The escape
Capitolo 1
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"Vado punto e a capo così Spegnerò le luci e da
qui Sparirai Pochi attimi Oltre questa nebbia Oltre il
temporale C’è una notte lunga e limpida, Finirà
Ma è la
tenerezza Che ci fa paura ********* Sei nell’anima E lì ti lascio
per sempre Sospeso Immobile Fermo immagine Un segno che non passa
mai ********* Vado punto e a capo vedrai Quel che resta indietro Non
è tutto falso e inutile Capirai Lascio andare i giorni Tra certezze e
sbagli E’ una strada stretta stretta Fino a te
Quanta
tenerezza Non fa più paura ******** Sei nell’anima E lì ti lascio
per sempre Sei in ogni parte di me Ti sento scendere Fra respiro e
battito
Sei nell’anima
Sei nell’anima In questo spazio
indifeso Inizia Tutto con te Non ci serve un perché Siamo carne e
fiato ******** Goccia a goccia, fianco a fianco"
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"Sei nell’anima" Gianna Nannini
"Perché ho guardato la televisione? Ah… Giusto, dimenticavo che
adoro il masochismo…"
Infilai la canotta nera e mi guardai allo specchio dello
spogliatoio, il mio colorito di solito latteo era diventato giallognolo e
ricordava la panna andata a male. Presi il borsone e i guantoni, li caricai in
spalla e mi diressi verso il bar della palestra. -Capitano Miceni- quel ragazzo
mi fece il saluto militare -Non sono più Capitano, ricordi Spada?-
-Oh… Si… Mi scusi… Signorina Miceni- se ne andò, io scrollai la
testa e mi sedetti su uno dei quattro sgabelli neri, al bancone. -Ehi
Morgan!-
-Ciao Nico.-
-Il solito?-
-Si grazie…- mi portò il solito integratore all’arancia e io
trangugiai come se non vedessi acqua da decenni. -Che si dice Morgan?-
-Io non dico un bel niente lo sai bene…- appoggiai i guantoni
sul banco. -E la televisione che dice Nico?-
-Non lo so… La teniamo sempre accesa… Ma lo sai che a parte te
non la guarda nessuno.- risi forzatamente, non mi andava di portare malumore a
Nico, lo conoscevo bene, cercava solo di farmi sentire meglio.
-Ancora incerto il nome di chi prenderà il posto del
Capitano Morgana Miceni nel caso Darotti. La vicenda che ha coinvolto nove
vittime tra cui un Tenente dell’arma di Imperia non è ancora risolta. I motivi
che hanno portato l’Ex Capitano Miceni alle dimissioni sono incerti ma è
possibile che non sia stata in grado di mantenere la situazione sotto controllo…
Dopo tutto quello che è successo… Voi che ne pensate?-
-Spegni per favore?- la voce della giornalista ancora mi
suonava in testa…
"-La situazione sotto controllo… Un Tenente dell’Arma di
Imperia… Nove vittime… Ex Capitano…Tutto quello che è successo…
Dimissioni…-"
-Morgan? Mi stai ascoltando? Ti ho chiesto se stai bene? –
-Oh… Sì, scusa Nico… ero sovrappensiero.-
-Stai tranquilla, si sistemerà tutto.-
-Lo spero davvero, quanto ti devo?-
-Niente, stasera offre la casa… E salutami Giò!- un enorme
sorriso invase la mia faccia -Sicuro!- lo salutai con la mano e feci per
andarmene -Morgan!-
-Sì?- mi voltai -Hai dimenticato i guantoni…-
-Che stupida… La vecchiaia…- mi precipitai a prendere i miei
guanti da boxe rossi, rivolsi un sorriso a Nico e uscì dalla palestra. Trovai la
nostra… La mia Duetto pronta ad attendermi, rossa fiammante accesa ancora di
quel brivido della prima volta che la vidi…
"-Vieni, ho una sorpresa per te- mi coprì gli occhi con le mani
e mi guidò. Facemmo un paio di passi -Arrivati!- mi scoprì il viso e mi cinse i
fianchi mostrandomi una meravigliosa Duetto rossa -Ti piace?-
-E’ bellissima!-
-Un giorno mi avevi detto che era la tua macchina preferita e
che la sognavi fin da bambina… È sportiva… come piacciono a te… E poi è solo per
due…- mi sorrise maliziosamente e io ricambiai."
