Nel
piccolo
giardino di una villetta di una piccola cittadina Anna, terremoto di quasi tre anni, sta ridendo a crepapelle, portando i suoi lunghi codini castani a saltellare senza sosta:
sta lanciando una pallina di plastica al suo cane, un Border Collie
bianco a macchie nere, il quale la rincorre, la recupera e poi la
riporta alla sua padroncina, correndo a perdifiato. Nel mentre,anche la bambina gli corre incontro, così i due si scontrano a
metà strada. Lei cade a terra, seduta sul prato, e lui comincia a leccarle il
viso in segno di affetto. Lei ride, se possibile, ancora più forte.
"Ehi, Buck" gli dice ad un
certo punto Anna, seria, mentre si alza in piedi. Il cane la guarda negli
occhi mentre si mette seduto, così lei continua. "Hai visto
che
pancia grandissimissima che ha la mamma?" gli chiede seria, mentre lo nota
abbaiare e scodinzolare in risposta. "Mi ha detto che lì
dentro
c'è la mia sorellina! Giocherà con me, sai? Ma
questo non vuol dire
che non ti vorrò più bene e che non
giocherò più con te. No no,
tu sarai sempre il mio Buck!" conclude in tono solenne, per poi abbracciarlo forte.
Alcuni
giorni dopo, dopo averla ingiustamente abbandonata dalla nonna per una nottata intera,
il papà di Anna la porta nel posto in cui è nata
la sua sorellina:
mentre camminano per i corridoi mano nella mano la piccola si guarda intorno e decide che quel
posto non le piace, soprattutto perché non ha potuto portare
Buck. E
poi c'è un cattivo odore ed è tutto bianco: lei
odia il bianco! Si
chiede perché la sua sorellina sia dovuta arrivare proprio
in quel luogo: non
poteva farlo a casa? Anche perché le ha rubato la mamma: lei
cucina
bene e sa farle i codini, mentre la nonna le tira i capelli e papà non ne è
proprio capace!
Finalmente arrivano in una stanza, anch'essa tutta bianca: la mamma la saluta da un letto e le sorride mentre le mostra Sara, la sua sorellina. Poi le
chiede se vuole prenderla in braccio: Anna, anche se poco convinta, si ritrova ad annuire e si siede dritta
dritta sulla sedia di fianco al letto, poi papà le
sistema la
sua sorellina tra le braccia. Anna la osserva: è
così piccola... Come
farà a giocare con lei?! E poi è proprio
bruttina: ha più rughe
del nonno!
Quest'ultima osservazione la riferisce alla mamma e al
papà, che prima
ridono, poi la riprendono dolcemente, spiegandole che anche lei aveva
quell'aspetto, qualche anno prima. Anna annuisce, ma le loro parole mica la convincono del tutto... Nel mentre Sara si mette a strillare: i
suoi genitori le dicono che non è per colpa sua, che piange
perché
ha fame. Solo che Sara piange sempre, anche quando torna a casa:
per
quasi un mese il papà e la mamma non hanno più
tempo per
giocare con Anna, e ormai i codini non glieli fa più
nessuno...
La sua sorellina
è piccola, ma strilla
davvero forte, anche di notte: sia lei che Buck sono stanchi di
sentirla, si nascondono sempre in un angolino con le mani e le zampe
sulle orecchie.
"Buck, andiamo a vivere dai
nonni?"
Un
altro mese
trascorre lentamente, e un giorno Anna sta camminando in corridoio
diretta in bagno a svuotare il bicchiere che contiene l'acqua sporca
di colori a tempera e a riempirlo di nuovo, quando sente i versetti
che Sara emette di solito quando si sta svegliando, segno che tra
poco si metterà ad urlare e che la mamma smetterà di
aiutarla con il
disegno che stavano pitturando assieme. Sbuffa e appoggia il bicchiere per terra, per
poi entrare nella stanza ed affacciarsi oltre il bordo della culla in
cui la sua sorellina è distesa. "Perché piangi
sempre, se
tutti ti vogliono bene? E poi potresti anche parlare, sai?"
commenta, sarcastica. La piccola la guarda ad occhi spalancati, poi
compie un gesto strano: le sue labbra si piegano all'insù e
la sua
minuscola bocca si apre. Sara sorride a quella strana bambina che le
parla, mentre Anna scuote la testa rassegnata: la sua sorellina è
proprio
tonta, non le risponde! Però la diverte vederla ridere:
sorride di
riflesso.
Nelle settimane seguenti
Sara comincia
a piangere meno e a ridere di più: è divertente
parlare la sua
lingua, fatta tutta di versi strani. Anche Buck si
diverte
a giocare con loro e abbaia felice.
"Sara è proprio
buffa, vero
Buck? Che dici, le vogliamo bene?"
Il
cane di
famiglia, però, a volte diventa davvero esasperato: spesso
quelle
due sono tremende.
Un pomeriggio di primavera
sta
trotterellando in cortile alla ricerca di un posticino al sole in cui
sdraiarsi a dormire, quando sente la voce di Anna chiamarlo.
"Buck, vieni da me!" il cane scodinzola e cambia direzione,
ma poi sente un'altra voce provenire dall'altra parte del cortile.
"No, Uc, eni qui!" squittisce la piccola Sara, mentre
l'interessato non può fare a meno di voltarsi a guardare
quella grassoccia e biondissima
bambina di un anno e mezzo che gli sorride dolcemente con la sua boccuccia sdentata.
"No, ehi, Buck, vieni da
me!" ribatte Anna, contrariata: l'animale si gira di nuovo verso il volto pieno di
lentiggini della sua padroncina.
"No, da me!" protesta Sara.
Le due continuano ad incitarlo a raggiungerle, e la testa del povero
cane va ripetutamente da destra a sinistra, le orecchie che si alzano
e si intrecciano. Alla fine Buck abbaia tra sé e
sé ed infine, stufo, si
sdraia lì in mezzo. La voce delle due piccole lo raggiunge:
"Dai, Buck!"
Il
cane maculato
ama stare sdraiato in giardino a prendere il sole, ma i momenti che
preferisce in assoluto sono, però, quelli in cui la sera
tutta la
famiglia è in soggiorno a guardare la televisione: i
genitori sono
seduti sul divano, mentre Anna si sdraia sul tappeto e appoggia la
testa sul suo morbido pelo. Sara da qualche giorno fa lo stesso,
stendendosi dall'altro lato: in quei momenti le sue piccole non
litigano mai, ma, anzi, sente le loro manine intrecciarsi sulla sua
schiena.
Poco prima di addormentarsi
contro di
lui sussurrano sempre quattro dolci parole. "Ti
voglio bene, Buck"
Se potesse parlare
risponderebbe che,
nonostante spesso siano esasperanti, anche lui vuole loro tanto bene.
Buck non parla, si limita a scodinzolare e a leccar loro il viso.
Angoletto
di Hope-barra-Gio:
Mi
rendo conto di aver utilizzato un linguaggio piuttosto semplice e di
aver ripetuto alcune parole due volte di seguito oppure in frasi
vicine: lo ho fatto volutamente, volevo riflettere il modo di parlare
e pensare della piccola Anna.
Grazie
per aver letto e, se deciderete di farmi sapere che cosa ne pensate,
mi farete molto felice :)
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