Past is knocking at your door
Past is knocking at your door.
[COSE IMPORTANTI]
Mi sembra giusto dare un paio d'informazioni: la storia si
sviluppa perché nella mia mente malata in questa versione
dei
fatti il corpo di Farlan non è mai stato trovato. Non credo ci sia altro da dire :L
Buona lettura!
Era da molto che Levi
stava seduto nel suo piccolo studio, leggendo le varie scartoffie che
Hanji gli aveva consegnato quella mattina.
Si lasciò andare
contro lo schienale della sedia in legno, sospirando annoiato e
rivolgendo un'occhiata all'orologio a pendolo a pochi metri da lui.
Le ventidue e sedici.
Stancamente si
alzò, riponendo i fogli nei cassetti della scrivania e
spegnendo la piccola lampada a olio situata su un angolo del mobile.
Chiuse la porta della stanza a
chiave, e poi s'incamminò per i corridoi della fortezza,
diretto verso la sua stanza; era stata una giornata a dir poco
asfissiante, sia per il caldo estivo sia per il fatto che in quel
periodo erano successe davvero un sacco di cose. In particolare, era
scomparso un membro del corpo di Ricerca, e la cosa aveva turbato non
poco Erwin e gli altri superiori.
Levi conosceva ben poco lo
sfortunato: erano stati rari i momenti in cui si erano parlati. Si
chiamava Alexej e aveva circa trent'anni, nonostante ne dimostrasse
molti di più. S'era unito al corpo di Ricerca a causa di una
scommessa persa tanti anni prima, e non aveva mai fatto
granché per la squadra. Perlopiù beveva e fumava,
non era particolarmente abile con le spade e tutti lo trovavano
insopportabile.
Personalmente Levi aveva
pensato che tutti si stessero preoccupando troppo all'inizio, data la
fama dell'uomo come donnaiolo e beone, ed era del parere che quella
sera se ne fosse andato in giro per Trost a fare casino. Dovette
ricredersi quando passarono due settimane, ma di Alexej non si riceveva
alcuna notizia.
Così adesso c'era
una moltitudine di persone che diceva di averlo visto, e lui era stato
tra gli sfortunati che avevano ricevuto il compito di andare a
controllare e, dopo aver guardato in lungo e in largo, sia lui che
Eren, che gli aveva fatto da partner, erano distrutti.
Il giovane fortunatamente
aveva avuto il permesso di andare a coricarsi prima, mentre lui si era
dovuto occupare urgentemente delle scartoffie di Hanji, che stava
rimandando ormai da troppo tempo.
Almeno durante i giri di
ricognizione la compagnia di Eren non lo aveva fatto annoiare, visto
che questi cercava di fare conversazione, distraendolo un poco dallo
stress che lo invadeva in quel momento. Non sapeva dire quando fosse
nata di preciso l'attrazione che provava per Eren, ma era cresciuta
lentamente, ed ora si poteva definire circa ossessionato da lui. Aveva
le idee poco chiare su cosa lo attirasse particolarmente, ma la sua
personalità imprevedibile, il suo sorriso, il rossore che si
formava sulle sue guance quando Levi lo osservava e i suoi occhi verdi
erano i principali motivi della sua assuefazione.
Un sorriso si formò
sulle sue labbra, e chiuse la porta dietro di lui una volta
entrato nella sua stanza.
Velocemente si
spogliò e si cambiò con abiti più
leggeri, optando poi per togliersi anche la maglia a causa del caldo
soffocante.
Si sistemò tra le
lenzuola fresche del letto, riuscendo ad addormentarsi più
in fretta del solito, e piano piano sentì la stanchezza
scivolare via.
Passarono diverse ore, prima
che quella pace si spezzasse.
Si svegliò di
soprassalto, il respiro mozzato da un corpo che gli si era praticamente
buttato addosso, impedendogli ogni movimento.
Provò inutilmente a
dimenarsi, mentre una mano guantata gli copriva sia gli occhi che il
naso, spingendolo con forza contro il cuscino, impedendogli di vedere
la faccia del suo aggressore.
Le sue gambe erano legate da
qualcosa di ruvido, forse una fune, e ben presto si rese conto che
anche le sue mani avevano ricevuto lo stesso trattamento.
«Se provi anche solo
a urlare o a chiamare aiuto, ti giuro che questa è la tua
ultima nottata, Levi.»
Tutto ciò che
uscì dalla sua bocca fu una specie di ringhio, mentre
provava a scollarsi quel corpo di dosso.
«Stattene buono...
non provare a fare l'eroe o Jeager sarà solo un bel ricordo.
Non credevo che adesso te la facessi con i minorenni, vecchio
mio.» disse ancora l'aggressore. La sua voce era
tremendamente familiare.
