SOLI A META'
La canzone [le
parti sulla destra] è Soli a Metà di Manuel Aspidi
(se l’avete [altrimenti c’è sempre youtube xD]
ascoltatela mentre leggete, crea l’atmosfera adatta :D) Ci
sentiamo infondo, come dice Lù: preferisco i cosi alla fine xD
SOLI A METÀ
Io ci sarò, quando vorrai
Sarò nascosto tra mille ricordi ma non mi vedrai
Ti parlerò, mi penserai
E nel silenzio di un ultimo istante lontana sarai
Fa freddo stanotte.
Sento il vento sferzarmi la pelle del viso.
Marzo non è stato clemente quest’anno, e di sera la temperatura scende di parecchio.
Ma non mi preoccupo. No. La
sensazione del freddo sulla pelle è qualcosa di normale, una
comunissima reazione del corpo umano.
Ma il gelo che sento dentro non è affatto normale.
Forse, c’era da aspettarselo, ma mi spaventa comunque. E fa terribilmente male.
È strano possedere la non
completa consapevolezza di avere assoluto bisogno di qualcosa, ma
sapere allo stesso tempo, di non poterlo mai più ottenere.
Anche se gli occhi sono ormai
asciutti e indifferenti da tanto tempo , in questi momenti non ho la
capacità di ignorare il pianto silenzioso da qualche parte
dentro di me. E unito al gelo mi dilania, fa a pezzi anche quel poco
che mi è rimasto.
Mi siedo meglio sulla coperta
poggiando la schiena all’albero. Guardo la mia ombra, immobile,
alla luce della luna, e sorrido debolmente: lei mi diceva sempre che i miei capelli si confondevano con gli scompigliati fili dell’erba…
Quel
pomeriggio le nuvole, cariche di pioggia, sembravano pesare su un cielo
che non aveva colpa alcuna. L’atmosfera era plumbea e gli
sporadici tuoni annunciavano uno dei tipici temporali estivi.
- Sai che se piove ci faremo zuppi da capo a piedi - James guardò il cielo illuminarsi in lontananza, seguendola.
- Su
sbrigati - tornò indietro, prendendolo per mano - Da quando hai
paura di un po’ d’acqua? - lo trascinò su per la
collina.
- Cos’è tutta questa fretta? - ridacchiò il ragazzo con il fiatone, quando raggiunsero la cima.
Lei
si voltò a guadarlo e lanciò un’occhiata alla Tana,
assicurandosi che fosse a debita distanza. - Niente - lo sguardo le si
illuminò - Voglio soltanto stare un po’ con te - si
alzò sulle punte dei piedi, posandogli un leggero bacio sulle
labbra.
Si allontanò aprendosi in un sorriso smagliante.
James
scosse leggermente la testa, sentendo il cuore venir avvolto da una
spessa coltre di miele fuso. Non avrebbe mai pensato potesse essere
così piacevole.
Allungò le braccia verso di lei. Ma Dominique sfuggì alla sua presa, ridendo.
- Prendimi se ci riesci - gli urlò, iniziando a correre.
James
scoppiò a ridere. L’acchiapparello non gli era mai
piaciuto, fin da bambino. Non era lui a rincorrere, ma le persone a
corrergli dietro.
Con
Nicky, però, nulla era mai come si immaginava, o nel modo in cui
era stato prima che lei, così piccola, come un uragano gli
stravolgesse la vita.
Sapeva
già, dove era diretta, ed era consapevole che anche lei sapeva
che non le sarebbe mai corsa dietro. Non era nel suo stile.
Con uno schiocco si smaterializzò nella piccola radura, nascosta dagli alberi, a est del campo da Quidditch della Tana.
Si guardò intorno, non trovandola da nessuna parte. Si era nascosta, eh!
Guadò
con più attenzione, assottigliando gli occhi. Un leggero soffio
di vento la tradì e James subito notò i suoi biondi
capelli ondeggiare dietro un albero.
Sorrise, avvicinandosi piano, senza far rumore. Appoggiò la schiena al tronco, guardando divertito davanti a sé.
- So che sei qui dietro - disse, apparentemente, al nulla.
Dominique sussultò leggermente, non immaginava si fosse avvicinato tanto.
- Su
esci fuori - James accarezzò la ruvida superficie del tronco,
spostando la mano - O devo venire a prenderti - la avvicinò
sempre più cautamente, fin quando non incontrò quella
piccola della ragazza.
Si voltò da quella parte, ma Dominique gli sfuggì nuovamente, uscendo dal suo nascondiglio dalla parte opposta.
Adesso
le faceva vedere, furba di una strega! Si voltò verso di lei,
ma, prima che potesse fare qualunque cosa, la ragazza sorridendo gli
saltò al collo, sbilanciando entrambi.
James atterrò sull’erba, con lei tra le braccia.
