dancing session
«Cosa dovrebbe significare questo?!»
Leon sferrò un pugno contro la superfice lignea della tavola, il suo disappunto
che poteva notarsi fino alle punte dei suoi capelli color arancio. Non era la
fine del mondo, certo, eppure non riusciva a digerire la notizia che gli era
stata data.
«A cosa ti riferisci?» Lucas inarcò un sopracciglio, squadrandolo con i suoi
seri occhi color cremisi: pazienza, quella era la parola chiave.
«La nuova canzone! Come sarebbe a dire che c'è bisogno di una coreografia?!»
«Pensavamo d'inserire qualche semplice passo di danza» spiegò con calma il
francese. «Soltanto qualche minuto dei balli più famosi, nulla di troppo
faticoso.»
«Non capisci!» esclamò l'altro, i gomiti appoggiati sul tavolo e le mani
intente a coprirgli il volto. «Non so' ballare, non ci riuscirò mai.»
Ci fu un attimo di silenzio tra i due, più che altro dovuto allo stupore del
ragazzo dai capelli color mare: non sapeva danzare? Sul serio? Non riusciva a
concepire una cosa simile; ma dopotutto, provenendo dalla terra della grazia e
della nobiltà, era stato educato fin da piccolo a frequentare le più grandi
sale da ballo, quindi per lui una situazione del genere era impensabile. Forse
Leon non aveva avuto modo di esercitare le sue abilità, a differenza sua. Si
schiarì la gola, osservando la sua disperazione con la coda dell'occhio.
«Non riusciresti ad improvvisare nulla? Neanche un semplice valzer?»
«Niente! Amico, non so neanche come iniziare!» esclamò, sospirando sonoramente.
«Non so neanche cosa sia questo valzer! Si mangia? Se sì, spero abbia lo stesso
sapore dei brownies!»
«Credo tu stia delirando» Lucas sospirò in tutta risposta, chiudendo le
palpebre in segno di riflessione: il momento si faceva sempre più serio, e quel
masso di iperattività stava diventando sempre più complicato da gestire. Urgeva
fare qualcosa a riguardo, ma a chi poteva chiedere aiuto- gli altri erano tutti
occupati a provare le loro parti, non poteva certo disturbarli per una tale
sciocchezza... no, no, doveva riuscire a risolvere tutto da solo. Si alzò in
piedi, calmandosi con dei respiri profondi: non poteva credere a ciò che stava
per dire, ma ormai era diventato inevitabile. Non sarebbe andata così male,
andiamo.
«Posso insegnarti io.» disse finalmente, sviando lo guardo. Forse Leon non
avrebbe approvato, quindi aggiunse un semplice «se vuoi, eh.» alla fine.
Voleva. Il giovane inglese si alzò raggiante in piedi, gli occhi che brillavano
di luce propria. «Lo faresti davvero?! Sarebbe perfetto!» esultò, la sua voce
entusiasta che riempì ogni angolo vuoto della stanza. «Aspetta, aspetta però» aggiunse
poi, sentendo che qualcosa non quadrava. «In cosa consiste
questo vulser?»
«Intendi valzer?» corresse lui come al solito.
«Quello che ho detto!»
Lucas si portò una mano alle tempie, cercando di mantenere la calma: pazienza,
Lucas, pazienza. La parola chiave, giusto?
Si avvicinò con cautela all'altro ragazzo, le gambe pietrificate e le mani
tremanti: non riusciva a muoversi ulteriormente, per niente. Portare un ragazzo
tra le sue braccia non era esattamente come guidare una di quelle eleganti dame
delle serate di gala! Era umiliante, forse più del rimanere a fissarlo negli
occhi come uno stupido. Diamine, diamine, cosa gli era mai passato in mente?
Adesso lo avrebbe sicuramente preso in giro per quello! Il ghigno che sfoggiava
sul volto valeva già come pronostico.
«Che succede, huh?» ridacchiò mostrandogli un'espressione divertita. «Questo
valzer consiste nel guardarsi negli occhi? Va bene, allora, ci sto! Vediamo chi
si arrende e ride per primo!»
Ne aveva abbastanza.
Deglutì, portando la mano destra dietro la sua schiena per attirarlo più a sé:
l'altra mano andò in cerca di quella gemella, intrecciando insieme le loro
dita. Leon sentì le gote andargli a fuoco, con i loro sguardi ancora connessi e
i nasi che arrivavano quasi a sfiorarsi. Mai avrebbe sospettato che quel ballo
dal nome così strano implicava quello.
«Appoggia l'altra mano sul mio fianco» suggerì Lucas, cercando di celare
l'imbarazzo nella sua voce. L'altro obbedì, non riuscendo a liberare le parole
rimaste incastonate nella sua gola. Sembrava quasi lo stessero soffocando, ma
non sembrò dargli molta attenzione: era più importante cercare di far sparire quel
colore paonazzo che aveva assunto la sua pelle.
«Cerca di seguire le mie mosse, okay?»
Evitarono di guardarsi negli occhi per un bel po' di tempo. Lucas non poteva
che esserne felice, dato che in caso contrario l'atmosfera si sarebbe
appesantita ulteriormente, ma le regole del valzer implicavano una costante
attenzione visiva. Maledì il momento in cui decise di offrirgli aiuto,
raggruppando alla fine tutto il coraggio che gli rimaneva per dargli un ultimo,
odioso suggerimento.
«Sai, dovremo guardarci negli occhi. Lo- lo dice la regola, uh.»