«Provaci
soltanto...» lo stuzzicò lui, guadagnandosi un
altro calcio nello stomaco.
Sentì le sue forze
venir meno quando un ago gli venne infilato nel braccio sinistro.
***
Si svegliò
di soprassalto.
Lievi goccioline di sudore
percorrevano il suo intero corpo illuminato dalla luce del sole.
La sua stanza era normale, e
si rese conto che né le sue gambe né i suoi polsi
erano legati.
Era stato tutto un sogno?
Il suo cuore perse alcuni
battiti quando, posando lo sguardo sul suo braccio, si rese conto di un
piccolo foro nel punto in cui si trovava la vena.
No, non aveva sognato un bel
niente.
Uscì dalla sua
stanza come un fulmine, correndo come un forsennato verso la
mensa, non senza essersi guadagnato le occhiate perplesse dei soldati
che in quel momento si trovavano nei corridoi. Ne aveva addirittura
spinto qualcuno nella foga, ma non c'era tempo per chiedere scusa e
cazzate simili.
La mensa fino a poco tempo
prima era stata gremita di voci e risate, ma quando Levi fece la sua
entrata diventò più silenziosa di un cimitero.
Una moltitudine di
volti lo fissava, sia con curiosità che
incredulità.
Non diede molto peso agli
sguardi dei suoi sottoposti e superiori che lo seguivano mentre
camminava con passo nervoso tra le file di tavoli alla ricerca
dei suoi occhi. Quanto gli sarebbe piaciuto trovarsi
all'improvviso Eren davanti, che lo guardava con la stessa espressione
incredula che si era formata sui volti degli altri...
Ma Eren non c'era, e il sangue
gli si gelò nelle vene.
«Qualcuno ha visto
Eren?» chiese impassibile ad alta voce, spezzando il silenzio
che l'aveva accompagnato non appena era entrato nella mensa.
«Cerchi
il fidanzatino, Levi?» chiese di rimando Hanji con
tono canzonatorio dall'altro lato della stanza, scatenando le risate di
diverse persone all'interno della sala. Capì a cosa
alludevano quando si rese conto che era uscito dalla sua stanza senza
curare minimamente la sua persona: i suoi capelli erano scompigliati e
indossava solo i pantaloni del pigiama.
«C'è poco
da ridere. Qualcuno l'ha visto?» continuò senza
farsi scalfire minimamente dalla battuta della donna.
Nessuno rispose alla sua
domanda, e la cosa non fece altro che mandarlo ancora più
nel panico.
Sobbalzò quando
Petra poggiò una mano sulla sua spalla, riscuotendolo dai
suoi pensieri.
«Va tutto bene,
Caporale?» chiese apprensiva.
L'unica cosa che Levi fu in
grado di fare fu guardarla di rimando.
«No. Non va niente
bene.» disse dopo un po'.
«È
successo qualcosa ad Eren, Caporale?»
Questa volta non fu la voce di
Petra a parlare, ma quella di Mikasa, che a pochi metri di distanza lo
guardava con un'espressione di panico dipinta sul volto,
così come Armin, l'altro amico di Eren.
Cercò una scusa sul
momento.
«Quel cretino mentre
ieri eravamo in ricognizione ha scambiato la sua giacca con la mia. Non
mi terrò la sua giacca sudata in stanza mentre la mia viene
bellamente insudiciata da lui. Quindi no, a Eren non è
successo nulla... non ancora, almeno.» rispose minatorio
mentre attorno a lui gli altri si lasciavano andare a risate divertite.
Mikasa sospirò,
tornando a prestare attenzione alla sua colazione. Petra dietro di lui
gli sorrise, tornando al suo posto.
Se fosse stata una mattina
come le altre si sarebbe seduto al suo solito posto, avrebbe fatto
colazione e poi sarebbe andato a fare le sue solite mansioni noiose.
Ma quella mattina non aveva
tempo neanche per la colazione.
Tornò quindi nella
sua stanza, pensando a come portare avanti la sceneggiata della giacca:
l'assenza di Eren in mensa quella mattina poteva anche non essere
notata, dato che non era la prima volta che il giovane si assentava per
dormire un po' di più, ma presto o tardi Mikasa, Armin o
chiunque altro sarebbero andati a controllare la sua stanza,
accorgendosi della sua assenza.
Doveva sbrigarsi a trovarlo,
ma al contempo non doveva dare troppo nell'occhio.
Fece un bagno veloce,
indossò i pantaloni della divisa e la solita camicia con
fazzoletto al collo, evitando di proposito la giacca e infine
sistemò i capelli. Il primo passo era quello di cercare
qualche indizio nella stanza di Eren, a pochi metri dalla sua. Quindi,
dopo essere uscito dalla sua stanza ed essersi posizionato davanti alla
porta di quella del ragazzo, diede una veloce occhiata in giro per
assicurarsi che nessuno lo stesse guardando in quel momento.