- Ops - sussurrò Nicky sorpresa e dispiaciuta, poggiando le mani sul suo petto per sollevarsi.
Ma James non glielo permise. Le prese il viso tra le mani e, alzando di poco la testa, posò le labbra sulle sue.
Un
caldo appagante e familiare li avvolse entrambi, come un fuoco che
scoppietta allegro in un caminetto e ti infiamma le guance. Le
accarezzò lentamente la schiena, sentendola fremere quando le
sue mani sfiorarono un lembo di pelle lasciato scoperto dalla maglietta
estiva. Lei si appropriò del suo viso, affondando, poi, le mani
nei suoi capelli, mai troppo scompigliati per i suoi gusti.
Si
separarono con in fiato corto e Nicky posò la testa sul suo
petto ascoltando il battito irregolare del suo cuore. James prese ad
accarezzarle i capelli in silenzio. Sarebbero rimasti così per
giorni interi. Purtroppo, però, erano rare le volte in cui
potevano stare da soli, soprattutto alla Tana. Quando tutti erano
occupati, fingevano di andare nelle proprie camere, per poi rifugiarsi
in quella piccola radura.
- Mi sei mancato - sussurrò Dominique, strofinando il viso sulla sua camicia ed inebriandosi del suo profumo.
-
Anche tu, Nicky, anche tu - la abbracciò più stretta,
come ad imprimersi la sua forma e quella sensazione di dolce
stordimento nella mente.
-
Allora - dopo un tempo infinito, lei poggiò il mento sul suo
petto per guardarlo in viso - Hai fatto il bravo in vacanza o dovrei
preoccuparmi? - gli chiese, arricciando le labbra.
James
alzò gli occhi al cielo - Ma se non facevo altro che scriverti,
o leggere le tue lettere: diventi logorroica quando sei in ansia - la
prese in giro.
Nicky mise il broncio, guardandolo male.
Lui sorrise - Ma erano adorabili - le scostò una ciocca di capelli, accarezzandole il viso. Lei si aprì in un sorriso timido: non le piaceva parlare di quello che scriveva. Era imbarazzante.
James,
lo sguardo sereno, continuò a sfiorarle una guancia. Lei gli
sorrise sincera e abbassò il viso per posargli un bacio sul
petto.
La guardò leggermente sorpreso e Nicky abbassò lo sguardo, arrossendo.
James le sollevò il viso con una mano, posandole un leggero bacio sulle labbra per rassicurarla.
- Fallo di nuovo - le bisbigliò.
Le guance le si imporporarono leggermente.
Abbassò
lo sguardo, mentre un’idea le balenava alla mente. Le mani
tremanti e le guance in fiamme, liberò dalle asole i primi tre
bottoni della camicia di James.
Lui la guardò curioso e tremò quando le sue piccole mani scostarono la stoffa sfiorando la sua pelle.
La
ragazza abbassò il viso e posò le labbra sul suo petto
nudo, all’altezza del cuore, percependone i battiti irregolari.
Rimase
a lungo in quella posizione, poi girò il capo posando la guancia
bollente sul suo petto, mentre lui intrecciava le dita con le sue.
- Ti amo - non poté fare a meno di sussurrarle, stringendole la mano.
- Ti amo anch’io - fu il suo sussurro tremante, mentre un tuono risuonava in lontananza.
Immaginando l’amore che vuoi
Troppo distante da quello che hai
In una scatola piena di sogni ti addormenterai
E in questa notte di perplessità
Anche la luna si domanderà
Quanto ci costa aver scelto di vivere soli a metà
Io ci sarò quando tu avrai paura della notte
Camminerò da solo dentro le mie scarpe rotte e chiederò di te
Io chiederò di te…
[…] Domani
c’è la festa per i nonni. Ci tengono tanto. Non
preoccuparti lunedì torno, non c’è bisogno che tu
venga qui.. Ci sono i miei genitori, sai che mi vergogno. Ora scappo,
è tardissimo, se domani mattina ho le occhiaie maman mi uccide.
Ciao..
La piuma si blocca sul foglio.
Maledette lettere! Odio con tutta me stessa vergare una pergamena dei
miei pensieri. Prendo un respiro, cercando di tenere sotto controllo la
mano tremante.
Ciao Corner, a presto.
Con affetto, Dominique.
I saluti sono sempre la parte
peggiore. Ho una perfetta memoria visiva e le immagini di altre
lettere, di altre pergamene e di un altro tempo si affacciano
prepotenti nella mia mente.
Stringo i denti, mentre un
brivido freddo mi attraversa il corpo. Chiudo la lettera e la
affido alla civetta di Louis, guardandola scomparire nel buio della
notte. Resto un attimo ferma a fissare l’oscurità,
cercando con tutta me stessa di non volgere lo sguardo nei pressi del
campo da Quidditch.