La mia mente si risvegliò dai quei ricordi ancora così nitidi
nella testa. Mi decisi a prendere le chiavi, aprii la macchina e mi sedetti al
posto del guidatore. Guardai il cruscotto, indecisa sul da farsi, sfiorai il
volante e i miei occhi si riempirono di piccole e insignificanti gocce di mare…
non ora… non dovevo mollare adesso… passai una mano sui miei corti capelli neri
e caddi in un pianto di liberazione. Io così forte, così grande… piangevo, sì,
anche il grande Capitano Miceni ha le sue debolezze. E che debolezze… Lacune
grandi quanto tutta la Liguria… mi rialzai e passai le braccia davanti ai miei
occhietti color legno per asciugare le lacrime. Misi in moto e mi diressi verso
casa. Il pensiero di trovare Giorgia a casa ad aspettarmi mi fece accelerare,
era da tanto tempo ormai che non stavamo più insieme, noi due da sole… eravamo
arrivati, stavamo proprio in centro Sanremo mentre la palestra era vicina alla
caserma di Imperia. Scesi dall’automobile e aprii il grande portone vetrato,
stavamo all’ultimo piano, presi l’ascensore e premetti il pulsante numero sei.
Quando l’ascensore si fermò infilai la chiave nella toppa e all’apertura della
porta mi ritrovai davanti Monia. -Ciao Morgan!-
- Ciao Monia.- entrai e posai le chiavi nello svuota tasche di
legno sulla mia destra -Giorgia? E’ a dormire?-
-Figurati! Quella ti aspetterebbe anche se arrivassi alle
quattro di mattina!- risi, Monia era una ragazza davvero solare, mi faceva stare
veramente bene. -E allora dov’è? Dov’è questa bimbetta che fa i capricci per
dormire? Oh eccola qua!- una bimba da capelli neri e gli occhioni azzurri mi
saltò in braccio -Ciao mamma…-
-Ciao bellissima! Lo sai che ti saluta Nico?-
-Sul serio? Lo andiamo a trovare?-
-Sì, un giorno lo andiamo a trovare…-
-E papà? Quando andiamo a trovare papà?- quelle parole furono
come una palla di cannone in pieno petto -Eh… domattina, ti assicuro che
domattina andiamo a trovare papà, ora a letto!- la accompagnai nella sua
cameretta verde, il suo colore preferito, le rimboccai le coperte e mi chiesi
come fa la natura a creare cose così belle e pulite… Socchiusi la porta pianino
e lasciai entrare solo un filo di luce nella stanza, attraversai il corridoio e
entrai in soggiorno. Il nostro… Il mio divano era lì, rosso e austero, a noi
due… A me piaceva tanto il rosso, era il mio colore preferito, e anche il suo…
Mi sedetti sul sofà accanto a Monia e accesi la Tv c’era un Talk show forse era
interessante…
-Io penso che gli sbagli del Capitano Miceni siano stati
veramente troppi e secondo me è stata la vergogna a farla dimettere…-
-La vergogna? Hai sentito cosa dice sto deficiente? La
vergogna! La vergogna mi ha fatto andare via! Eh!-
-Morgan, calmati, lo sai come sono questi programmi…-
-Io… voglio sentire cosa dice ancora su di me…- stetti zitta
con i pugni stretti per sentire le cazzate che avrebbero sparato
-Secondo me centra il Tenente morto… In fondo quei due avevano
una storia no?-
Altra cannonata
-Certo che avevano una storia! Non li leggi i giornali?
Convivevano!-
Bum, il mio petto stava iniziando a rompersi
-E secondo voi un Capitano dei Carabinieri lascia la sua
squadra solo perché gli è morto il ragazzo? Ma figuriamoci!-
Il cuore era ormai a pezzi
-Ricordate che l’indagine era sua, avrebbe potuto essere una
sua colpa…-
Monia prese il telecomando e spense la Tv. -Questa robaccia ti
fa solo male…- sembrava mia madre… come se avessi avuto bisogno di qualcuno che
badasse alla mia salute mentale. –Senti non mi venire a dire cosa mi fa male o
no. So benissimo cosa mi fa male d’accordo? Il cuore mi fa male, mi fa male lo
stomaco, mi fa male la testa e… Questa maledetta spalla.- mi ero fatta male più
o meno due settimana fa… Una spallata contro la macchinetta del caffè…
"-Cazzo... Di nuovo.-
-Che c’è?- gli chiesi pendendo dalle sue labbra come al solito
–Capitano Miceni.- mi disse con aria autoritaria –Dobbiamo comprare una nuova
macchinetta del caffè… altrimenti qua non si va da nessuna parte…- risi
guardando quegli occhi blu elettrico –Non abbiamo fondi Tenente e comunque io
preferisco i vecchi metodi…- e così dicendo tirai una spallata a quello stupido
macchinario… bè, almeno il caffè era venuto buono, le mie spalle… Beh, non erano
in buone condizioni ecco."