Girò il pomello
della porta ed entrò.
La stanza era un vero casino,
ma conoscendo Eren era abbastanza sicuro che la camera fino a poco
tempo prima non era stata un disastro.
Le lenzuola si trovavano a
terra, ammucchiate vicino al letto, l'armadio e la finestra erano
aperti, e lo specchio che si trovava accanto al letto era caduto a
terra, finendo in mille pezzi.
Si avvicinò proprio
a quest'ultimo, esaminando con attenzione i cocci rotti: tra alcuni
c'era impigliata una piccola porzione di stoffa bianca, leggermente
insanguinata. Chissà... forse Eren aveva fatto resistenza.
Esaminò l'intera
stanza, ma non trovò nient'altro che lo potesse aiutare.
Aveva solo dei cocci insanguinati e un pezzo di stoffa.
Molto utile.
Imprecò sottovoce,
decidendo di controllare quindi nei sotterranei.
Passò quasi due ore
buone a cercare lì, ma vi trovò solo polvere e
soldati di guardia.
Nulla che potesse ricondurlo a
Eren.
Sospirò,
ricordandosi di avere alcune faccende da sbrigare, e si ripromise di
riprendere le ricerche più tardi.
Inoltre, se c'era qualcuno che
doveva sapere assolutamente della cosa (e anche l'unico) quello era
Erwin. Il caso vuole che questi fosse a Utopia per delle faccende da
sbrigare con il comandante Pixis, e avrebbe fatto ritorno solo nel
pomeriggio.
Lasciò quindi i
sotterranei, decidendo di tornare nel suo studio per finire di leggere
le scartoffie di Hanji e riconsegnargliele.
Mentre camminava per i vari
corridoi, si prese un po' di tempo per riflettere.
Non riusciva a trovare un
senso in quel rapimento...
Perché fare una
cosa del genere? A che pro?
Un normale cittadino o soldato
che non appartenesse al corpo di Ricerca non sarebbe riuscito a
penetrare nell'edificio con così tanta facilità,
quindi si trattava di un membro della legione.
I suoi pensieri furono
interrotti bruscamente quando andò a sbattere contro
qualcuno.
«Fai attenzione,
idiota!» disse tra i denti mentre si massaggiava la fronte,
che era andata a sbattere contro il mento dell'altro.
«Come siamo
irascibili oggi, eh Levi?»
Ma certo.
Hanji.
«Dovresti prestare
più attenzione quando cammini.» disse lui ancora
leggermente arrabbiato.
«Levi, non devi
preoccuparti! Sono sicura che la tua giacca sta bene, dopotutto Eren
è un ragazzo abbastanza pulito.» aggiunse lei con
un sorriso.
«Tsk.»
Levi sbuffò
leggermente, ritornando poi sui suoi passi, ma fu interrotto nuovamente
dalla voce di Hanji.
«Sai, Eren non si
è più fatto vedere, oggi. Sicuro che vada tutto
bene?» chiese seria.
Levi si voltò quel
tanto che bastava per vedere che il sorriso era scomparso dal volto
dell'amica.
«Credo di
sì. Forse sta male, chi lo sa. Ti sembro la sua
balia?» le rispose scocciato.
«No. Era per
curiosità.» rispose lei tornando a sorridere.
Tornò a voltarsi,
riprendendo la strada verso lo studio, ma non poté
nascondere di essere rimasto leggermente turbato dalla domanda della
donna.
Che sospettasse qualcosa?
Finalmente chiuse la porta
dello studio alle sue spalle, per poi accomodarsi sulla sedia in legno
davanti la scrivania.
Aprì il cassetto
sinistro per prendere i fogli che Hanji gli aveva dato il giorno prima,
ma l'unica cosa che riuscì a fare fu leggerli distrattamente
per qualche minuto, per poi posarli nuovamente; l'orologio segnava le
due e ventisei.
Non riusciva a concentrarsi,
troppo preso a pensare ad altro.
Ad Eren.
Continuava a pensare a dove
diavolo fosse quando una malsana idea iniziò a farsi strada
nella sua testa.
E se l'uomo avesse
già ucciso Eren?
Il cuore mancò un
paio di battiti, e quasi in automatico si alzò dalla sedia,
deciso a fare qualcosa. Ma cosa? Nessun indizio, nessuna pista da
seguire.
In più c'era un
ostaggio. E Levi non aveva la minima idea di come agire.
Batté il pugno
contro il legno duro della scrivania, quasi a voler scaricare la
tensione con quel singolo gesto.
Raramente nella sua vita si
era sentito così... strano. Come se tutto dipendesse da lui,
ma al contempo Levi non potesse farci nulla.
Impotente.