Basta. Chiudo i battenti,
forse con troppa forza, ma la casa è già profondamente
addormentata e Rose nel suo letto si gira semplicemente
dall’altra parte.
Mi infilo anch’io sotto le coperte, affondando il viso nel cuscino.
Nonna Molly per il
cinquantesimo anniversario con il nonno ha voluto riunire tutta la
famiglia, come non accadeva da un paio d’anni. Qualcuno per un
motivo o per un altro era sempre assente.
Il cuore fa un balzo quando la mia mente rievoca un paio d’occhi nocciola, senza alcun preavviso.
Non lo vedo da molto, in
realtà. L’ultima volta che gli ho parlato davvero è
stato quel giorno di settembre, di un anno e mezzo fa, quando è
uscito definitivamente dalla mia vita. Dei mesi successivi ho una serie
di ricordi annebbiati.
Pensarci mi provoca ancora
un’acuta fitta al petto. Prendo un respiro profondo per cercare
di alleviare il dolore. Ho imparato a conviverci con il tempo, penso
che non se ne andrà mai del tutto. È sempre lì, a
premere lieve sul cuore. Ma ormai fa male solo quando ci penso, e cerco
di farlo il meno possibile.
Corner è un ragazzo
fantastico: mi è stato molto vicino. Anche quando mi richiudevo
su me stessa, cercando di arginare le fitte di dolore, lui c’era.
I miei lo adorano. Si erano
accorti che qualcosa non andava, ma non hanno mai fatto domande. Non li
avevo mai messi a parte della mia vita privata.
E quando un giorno, molto tempo dopo, un debole sorriso è riapparso sul mio viso, erano al settimo cielo.
Corner è perfetto. Lily
quando l’ha conosciuto gli ha chiesto se aveva un fratello.
È sempre la solita. Lui molto cortesemente le ha risposto che ha
due sorelle se poteva interessarle. Non dimenticherò mai
l’espressione di mia cugina.
Lui mi ama e.. siamo felici.
Le palpebre si fanno
più pesanti e quando sono già sull’orlo
dell’incoscienza, alle iridi blu e ai capelli miele del mio
ragazzo, si sovrappone un ghigno ironico [quelle labbra] e due
sorridenti occhi nocciola…
Io ci sarò, anche se ormai
Si è fatto tardi e non posso fermarti se tu te ne vai
Ti guarderò, mi ucciderai
Con un sorriso che non sa nascondere quello che sai
- Ti ricordi Corner? Quello che fa il tirocinio con me? - chiese all’improvviso Nicky, rompendo il silenzio.
Il sole settembrino stava per tramontare all’orizzonte. Era uno di quei rari momenti di assoluta pace, alla radura.
James
si posizionò meglio contro l’albero con lei tra le
braccia. Appoggiò, di nuovo, il naso al suo capo e annuì,
posandole di tanto in tanto un bacio tra i capelli, su una tempia,
sulla fronte.
Lei
rimase un attimo in silenzio. - Bhè, ieri si è..
dichiarato, per così dire - disse divertita - Come se potesse
reggere il confronto, anche se non lo sa - aggiunse, ridacchiando.
James
si immobilizzò. No. Non era ancora pronto. Non ancora. Ma forse,
non lo sarebbe mai stato. E, ironia della sorte, lei gli aveva offerto,
inconsapevolmente, un pretesto per introdurre il discorso. Ci pensava
da qualche giorno, ormai.
- No, continua - si lamentò Nicky, rannicchiandosi maggiormente sul suo petto.
-
Come faccio a risponderti e baciarti contemporaneamente? - la prese in
giro, mentre l’angoscia minacciava già di attanagliarlo.
Nicky alzò lo sguardo su di lui - Non rispondermi - disse semplicemente, sorridendogli.
Le sorrise a sua volta, era impossibile non farlo di fronte a quello sguardo allegro e tenero.
Le
prese il viso tra le mani, sfiorandole gli zigomi con i pollici. Si
calò a baciarle la fronte, soffermandosi più del dovuto,
il nasino alla francese, e lei sorrise divertita. Poi posò,
leggero, le labbra sulle sue. La baciò con la morte nel cuore e
un peso insostenibile sul petto. La strinse forte a sé, mentre
incavava di più le guance come per rubarle l’anima e
donarle la sua. Ma non ce n’era bisogno, la propria era
già nelle sue piccole mani, e aveva il doloroso presentimento
che non sarebbe tornata indietro.
Si separò da lei solo quando i polmoni iniziarono a bruciare per mancanza d’ossigeno.
-
Wow - sussurrò Nicky con il fiato corto - Devo dirti più
spesso che qualcuno si dichiara - scherzò stringendogli le
braccia in vita e affondando il viso nella sua maglietta.
-
Forse, non sarebbe una cattiva idea, se tu gli dessi una
possibilità - doveva prenderla alla lontana, altrimenti non ci
sarebbe mai riuscito.
