
Con
la mano non impegnata a trattenere
lei, rovistò nel cassetto del comodino al suo fianco e ne
cacciò una scatolina
blu di velluto, e gliela porse.
Il
sorriso sparì dalla sua faccia
e gli occhi le si sgranarono all’inverosimile. Kristoff era
riuscito a tenere
segreta almeno quella sorpresa e lei c’era rimasta di sasso.
“Dimmi
che non è quello che
penso.”disse trattenendo la scatolina nel palmo della mano.
“Ti
dispiacerebbe se lo fosse?”s’incupì.
“No…cioè,
oh mio dio,
assolutamente no!” urlò tirandosi a sedere.
Restò a fissare la scatolina ancora
per alcuni secondi, prima che la voce di Kristoff la risvegliasse dalla
trance
in cui era caduta.
“Allora,
che aspetti ad aprirla?”
“Se
qui dentro c’è un per sempre
e me lo stai offrendo, sappi che non si torna indietro, sarai
condannato a
vivere con me, a sopportarmi, a sostenermi… a vedermi
invecchiare!”
“Cavolo,
non pensavo fosse la
dannazione eterna.” scherzò, sbuffando per il suo
tono melodrammatico.
“Sei
sicuro di questa scelta?”
gli chiese, indicandosi con gesti ampi e teatrali.
“Più
di ogni altra cosa nella mia
vita. E poi mi sembrava d’avertelo già detto e di
avertene regalato già uno.”
“Eravamo
al liceo, quello non
conta. Eravamo giovani e sconsiderati.” Gli disse con un
mezzo sorriso,
abbassando lo sguardo ancora una volta sulla scatolina tra le sue mani.
“Sta
di fatto che ne sono
assolutamente certo.”
“Davvero?”
“Davvero.”
Confermò, scendendo a
catturare le sue labbra.
Quando
si separarono, Anna aprì
la scatolina “Allora è per
sempre?”
Kristoff
prese il piccolo anello
dalla scatolina che Anna ancora teneva tra le mani tremanti, e glielo
infilò al
dito che un giorno non troppo lontano avrebbe ospitato un altro anello,
quello
che avrebbe confermato quella promessa d’amore.
“Per
sempre.”
AngoloScleroXD
Mi
chiedo da dove salti fuori
questa cosa…* rilegge il tutto allibita * non doveva finire
così!
Ehm,
volevo dire ben ritrovati miei
cari fiocchi di neve! Vi sono mancata? *lettore random: “e tu
chi cavolo sei?”*
Ah si salve, io sono quella che deve aggiornare millemila ff da un anno
e non
lo fa, molto piacere! Avete notato che il mio stato di pazzia
è incrementato
dall’ultima volta che sono sbucata fuori da queste parti? Vi
chiedete il perché?
O anche no, chissene? Ecco a voi una metafora: avete presente una
pentola a
pressione che ogni tanto deve cacciar fuori uno sbuffo di vapore per
non
esplodere? Beh ecco, la mia mente è la pentola a pressione,
tutto il vapore
dentro sono le idee che sto covando per le mie altre long e lo
sbuffetto è
questa one-shot demenziale XD Dovevo pubblicarla il 21 giugno appunto,
il
giorno del compleanno della mia principessa preferita, ma quelli di voi
che già
mi conoscono, sanno che faccio pena ad attenermi alle scadenze, quindi
bubbole,
eccola pubblicata quasi un mese dopo. Comunque spero vi sia piaciuta
anche un
minimo e se vi va di farmi sapere il vostro parere, lo sapete che i
feedback sono
sempre ben accetti da parte mia, anche perché in base al
vostro grado di
piacimento, potrei decidere di scrivere altro in questo universo
moderno.
Stay
tuned, snowflakes! Ci si legge
molto presto!
Ps:
metà di quello che ho scritto
è colpa del caldo che toglie ossigeno al mio brillante
cervello XD
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