Sì, era quella la
parola giusta: Levi si sentiva maledettamente impotente in
quell'istante.
Un po' come un bambino che non
trova l'ultimo tassello di un puzzle. Quell'ultimo maledetto tassello,
che poi per magia spunta dal nulla quando ormai il piccolo perde le
speranze.
Ma non esisteva nessuna
dannata magia e Levi di certo non se ne sarebbe stato con le mani in
mano.
Eren era là da
qualche parte, e l'avrebbe fatta pagare all'aggressore.
Furono i brevi colpi contro la
porta a destarlo dai suoi pensieri.
«Avanti.»
La figura di Petra comparve
nella stanza.
«Caporale.»
La ragazza stava per eseguire
il saluto militare, quando Levi le fece intendere che non c'era bisogno
di formalità alzando semplicemente la mano.
«Hai bisogno di
qualcosa?»
«In
realtà, signore, io e gli altri eravamo preoccupati per lei.
Ha saltato la colazione e ora anche il pranzo. È sicuro di
star bene?»
«Sì, non
c'è problema. Sono solo molto stanco e indaffarato, questo
è quanto.»
Petra annuì poco
convinta, ma lasciò la stanza in ogni caso.
Riflettendoci,
però, si decise ad andare in mensa a mangiare qualcosa, in
modo da evitare un crollo durante la giornata; fortunatamente Bard, il
cuoco, dopo averlo rimproverato più volte sul fatto che
doveva presentarsi durante le ore dei pasti e non venire in cucina
quando gli faceva comodo, gli offrì alcune fette di pane e
un po' della minestra avanzata dal pranzo.
Si trattenne più
del previsto, conversando piacevolmente con Bard mentre mangiava, ed
erano ormai le quattro quando si decise ad abbandonare il salone.
Poi, fu preso da una nota di
emozione mista a fretta: erano le quattro. Erwin doveva essere
già tornato da un po'.
Cambiò
immediatamente destinazione, correndo a perdifiato per le scale e i
corridoi della fortezza, diretto all'ufficio di Erwin.
Mancava così
poco... finalmente avrebbe potuto parlare a qualcuno della cosa,
movimentarsi per cercare nella fortezza e...
E Erwin sedeva in un angolo
della stanza, tenendosi la gamba sanguinante.
«Ciao, Levi. Devo
ammettere che non ti aspettavo, in realtà.»
Levi restò fermo
nella stanza, come pietrificato dalla visione che aveva davanti.
Impossibile.
Chiuse gli occhi per qualche
secondo, nella speranza che una volta riaperti si sarebbe svegliato nel
suo letto.
Quando li riaprì
lui era ancora là.
«Tu... tu
sei...» disse Levi boccheggiando, gli occhi sbarrati per
l'incredulità.
«Sono
vivo, vecchio mio.» gli rispose Farlan con un
sorriso.
Impugnava una spada che teneva
puntata contro Erwin, ma aveva concentrato la sua intera attenzione su
di lui.
«Come
hai-»
«Come ho fatto a non
morire? È una lunga storia e non ho molto tempo. Quel giorno
sono riuscito a scappare, sai? Ho capito che non ce l'avremmo fatta
poco prima che Isabel... che lei morisse.» disse, e per un
momento Levi riuscì a percepire una nota di tristezza nelle
sue parole.
«Quando feci ritorno
in città, ebbi la sfortuna di incappare nei mercanti che
facevano da spola tra qui e il Sottosuolo. Hanno pensato che avessi
rubato l'uniforme, e mi hanno rigettato lì.»
Il sorriso sparì
dal volto di Farlan, sostituito da una smorfia di rancore e rabbia,
persino i suoi occhi si strinsero in due piccole fessure mentre
guardava Levi.
«Ho trascorso otto
anni lì, nella miseria. Nessuno è mai venuto a
cercarmi, nessuno ha pensato che ci fosse la minima
possibilità che io fossi vivo... Neanche tu, Levi.
Probabilmente sarei morto laggiù, se due mesi fa non si
fosse presentato da me il figlio di Lobov: un giovanotto viziato in
cerca di vendetta. Mi ha dato un po' di denaro e un permesso per stare
sulla terraferma, e tutto ciò che dovevo fare era uccidere
questo bastardo.» Lanciò una breve occhiata a
Erwin, poi tornò a posare lo sguardo su Levi.
Improvvisamente il caporale
sembrò fare due più due.
«Hai ucciso tu
Alexej.»
«Ho trovato quel
disgraziato in una taverna a Trost, e ne ho subito approfittato... era
ubriaco fradicio e aveva parecchio denaro. La sua uniforme mi sta a
pennello, tra l'altro.»
«Hai anche rapito
Eren...»
«Due mesi mi sono
stati sufficienti per capire quanto tu ci tenga al ragazzo.»