Nicky alzò il viso per guardarlo, pensava stesse scherzando, ma aveva un’espressione incredibilmente seria.
- Che cosa stai dicendo? - gli chiese stranita.
James
prese un respiro - Che lui o chiunque altro sarebbe meglio di me,
saresti più felice - l’angoscia ormai premeva con forza
sul suo petto, ma si costrinse ad andare avanti.
- Lo sai che non è vero - ribatté lei, allontanandosi di poco.
-
No, non lo so, Nicky, e non lo sai neanche tu - la fissò dritto
negli occhi, deciso - Ti conosco, sei fin troppo determinata, ti
metteresti contro tutto e tutti pur di avere ciò che vuoi e.. -
- Tu
no, invece? - lo interruppe - È questo che mi stai dicendo, che
non lo faresti per noi? - si stava arrabbiando sul serio, ma alla
rabbia si univa uno strano senso di stordimento, come se non potesse
star accadendo davvero.
-
No, lo sai che non è così. Ma, dopo sopporteresti che le
persone che ti vogliono bene ci guarderebbero come se non ci avessero
mai conosciuto davvero? O ancora peggio con rabbia e disgusto? - le disse serio come non mai.
Lei sgranò leggermente gli occhi - Certo che sì, mi basterebbe stare con te - rispose sicura.
-
Non dire idiozie, Nicky. Nessuno meglio di me sa quanto tieni, in
realtà, alla nostra famiglia, ci staresti male, soffriresti e
non potrei mai sopportare, un giorno, di vedere l’odio nei tuoi
occhi.. e.. saprei che è tutta colpa mia - abbassò le
spalle e lo sguardo come se un peso insostenibile gli fosse precipitato
addosso.
Gli
occhi le bruciavano terribilmente, mentre le si riempirono di lacrime.
Si strinse le gambe al petto come per proteggersi da
un’inevitabile ondata di dolore. - Non.. non potrei mai odiarti -
biascicò tra le lacrime.
James
prese un respiro tremolante, gli faceva terribilmente male vederla
così - Forse - le concesse - Però sai che ho ragione - la
fissò, per cogliere la sua reazione.
Lei
nascose il viso tra le ginocchia, mentre le lacrime le bagnavano il
viso. - Mi stai lasciando - quella consapevolezza le fece mancare il
fiato - Avevi promesso che non l’avresti mai fatto -
singhiozzò, stringendo maggiormente le braccia intorno alle
gambe.
-
No, ti avevo promesso che ci sarei sempre stato - ormai ogni singola
parola gli costava uno sforzo enorme. - Nicky, guardami - le disse.
Lei lentamente alzò la testa, gli occhi rossi e gonfi, e appoggiò il mento sulle ginocchia. James
le si avvicinò, fissando il proprio sguardo nel suo - Ascolta -
esordì piano - probabilmente dovremmo allontanarci per un
po’, vederci farebbe solo più male, però quando
avrai bisogno di me - si avvicinò ancora.
Lei si scostò, rimuovendosi dalla sua posizione rannicchiata e sedendosi sulle ginocchia.
-
Quando avrai bisogno di me - continuò lui - ti basterò
cercarmi qui - allungò un braccio e poggiò la mano sul
suo petto, all’altezza del cuore.
Lei sussultò a quel contatto, ma non si mosse.
- E
quando non sarò più lì - aggiunse allontanando la
mano. Nicky fece per ribattere ma la bloccò - Perché
accadrà - si sforzò di abbozzare un sorriso, posando la
mano sulla sua testa - Qualche ricordo sbiadito ti sarà pur
sempre rimasto - cercò di ironizzare, mentre la voce rischiava
di incrinarsi.
Si
allontanò, poggiandosi di nuovo all’albero e lasciando
cadere le braccia lungo i fianchi e la testa in avanti; sembrava
esausto, come se tutto quello gli fosse costato uno sforzo oltre
l’immaginabile.
Nicky,
quando il calore della sua vicinanza l’abbandonò
nuovamente, prese a tremare come se la temperatura si fosse abbassata
improvvisamente. Si alzò in piedi con una nuova determinazione,
il viso ancora bagnato di lacrime. - Sono un mucchio di stronzate,
James, e lo sai - quasi gli urlò, arrabbiata - Mi stai lasciando
sola e non importa che sia giusto o no, lo stai facendo e basta, nulla
potrà cambiarlo - era furente, e il dolore non faceva altro che
aumentare la rabbia.
James
rimase in silenzio. Non aveva più la forza per ribattere. Quello
che doveva dirle, l’aveva detto e sapeva che dopo un po’
lei l’avrebbe ricordato.
-
Non ci hai nemmeno voluto provare, e dici che lo fai per me, ma fammi
il piacere! - continuò ad imprecargli contro. Iniziò a
camminare avanti e indietro, borbottando parole incomprensibili.
