CAPITOLO 1: Cattivo presagio
“Saette son
ch’avventa arco di morte”
Se tutte le armi fossero uguali che gusto ci sarebbe
ad usarle? Chi le conosce bene sa la risposta a questa domanda. Quelli che le
hanno sempre in mano; quelli le cui armi sono un prolungamento naturale della
mano stessa; quelli che ne avvertono l’odore, il suono perennemente; quelli
che al solo toccarle si eccitano, si estraniano dal resto del mondo e
colpiscono. Quelli la sanno la risposta perché è nel loro sangue, perché
vivono con e per le armi, perché per loro non c’è mondo migliore che quello.
Così, staccata dalla realtà che mi attornia, i
sensi alterati in una sorta di invasamento, l’unico suono è il cuore - non il
mio, ma quello della preda -, l’unico odore la polvere da sparo e l’attesa
di sentire il profumo del sangue che scorre e si spande sul freddo campo di
battaglia, così prendo la mira, niente mirino per l’occhio di una lince, e
dalle mie dita parte un piccolo cuore di metallo indolente. La pallottola
perfora lo sterno, lo spezza in due, e resta incuneata tra i due polmoni. Niente
sangue. Un altro sparo che penetra esattamente lo stesso punto. La precisione di
un arciere che da molto lontano colpisce la cerva esattamente dove desiderava
colpirla. Io e le mie frecce di piombo. Niente sangue. Un colpo e un colpo e un
altro colpo ancora.
Poi sposto in alto la pistola e sparo alla fronte.
Al centro esatto della fronte. Silenzio tutto intorno.
-
Perché hai sparato alla testa?-
Mi volto lentamente con uno sguardo che farebbe
rabbrividire chiunque e sorrido nel modo più freddo e accattivante che conosco
giusto per enfatizzare la frase.
-
Perché la mente è l’arma più pericolosa di tutte!-
Non tutte le armi sono uguali perché se no che
gusto ci sarebbe a usarle? Chi le conosce bene sa.
Ci sono le armi che uccidono il corpo… e poi ci
sono le armi che uccidono l’animo umano. Queste armi le chiamano menti. Tutti
possiedono quest’arma, anche se il più delle volte non l’hanno sviluppata o
non le danno peso, e sono pochi coloro che la usano per l’unico scopo per cui
è costruita un’arma: uccidere. Ma chi la usa è come il tuono che sconvolge
le vette dei monti.
Io posso uccidere con una pistola, ma mi toglierei
tutto il piacere di farlo con la mente.
Il gioco vale la candela?
Kissing Weapons
QUANTICO,
UNITA’ ANALISI COMPORTAMENTALE (FBI)
Jason Gideon guardò il manichino intatto davanti a
sé e abbassò istantaneamente l’arma senza aver sparato nemmeno un colpo.
Erano le sei del mattino, un’ora perfetta per esercitarsi nel tiro con
tranquillità, ma l’agente Gideon, appena presa tra le mani la pistola aveva
avvertito un brivido lungo la schiena e la sensazione di pericolo imminente
l’aveva travolto come un’onda che si abbatte su uno scoglio. Si era voltato
facendo poi scivolare lo sguardo per tutta la stanza, fin negli angoli meno
illuminati, in cerca del pericolo, cercando di mantenere la mente lucida e il
sangue freddo.
Niente, non c’era nulla che facesse presagire una
situazione preoccupante in quella stanza, soltanto lui e il manichino
imperturbabile. Tuttavia nella testa di Gideon echeggiava una frase insolita,
enigmatica, come se qualcuno l’avesse pronunciata, ma fosse rimasta sospesa
nell’aria fino a quel momento e poi, ad un tratto, senza motivo, fosse caduta
verso il basso, sopra e intorno alla testa dell’agente supervisore.
“ Perché la mente è l’arma più
pericolosa di tutte”
Abbassò l’arma e guardò avanti verso la figura
inanimata. Avvertiva la sensazione di minaccia che impregnava l’atmosfera, ma
non capiva da dove potesse arrivare né chi o cosa l’avesse provocata, ma una
cosa la sapeva: il suo sesto senso, se così lo vogliamo chiamare, non falliva
mai. Tolse le cuffie e le posò sul bancone.
“Maledizione, ho idea che oggi succederà qualcosa
di brutto, molto brutto. Devo tenerli d’occhio…” pensò Jason salendo le
scale verso gli uffici con un’espressione torva stampata sul volto.
In effetti il sesto senso di Gideon non si era ingannato, quello che però
non aveva afferrato era quanto male gli stesse per arrivare addosso e quanto
avrebbe condizionato la vita di alcuni componenti della sua squadra e in
particolare quella del giovane dr. Reid che Gideon incrociò mentre entrava in
ufficio. Stava dormendo con la bocca aperta e la testa reclinata all’indietro
su una poltrona, con in mano ancora le pratiche di un caso di omicidio che
avevano appena preso in considerazione. A vederlo così tranquillo e sereno
nessuno avrebbe mai pensato che il destino avesse in serbo per lui già da molto
tempo una sorte piuttosto miserabile. |