«Perché?
È Erwin che vuoi, no? Lui a che ti serve?» chiese
con una punta di collera.
«A tenerti
lontano dai guai ovviamente. Non potevo permettermi che tu mi
stessi tra i piedi. Avresti perso così tanto tempo a
disperarti per lui che non avresti messo piede qui, ma devo aver fatto
male i conti.» rispose con un ghigno.
Qualcosa nel cuore di Levi si
spezzò.
«Ora, se permetti,
vorrei portare a termine il lavoro.»
Farlan alzò la
spada, deciso a colpire alla gola di Erwin, ma non appena
sollevò il braccio Levi gli fu addosso con un ringhio.
Lo gettò contro la
scrivania dietro di lui facendogli cadere la spada di mano, ma l'altro
fu abbastanza svelto da riuscire a mollargli una ginocchiata nello
stomaco, quindi un pugno sulla mascella abbastanza forte da farlo
barcollare leggermente all'indietro.
Si pulì un rivolo
di sangue che stava uscendo dalla bocca mentre Farlan recuperava la
spada da terra.
Quello provò un
affondo, ma Levi lo schivò senza troppi
problemi, lanciandosi sulla sua destra per provare a
sbilanciarlo con un calcio, ma andò a vuoto e Farlan lo
colpì alla gamba, tagliando la stoffa e lasciando una
precisa linea sulla gamba, che diventava lentamente rossa.
Quando però Farlan
tentò un attacco laterale, Levi lo bloccò
afferrandogli saldamente il braccio, premendo con forza su un punto di
pressione vicino al polso, provocandogli abbastanza dolore da fargli
cadere la spada di mano. Infine, girò il braccio in modo da
avere il palmo della mano rivolto verso l'alto, poi colpì il
gomito con una violenta ginocchiata.
Il rumore dell'osso spezzato
si confuse con le sue urla di dolore, e cadde in ginocchio tenendosi il
braccio destro.
L'uomo gli fu nuovamente
sopra, e con una pedata allo stomaco lo fece cadere supino, poi lo
afferrò per il colletto della giacca, tirandolo abbastanza
vicino a sé da farsi sentire.
«Lui dov'è?!»
Farlan si limitò a
sorridere.
«Ti consiglio di
ricordare la tua prima notte, Levi. Potrebbe esserti d'aiuto-»
Le parole furono interrotte
dal suo pugno che urtava la guancia di Farlan.
«Non mi uccidi,
Levi?» chiese ancora sorridente.
«No... sto solo
ricambiando il favore dell'altra notte.»
Levi non aggiunse altro,
semplicemente si avvicinò a Erwin, facendolo appoggiare
sulla sua spalla per scortarlo nell'infermeria della fortezza.
Mentre lasciava la stanza,
udì appena le parole di Farlan.
«Ti odio,
Levi.»
In quella decina di minuti,
Levi aveva imparato a rinnegare quello che una volta era stato il suo
più caro amico, un fratello per lui.
Allora perché il
suo cuore fu ugualmente turbato da quelle parole? Era davvero diventato
debole, come aveva detto Farlan?
Per un momento
tornò col ricordo alla vita nel Sottosuolo: miseria,
inciviltà e criminalità. Era stato proprio in
mezzo a tutto quel lerciume che però aveva conosciuto Isabel
e Farlan, che erano stati una specie di famiglia per lui. Una famiglia
che con così tanta semplicità e
crudeltà gli era stata portata via.
Quello che ora giaceva a
terra, nell'ufficio di Erwin, non era il suo migliore amico. Era solo
un uomo corrotto dalla miseria, adesso.
Cercò di muoversi
velocemente per il corridoio, per quanto la gamba ferita del suo
superiore lo permettesse.
«Ma come diavolo ha
fatto a ferirti?» chiese a un certo punto.
Erwin si limitò a
sorridere mentre zoppicava.
«Mi ha colto di
sorpresa, a dir la verità. Quando mi sono chiuso dietro la
porta dello studio mi ha spinto contro il muro e mi ha trafitto la
gamba con la spada.»
«E dire che nessuno
si è accorto di lui in questi due mesi...»
La sua frase gli
sembrò stranamente stupida quando gli venne in mente che nel
trio Farlan era decisamente quello più bravo a nascondersi:
se c'era bisogno di attirare l'attenzione di qualcuno, lui era il
candidato per eccellenza.
Inoltre, se il suo pensiero
era corretto, sapeva esattamente dove cercare Eren.
Ti consiglio di ricordare la
tua prima notte, Levi.
Sapeva bene che Farlan aveva
inteso la sua prima notte nel corpo di Ricerca, insieme a lui e Isabel.
Girò la testa per
controllare Erwin, e si accorse che lo stava guardando con apprensione.