Avrebbe tanto voluto prendere a pugni qualcosa.
- Arrabbiati pure -
Si voltò improvvisamente verso di lui, la sua voce era tetra.
-
Odiami se ti fa stare meglio.. - sembrava voler aggiungere qualcosa ma
rimase in silenzio, lo sguardo sempre fisso a terra. Non poteva
permetterle di guardarlo negli occhi, avrebbe rischiato di rendere vano
tutto quello che aveva fatto.
- Ma
come fai ad essere così calmo! Io.. - si ritrovò ad
annaspare, mentre la rabbia scemava e il dolore tornava a sopraffarla.
Lui
non rispose. Come faceva a stare calmo.. bhè, anche respirare fa
terribilmente male quando stai morendo dentro. Ma lei non
l’avrebbe mai saputo. No. Lei era forte e determinata, avrebbe
sofferto, certo, ma poi l’avrebbe dimenticato.
- Devo andarmene di qui - biascicò lei, guardandosi intorno quasi non sapesse dove andare.
-
Ciao Nicky… sii felice - si costrinse a parlare per salutarla in
modo semplice, dirle addio gli sarebbe costato troppo, e non poteva
permetterselo.
Lei
lo guardò un’ultima volta - Ciao James, anche se mi sembra
maledettamente banale e falso sii felice anche tu - gli rivolse un
sorriso amaro. Rimase un attimo immobile, poi si voltò per
andarsene.
James
alzò lo sguardo giusto in tempo per scorgere l’ombra di
quel sorriso. Doveva aspettarselo, lo conosceva troppo bene per
riuscire a nasconderle del tutto il suo stato d’animo. La
guardò camminare un po’ incerta e barcollante, fin quando
non scomparve alla sua vista. E in quel momento ebbe la piena
consapevolezza di aver perso la parte più importante di
sé.
Poggiò
lentamente il capo al tronco, guardando il cielo. Non ricordava nemmeno
come si piangesse. Ma non ce ne fu bisogno, le lacrime calde gli
solcarono le guance, mentre il gelo iniziava a farsi spazio dentro di
lui, annientandolo lentamente.
Ci incontreremo nei sogni se vuoi
Dentro a quei sogni che hai fatto per noi
E nel silenzio di un ultimo istante mi perdonerai
Ma in questa notte di complicità
Anche la luna si domanderà
Quanto ci costa aver scelto di vivere soli a metà
Chiudo gli occhi con un sospiro
che si condensa in una nuvoletta d’aria. Dietro le palpebre
immagini, luci e colori si alternano in un vortice che mi fa girare la
testa.
Mi alzò con uno scatto,
devo tornare alla Tana e cercare di dormire, la nonna si
arrabbierà di brutto se domani sarò uno zombie. La
maschera d’indifferenza deve tornare al suo posto entro
l’alba. Ma, ora, non ne sono capace. Di giorno, davanti agli
altri, è facile tenerla su. Pezzo dopo pezzo, passo dopo passo
ho imparato a costruirla, ad abbozzare un sorriso, a partecipare ad una
conversazione, a fingere di essere il James di sempre.
Nessuno si accorge della differenza, sono fin troppo bravo, e non ho più rincontrato i suoi occhi da rischiare che si accorga di qualcosa.
A Natale l’ho vista di
sfuggita e quest’estate sono stato poco o niente alla Tana. Non
voglio che mi veda troppo, è andata avanti ed è tutto
quello che volevo.
Alla finestra della cucina scorgo
una debole luce, probabilmente qualcuno si sarà dimenticato una
lampada accesa, con tutti i familiari che mi ritrovo accade spesso.
Abbasso la maniglia della porta
secondaria, quella che ho lasciato aperta uscendo. Faccio un passo
all’interno, immobilizzandomi immediatamente sulla soglia. Non ci
voleva. Non adesso.
Sono consapevole di avere un
espressione stravolta, come ogni volta che lascio andare la maschera.
Non posso farmi vedere da lei, non così.
Mi chiudo la porta alle spalle, cercando di fare il meno rumore possibile, ma è inevitabile che se ne accorga.
Si volta verso di me e sussulta
percettibilmente, sgranando gli occhi. - James? - biascica incredula,
come a chiedere conferma che sia davvero io.
Annuisco appena, sperando che il mio viso sia abbastanza in ombra da non farle cogliere la mia espressione.
Non posso restare immobile qui, lei capirebbe, mi conosce meglio di chiunque altro.
- Vado di sopra - dico, avviandomi verso le scale. La vedo con la coda degli occhi, seguirmi con lo sguardo.
Le do le spalle e salgo il primo gradino, tirando un sospiro.
- Aspetta - Mi immobilizzo. No. Ti prego, Nicky, non fermarmi.