Mi risvegliai da quei pensieri e come era normale da ormai tre
settimane mi lasciai sopraffare dalla debolezza, era come se pensando a lui
tutta la mia corazza che con costanza avevo costruito si sciogliesse nel nulla.
Le lacrime ripresero a scorrere sul mio viso pallido. Sentii Monia avvicinarsi a
me e sentii le sue parole dietro i capelli. –Passerà ok?-
-No! Non sarebbe mai dovuta iniziare! Sono una stupida! Perché?
Perché piango così?! Ero forte! Io sono una donna forte! Avevo sotto il mio
controllo trenta uomini, e ora crollo così! Per degli stupidi ricordi! Mi
avevano dato un ammasso di persone e io li ho trasformati in una squadra! Un
famiglia! Cosa mi è rimasto eh? Niente! Non ho più niente cazzo!-
-Hai me…- mi abbracciò da dietro –E Giorgia…- fu subito
investita dalla falsità del mio discorso… avevo qualcuno, ma non era abbastanza,
non più. –Giorgia aveva un padre! Quel rapporto tra loro due era così… Stretto…
Io non so fare niente da sola… Sono sola… Davide non c’è più! Non c’è più!-
quello fu il culmine della mia disperazione ormai più asciugavo lacrime più ne
scendevano, come un fiume in piena che non si prosciuga mai. –Morgan?-
-Si?- risposi tra i singhiozzi –Devi iniziare di nuovo la tua
carriera.-
-No. Non ci torno là, sotto tutti quegli sguardi pieni di
compassione… Ormai ho mollato, troppi errori, non si può rimediare a una cosa
del genere.-
-Non sto parlando dell’arma…- mi sforzavo ma continuavo a non
capire –Scusa ma… Proprio non c’arrivo…-
-La boxe Morgan, la boxe.- risi ironicamente a quella che
doveva essere una battuta –Bella questa… Me la devo segnare…- ormai mi ero
calmata ma la cosa della boxe mi infastidiva non volevo ascoltarla più. –Dai… Da
quant’è che combatti?- ci riflettei un attimo… Avevo dieci anni quando iniziai…
E ora ne avevo trentadue, ventidue anni fa ho iniziato a tirare pugni contro un
sacco, sedici anni fa invece ho iniziato a sbattere la testa contro il muro…
Beh, non è male. –Da ventidue anni. Ma ora lo faccio solo per sano sport… Mentre
prima, bè ti ricordi?- lei mi sorrise –Si, ricordo quando in un anno mi hai
vinto quarantasei incontri su cinquantatre… Sei stata… Eccezionale. Poi però hai
mollato tutto per… Per un capriccio.- tutta quella consolazione che avevo udito
nelle sue parole si arrestò all’istante, la mia vita era solo un capriccio per
lei? –Capriccio? La mia esperienza da carabiniere mi ha cambiato la vita, mi ha
formata, mi ha reso onesta, mi ha reso quella che sono oggi.-
-Sì scusa, non volevo dire quello, volevo solo dire che, dentro
quella stanza…- mi indicò quella porta bianca che non avrei aperto mai più
–C’era tutta la tua vita di ieri, e c’è anche la vita di oggi. Io ci farei un
giretto. Ora vado a letto, tua figlia è un tornado…- sorrisi e inspiegabilmente
mi addormentai sulla poltrona.