Fermò entrambi
appoggiandosi al muro, e Levi non poté nascondere di essere
abbastanza sorpreso del gesto.
«Non preoccuparti
per me, mi farò aiutare da qualcun altro. Va' da
lui.» gli disse con un sorriso.
Non aveva parole dentro lui
per esprimere quanto gli fosse grato, quindi si limitò ad
annuire.
L'ultima cosa che
sentì mentre si allontanava dal corridoio erano i passi di
alcuni uomini che correvano incontro ad Erwin.
Percorse numerosi corridoi e
scale, per poi ritrovarsi in un'ala abbandonata del castello. Quella
lontana notte primaverile, lui, Isabel e Farlan erano saliti sul tetto
dell'edificio, e per farlo erano passati dalla soffitta.
Escluse la
possibilità che Eren avesse passato l'intero giorno sul
tetto, quindi l'unica soluzione possibile è che fosse stato
nascosto nel soffitto tutto questo tempo.
Si arrampicò su due
pioli di una vecchia scala in legno attacca a una parete, poi si decise
a tirare la botola che fungeva da accesso alla stanza, scatenando una
fitta nuvola di povere.
La soffitta era illuminata
solo da due o tre candele disposte a casaccio.
In fondo alla stanza, il corpo
di Eren era raggomitolato in un angolo; un paio di manette tenevano
legate il suo polso destro a un anello d'acciaio conficcato nel muro.
Si accucciò accanto
a lui, poggiandogli la testa sulle sue gambe, e mettendo delicatamente
le mani ai lati del suo volto.
Sembrava svenuto, e in
più un piccolo ma brutto taglio attraversava la sua tempia
destra.
Che fosse
morto?
No, Farlan non aveva bisogno
di ucciderlo...
Eppure lui stesso non era
convinto dei suoi pensieri, quindi posò la testa sul suo
petto, sospirando di gioia quando sentì i battiti lenti ma
regolari del suo cuore.
«Eren? Eren
svegliati.»
Attese uno, due, tre, quattro
secondi.
Niente.
«Eren? Svegliati, ti
prego...» sussurrò, quasi supplicando.
Nessuna risposta. Eren non
accennava a muoversi.
«Dannazione,
moccioso! Svegliati!»
Uno schiaffo colpì
violentemente la guancia di Eren, la cui bocca si storse in una smorfia
per il dolore.
«Eren?»
«C-Ca...
Caporale?» disse il ragazzo a fatica.
Levi sospirò per il
sollievo, stringendo più forte il ragazzo.
«Sì,
Eren, sono io. Sono Levi.»
«Caporale...
c'è un infiltrato...»
Levi ridacchiò per
l'affermazione del ragazzo, carezzandogli piano la guancia.
«Lo abbiamo preso,
tranquillo.»
Passò qualche
minuto prima che Eren riprendesse a parlare.
«Acqua...»
Giusto. Eren era stato portato
lì la notte prima, quindi la disidratazione e il digiuno
bastavano a spiegare perché fosse così malconcio.
Gli ricordava molto un bambino, piccolo e debole com'era in quello
stato.
«Prima dobbiamo
lasciare questo posto, Eren.»
Lanciò uno sguardo
alle manette, ma notò che erano troppo resistenti per essere
spezzate.
L'unica soluzione era
abbastanza dolorosa.
«Perdonami,
Eren.» gli sussurrò.
«Cosa-»
Il ragazzo non ebbe tempo di
finire la frase, perché Levi gli spezzò il
pollice, liberandogli la mano dalla manetta. Eren non aveva neanche
abbastanza forze per urlare, quindi si limitò a un forte
lamento.
Fece appoggiare a
sé il ragazzo, aiutandolo poi a scendere la scala a pioli,
poi fu solo questione di non dare nell'occhio.
Si sorprese di quanto i
corridoi fossero improvvisamente vuoti, ma capì tutto
quando, a pochi metri dalla stanza di Eren, trovò una gran
folla riunita attorno all'ufficio di Erwin.
«Povero
ragazzo.»
Levi si girò di
scatto, preso dal panico, ma si ritrovò davanti la faccia di
Hanji.
«Non una parola su
questo.» la ammonì lanciandole uno sguardo gelido.
«Tranquillo, nessuno
saprà niente.»
L'altro annuì, poco
convinto, poi si sbrigò a entrare in camera del ragazzo. Lo
prese in braccio per velocizzare le cose e lo depositò sul
letto, poi lasciò nuovamente la stanza per andare in mensa.
Lì fu sgridato
nuovamente da Bard, ma nonostante ciò riuscì a
farsi dare delle fette di pane e una brocca d'acqua, quindi
tornò silenziosamente nelle stanze del ragazzo,
approfittando del fatto che tutti fossero distratti da Farlan.