- Sarai congelato, sto preparando
del thè, ce n’è abbastanza per entrambi - Sento la
sua voce tremare appena, e non posso fare a meno di sentire una fitta
al petto. So che non desisterà tanto facilmente, e non ho la
forza di ribattere. Cerco di racimolare qualche pezzo della maschera e
mi volto verso di lei.
Ho intuito che qualcosa non va. Già il fatto che fosse fuori a quest’ora non è normale.
La sorpresa di ritrovarmelo
davanti senza preavviso mi ha spiazzata. Non voglio trattenerlo,
nient’affatto. Mi farei soltanto più male del necessario.
Si sta allontanando, e va bene così.
Seppur di profilo, però, scorgo nel suo sguardo qualcosa che mi fa desistere.
Lo fermo prima ancora di
rendermi conto di cosa stia facendo. Devo capire se mi sono sbagliata e
devo farlo adesso, domani sarà troppo tardi.
Si volta verso di me e mi si gela il sangue nelle vene. È pallido come un cencio. Mi dico che è colpa del freddo.
Si avvicina, scostando una
sedia e sedendosi senza guardarmi. Sembra estremamente stanco. Ma la
cosa che mi colpisce di più e mi fa sgranare le palpebre,
sentendo un peso opprimente sul petto, sono i suoi occhi.
L’ho sempre visto ridere e scherzare le poche volte in cui ci siamo incontrati, ma non ho mai incontrato il suo sguardo.
Mi chiedo, mentre gli occhi iniziano a pizzicarmi, che fine ha fatto la luce che li illuminava. Ora sono come… vuoti.
Sembro una stupida, qui in
piedi, così mi giro e armeggio con due tazze e due bustine di
thè, mentre il suo sguardo vacuo mi vortica nella mente. Non
posso crederci. Quello che mi sta davanti non è James. Quello
con un ghigno ironico, la battuta sempre pronta e la voglia di vivere
negli occhi. Non è il mio James.
In questo momento capisco che
lasciandomi ha perso molto più di me. E lui lo sapeva. Ecco
perché ha evitato di guardarmi mentre andavo via quel giorno.
Avevo visto giusto. Se fossi tornata indietro gettandomi tra le sue
braccia non avrebbe avuto più la forza per la lasciarmi andare.
Sapeva che ero più determinata di lui, e ce l’avrei fatta.
Non ha pensato a se stesso.
Certo c’è stato
il periodo in cui ce l’avevo a morte con lui ed ero tanto
arrabbiata che il dolore era un vago sentore.
Quello in cui, appena ne avevo la possibilità, crollavo in lacrime, distrutta.
Il periodo in cui avevo
pensato che tutto fosse stata una farsa, che mi avesse presa in giro da
sempre, e quello in cui mi ero sentita una nullità.
Ma sono andata avanti, cercando di pensarci il meno possibile, ho voltato pagina.
Penso che una parte di me
continuerà ad amarlo per sempre; ma è inevitabile, non
posso impedire a me stessa di custodire il suo ricordo gelosamente,
come un prezioso tesoro.
Ora so che di tutto quello che il dolore mi aveva portato a credere, niente era vero.
La teiera fischia, distogliendomi dai miei pensieri. La prendo con cautela, per non scottarmi e mi volto verso di lui.
Ho deciso: lui ha fatto tanto per me, mi ha dato tanto, forse tutto, è ora di ricambiare il favore.
So che si è accorta di
tutto. È stata a fissarmi per un tempo infinito. E sono anche
consapevole che non sia un bene, non deve capire quanto poco mi sia
rimasto, tanto da volermi aiutare. Non sarebbe giusto né per me
né, soprattutto, per lei.
Prendo un respiro profondo e ricompongo la maschera. Devo farlo, ancora una volta per lei.
Si volta e con grazia riempie le tazze con l’acqua calda, in silenzio.
Mi concedo di guardarla e mi si
stringe leggermente il cuore. È sempre piccola e bella come la
ricordo. Penso non potrei mai trovare nessun’altra incantevole e
tenera come lei. Ma questa non è una novità.
L’orologio con un rintocco segnò le tre e mezza di notte.
- Sai che domani mattina
avrai delle occhiate da far paura e tua madre ti ucciderà - era
sempre così semplice prenderla in giro. Da che ricordava era la
prima battuta sincera da tanto tempo.
Lei, leggermente sorpresa, si riscosse poi, sedendogli di fronte e guardandolo male.
- I cosmetici babbani sono abbastanza efficaci - alzò le spalle e gli sorrise.
Quel sorriso e quel suo
sguardo così puro e sincero lo colpirono come una pugnalata, ma
cercò di ignorare il dolore.
- Come mai in piedi a quest’ora? - le chiese, mentre mescolava lo zucchero nel thè.