«A-allora avevo ragione!» si intromise il giovane, una nota purpurea che continuava
ad adornare le sue guance. «Sulla gara di sguardi, uh. Ahah...»
Iniziarono a ridere entrambi nervosamente, e no, no, non era affatto bene,
stava diventando tutto più imbarazzante! Leon non smetteva di fissare il
pavimento, incapace di osservare il suo riflesso negli occhi dell'altro. Lucas
sospirò, cercando di usare un tono educato per le sue prossime frasi.
«Sai, questo non è facile neanche per me. Prova a collaborare, almeno.»
«Ci sto provando!» urlò lui, le iridi quasi sull'orlo del pianto. «Se fosse
stato con una ragazza non avrei avuto da ridire, ma con te...!»
«Mi dispiace non essere all'altezza delle tue aspettative» replicò l'altro usando
un evidente pizzico di ironia. «Ma ho promesso che ti avrei aiutato, e non ho
intenzione di arrendermi. Cerca di capirmi, okay?»
Fu chiaro che le parole del francese ebbero l'effetto desiderato, poiché il
compagno, dopo aver mugugnato qualcosa di poco comprensibile -probabilmente in
inglese-, decise di rimanere in silenzio e "seguire gli ordini del suo
maestro": due occhi celesti andarono in cerca degli altri scarlatti, mantenendo
integra l’unione tra loro. Non risultò semplice all'inizio, ma man mano
riuscirono ad abituarsi a quell'impercettibile contatto, tanto che Leon sfruttò
spesso l'occasione per sfoggiare delle stravaganti espressioni facciali che
fecero sospirare Lucas ogni singola volta. D'altronde, cosa poteva mai
aspettarsi da uno come lui.
---
«Non chinarti. Devi tenere la schiena dritta- così.»
La lezione continuò senza nessun intoppo, anzi, procedeva sempre più spedita:
l'allievo era ormai intenzionato ad imparare, e quell'atmosfera delicata era
sempre meno palpabile nell'aria. Nonostante Lucas dovesse toccarlo molte volte
per fargli capire come muoversi, Leon non sembrava prestarci più molta
attenzione. Il silenzio sembrava ormai regnare nella stanza, il rumore dei loro
passi come unico sottofondo in grado di spezzare la monotonia di quel posto. I
passi, e qualche incidente di percorso.
«Ouch-!» il francese si morse il labbro inferiore e strizzò le palpebre, cercando
di trattenere il dolore.
«Ah--! Mi dispiace, davvero!»
«È la settima volta che mi pesti un piede, Leon!» asserì, tornando a fissarlo
con la solita espressione severa. «Fai più attenzione!»
«Non è colpa mia! Stavo pensando ad altro!»
«Per sette volte?!»
«Ho tanto a cui pensare!»
Respirò profondamente, mettendo da parte la sofferenza: faceva male, sì, fin
troppo male, ma bisognava continuare. Strinse la mano sul tessuto della giacca
del compagno, facendogli cenno di continuare. Dopotutto, se doveva essere
sincero, non se la stava cavando poi così tanto male.
«LEON!»
«Mi dispiace~!!»
---
«Non pensi che quei due siano strani, stasera?»
Noah allontanò le labbra dalla sua fragrante tazza di thè, osservando il
ragazzo dinanzi a lui.
«A cosa ti riferisci, Rabi?»
«Sai- Lucas e Leon.»
«L'ho notato anche io» si intromise Li dopo aver chiesto il permesso per
parlare. «Non si rivolgono la parola ed ora evitano persino di guardarsi in
faccia. Avranno forse la febbre? Sono anche rossi in viso…»
«Forse dovrei prendere delle medicin-»
«È abbastanza, Rabi » lo fermò Noah, gli angoli della
bocca impegnati in un enigmatico sorriso. «Non credo ne abbiano bisogno.
Lasciamoli riposare per ora, e forse domani chiederemo spiegazioni. Sai, la
notte porta sempre consiglio.»
Il russo e l'asiatico si guardarono per qualche secondo, chiedendosi se credere
o no nelle sue parole, ma decisero di fidarsi come sempre. I due sorrisero,
scrutando l'americano che in pochi minuti era già tornato a gustarsi la sua
bevanda come se niente fosse.
*flips* i
sinned
Okay, ho iniziato a giocare ad I-Chu da un po di tempo e me ne pento fin
troppo. Ma dato che adoro i personaggi ed ho iniziato a pensare ai miei headcanon,
ho pensato di scrivere anche qui! uu
Uno di questi headcanon è stato proprio la base di questa fic: Lucas che
insegna a Leon come ballare il valzer. I dunno why. (?)
Ho sempre pensato che, dato il suo comportamento e la sua provenienza, Lucas
abbia passato gran parte della sua infanzia tra le sfarzose sale da ballo dei
ceti più ricchi di Francia (probabilmente per via dei genitori ricchi?), quindi
ho sfruttato anche questo pseudo-headcanon per la fanfic. uwu
Voglio dedicare questa schifezzuola che ho scritto a tutte le ragazze su
Facebook nel fandom di I-Chu che ADORO, anche se non abbiamo parlato
tantissimo. Sono sempre felice quando mi capita di parlucchiare con loro nei
commenti, non sapete quanto mi faccia piacere, chu. ;u; In un certo senso ho
pensato a loro mentre scrivevo, so- x’’ Se mi date il permesso ne scrivo altre,
giuro. (??) (non fatelo)
Spero vi sia piaciuta, se volete lasciate pure una recensione, le solite
robe(wut) e alla prossima!
_Carol_
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