Probabilmente era la decima
volta che ripercorreva quei corridoi.
Girò il pomello e
si chiuse velocemente la porta alle spalle.
«Eren, ti ho portato
qualcosa.»
Si sistemò accanto
a lui, poggiando il pane e la brocca sul comodino alla destra del
letto, poi riempì un bicchiere.
Il giovane osservò
per qualche secondo l'acqua che Levi gli stava porgendo, sfiorando le
sue dita mentre prendeva il bicchiere dalle sue mani e berne avidamente
il contenuto. Ne chiese ancora.
«Dovresti bere
più lentamente» lo ammonì mentre gli
porgeva il bicchiere nuovamente pieno, e poi qualche fetta del pane che
aveva preso alla mensa, finendo poi per guardarlo contrariato a causa
delle briciole che stava facendo cadere a terra.
«Tsk. Mi tocca anche
pulire...» disse tra i denti.
Si girò, giusto il
tempo di afferrare la scopa abbandonata in un angolo della stanza, ed
Eren stava già dormendo di nuovo.
***
La prima cosa che Eren
vide al suo risveglio fu Levi.
Aveva spostato una delle sedie
presenti nella stanza e l'aveva posizionata davanti al suo letto, e ora
dormiva appoggiato contro il duro schienale in legno.
Sorrise, grato che l'uomo si
fosse preso cura di lui; notò poi che il comodino alla
destra del letto era occupato da una brocca contenente un po' d'acqua e
una bacinella: questa conteneva acqua appena tinta di rosso, nella
quale era immerso per metà uno straccio anch'esso sporco del
suo sangue.
Istintivamente si
toccò la ferita alla fronte, restando sorpreso quando
sentì la soffice garza contro le dita.
Incredibile.
Levi l'aveva cercato, l'aveva
trovato, e si era preso cura di lui. Sarebbe potuto tranquillamente
uscire, e invece era rimasto lì a tenerlo d'occhio.
Quell'uomo così
freddo e rigido aveva mostrato di avere un cuore grande quanto il mondo
accudendolo.
Non
illuderti, l'avrebbe fatto con chiunque altro.
Però, quella volta,
Levi aveva prestato attenzione solo a lui.
Si sentiva così
egoista quando pensava che determinate occhiate del caporale fossero
rivolte solo a lui, quando credeva che uno dei suoi rari sorrisi fosse
nato a causa sua.
Passò stancamente
una mano sul volto, mettendo fine a quel turbine di pensieri, e solo in
quel momento notò che la finestra era aperta, e la luna
illuminava debolmente la stanza; inoltre c'era parecchio vento, e
pensò che Levi si sarebbe sicuramente preso un malanno,
coperto solo dalla leggera camicia bianca.
Quindi, si alzò dal
letto per chiudere la finestra, cercando di fare quanto meno rumore
possibile.
Eppure bastò il
semplice cigolare del materasso sotto il suo peso per far aprire gli
occhi al maggiore.
L'occhio vigile e attento del
caporale si posò subito su di lui. Per un momento, gli
sembrò che i suoi occhi grigi brillassero per l'emozione
quando si rese conto che Eren era in piedi e che stava decisamente
meglio.
«Non chiudere la
finestra, ti prego.» lo fermò Levi.
Eren, un po' sconcertato dalla
richiesta, annuì, tornando silenziosamente a sedersi sul
letto, mentre Levi si alzò per andarsi a poggiare contro
stipite della finestra, senza però uscire sul balcone.
Non seppe dire per quanto
rimase così, a fissare il cielo, ma intanto nella stanza
cominciò ad aleggiare uno strano silenzio misto a tensione.
In più, trovava che
Levi fosse dannatamente bello in quella posizione: le spalle rilassate,
le braccia incrociate al petto e lo sguardo perso nel nulla, il corpo
illuminato solo dalla pallida luce della luna.
Deglutì, scacciando
il pensiero dalla testa.
Poi fu proprio lui a rompere
quel silenzio.
«È una
bella serata, eh?» chiese imbarazzato.
Levi annuì in
silenzio.
«Grazie. Per
oggi.» aggiunse dopo.
«Non c'è
bisogno di ringraziarmi.» rispose l'altro in un soffio,
girando appena la testa nella sua direzione.
«Non importa. Ha
comunque fatto più del dovuto per me, e le sono grato per
questo.»
Anche se non poteva vederlo,
era sicuro che il caporale stesse sorridendo.
«Solo... posso farle
una domanda, caporale?»
Eren si alzò per
avvicinarsi al superiore, finendo col poggiarsi sull'altro stipite.
Proseguì quando
Levi annuì impercettibilmente.
«Chi era quell'uomo
che mi ha assalito, l'altra sera?»