- Non riuscivo a dormire - rispose vaga - Tu? Che ci facevi fuori con questo freddo? - era sinceramente curiosa.
- Non riuscivo a dormire - rispose a tono, eludendo la domanda.
- James, smettiamola di
prenderci in giro e fingere di essere due vecchi amici, come se niente
fosse, almeno per stasera - lasciò cadere il cucchiaino sul
tavolo, fissandolo negli occhi.
- Vedo che sei sempre la
stessa - constatò con un debole sorriso - Ok, se ci tieni tanto,
per stasera non fingerò. Ma ti avverto che non ti piacerà
- Ovviamente non parlava della maschera. No, sarebbe stato troppo.
Lei annuì - Non importa - disse soltanto.
- Ok, iniziamo da te - bevve un sorso di thè - Come mai non riuscivi a dormire? - le chiese, abbassando la tazza.
- Mi ha svegliata la civetta di Louis, con la lettera di.. - si interruppe improvvisamente.
- Corner -
continuò lui - Puoi dirlo, tranquilla - Lo sapeva da un
po’, ormai. Il Ministero era peggio di un covo di pettegole.
Corner era un bravo ragazzo.
- Sì, gli ho
risposto e non sono più riuscita a prendere sonno - gli
spiegò, omettendo il fatto che avesse avuto sogni agitati in cui
c’era anche lui.
- Mmm.. eri una brava scrittrice - ricordò, mentre varie righe e parole gli scorrevano veloci nella mente.
- Non è vero -
Non le era mai piaciuto parlare delle sue lettere, in quel momento meno
che mai. - E poi, non scrivo più come un tempo - aggiunse,
portandosi la tazza alle labbra.
James era sul punto di chiederle il motivo, ma si rese conto che, forse, lo sapeva già. Era lui il motivo.
- Erano patetiche e ridicole - biascicò lei, osservando i fondi del suo thè.
Gli fece male sentirla
parlare in quel modo delle loro lettere, ma era giusto così. Era
andata avanti ed era quello che lui voleva. Non importava se lui, ormai
ne era consapevole, non ci sarebbe mai riuscito, lei ce l’aveva
fatta.
- Anche se tu non eri dello stesso parere - continuò, con una fitta di nostalgia.
- Non avrei mai potuto
considerare ridicolo o patetico qualcosa di tuo - le disse senza
pensare - Eri tu, Nicky - spiegò con un’alzata di spalle.
Le vide tremare
leggermente le labbra, lo sguardo basso, e seppe di aver esagerato, di
essere stato troppo diretto. Con lei era sempre così semplice
lasciarsi andare.
- Scusami, non avrei dovuto - si scusò dispiaciuto, non voleva farla soffrire ancora. Era sbagliato tutto quello.
- Non fa niente - Per un
secondo, era stata risucchiata indietro nel tempo, quelle parole era
tipiche di lui, tipiche di loro. Prese un respiro per calmarsi e
alzò lo sguardo su di lui - Va tutto bene - cercò di
convincerlo - Tu, invece, perché eri fuori? - gli
domandò, per cambiare discorso.
James esitò un
attimo. Poi decise di risponderle, infondo glielo doveva, lei
l’aveva fatto sinceramente. - Onoravo una tradizione, in un posto
- Non fu del tutto chiaro ma lei avrebbe capito lo stesso.
Ricordi confusi di sole,
risate, alberi e felicità le fecero girare la testa e sentire un
dispiacevole magone all’altezza dello stomaco.
- Non ci sono più tornata - cercò di controllare la voce per evitare che tremasse.
- Lo so - rispose semplicemente, guardandola. Doveva andarsene al più presto, la situazione gli stava sfuggendo di mano.
Rimasero per un
po’ in silenzio, poi lei lo fissò - Prima hai detto che
ero io - gli ricordò - e lo sono ancora - affermò,
scrutando la confusione nel suo sguardo - Ma tu? Che.. -
- No, Nicky! - la
interruppe, alzandosi improvvisamente - So cosa stai cercando di fare,
e no, non servirebbe a nulla, ci faremmo solo più male - Voleva
aiutarlo e non poteva permetterglielo.
- Ti prego, James -
scostò a sua volta la sedia, alzandosi - Permettimi di fare
qualcosa - lo supplicò, con sguardo implorante.
- Non c’è nulla da fare - negò, scuotendo il capo - Sto bene - cercò di essere convincente.
- Sì, certo, e io sono fata Morgana - alzò gli occhi al cielo, esasperata.
- Dovresti essere arrabbiata con me, io ti ho lasciata - cercò di cambiare argomento.
- Sì, è
vero. Ma pensi davvero che io sia tanto stupida da essere ancora
arrabbiata con te? - girò intorno al tavolo, parandoglisi di
fronte - Quel giorno pensavo che non sarei sopravvissuta e, sebbene
cercassi di nasconderlo, ho capito che provavi lo stesso. Però,
dopo qualche tempo, ne sono uscita. Certo, non ti dimenticherò
mai - chiuse gli occhi, come per farsi forza.