"-Shh… devi stare calma okay? Ce ne andremo di qui.- guardavo
il suo viso con le mani appiccicaticce attaccate a quel vetro spesso che ci
divideva, la sua voce usciva deformata da quel microfonino. –Cosa succederà a
Giorgia? Cosa farà senza di noi?-
-Tranquilla quando saremo a casa lei non si accorgerà nemmeno
della nostra breve assenza…-
-E se non tornassimo?- chiesi a Davide con una voce che ormai
non era più mia ma era figlia del dolore che mi attanagliava la gola. Lui stava
per rispondermi quando dal megafono sistemato dietro di me sentii una voce
contraffatta. –Salve a voi… Capitano Miceni, Tenente Marianelli.- vidi Davide
voltarsi per cercare da dove provenisse quell’avvertimento che odorava di morte
e anche lui si accorse di un altoparlante collocato in un angolo della grotta
buia divisa in due da quella lastra infrangibile. –Ho ascoltato i vostri
discorsi e non avete nominato neanche una volta il "come mai sono qui" significa
che lo sapete già vero? Non mi aspetto una risposta. Mi aspetto una preghiera,
una richiesta che dovrete fare insieme. Dovete dirmi chi morirà tra voi due. Uno
solo si salverà… E’ semplice. E’ vero, forse rimanere vivi, e condannare a morte
la persona che si ama è peggiore... Ma io voglio solo sapere un nome. Voglio
solo vedervi soffrire un poco… Non chiedo molto… Se nessuno dei due risponde,
morirete entrambi. Riflettete. A voi la scelta.- La voce fredda e tagliente come
il ghiaccio se ne andò com’era venuta. Ci guardammo per degli attimi che
sembravano infiniti. Ormai ogni attimo era diventato prezioso, ogni minuto di
silenzio era sprecato perché entrambi sapevamo che saremmo morti, si vedeva
negli occhi, la paura, il desiderio di morire subito per non soffrire ancora, la
voglia di uscire subito interrotta dalla certezza che nessuno di noi sarebbe mai
uscito di lì, e poi la disperazione, la disperazione di non poter mai più vedere
Giorgia. Non avremmo mai potuto darle più niente, né io né lui. –Secondo te è
meglio schiattare per primi o per secondi?- mi chiese con quell’ironia che
spuntava solo nei momenti peggiori. –Non ti mettere a scherzare, per favore, non
è il momento. Non moriremo entrambi no l’hai capito? E se ti riferisci a un
suicidio in seguito non è una buona idea.- lui mi rise in faccia. Era una risata
disgraziata, mi fece salire su una rabbia, non riuscii a trattenerla e sferrai
un pugno contro il vetro. Poi mi piegai su me stessa per cercare di non sentire
il dolore. –Dai… non fare così-
-Tanto devo morire no? Che differenza fa se ho una mano rotta o
no?-
-Morgan.- disse il mio nome con voce ferma e controllata. –Sì?-
-Vieni qui…- fece segno di avvicinarmi alla vetrata e io
obbedii –Che c’è?- risposi singhiozzando –Non sopporterei mai di vederti
soffrire così capisci? Non che tu debba sopportare per tutta la vita un peso
così grande... Non voglio che tu ti strugga davanti all’idea di avermi ucciso.
Non reputarmi egoista ma… voglio che tu muoia.- appoggiai le mani al vetro e mi
lasciai scivolare ormai presa dal pianto. Anche lui s’inginocchiò di fronte a me
e cercò il contatto con la mia mano, anche se non potevamo toccarci ci sentivamo
così vicini che… -No! Non voglio che tu mi veda morire! No! No!- con la mano
risalì al mio viso e fece finta di sfiorarmelo, come per rassicurarmi che era li
con me. –Ehi tu! Mi senti! Cazzutissimo figlio di puttana mi ascolti?- si alzò e
iniziò ad urlare contro l’altoparlante –Voglio che Morgan muoia ora! Subito!-
poi lo vidi guardarmi con uno sguardo pieno di colpe –Scusa Morgan. L’ho faccio
per te. Ti amo.- poi ritornò quella voce gelida –Bene, avete fatto la vostra
scelta, o meglio la vostra preghiera, ma io non sono misericordioso e quindi non
l’accetto. A morire sarà il Tenente Marianelli. Addio.- era il momento il
momento in cui ci saremmo separati per sempre. –Ci rincontreremo. In un’altra
vita. Okay?-
-No!!! Non ci credo lo sai! Non c’è niente dopo questo!
Niente!- poi sentii un rumore, uno sparo provenire da una parete. Lo colpì
dritto alle spalle, in corrispondenza del cuore. –Davide! NO! Davide!!!- si
accasciò con il sangue che colava da un lato delle labbra –No! Uccidimi cazzo!
Uccidimi!- non potevo fare niente, non potevo neanche abbracciarlo per sentire
l’ultima volta il calore del suo corpo, non potevo fare più niente
–DAVIDE!!!"