Lo sguardo dell'altro si fece
vacuo, gli sembrò leggermente turbato dalla domanda. Il
ragazzo ottenne soltanto il silenzio.
Proprio quando aveva iniziato
a pensare che il caporale non avrebbe dato una risposta, quello
parlò.
«Il passato che
veniva a bussare alla mia porta.»
Disse semplicemente quello, ma
a Eren bastò.
«Ed è
stato uno sbaglio aprirgli?» chiese dopo un po'.
«Forse. Dopotutto,
Erwin ha rischiato la vita.» disse Levi, sfiorando con il
pollice il punto della mascella in cui Farlan l'aveva colpito.
«Tu hai
rischiato la vita.» aggiunse successivamente.
Eren ringraziò
mentalmente il buio della stanza, sperando che bastasse a coprire il
lieve rossore che si era formato sulle sue guance.
«L'importante
è che stai bene, ora.»
«Lo devo solo a lei,
caporale.»
Levi rise appena, e ad Eren
sembrò nuovamente che i suoi occhi grigi brillassero di luce
propria.
«Hai finito di fare
il sentimentale, Jeager?» chiese con un sorriso.
Probabilmente
l'oscurità non serviva più a niente,
perché Levi sembrò accorgersi benissimo
dell'evidente imbarazzo del più giovane.
Finalmente si rimise composto,
sistemandosi la camicia che si era sgualcita appena.
«Se domani dovessero
chiederti qualcosa riguardo alla tua assenza di oggi, rispondi
semplicemente che sei stato male, e hai preferito digiunare. Per il
taglio alla testa puoi dire che sei caduto dalle scale, probabilmente
ti crederanno.» riprese con la solita voce atona.
L'altro annuì in
silenzio e distolse lo sguardo dal superiore.
Sobbalzò appena,
quando Levi posò la mano sulla sua guancia, carezzandola
appena.
«Buonanotte,
Eren.» disse con un sorrisetto.
Non rispose, troppo preso dal
fatto che lui l'avesse toccato, e lo
osservò lasciare la stanza in silenzio.
Levi era a pochi metri dalla
porta quando il minore afferrò il suo avambraccio,
fermandolo.
In risposta, quello
alzò un sopracciglio con fare interrogativo, ma
restò del tutto spiazzato quando l'altro prese il suo volto
tra le mani.
Fu così che Eren,
il cuore che batteva più veloce che mai, poggiò
le sue labbra su quelle di Levi, i loro corpi immobili nella stanza,
illuminati solo dal chiarore della luna.
Nessuno dei due seppe dire
quanto quel bacio durò, ma fu il maggiore a spezzare
l'unione tra le labbra, allontanandosi di pochi centimetri dal suo
corpo.
La stanza gli
sembrò improvvisamente fredda.
Se possibile, il sorriso sul
volto di Levi si fece più largo.
«Ho
detto buonanotte, Eren.» disse con voce
bassa, roca, e solo quello bastò a fare fremere il
più giovane.
«Allora buonanotte,
caporale.» replicò Eren con aria compiaciuta,
senza smettere di fissarlo negli occhi.
Quindi, Levi lasciò
la stanza, ma non prima di avergli lanciato un ultimo sguardo.
Probabilmente avrebbe
trascorso la notte insonne a guardare la luna, sperando minimamente che
Eren stesse facendo lo stesso.
Pensò che il
ragazzo avesse ragione.
Sì. Era decisamente
una splendida serata.
Angolino dell'autrice:
Ehm, salve?
Premetto che è la mia prima fanfiction in questo fandom e
che
sono piena d'ansia perché è fondamentalmente un
Levi!centric, ed essendo un personaggio tanto bello quanto complicato
da rendere bene, non vorrei aver combinato un disastro, visto che gli
sono particolarmente affezionata.
Se siete arrivati a leggere fin qui, purtroppo non ho medaglie al
valore da consegnarvi, ma ho dei biscotti, se vi fa piacere :°
Passiamo alla storia: sì, la mia mente è
abbastanza
malata da partorire certe cose, ma chi mi conosce bene (un po' come la
mia cara _Fire che mi ha praticamente costretto a farle betare la
storia) sa che le pazzie per me sono all'ordine del giorno, e
chissà? Magari vi è anche piaciuto.
Giusto per farvi fare quattro risate vi racconterò anche il
fatto che stavo lavorando alla storia da ben quattro giorni, quando
improvvisamente mi sono ritrovata il file in bianco. Già.
Ringrazio Windows perché esistono i punti di ripristino,
quindi
sono riuscita a salvare un quinto del lavoro fatto, e in ben DUE giorni
- tempo record eh! - ho riscritto l'intera storia.
Detto ciò vi saluto, sperando che abbiate apprezzato la
storia e
magari sarete tanto gentili da lasciare un commentino ♥
With love,
Your Joker.
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