- Nicky, basta - cercò di fermarla, mentre il dolore tornava a sopraffarlo.
- No - si costrinse a
continuare - Farai sempre parte di me, non posso evitarlo - alzò
gli occhi, incontrando il suo sguardo lucido - Però, stasera, ho
capito che tu non hai fatto lo stesso. Sapevi che io ce l’avrei
fatta vero? - gli chiese, con le lacrime agli occhi.
Lui annuì - Sei più forte di quanto non sembri - le fece un sorriso triste.
Una lacrima le
rigò il viso - Non mi hai dato la possibilità di
salutarti quel giorno - mormorò, guardandolo.
- Nicky, dopo sarebbe solo peggio - cercò di dissuaderla, respirando quasi a fatica.
- L’ho capito solo dopo tanto che quel bacio era un bacio d’addio - continuò imperterrita.
James, esausto, chiuse le palpebre per un momento, in un muto assenso. Tanto avrebbe vinto lei, come sempre.
Nicky si avvicinò
e gli scivolò tra le braccia. In quel momento, capì
davvero cosa aveva provato nel dirle addio. Un dolore straziante le
chiuse il cuore in una morsa e le mancò l’aria nei
polmoni. Si strinse al suo petto con la forza della disperazione,
mentre il suo odore le colpiva l’olfatto come uno schiaffo in
pieno viso. - Sappi che ti amo quanto mi ami tu - gli sussurrò
tra le lacrime - Anche se non possiamo stare insieme - Adesso lo
sapeva, aveva capito.
James le posò un bacio tra i capelli, commosso, e la strinse a sé.
La tenne stretta a
lungo, cullandola mentre le lacrime le bagnavano il viso. Non avrebbe
avuto la forza di lasciarla così.
Alla fine, con il petto
dolorante e gli occhi rossi, dopo avergli stretto un’ultima volta
le braccia in vita, lo lasciò andare.
- Domani davvero tua madre ti ucciderà - cercò di ironizzare lui, non poteva vederla così.
Lei sorrise, nonostante
tutto. Era leggermente rincuorata, un po’ di quella luce era
ritornata a illuminare i suoi occhi. Anche se le era costato tanto, era
servito a qualcosa.
- Meglio che vada a
letto, quindi - Non voleva andarsene, ma doveva. Se fosse rimasta
sarebbe crollata davanti a lui, non avrebbe resistito a lungo.
James annuì, non poteva fare altro.
Lei si allontanò, avviandosi verso le scale.
- Nicky - la richiamò, quando era già a metà rampa.
Si voltò a guardarlo - Sì? -
- Sei un angelo - le disse, con voce rotta. Era il suo modo per ringraziarla.
Lei gli sorrise un’ultima volta, con gli occhi lucidi. Poi si voltò e scomparve su per le scale.
Questa sera non è stato come lasciarla una volta ancora. No. Perché, stavolta, è stata lei a dirmi addio.
La mia piccola Nicky.
Quando mi ha abbracciato tanto
forte da togliermi il fiato, è come se avesse preso parte al mio
dolore. L’avesse toccato con mano e condiviso con me.
Ecco perché mi ha detto che
mi ama. Anche se l’avevo già capito. Ha voluto ricambiare,
in qualche modo il favore.
Questa sera tra le sue lacrime mi ha donato un po’ di se stessa.
Io ci sarò quando tu avrai paura della notte
camminerò da solo dentro le mie scarpe rotte e chiederò di te
Io chiederò di te…
Salve!
Una di queste sere me ne stavo
tranquilla a letto, quando sento la canzone di Manuel e puf! Mi viene
l’illuminazione xD So che non è del tutto attinente,
però la storia è nata e si è sviluppata ascoltando
quella canzone e ne è anche un piccolo omaggio!
Mi è piaciuto molto
scriverla, e c’è molto di me in questa storia. Spero si
capiscano abbastanza i passaggi passato-presente, prima - terza
persona. In breve il corsivo è il passato, il resto tutto
ambientato la stessa sera (prima della festa d’Anniversario) da
punti di vista diversi. Quando c’è la prima persona i
pensieri possono essere anche, a volte, confusi, ma tenete conto che
sono pur sempre pensieri.
La mia prof di greco dice sempre
che il finale con i fuochi d’artificio non è propriamente
indicato. Qui ho voluto lasciarla quasi in sospeso.. penso sia la fine
migliore.
Penso di aver detto tutto ^_^ Spero
vi sia piaciuta, e che sia riuscita a trasmettervi almeno un pizzico di
quello che ho provato io scrivendola. Mi farebbe piacere sapere cosa ne
pensate!
Un bacio! Vale.
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