Mi svegliai di soprassalto con il viso bagnato sperando di non
aver urlato. Non volevo che si svegliasse Giorgia… O Monia, che sarebbe stato
ancora peggio. Era stato solo un sogno, o meglio un incubo, o meglio ancora: era
stato l’angolo più doloroso della mia vita. Magari fosse stato un sogno, in quel
momento mi sarei addormentata nel mio letto accanto all’uomo che amavo, e se mi
fossi svegliata di soprassalto mi avrebbe abbracciata e avrei avuto un appiglio
a cui aggrapparmi. Invece ora ero alla deriva, lui non c’era più e dovevo
farmene una ragione. Forse Monia aveva ragione. Dovevo ricominciare a vivere,
dovevo ricominciare con la boxe. Perché ho guardato la televisione? Ah… giusto,
dimenticavo che adoro il masochismo. Mi alzai dalla poltrona e iniziai a
camminare nel buio. Appoggiavo le mie mani affusolate ad ogni oggetto per
sentirne la forma e il calore. Il muro che a prima vista poteva sembrare liscio
aveva migliaia di piccole venature ruvide percepibili al tatto. Mi avvicinai a
quella porta bianca che non volevo aprire, ma lo feci ugualmente. Entrai nella
stanzetta in cui non entravo da un tempo che sembrava una vita. Appena varcai la
soglia fui travolta dall’odore dei ricordi. Nell’oscurità cercai di focalizzare
gli oggetti, sfiorai dei giornali su un mobile in legno, una coppa… il mobile
era finemente intagliato e sentivo tutte le forme sotto i polpastrelli. Ritornai
agli oggetti che ci si appoggiavano sopra, una cornice… immaginai la fotografia,
noi tre abbracciati, magari in parco, dove c’era tanto verde, tanti alberi e…
davanti a me un armadio, ne ero sicura, quella stanza la conoscevo a memoria. Mi
ci avvicinai sempre di più fino a toccare la sua divisa ancora attaccata ad un
ometto, c’era ancora il suo profumo…
"-Non mi aspetto amicizia, attaccamento, non mi aspetto niente
da questo incarico, non mi aspetto niente tra voi e me. Ho solo ventisei anni ma
di strada ne ho fatta… Mi aspetto da voi solo il rispetto che è il fondamento di
tutte le relazioni. Sono il Capitano Miceni e voi i miei uomini.
Non mi aspetto niente da voi. Niente.- era stato davvero
divertente recitare la parte del Capitano stronzo che è appena arrivato e che
crede di stravolgere la loro routine, mi è sempre piaciuto fare la stronza… si,
e poi mi avevano dato una squadretta non formata, erano degli uomini che
credevano di essere una squadra, ma non lo erano. Una cosa ho imparato nella mia
breve carriera: gli uomini se sono contro qualcosa, in particolare un Capitano,
sono più uniti. Volevo fare di loro una squadra vera. Sarebbero diventati una
squadra vera. Mi accomodai sulla mia sedia girevole e iniziai a ruotare su me
stessa, quanto lo adoravo!
Sistemai le cose che erano ancora dentro la scatola, la foto
mia e di Monia insieme abbracciate ai giardinetti, a Roma…La misi sulla
scrivania, poi mi alzai e riempii alcuni scaffali neri con trofei e vecchi
ricordi della mia vecchia carriera nella boxe… E poi la foto di me e Federico…
Mi aveva invitato a cena per la sera stessa… Non vedevo l’ora. Mi risedetti
sulla poltrona di pelle nera, mi voltai verso il muro e felice mi morsi il
labbro inferiore.
-Salve Capitano.- i miei pensieri su Fede si interruppero dalla
voce di uno dei miei collaboratori, non capii chi era, non avevo ancora abbinato
i nomi alle voci ed ai volti. –Sì?- dissi voltandomi ed esibendo un po’ di
altezzosità perché io potevo avere quell’ufficio e soprattutto quella sedia. –Le
ripeto il mio nome e grado perché magari… Si è dimenticata ecco. Sono il Tenente
Davide Marianelli.- mi morsi la lingua per sforzarmi di non ridere, non so
perché ma trovavo tutta quella situazione estremamente esilarante. –Ha fatto
bene, faccio ancora un po’ di difficoltà a distinguervi tutti e trenta. Comunque
mi dica Tenente.- aveva gli occhi… Non erano azzurri, neanche grigi erano blu,
blu elettrico. –Volevo solo precisare che…- fece un grande respiro e io mi
domandai il perché, cosa mi stava per dire? –Che neanche noi ci
aspettiamo niente da lei.- bene… Almeno aveva usato il noi. –Lo so.- risposi
ridendo mentalmente della mia sfacciata indifferenza. Lui ci rimase un po’… Era
strano ecco, la sua espressione era da fotografia. Uscì facendo il saluto
militare e io ricominciai a roteare sulla mia sedia. Come ho già detto mi è
sempre piaciuto fare la stronza."
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